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Le prime libere elezioni dopo la fine del regime fascista, la scelta tra monarchia e repubblica a Lissone

28 Mai 2021 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

Nel breve spazio di tempo che va dal marzo al giugno 1946, gli italiani furono chiamati alle urne due volte: la prima, per eleggere le amministrazioni comunali, la seconda, il 2 giugno 1946, per scegliere la forma istituzionale dello Stato, monarchia o repubblica, ed eleggere i componenti dell’Assemblea Costituente incaricata di redigere la nuova Costituzione.

 

Lissone 1946

 

A Lissone, il 3 maggio 1945, nella residenza comunale, il Comitato di Liberazione Nazionale insediò la nuova Giunta municipale, la cui composizione era stata decisa sin dalla riunione clandestina del 12 marzo. Per la scelta del sindaco i comunisti, superando la dura opposizione socialista, avevano comprensibilmente messo «il loro voto a disposizione dei democristiani, appellandosi alla situazione prefascista» e la scelta era caduta su Angelo Arosio, detto Genola. Vicesindaco fu nominato Giuseppe Crippa, comunista, e all'amministrazione andò Federico Costa, socialista. La Giunta fu completata da Mario Camnasio (Dc) all'annonaria, Emilio Colombo (Psi) ai lavori pubblici e Giulio Meroni (Pci) all'assistenza ai quali si aggiunse il ragionier Giulio Palma, rappresentante del Partito liberale, quale assessore supplente.

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Il Comitato di Liberazione Nazionale aprì una grande sottoscrizione per garantire l'assistenza ai più poveri; i fondi furono gestiti ed erogati da una speciale Commissione finanziaria che, oltre dell'assistenza si occupò anche di sostenere l'ospedale della Carità, il patronato scolastico, la scuola professionale di disegno, l'Associazione mutilati e invalidi di guerra e l'Associazione reduci e la Conferenza di San Vincenzo.

La guerra aveva avuto un costo umano ed economico di grandi proporzioni. Notevoli furono le spese sostenute dall'Amministrazione comunale lissonese durante il periodo dell’occupazione tedesca.

In campo internazionale, gli USA, una volta vinta la guerra, furono l'unica potenza in condizioni di prosperità di fronte ad un'Europa terribilmente impoverita e devastata. Perciò, con il preciso scopo di combattere l'influenza sovietica e mostrare agli europei il volto del loro possente capitalismo, gli americani programmarono notevoli aiuti ai paesi europei. Uno strumento importante sorto nel novembre 1943 a Washinghton con il fine di pianificare l'aiuto per la ricostruzione delle zone devastate dalla guerra, fu l'United Nation Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), formalmente sotto il controllo ONU, ma di fatto frutto dell'intervento economico degli USA. Furono messi a disposizione capitali, materiali e generi alimentari.

A Lissone il problema dell'assistenza aveva determinato la nascita nel dicembre del 1945 del Comitato comunale per l'assistenza post-bellica con lo scopo di favorire la distribuzione di vestiario e generi alimentari, mentre il 9 gennaio 1946 il comune fu incluso nel piano di distribuzione viveri e prodotti tessili del comitato provinciale UNRRA. A tal proposito nello stesso anno si formò il comitato comunale di assistenza UNRRA e nacquero contemporaneamente quattro centri di assistenza, ubicati presso la scuola materna comunale di via G. Marconi, l'asilo infantile Maria Bambina di via Origo, la mensa materna ONMI di via Fiume e lo spaccio comunale ECA di piazza Libertà.

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In definitiva nel luglio del 1946 erano assistiti tramite refezione gratuita e distribuzione di generi in natura circa 540 minori e 120 madri, anche se i bisognosi ammontavano in tutto a 900 persone. 

Le prime elezioni libere dopo la fine del regime fascista furono quelle amministrative che furono fissate per il 7 aprile 1946; 5.700 furono i Comuni italiani interessati dal voto.

