Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

Un’altra pubblicazione dell’ANPI di Lissone

11 Décembre 2015 , Rédigé par anpi-lissone

Un’altra pubblicazione dell’ANPI di Lissone

Pubblicato a cura dell’ANPI di Lissone il libro “Un secolo tra i banchi di scuola. Lissone dall’Unità d’Italia agli anni Sessanta” di Renato Pellizzoni. Frutto di un lavoro di ricerca durato più anni, il libro consiste di 430 pagine. Diviso in 4 parti, si compone di 21 capitoli, con un’introduzione, un’appendice, un glossario, una cronologia dei provvedimenti relativi alla scuola primaria italiana, e una nota bibliografica.

Oltre 300 immagini sono inserite nel libro.

Il libro è stato stampato da ARTI GRAFICHE MERONI - Lissone (MB) - Dicembre 2015

Di seguito l’INTRODUZIONE

Come appassionato studioso della storia d’Italia del Novecento, nelle mie letture ho sempre prestato attenzione anche agli accadimenti di quel periodo storico nella nostra città.

Dal 2007, quando l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ha allestito in Biblioteca la mostra “A scuola col Duce”, a cura dell’Istituto di Storia Contemporanea di Como, ho indirizzato le mie ricerche sulle tematiche della scuola. Un impulso ad un ulteriore approfondimento è venuto, nel 2011, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Ho trovato allora negli archivi comunali dei documenti dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, che hanno resistito al naufragio del tempo e conservato le memorie del vissuto dei nostri avi. Il mio interesse si è concentrato anche sui registri di alcune classi delle scuole elementari lissonesi durante il regime fascista.

A partire dall’anno scolastico 1928-29, il “Giornale della classe”, si era arricchito di nuove pagine riservate alla “Cronaca e osservazioni dell’insegnante sulla vita della scuola”, pagine che per Regio Decreto gli insegnanti erano tenuti a compilare. Queste note preziose sono ormai dei documenti storici che illuminano la realtà sociale, culturale e politica del nostro Paese in quell’epoca. Leggendole si può capire come la scuola fosse coinvolta nella vita della comunità locale e della nazione.

Oggi gli insegnanti sono impegnati ad educare i ragazzi ai valori della tolleranza, della democrazia, della pace, della pari dignità tra i popoli. In un passato non molto lontano non era così. Per questo nel libro vengono riportate pagine di registri di alcune quinte elementari, ritenendo che il loro contenuto consenta di conoscere, nel modo più diretto, quale fosse la funzione della scuola sotto il fascismo.

Fondamentale nello sviluppo dell’operazione di indottrinamento della gioventù operata dal regime fu l’adesione della maggior parte dei maestri e delle maestre alla nuova ideologia. Il fascismo li blandì e si servì della loro opera. Già nel dicembre 1925, rivolgendosi agli insegnanti Mussolini aveva detto: «Voi siete degli uomini che hanno responsabilità tremende e ineffabili, di lavorare sul cervello, sulla coscienza, sugli uomini».

In quelle pagine dei registri si può spesso constatare lo zelo di molti docenti nella loro compilazione: ciò era anche dovuto al controllo sul loro operato esercitato dal direttore didattico e dagli ispettori ministeriali.

Ha scritto lo storico Ricciotti Lazzero: «Esaminando ciò che il fascismo ha fatto sui banchi di scuola si possono trarre gli elementi per capire e giudicare qualunque ideologia totalitaria nata o che nasca intorno a noi ... Perché la libertà nasce nelle aule delle scuole elementari, dove per la prima volta al bambino viene consegnato un libro. Quel libro deve essere corretto e leale, senza dottrine devianti e senza falsi scopi ... Sarà poi la realtà della vita con tutte le sue asprezze a modulare il carattere d’ogni creatura a seconda di ciò che porta dentro, e non un’uniforme o un canto di guerra».

Vorrei che questo lavoro consentisse di orientarsi in quel periodo non felice della nostra storia soprattutto a chi non l’ha vissuto, né l’ha sentito raccontare dai genitori o dai nonni.

La mia ricerca si è poi allargata alla scuola primaria italiana: un viaggio attraverso le sue principali riforme e la sua evoluzione, dal “fare gli italiani” al “fare degli italiani dei fascisti”, al “fare degli italiani dei cittadini”.

I cambiamenti nel mondo della scuola sono determinati da diversi fattori, che nel libro vengono analizzati alla luce dei principali avvenimenti succedutisi in Italia dall’Unità agli anni Sessanta del Novecento: gli interventi legislativi in materia di istruzione, l'evolversi del costume, delle condizioni di vita, della cultura di un popolo.

