La scuola durante il Fascismo
Se non si conosce che cos’era il Fascismo, può essere difficile per i ragazzi di oggi, (che non solo non hanno vissuto sulla propria pelle la realtà della guerra, ma non hanno neanche la testimonianza diretta dei racconti dei genitori o dei nonni, come potevano avere i giovani della generazione precedente), comprendere il perché tanti italiani (intellettuali, studenti, lavoratori, militari, uomini politici) abbiano deciso di opporsi alla dittatura fascista, passando nelle fila della Resistenza e pagando, molti, con la vita questa loro scelta.
Le statistiche ci dicono che il 75% dei combattenti dell'esercito di Liberazione erano giovani, dai venti ai venticinque anni.
Che cosa succedeva in Italia nel marzo del 1925?
Ormai si è instaurato il regime fascista. La libertà di stampa subisce delle restrizioni. Arresti, processi ed aggressioni agli antifascisti proseguono per l'intero anno. Negli anni seguenti viene abolita la libertà di sciopero e viene istituito un Tribunale speciale (negli anni di funzionamento, dal 1926 al 1943, condannò 4671 antifascisti, 4030 dei quali comunisti, infliggendo 42 condanne a morte, tre ergastoli e 28115 anni di pena complessivi). Sono previste pene severe per la ricostituzione e per la partecipazione alle associazioni, organizzazioni e partiti sciolti dal fascismo.
Nel 1931, all’età di sei anni, Emilio e Mario iniziano le scuole elementari. È questa la scuola in cui si trovano ammessi.
“La scuola italiana in tutti i suoi gradi e i suoi insegnamenti si ispiri alle idealità del Fascismo, educhi la gioventù italiana a comprendere il Fascismo, a nobilitarsi nel Fascismo e a vivere nel clima storico creato dalla Rivoluzione Fascista”: questa era la direttiva di Mussolini cui si doveva obbedire.
Bambini lissonesi nel cortile della scuola Vittorio Veneto
Occorre ricordare che l'educazione paramilitare costituiva una parte fondamentale della pedagogia fascista. I bambini venivano iscritti a 4 anni ai "Figli della Lupa", da 8 a 14 anni ai "Balilla", da 14 a 18 agli "Avanguardisti", oltre i 18 anni alla "Gioventù Fascista". Parallelamente le formazioni femminili erano le “Piccole italiane” e le “Giovani italiane”.
Nelle immagini seguenti:
un "Figlio della Lupa", una squadra di piccoli "Balilla" in marcia e sull’attenti (alle scuole elementari Vittorio Veneto di Lissone) e “Piccole e Giovani italiane” (per le vie di Lissone. Sullo sfondo il campanile della chiesa SS. Pietro e Paolo)
Divise, marce, esercitazioni, disciplina erano gli strumenti per la formazione dell' ''italiano nuovo'' voluto da Mussolini.
L’Opera Nazionale Balilla (O.N.B) aveva il compito di curare l’educazione fisica e morale della gioventù italiana, "formare la coscienza e il pensiero di coloro che saranno i fascisti di domani".
La stragrande maggioranza dei bambini italiani era iscritta volente o nolente all’O.N.B. Dal 1° ottobre 1938 l’O.N.B, già trasformata in Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.), passò alle dirette dipendenze del Partito e con essa tutte le scuole.
Nelle scuole era previsto un solo testo per ciascuna delle prime due classi e due testi separati (libro di lettura e sussidiario) per le tre classi rimanenti. Con il Testo unico lo Stato poteva così esercitare un controllo diretto sull’insegnamento: il manuale scolastico si rivelava uno dei più validi strumenti di diffusione dell’ideologia fascista in numerose famiglie, dove forse entrava come unico libro.
La scuola diventa il più efficace strumento per l’organizzazione del consenso di massa. Ed è proprio la scuola elementare il primo e più importante gradino di un lungo processo di irreggimentazione e indottrinamento il cui obiettivo primario era quello di costruire futuri soldati, uomini ciecamente pronti a "credere, obbedire e combattere". In che modo ciò si realizza? Mediante l’istituzione dell’Opera Nazionale Balilla (O.N.B).
febbraio 1929: i maestri elementari sono obbligati al giuramento.
“Giuro che sarò fedele al Re ed ai suoi Reali successori; che osserverò lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato; che non appartengo e non apparterrò ad associazioni o partiti;- che adempirò ai doveri stessi con diligenza e con zelo, ispirando la mia azione al fine di educare i fanciulli affidatimi al della Patria ed all'ossequio alle istituzioni dello Stato”.
L’operazione avviene senza alcuna resistenza. Due anni più tardi il giuramento sarà imposto ai professori universitari ai quali viene richiesta la fedeltà al Regime Fascista. Su 1225, dicono no 13.
continua in “Il Testo unico di Stato”
Lissone: a scuola durante la seconda guerra mondiale
Per conoscere meglio quello che avveniva nelle aule di una scuola elementare durante gli anni della seconda guerra mondiale, ho analizzato il contenuto delle pagine del «Giornale della classe» (l’attuale registro), riservate alla "Cronaca ed osservazioni dell’insegnante sulla vita della scuola", negli anni scolastici, dal 1939 al 1945.
