Centenario della fine della Grande Guerra
4 Novembre 1918 – 4 Novembre 2018
L’ANPI lissonese, per il centenario della fine della Prima Guerra mondiale, ha proposto un concerto multimediale:
“IL VIOLINO DEL SOLDATO” Musica e musicisti raccontano la Grande Guerra (1914-1918)
A cura dell’Accademia Viscontea. Violinista/relatore Maurizio Padovan
Sabato 3 novembre 2018 ore 16.00 BIBLIOTECA CIVICA DI LISSONE Sala Polifunzionale - Piazza IV Novembre
Con il patrocinio e il contributo dell’Amministrazione comunale di Lissone
Scarica la locandina
Durante la Prima guerra mondiale la musica era parte integrante della vita militare. Le canzoni accompagnavano le truppe nelle lunghe ore in trincea, nel corso delle marce o durante il riposo nelle seconde linee. I soldati cantavano per sconfiggere la nostalgia degli affetti familiari, per farsi coraggio nelle ore precedenti un assalto o per scordare i patimenti del fronte o della prigionia. Ma non mancarono le canzoni di protesta che denunciavano la drammaticità di una guerra trasformatasi in una gigantesca carneficina in cui migliaia di giovani venivano sacrificati per la conquista di pochi metri di terreno.
Il violino delle due guerre
Lo strumento utilizzato nel corso del concerto appartenne a Juzep da' Rous (Giuseppe Galliano,1888-1980), contadino nativo dj Sampeyre (Val Varaita, CN) che partecipò alla Guerra di Libia (1911-12) e successivamente alla Grande Guerra. Durante il primo conflitto fu ferito a un braccio e decorato con la Medaglia di bronzo al valor militare.
Lo strumento fu costruito a Mirecourt (Francia) nei primi decenni dell'Ottocento e acquistato da Juzep da' Rous a Parigi all'inizio del secolo successivo.
Alla scomparsa del suonatore, che fu l'ultimo testimone della tradizione violinistica degli Occitani d'Italia, il violino venne restaurato e dato in uso a Maurizio Padovan, autore delle pubblicazioni editoriali e discografiche dedicate all'antico repertorio del violinista di Sampeyre.
pieghevole con tema del concerto
l'annuncio tra gli Appuntamenti del mese nel sito internet del Comune di Lissone
Caduti lissonesi nella "Grande Guerra" - Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"
http://anpi-lissone.over-blog.com/article-caduti-lissonesi-nella-grande-guerra-120949900.html
elenco dei caduti lissonesi nella Grande Guerra
monumenti ai caduti a Lissone
Porta d'ingresso della chiesa prepositurale SS. Pietro e Paolo. Sulle formelle in legno della porta di ingresso sono scolpiti i nomi dei caduti lissonesi della guerra 1915-1918
i nomi dei caduti della Prima guerra mondiale sulla parete di sinistra dell'altare della Santa Croce nella chiesa prepositurale SS. Pietro e Paolo. Negli anni Venti del Novecento, la Prima Guerra mondiale era chiamata dai contemporanei "guerra europea"
monumento all'aviatore Mario Corino, alfiere della Pro Lissone calcio, posto nel "Campo della Memoria" nel cimitero urbano
programma delle celebrazioni per il centenario della fine della Grande guerra a Lissone
Gli studenti dell'Istituto Meroni di Lissone per il 70mo della Costituzione
Per il 70esimo anniversario della Costituzione italiana, gli studenti dell'Istituto Meroni di Lissone hanno realizzato sei stendardi con alcuni articoli della Costituzione, che sono stati collocati sulle colonne di Piazza Libertà.
foto tratte dal sito internet del Comune di Lissone
70mo anniversario della Costituzione nuovi eventi
continua la rassegna di eventi dedicati
vedi nel sito del Comune di Lissone tutti gli appuntamenti del mese di ottobre e del mese di novembre
http://www.comune.lissone.mb.it/70-anniversario-Costituzione-Italiana-appuntamenti-ottobre-novembre
Lettera di un insegnante
Lissone, 7 ottobre 2018
Un insegnante di liceo, iscritto alla nostra associazione, l’ANPI di Lissone, ci scrive:
«La scuola è cominciata da meno di un mese. In questo mese ho incontrato diciassette famiglie e diciassette ragazze e ragazzi.
Sono venuti a bussare alla porta della mia scuola. Io avevo il compito di accoglierli. Vengono da lontano: Togo, Senegal, Egitto, Tunisia, Brasile, Perù, Repubblica Dominicana, Venezuela. Si chiamano Adham, Amal, Andres, Asmaa, Brayan, Cari, Elsayed, Jeikol, Yzabel, Misheel, Mamadou, Mohamed, Mohamed, Nashwa, Salaheldin, Tete, Alfonso (nipote di emigranti italiani). Il più piccolo ha 14 anni, il più grande 19.
Sono arrivati in Italia per raggiungere i loro genitori. Ho stretto le loro mani e ho ascoltato le loro storie, talvolta con l'aiuto di una mediatrice linguistica e di miei studenti che conoscono la loro lingua, talvolta usando le lingue che conosco.
Emmanuel Levinas ha detto: “Il volto non è semplicemente una forma plastica, ma è subito un impegno per me”.
Ho vissuto questo. Il volto è un'alterità che mi trascende e che risveglia in me il nostro mistero di essere umani e parte della vita. Quegli occhi e sguardi fuggitivi o pieni di bisogno e desiderio, quelle voci talvolta tremanti talvolta spavalde a nascondere la paura, quei pudori, dubbi, slanci; le mani avvicinate o allontanate; il pensiero al passato, alle cose perdute; il raccogliere gli abiti e le cose della vita e portarle con sé; il sentire che l'arrivo non è come lo si sognava o immaginava; il vedere con occhi nuovi il proprio paese; lo scoramento che rabbuia o la fiducia che illumina: tutto questo abbiamo condiviso in pochi minuti o in qualche ora. Tutto questo si scrive in due parole: speranza e dignità. Solo questo ho voluto far vivere nel poco che ho potuto fare. Non uno di meno. Non uno escluso.
Incontri, telefonate, messaggi, mail, prove di valutazione, riflessioni, momenti di gioia e di tristezza. Di giorno, di sera, di notte pure. La lotta contro un sistema farraginoso, arbitrario e talvolta sordo.
Quando mi hanno detto grazie, con le parole, con gli occhi, regalandomi una penna o promettendomi un dolce di ringraziamento, io ho sentito un grazie per loro, perché mi hanno fatto rivivere e ricordare chi sono e cosa sono. Io sono un prof e ho fatto solo il mio dovere. Ho fatto il mio lavoro. È questo che professo. La dignità di ognuno.
Nel rincuorare loro e i loro genitori ho sentito in me la forza delle parole della mia Costituzione: “La scuola è aperta a tutti”. Punto. Non ci sono aggettivi. Non una parola è di troppo, non una parola manca. Così scrive chi sa cosa è la dittatura e cosa è la guerra. E le ripudia.
La forza di queste parole mi ha sorretto e ho sentito i partigiani accanto a me ad accogliere questi ragazzi. Ho pensato a come li avrebbero accolti loro. Ho sentito che noi ora siamo "tutti". Ora che ognuno ha trovato faticosamente un suo spazio a scuola, nella mia e nelle vicine. È la strada giusta. Lo sento e vedo quando li incontro nel corridoio e mi salutano e mi dicono con gli occhi: questa ora è la mia scuola. Questa è la nostra scuola.
Buona fortuna e coraggio ragazzi. Ora possiamo camminare insieme».
R.P.