Ho, altresì, prestato una particolare attenzione alle trasformazioni dell’ambiente, dell’economia, della vita politica e sociale di Lissone documentate in alcuni capitoli.

Oltre agli archivi, le fonti della mia ricerca sono stati i numerosi documenti di storia locale. Uno, in particolare, desidero citare: è quel prezioso libro scritto da Sergio Missaglia “Lissone racconta”.

La mia intenzione era di raccontare delle storie, non di scrivere un manuale di storia, nell’interesse di tutti coloro che amano rivolgersi al passato per ritrovare in esso tante ragioni del nostro presente e tanti stimoli per il nostro futuro. Spero di esserci riuscito.

Renato Pellizzoni

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Due sono i capitoli (il 14° e il 15°) dedicati alla Resistenza nella Scuola:

LA SCUOLA “NELLA” RESISTENZA

Con il termine “scuola nella Resistenza” si può definire la partecipazione diretta alla Resistenza da parte di insegnanti e studenti. Si può, inoltre, considerare come “scuola nella Resistenza” anche l’azione di quegli insegnanti che con le loro lezioni contribuivano alla formazione di una coscienza indipendente e democratica nei giovani, mediante letture che partivano dai classici, passando dalle letture dantesche, a quelle del Foscolo o di Mazzini.

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LA SCUOLA “DELLA” RESISTENZA: LA SCUOLA DELLE REPUBBLICHE PARTIGIANE

Per “scuola della Resistenza” intendiamo le iniziative scolastiche intraprese o pensate nel corso della brevissima vita di quelle che sono state chiamate "le Repubbliche partigiane", costituitesi di fatto nel corso del 1944, in zone del Settentrione della penisola temporaneamente rese libere dall'occupazione tedesca e dalle residue forze fasciste. Queste iniziative si presentano a loro volta sotto due diversi aspetti: le misure operate per il presente e le riflessioni elaborate come progetti generali applicabili al futuro dell'Italia democratica, sia le une che le altre ancorate allo spirito e agli indirizzi suggeriti dal Comitato di liberazione nazionale Alta Italia (CLNAI).

fronte e retro della copertinafronte e retro della copertina

fronte e retro della copertina

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L’APPORTO DETERMINANTE DEI MASSONI DEL LIMOSINO ALLA LIBERAZIONE DELLA FRANCIA

5 Décembre 2015 , Rédigé par Laura Fassone Publié dans #Resistenza francese

L’APPORTO DETERMINANTE DEI MASSONI DEL LIMOSINO ALLA LIBERAZIONE DELLA FRANCIA

Limoges non é la sola città ad avere fornito eroi e martiri della Resistenza alla Francia. Tutta la regione ha pagato un tributo immenso alla causa della liberazione della Francia dal giogo nazista. Ecco perché non dobbiamo mai dimenticare tutti gli uomini di buona volontà che hanno creduto nei valori di Libertà, Fratellanza e Uguaglianza indipendentemente dalle loro appartenenze filosofiche, politiche o spirtuali. Erano comunisti, socialisti, liberali ed erano anche massoni. Ed erano soprattutto resistenti e partigiani. E tutti sono stati massacrati dalla barbarie nazifascista per garantire alle generazioni future un mondo migliore.

E’ noto il grande numero di massoni che hanno partecipato in tutta Europa ai movimenti di resistenza contro il nazifascismo. Ed in Francia, i grandi nomi della resistenza sono spesso legati ad una appartenenza iniziatica o a circoli filantropici di ispirazione massonica.

Comunisti, socialisti o liberali, appartenenti a classi sociali completamente diverse, industriali, medici, intellettuali, artigiani e operai, ma sempre animati dalla stessa volontà di Giustizia, Progresso e Libertà, i massoni di Limoges e della sua regione si sono distinti per i numerosi atti di eroismo di cui sono stati protagonisti nella lotta contro l’occupante nazista ed i complici collaboratori di Vichy.

Dal punto di vista linguistico la doppia appartenenza alla Massoneria ed ai movimenti della Resistenza appare flagrante. Il nome comune «compagnon» indica in lingua francese un grado specifico in massoneria ed indica nello stesso tempo un appartenente alle brigate partigiane del «maquis». Il campo semantico unisce quindi in modo indissolubile la figura del massone a quella del partigiano.

Durante la III Repubblica la Massoneria é accusata dai nazionalisti, fascisti e clericali di volere «decristianizzare» la Francia e di volerla «vendere» al «capitale internazionale» o al «comunismo».