Alla vigilia delle prime elezioni in cui anche le donne vennero chiamate ad esprimere il proprio parere, nessuna forza politica poté ignorare quale enorme importanza avrebbe assunto l’elettorato femminile, che, con 14.610.845 persone che acquisirono il diritto a recarsi per la prima volta in una cabina elettorale, costituiva circa il 53% del totale.

De Gasperi e Togliatti erano fondamentalmente concordi sull’estensione del suffragio, ma dovettero scontrarsi con la diffidenza che il provvedimento suscitò, per motivi diversi, all’interno dei loro partiti.

De Gasperi Nenni Togliatti

Nel PCI i dubbi circa i risultati delle urne erano legati al timore che le donne si lasciassero troppo influenzare dai loro parroci e dalla Chiesa.

Le perplessità democristiane erano invece legate alla possibilità che, con la nuova partecipazione alla vita politica, esse si allontanassero progressivamente dai valori tradizionali, incrinando così l’unità della famiglia.

Per Nenni e per i socialisti il voto femminile era sicuramente un fatto positivo, ma potenzialmente pericoloso. Il Partito Liberale, il Partito Repubblicano e il Partito d'Azione si mostrarono a volte indifferenti, a volte diffidenti verso il voto alle donne, per timore che risultasse un vantaggio per i partiti di massa.

In Brianza si affermò la Democrazia cristiana, che vinse in tutti i paesi ad eccezione di Albiate e Nova.

Nonostante le preoccupazioni della Questura di Milano, che temendo incidenti, inviò una circolare contenente le direttive per mantenere l'ordine pubblico, anche a Lissone la giornata elettorale trascorse «da parte della cittadinanza in una atmosfera di disciplina e compostezza e di esemplare senso civico».

torre Casa del popolo dopoguerra-comizio.jpg 1948 Comizio

A Lissone, i seggi elettorali erano insediati in piazza IV Novembre, alle scuole di via Aliprandi, alla cascina Santa Margherita. Verso sera, alle 18, l'altoparlante della casa del popolo comunicò i dati riassuntivi: la Dc prese il 58,45% (e 24 seggi), l'Unione dei partiti di sinistra il 36,7% (6 seggi), e infine gli indipendenti con soli 411 voti presero il 4% e nessun seggio in Consiglio comunale. Ma il dato più significativo fu l'affluenza alle urne, che raggiunse il 92% degli iscritti (gli aventi diritto al voto erano oltre 11.000).

Il 17 aprile 1946 si insediò quindi il nuovo Consiglio comunale, e dopo il doveroso ricordo dei caduti della liberazione in un clima di grande rispetto reciproco e di consapevolezza delle difficoltà del momento, la maggioranza, per voce di Bruno Muschiato (che lo presiedeva nella sua qualità di consigliere capolista), chiese «ai colleghi della minoranza [...] la loro collaborazione e specific[ò] che [era] intenzione di riserbare un posto di assessore effettivo al consigliere Federico Costa nella sua qualità di capo riconosciuto dalla minoranza stessa». Dopo il rifiuto del Costa, motivato dalla necessità «di poter svolgere liberamente il compito di controllo e di critica costruttiva che in regime veramente democratico sono indispensabili», Mario Camnasio fu eletto sindaco. 

1949 Lissone Amministrazione comunale 1  1949 Lissone Amministrazione comunale 2

 

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«Il lavoro da compiere - sostenne il sindaco uscente Angelo Arosio - è oltremodo difficoltoso e non si può certamente sperare che una bacchetta magica lo possa immediatamente risolvere; il pareggio di bilancio, ad esempio, appariva ben distante da raggiungere. E nonostante si dovesse operare, secondo la Giunta, «più con la riduzione delle spese che con eccessivi inasprimenti di tributi locali o con l'assunzione di mutui, furono applicate dall'amministrazione comunale «la sovraimposta al 3° limite [e] tutte le altre imposte e tasse comunali [...] con le aliquote e nelle misure massime stabilite dalle vigenti disposizioni di legge in materia, e [...] pure sono state applicate le addizionali sulla imposta di famiglia e sulla imposta industria, arti, commercio e professioni». Malgrado gli sforzi e le nuove imposizioni il risultato fu tuttavia sconsolante, poiché «benché applicate al massimo le imposte non hanno seguito il vertiginoso aumento dei prezzi. Infatti [...] le entrate non potranno pareggiare le uscite».

