Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

Due incredibili e tragiche storie di deportazione in Germania

25 Août 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

Luigi Montrasio e Angelo Mattavelli furono arrestati nel corso delle retate pianificate in reazione allo sciopero del marzo 1944 e deportati a Mauthausen come oppositori politici. 


Luigi Montrasio

Nato il 23 marzo 1909 a Monza. Residente in via Marco d’Agrate 21 dove viveva con la moglie Adele Moltrasio, il figlio di sette anni e la figlia di cinque. Luigi Montrasio, trentacinquenne, lavorava come falegname modellista alla Caproni Areonautica. Venne arrestato per sbaglio il 12 marzo 1944: le guardie cercavano un omonimo che abitava solo a cento metri di distanza e lavorava alla Breda. Il figlio ricorda con sicurezza alcuni aspetti del momento dell’arresto: «Mio padre era appena tornato dal lavoro, era sera inoltrata, intorno alle nove perché si recava al lavoro a Milano in bicicletta. Arrivarono alla porta, lo ricordo bene, quattro militi fascisti guidati e comandati da un tedesco delle SS molto giovane ma anche molto duro. Avevano le generalità dell’altro Montrasio dove era evidente la diversa paternità. Mio papà protestò con forza evidenziando che lui era figlio di Gerardo, non di quell’altro nome. Alla SS non importava nulla, un Luigi Montrasio doveva prendere e un Luigi Montrasio doveva venire con lui. Mi aggrappai piangendo alle gambe di mio padre quasi immobilizzandolo; il rappresentante della razza eletta tedesca mi diede un sonoro calcio nel sedere e dovetti nascondermi sotto il tavolo, avevo solo sette anni».

Giunto a Mauthausen gli fu attribuita la matricola 59001. Fu dislocato a Gusen, in particolare venne assegnato a Gusen II, aperto solo il 9 marzo 1944 per provvedere con i suoi prigionieri allo scavo, in località St. Georgen, di uno dei più grandi sistemi sotterranei progettati dai nazisti per impiantarvi macchinari industriali per la produzione bellica, il B8-Bergkristall-Esche 2 (*), che entrò in produzione alla fine del 1944. I prigionieri giornalmente arrivavano stipati sui treni merci e spinti a calci e con ogni genere di vessazioni nei cantieri. Le condizioni di lavoro erano terribili, tanto che Gusen II fu chiamato “l’inferno degli inferni”. La sopravvivenza media era di quattro mesi. Anche Luigi Montrasio, infatti, morì molto presto, il 19 maggio 1944; era arrivato a Mauthausen il 20 marzo: erano trascorsi solo due mesi dal suo arrivo.

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La storia di Angelo Mattavelli

Nato il 17 gennaio 1925 a Sulbiate dov’era residente in via Orientale 14. Nell’estate del 1943 era stato chiamato alle armi per l’arruolamento in Marina, ma il decorso degli avvenimenti, sfociato con l’armistizio, ne bloccò la partenza. Cercò immediatamente lavoro e lo trovò qualche mese dopo alla Breda di Sesto San Giovanni come apprendista aggiustatore alla Sezione I. Il 12 marzo 1944 fu il suo primo giorno di lavoro. Solo tre giorni dopo, mentre usciva dalla fabbrica, incappò in un rastrellamento nel quale, a caso, i nazifascisti fermavano gli operai che si accingevano a tornare a casa. Angelo Mattavelli venne arrestato per partecipazione ad uno sciopero che si era svolto la settimana prima. Il suo è un incredibile e drammatico episodio di una persona arrestata malgrado non avesse partecipato allo sciopero per il semplice fatto che non era presente perché non ancora assunta.

Il giovane partì per il Reich su carri bestiame. La matricola di Mauthausen fu 61690: il 7 maggio fu spostato nell’orribile bolgia di Gusen II (*). Ammalatosi presto, venne ricoverato il 10 agosto nel revier  di Gusen II, l’infermeria del lager; ne uscì l’8 settembre per essere rinviato a lavorare nelle gallerie dove si producevano gli aviogetti della Luftwaffe. Spremuto delle sue energie, com’era programmato dalle SS in questi campi di sterminio, Angelo Mattavelli fu rimandato a Mauthausen per essere internato nella baracca ospedale. La sua resistenza fu vinta il 21 aprile 1945, quando ridotto a una larva umana, fu mandato a morire nelle camere a gas. Aveva solo vent’anni.

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(*) Gusen II “inferno degli inferni” e il B8-Bergkristall-Esche 2

Quando i bombardamenti strategici degli Alleati iniziarono a colpire i centri della Germania, i tedeschi decisero, per garantire la produzione industriale degli armamenti, di realizzare grandi fabbriche sotterranee.

Il KZ Gusen II venne fondato ufficialmente il 9 marzo 1944 per utilizzare i prigionieri come  manodopera per la costruzione della BERGKRISTALL-ESCHE B8, due impianti sotterranei in Austria, nei pressi di St. Georgen / Gusen.