Dall’esame dei «Giornali» di alcune quinte elementari, maschili e femminili, di Lissone, di tre diverse scuole, Vittorio Veneto, Via Aliprandi e Santa Margherita, si scopre, oltre a ciò che veniva raccontato agli alunni dai loro maestri, in che modo la scuola e gli scolari erano coinvolti nelle manifestazioni della loro comunità locale, nelle celebrazioni del regime e negli avvenimenti del loro Paese in guerra.
Ho preferito ritrascrivere alla lettera alcune osservazioni degli insegnanti, ritenendole significative ed esaurienti ad illustrare il mondo della scuola elementare sotto la dittatura fascista: le immagini ne riproducono alcune, scritte di proprio pugno dal maestro o dalla maestra.
Sul «Giornale della classe» di una quinta elementare, nei giorni seguenti la Liberazione, un maestro ha scritto: "Il 25 aprile 1945 l’Italia settentrionale veniva liberata dal terrore nazifascista … Da quel giorno, finalmente la Scuola ha ripreso il suo carattere di seria educatrice della gioventù …". Penso che ciò sintetizzi anche la mia opinione dopo la lettura di molti “Giornali della classe” del ventennio fascista.
Renato Pellizzoni
La ricerca negli archivi scolastici e negli archivi comunali di Lissone è stata condotta con la collaborazione di Maurizio Parma, ricercatore e profondo conoscitore di storia locale.
Bibliografia:
- “A scuola col duce – l’istruzione primaria nel ventennio fascista” di Elena D'Ambrosio ricercatrice dell’Istituto di Storia Contemporanea "P. A. Perretta"
- Le immagini sono della mostra “A scuola col duce – l’istruzione primaria nel ventennio fascista” dell’Istituto di Storia Contemporanea "P. A. Perretta" di Como
La scuola in guerra
Lo scoppio della seconda Guerra Mondiale coinvolse la scuola nel crescente sforzo richiesto alla Nazione. Un fiume in piena di retorica, di falsi miti, di false speranze, falsi messaggi travolse e stordì i bambini e i ragazzi.
Fino all'ultimo, quando ormai la realtà contraddiceva le parole, fu prospettata loro la vittoria come sempre più vicina, a portata di mano. In sostanza veniva chiesto alla scuola un importante contributo: mantenere unito il "fronte interno". Come sempre per tutta la durata del fascismo essa era la chiave segreta per aprire la porta della famiglia.
DISCIPLINA DEL CONSUMO DELLA CARTA
Nell'agosto del 1941 vennero disciplinate la produzione e l'utilizzazione della carta in relazione "alle superiori esigenze belliche". La scuola, essendo grande consumatrice di carta, avrebbe potuto fare molto in questo campo; allo stesso tempo gli alunni - a detta del ministro - sarebbero stati fieri di dare il loro piccolo aiuto alla Patria.
Gli insegnanti furono così costretti a ridurre il numero e la mole dei quaderni e a controllare che, prima di passare ad un nuovo quaderno, il vecchio fosse veramente finito. L'anno successivo furono richiesti maggiori sacrifici, poiché era necessario ridurre ulteriormente il consumo della carta. Bottai inviò precise disposizioni alle scuole: i quaderni dovevano essere ridotti al minimo, sia come numero che come quantità di pagine; non si poteva più foderarli con speciali carte pesanti o colorate; gli scritti che dovevano essere consegnati agli insegnanti andavano eseguiti su "mezzi fogli" di carta di quaderno o, in qualche caso, su "mezzi fogli" di carta protocollo. Le scuole dovevano adottare "formati ridotti" nel rinnovare le scorte di registri, moduli e stampati di ogni genere; nella corrispondenza si dovevano evitare le doppie minute di lettere. Il ministro contava, oltre che sulle economie dirette, anche e soprattutto sulla vasta azione che la scuola era in grado di compiere presso le famiglie nel diffondere "la coscienza delle necessità imposte dall'ora presente", tra le quali la più urgente era senza dubbio quella di ridurre al minimo tutti i consumi.
IL CONTRIBUTO DELLA SCUOLA ALL'ECONOMIA DI GUERRA
"La Scuola Fascista" non poteva certo tirarsi indietro in un momento particolarmente delicato. La sua collaborazione allo sforzo che il Paese stava compiendo "per incrementare la produzione sia nel campo militare che in quello attinente alla vita civile" era considerata della massima importanza.
Tra il 1941 e il 1942, con una serie di circolari dal tema fisso ''Azione della Scuola per la guerra", si istituirono gli "orti di guerra", le esercitazioni femminili furono impiegate per la confezione di indumenti per l'esercito; su deliberazione del Duce si decise di indire la "Giornata del Fiocco di lana". Le scuole di ogni ordine e grado furono mobilitate nella lotta contro gli sprechi e nella raccolta dei rifiuti.