Queste forme deliranti di odio sfociano in una serie di leggi repressive che si inaspriscono quando la Francia viene occupata al nord dai nazisti con la benedizione del governo di Vichy.

Non dimentichiamo soprattutto che la Massoneria costituisce il nemico numero uno di Pétain, esattamente come per Franco in Spagna, ovviamente con gli altri due nemici storici del fascismo, gli ebrei ed i comunisti.

Il 13 Agosto 1940 una legge di Pétain ordina la dissoluzione delle sociétà filosofiche definite come «società segrete». Tutti i membri della massoneria francese vengono accuratamente schedati esattamente come vengono schedati tutti gli ebrei di Francia, Pétain non esita ad affermare che «la massoneria é la causa di tutti i mali di Francia».

Inizia così una campagna sistematica di denigrazione contro i tre nemici storici che si concretizza mediaticamente in tre grandi mostre.

A Parigi fra l’autunno del 1940 e l’estate del 1942 avranno luogo la mostra sulla Massoneria al Petit Palais seguita dalla mostra «L’Ebreo e la Francia» al palazzo Berlitz e dalla mostra «Il bolscevismo contro l’Europa» alla sala Wagram (vedere foto a fine articolo).

L’odio e la follia nazifascista alimentati da una selvaggia paranoia antimassone, antisemita e anticomunista non hanno piu’ limiti. Non ci sono parole per descrivere l’indecenza delle caricature esposte al pubblico, disegni umoristici particolarmente violenti e pseudoosceni che rappresentano i tre «nemici storici» della «patria». Il tutto condito di innumerevoli calunnie e menzogne al riguardo di ipotetici complotti senza contare le accuse di satanismo e di messe nere. Questo indegno materiale frutto dell’esaltazione collaborazionista francese nutre il programma demente delle tre esposizioni finanziate dal governo di Vichy.

A partire dal 1940 tutte le logge massoniche francesi vengono sequestrate, poste sotto amministrazione giudiziaria e liquidate, gli archivi confiscati, i beni mobiliari venduti all’asta e tutte le informazioni relative ai massoni iscritti vengono accuratamente registrate negli infami schedari di Vichy. La prima loggia massonica saccheggiata dalla milizia di Vichy é la sede della Società Teosofica a Parigi nello square Rapp, a pochi metri dalla Tour Eiffel. Intervento particolarmente emblematico in quanto la Società Teosofica é il ramo meno impegnato socialmente in massoneria completamente dedicato alla speculazione spirituale ed esoterica e allo studio delle filosofie orientali.

Una seconda legge di Pétain viene promulgata il 13 Agosto 1941 destituendo dalla funzione pubblica tutti coloro che appartengono ad una loggia massonica. Una lista di nomi viene pubblicata sul «Journal Officiel» e diffusa.

Di fronte a questa persecuzione organizzata, i massoni già animati dal loro impegno morale e dal loro giuramente fraterno di obbedienza alla Giustizia e alla Verità reagiscono attivamente e costituiscono rapidamente delle brigate partigiane.

Particolarmente attiva nella resistenza del Limosino é la Loggia «Les Artistes Réunis» che già nel 1939 aveva dato appoggio ai repubblicani spagnoli perseguitati da Franco. Il 22 Giugno 1940 gli archivi della loggia «Les Artistes Réunis» vengono distrutti dai suoi aderenti per non permettere alla polizia di Vichy il sequestro della documentazione. Durante il mese di Agosto del 1940 numerosi atti di vandalismo vengono effettuati contro il tempio massonico della rue de la Fonderie a Limoges, la attuale rue des Coopérateurs. Nell’ottobre del 1940 la polizia di Vichy mette il tempio sotto sequestro e vende all’asta il mobilio.

Le prime riunioni dei massoni resistenti si tengono nell’agosto del 1940 e nel 1942 un vero e proprio gruppo organizzato di massoni partigiani si organizza in tre brigate. La brigata «Combat», la brigata «Libération» e la brigata «Franc-Tireur» sotto la direzione di François Perrin.

Nel corso delle lotte per la conquista della libertà numerosi saranno i martiri che la massoneria piangerà, tutti massacrati dalla milizia di Vichy o dai nazisti. Ricordiamo fra tanti e tanti nomi che non potrebbero tutti essere interamente riportati solamente per ragioni di spazio François Perrin, torturato alla caserma Marceau di Limoges dalla Gestapo e fucilato con le altre 47 vittime della barbarie nazista al Mont Valérien con altri due massoni, Armand Dutreix e Martial Brigouleix.