I prigionieri erano alloggiati in 19 baracche nelle vicinanze del KZ di Gusen I e venivano trasportati con una speciale linea ferroviaria al cantiere St. Georgen all’inizio di ogni turno di lavoro.

Nell’impianto dove lavoravano circa 16.000 prigionieri venivano assemblati gli aerei a reazione Messerschmitt Me 262.

Con una superficie di 50.000 m2, una galleria lunga 10 Km, è stato uno dei più grandi e moderni impianti industriali tedeschi sotterranei. Venne costruito in 13 mesi dai prigionieri del campo di concentramento di Gusen II all'interno del complesso di Mauthausen-Gusen.

Gusen, soprannominato “l’inferno degli inferni” a causa della sua elevata mortalità (fino al 98%), è diventato uno dei più orribili lager nazisti della storia europea. Il periodo medio di sopravvivenza era di 4 mesi. Generalmente chi sopravviveva finiva nel Sanitaetslager del vicino campo di concentramento di Mauthausen, dove la maggior parte moriva oppure veniva inviato al castello di Hartheim, distante una quarantina di chilometri, terribile luogo di esperimenti nazisti su cavie umane.

 

Tratto dal libro di Pietro Arienti “Dalla Brianza ai lager del III Reich”  - Edizioni Bellavite - Missaglia - 2012

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Santina Pezzotta, un’adolescente brianzola nei lager nazisti

20 Août 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

«Spesso mi sembrava che fosse un terribile sogno, e che svegliandomi sarebbe svanito. A quella realtà ci si rifiutava con tutti se stessi. Confrontavo la vita trascorsa in libertà, pur modesta, con quella del lager e mi pareva impossibile che si potessero costringere degli esseri umani a condurre una simile vita d’inferno, se poi si poteva chiamare vita. Fino a quando avrei resistito? Saremmo morti tutti, e nessuno avrebbe mai saputo in quale modo demente ci avevano fatto morire ... E chi orchestrava tutto erano quegli esseri umani che portavano scritto sulla fibbia del cinturone: “Dio è con noi”».  Antonio Scollo, partigiano diciassettenne deportato, minorenne come Santina Pezzotta.

 

La storia di Santina Pezzotta è tratta dal libro di Pietro Arienti “Dalla Brianza ai lager del III Reich”.

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Santina Pezzotta era nata il 17 gennaio 1928 a Brugherio. Residente al quartiere San Fruttuoso di Monza, era operaia specializzata alla Magneti Marelli, stabilimento “N” di Crescenzago. Apparteneva ad una famiglia decisamente antifascista: il padre Serafino che aveva già subito il confino in Francia ed un arresto in Italia, a Sesto San Giovanni, per propaganda politica, fece parte della Resistenza monzese insieme alla figlia Elisa, attiva nella diffusione di stampa clandestina e nel supporto alle famiglie di partigiani arrestati.

Santina nel 1944 aveva dunque solo sedici anni e non si interessava di politica, come testimonia la sorella Elisa. Il 16 marzo si trovava a Bergamo per un compito di lavoro affidatogli dal padre e si trovò coinvolta in un rastrellamento fascista, teso probabilmente a procurare manodopera da inviare in Germania. ... Un’adolescente arrestata completamente priva di ogni colpa, ed esente da qualsiasi capo di accusa immaginabile, avviata nei più orribili campi di sterminio predisposti dai nazisti ...

Il padre si Santina andò ad urlare ai Militi della Legione Muti in mano ai quali vide il registro degli arresti con il nome della figlia che intanto era in carcere a Bergamo.

Le proteste non servirono a niente e la famiglia non ebbe più nessuna notizia della ragazza per un anno e mezzo, cioè fino al suo rientro in Italia.

Santina fu deportata a Theresienstadt, nome tedesco di Terezin, nei pressi di Praga, che era stata utilizzata come ghetto per gli ebrei cechi prima del loro invio ad Auschwitz. Vi giunse il 27 maggio 1944.

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Elisa Pezzotta racconta che, terminata la guerra, avvicinava ogni mezzo che rimpatriava deportati per chiedere informazioni della sorella. Finalmente una sera, era il 30 aprile 1945, ebbero delle notizie favorevoli che alimentavano la speranza: dopo pochi giorni, infatti, Santina tornò.

Le privazioni di ogni genere che aveva subito la rendevano irriconoscibile, “di una magrezza spettrale e con cicatrici in tutto il corpo”.

San Fruttuoso fece una grande, meritata festa all’adolescente che il fascismo si onora di aver sottoposto senza motivo alle più atroci brutalità dei lager del Reich.

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L'eccidio di Sant'Anna di Stazzema

13 Août 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #avvenimenti recenti

Commemorazione della strage in Toscana, alla presenza del presidente tedesco del Parlamento europeo Martin Schulz. 