Orti di guerra e lavori agricoli stagionali
Gli scolari, sotto la guida dei propri insegnanti, dovettero quindi cimentarsi nella coltivazioni di piccoli orti, posti su terreni incolti o comunque destinati a prato o giardino, spesso in prossimità della scuola. Parte del raccolto (patate, barbabietole ecc..), che serviva quale contributo alla produzione agricola nazionale, andava anche a beneficio della refezione scolastica o delle locali colonie elioterapiche. Capitava non di rado che i risultati fossero scarsi, per la scarsità o mancanza di sementi e per il cattivo tempo.
Tenuto conto della crescente importanza degli "orti di guerra" nella grave situazione alimentare di quel periodo, gli scolari "più volenterosi" dovevano continuare anche durante le vacanze estive a prestare la loro opera, affinché non fossero compromessi i frutti del lavoro compiuto durante l'anno scolastico. Non vi era alcun obbligo, ma naturalmente si puntava sull'opera di propaganda e persuasione svolta dagli insegnanti, i quali sottolineavano “il profondo significato patriottico del contributo dato".
Raccolta della lana e produzione di indumenti per i militari
Una iniziativa che coinvolse attivamente gli scolari fu la raccolta della lana, che doveva servire a garantire una buona scorta di filato per confezionare indumenti di lana per i combattenti. A tale scopo fu istituita "La Giornata del Fiocco di lana" dedicata alla raccolta del "prezioso" materiale.
Nessuno doveva sottrarsi dal compiere il proprio dovere. La lana raccolta nelle scuole veniva poi consegnata ai Fasci femminili, i quali, attraverso l'organizzazione delle massaie rurali e con la collaborazione tecnica dell'Ente Nazionale del Tessile, provvedevano a trasformare i fiocchi in filato. Il filato ottenuto era poi parzialmente restituito alle scuole ed usato dalle alunne - nelle ore di "Esercitazioni di lavoro femminile" - per la confezione di indumenti da montagna e coloniali per l'esercito.
Lotta contro gli sprechi e raccolta di rifiuti
Anche in questo campo la scuola, intensificò la sua azione di propaganda e di persuasione per fare in modo che gli scolari e le loro famiglie riducessero al minimo i consumi e contribuissero, con la raccolta e la consegna dei rifiuti (rottami di ferro) e degli oggetti rimasti inutilizzati nelle case, "alla lotta intrapresa per fronteggiare le esigenze delle varie produzioni nazionali". Tra gli scarti il più ricercato dall'Ente distribuzione rottami era lo "scatolame stagnato". Si raccomandava di conservarlo ben pulito ed in locali asciutti, soprattutto per evitare che l'ossidatura del ferro, a causa dell'umidità, potesse determinare l'eliminazione dello stagno.
Si giunse persino alla requisizione delle cancellate metalliche; le scuole non sfuggivano a questo provvedimento. Ha del paradossale una circolare di Bottai con cui il ministro suggeriva nuovi sistemi di recinzione nelle scuole con piante e fiori:
"Mi sarà gradito pertanto ricevere a tempo opportuno qualche fotografia più significativa di scuole che avranno adottato recinti arborei o floreali e che avranno ingentilito con piante e fiori l'aspetto interno ed esterno degli edifici”.
PROPAGANDA PATRIOTTICA E DI GUERRA
Il ruolo del maestro - che in genere seguiva pedissequamente le direttive del regime in questo frangente era ritenuto della massima importanza. A lui spettava il compito di esaltare tra i ragazzi quelli che venivano definiti "i valori ideali e rivoluzionari del conflitto, i suoi principi e le sue finalità storiche, politiche e sociali" (con ampio stravolgimento della realtà). In particolare in una circolare per l'anno scolastico 1942-43 - dal titolo significativo "La Scuola per la Vittoria - gli veniva espressamente richiesto di celebrare le "virtù della razza" e di manifestare fraterna simpatia per i camerati tedeschi, nipponici ed alleati". In questa opera di propaganda la sua parola giungeva anche alle famiglie degli alunni, attraverso i contatti tra scuola e famiglia, nel tentativo di mantenere quel consenso al regime che, in ogni caso, la guerra stava minando. Strettamente collegate alla propaganda erano alcune iniziative che vedevano coinvolti gli stessi scolari, quali l'assistenza alle famiglie dei combattenti, la visita di rappresentanze scolastiche ai feriti, la corrispondenza con i militari in guerra. In qualche provincia gli alunni venivano persino "utilizzati" per badare ai posti di ristoro per militari organizzati nelle stazioni, o ancora, per la formazione di squadre di vigili del fuoco.
Bibliografia:
- “A scuola col duce – l’istruzione primaria nel ventennio fascista” di Elena D'Ambrosio ricercatrice dell’Istituto di Storia Contemporanea "P. A. Perretta"
- Le immagini sono della mostra “A scuola col duce – l’istruzione primaria nel ventennio fascista” dell’Istituto di Storia Contemporanea "P. A. Perretta" di Como