Il 17 Aprile 1943 la milizia di Vichy arresta sessanta partigiani massoni di Limoges fra cui Valentin Lemoine che viene torturato a Limoges e morirà in deportazione nel campo di sterminio di Dora Mittelbau in Germania.

Georges Ledot, un altro massone di Limoges, eroe della Prima Guerra Mondiale si arruola nelle brigate partigiane nel gennaio 1941. Nel 1942 Ledot organizza i M.U.R. (Mouvements unis de résistance) Arrestato dalla milizia di Vichy nel 1944 sarà torturato a Clermont-Ferrand e deportato a Mauthausen dove prima di morire riuscirà ancora ad organizzare un movimento di resistenza all’interno del campo.

Arsène Bonneau, massone di Limoges e socialista, nel 1942 dirige il gruppo delle brigate partigiane Franc Tireur. Arrestato nel 1942 sarà deportato a Buchenwald dove morirà.

Il leggendario eroe della liberazione di Francia, l’insegnante comunista Georges Guingouin, grande figura della resistenza francese, sarà iniziato in massoneria solamente nel 1969 nella stessa loggia del martire della resistenza Pierre Brossolette, le cui spoglie sono state trasportate nel Pantheon a Parigi. Simbolo dell’eroismo e dell’abnegazione partigiana, Pierre Brossolette per non parlare sotto la tortura della Gestapo morì suicida gettandosi dalla finestra della sua cellula.

Ma Limoges non é la sola città ad avere fornito eroi e martiri della Resistenza alla Francia. Tutta la regione ha pagato un tributo immenso alla causa della liberazione della Francia dal giogo nazista. Ricordiamo ancora altre fulgide figure della resistenza limosina massonica come

Georges Dumas aspirante massone che non vedrà mai il giorno della sua iniziazione. Sarà infatti fucilato dai nazisti a Brantôme nel 1944. La massoneria lo ricorda fra i suoi figli anche se morto in qualità di profano.

A Brive, numerosi massoni partigiani hanno subito il martirio per la causa della libertà come il giornalista Jean Chastre deportato e morto a Dachau e Raoul Desvignes fucilato dai nazisti a Limoges nel settembre 1943. La loggia «La Fraternité» di Brive perderà nella lotta della resistenza ventuno dei suoi membri.

A Guéret tutta la loggia «Les Préjugés Vaincus» si impegna attivamente nella lotta contro l’occupante nazista e molti ne periranno nei campi di Mauthausen , Neuengamme o fucilati in Francia.

Martial Brigouleix socialista e sindacalista di Tulle, insegnante di storia e geografia fu sospeso dall’insegnamento a causa delle leggi antimassoniche di Pétain. Partigiano, fu arrestato dalla Gestapo nell’aprile del 1943 e torturato nella sede della Gestapo a Limoges prima di essere fucilato nell’ottobre del 1943. Le ultime parole scritte da Brigouleix alla famiglia ricordano le parole di Antonio Gramsci nelle lettere al figlio Delio. Ecco come il partigiano francese si esprime nella sua ultima lettera «Siate forti come noi sappiamo essere forti. E vedrete, quando tutto ciò sarà finito, la vita sarà ancora più bella». Sentiamo in questa lettera del partigiano francese tutto lo spirito positivo e l’esortazione ad un futuro migliore.

Il 16 Maggio 1925 Mussolini si pronunciava in questo modo alla Camera dei Deputati sul problema massonico: «I fascisti hanno bruciato le logge dei massoni prima di fare la legge contro la massoneria». Un’affermazione che non smentisce ma integra alla potenza massima la violenza fascista e l’odio antimassonica e anti-internazionalista.

Ecco perché non dobbiamo mai dimenticare tutti gli uomini di buona volontà che hanno creduto nei valori di Libertà, Fratellanza e Uguaglianza indipendentemente dalle loro appartenenze filosofiche, politiche o spirtuali. Erano comunisti, socialisti, liberali ed erano anche massoni. Ed erano soprattutto resistenti e partigiani.

E tutti sono stati massacrati dalla barbarie nazifascista per garantire alle generazioni future un mondo migliore.

mostre a Parigi fra l’autunno del 1940 e l’estate del 1942mostre a Parigi fra l’autunno del 1940 e l’estate del 1942mostre a Parigi fra l’autunno del 1940 e l’estate del 1942

mostre a Parigi fra l’autunno del 1940 e l’estate del 1942

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