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SANT'ANNA DI STAZZEMA - "M'inchino di fronte alle vittime di Sant'Anna. E' per loro che abbiamo la responsabilità di costruire l'Europa e di proteggerla dalla speculazione che fa soffrire i popoli e nutre i nazionalismi". Lo ha scritto, in italiano, il presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, che oggi era in Toscana a commemorare - insieme con autorità italiane e familiari delle vittime - i 560 morti provocati dall'orrore nazista 68 anni fa nel paesino in provincia di Lucca. Ad aprire il corteo che porta all'ossario sul Colle di Cava c'erano, con Schulz, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, il sindaco di Stazzema Michele Silicani e le autorità religiose, civili e militari, oltre a tantissimi gonfaloni di comuni. Una giornata dedicata anche al ricordo dei milioni di morti causati dalla 'follia nazista'.

Sotto l'ossario che ricorda l'eccidio, davanti ai pochi superstiti, ai familiari delle vittime e ai tanti gonfaloni dei Comuni il presidente del parlamento europeo parla in tedesco avvalendosi di una traduzione simultanea. E dice : "La lingua che io parlo è la stessa degli uomini che hanno compiuto questo eccidio. Non lo dimentico. Sono qui come tedesco e come europeo. l'Europa è la via migliore per non ripetere crimini come questo".

Schulz ha detto di non riuscire a "descrivere con parole la crudeltà di tali fatti. Mi presento oggi a voi come tedesco, profondamente scosso dalla disumanità dell'eccidio qui perpetrato in nome del mio popolo". Eppure, ha proseguito il presidente del parlamento europeo, anche oggi c'è chi dice di voler smantellare l'Europa: "Abbiamo cambiato le strutture, facendo nascere l'Europa, ma non abbiamo cambiato gli uomini. Questi sono sempre uguali e sono sempre capaci di commettere crimini come questo". Solo l'Europa, invece, può impedirlo: "E non possiamo permettere oggi che l'Europa venga distrutta da quelle forze speculative che hanno ridotto tanta gente alla disperazione".

"Bisogna non dimenticare mai - ha ammonito Schulz - bisogna mantenere vivo il ricordo. Affinché mai più in Europa ideologie disumane e regimi criminali tornino a mostrare il loro ghigno odioso... La libertà, l'umanità devono essere riconquistate ogni giorno. Questo è il nostro compito di epigoni, questa è la missione che ci hanno assegnato i martiri di Sant'Anna di Stazzema. Vi ringrazio di cuore per tenere vivo il ricordo dei martiri e per permettermi, come tedesco, di commemorarli e di unirmi al vostro lutto. E' un dono fatto a me personalmente"

"Noi tutti dobbiamo scendere in campo contro il ritorno di modi di pensare che hanno sempre portato ai popoli europei nient'altro che disgrazie - ha proseguito Schulz - e minacciano ora di mandare in rovina anche l'Unione europea. Non possiamo permetterci di ricadere negli antichi errori. Se questo spirito foriero di sciagure per i popoli europei conquistasse la maggioranza degli Stati membri dell'Unione, se gli riuscisse di rimettere in questione il carattere di collante di popoli di questa Unione, allora ritornerebbero con esso anche gli spettri della prima metà del XX secolo".

Martin Shultz ha parlato poi di Europa: "Io non vorrei un imperialismo del marco. Abbiamo bisogno di una valuta comune perchè solo una valuta comune ci rende più forti. In Germania - ha aggiunto - ci sono persone che dicono che si dovrebbe reintrodurre il marco perchè così saremmo più forti, mentre la lira, la peseta e il franco sarebbero deboli. Io rispondo, è vero. Ma in questo modo la Germania diventerebbe troppo grande per l'Europa e troppo piccola per il mondo. Da sola non potrebbe affrontare i mercati globali".

 

Il messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Tra i numerosissimi ricordi dell'eccidio, quello del presidente Napolitano. In un messaggio al sindaco Silicani, e a tutti i convenuti alla commemorazione, Napolitano scrive: "Quel 12 agosto 1944 che vide cadere sotto il piombo della barbarie nazifascista 560 vittime inermi, in gran parte vecchi, donne, bambini, è una data scolpita nella memoria di chi visse quei terribili avvenimenti e di chiunque ne conservi il ricordo".

'Il dolore e l'orrore di quella giornata hanno trovato un nuovo momento di commossa rievocazione nella recente concessione a Cesira Pardini della Medaglia d'Oro al Merito Civile per l'eroico gesto compiuto, in quel terribile frangente di efferata brutalità, per salvare a rischio della propria vita la madre e le sorelle" - prosegue Napolitano - "Esempi di generosa solidarietà  sono essenziali per tramandare, soprattutto alle giovani generazioni, i principi di libertà, giustizia e solidarietà che animarono le scelte di allora e sono stati posti a fondamento della rinascita civile e democratica del nostro paese".

da un articolo di MASSIMO VANNI

La Repubblica (13 agosto 2012)

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