In questa situazione la Giunta affrontò il problema degli alloggi nominando una apposita Commissione comunale, con «mansioni principalmente conciliative per la disciplina dell'importante servizio» e programmando sistemazioni anche precarie per le famiglie degli sfrattati. Inoltre, «constatata la necessità da parte della popolazione e particolarmente dei ceti meno abbienti, di disporre di generi alimentari non razionati di più largo consumo e prezzi equi», fu istituito l'Ente comunale di consumo e programmato un piano organico di opere pubbliche a «sollievo della disoccupazione, sempre più preoccupante in ogni categoria operaia», con il contributo dello Stato. 

2 giugno 1946 file ai seggi manifesto PCI per la repubblica

Il 2 giugno 1946 il corpo elettorale venne nuovamente chiamato alle urne. Gli elettori dovevano scegliere con un referendum tra la monarchia e la repubblica ed eleggere i loro rappresentanti all'assemblea costituente. Vittorio Emanuele III, in un ultimo disperato tentativo di salvare la monarchia aveva meno di un mese prima abdicato in favore di suo figlio, Umberto.

1946-9-maggio-abdicazione-Re-V-E-III.JPG 1946-2-giugno-Umberto-II-vota.JPG

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Ma fu vana impresa e con 12.717.923 (il 54,2%) contro 10.719.284 (il 45,8%) l’Italia divenne una repubblica. Ufficializzata la votazione Umberto inizialmente chiese tempo, affermando che le preferenze per la Repubblica costituivano la maggioranza dei voti validi, ma non la maggioranza della totalità degli aventi diritto al voto.

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Furono giorni carichi di tensione, e circolarono voci di un possibile colpo di stato dell' esercito in appoggio al re. Tuttavia De Gasperi e gli altri ministri rimasero fermi al loro posto e infine il 13 giugno il «re di maggio», come venne poi soprannominato, prese la via dell'esilio.

1946-Torino-W-la-Repubblica.JPG 1946 re Umberto II lascia Quirinale

Enrico De Nicola, l'ultimo presidente della Camera prefascista, fu, quindici giorni più tardi, eletto capo provvisorio dello Stato.

Enrico De Nicola I presidente

A Lissone le elezioni si svolsero «in un clima di concordia e di consapevolezza dell'importanza e della gravità» del momento.

scheda elettorale monarchia repubblica Lissone-referendum-2-giugno-1946.jpg

Anche il corpo elettorale cittadino votò in grande maggioranza per la Repubblica (76,2% contro il 23,8% per la Monarchia) e Federico Costa, il 17 giugno, alla prima adunanza del Consiglio comunale dopo il referendum, sottolineò con forza che «la superata crisi dei giorni scorsi per merito dei nostri dirigenti democratici e per la maturità politica di tutto il popolo dimostra quanto fosse retrograda e reazionaria la dinastia che resse i destini del nostro paese per tanti anni».

manifesto per Costituente giugno 1946 lavori Costituente

L'elezione per l'Assemblea Costituente dette inoltre per la prima volta una indicazione precisa della forza dei partiti. A livello nazionale la Dc emerse come primo partito con il 35,2%, seguito dai socialisti con il 20,7% e dal Pci con il 19%. I tre grandi partiti ebbero da soli quasi il 75 per cento dei voti, presentandosi come i dominatori della Costituente. A Lissone la percentuale ottenuta dai tre partiti fu addirittura maggiore, il 94,13%, e lo scrutinio non presentò particolari stravolgimenti rispetto a due mesi prima. La Dc tuttavia perse quattro punti percentuali, e con 5.577 voti ottenne il 54,2%; i socialisti con 3.086 voti ottennero il 29,99%, il Pci con 1.023 voti ebbe il 9,94%. Gli altri partiti si spartirono il 6% rimanente (Democrazia repubblicana ebbe 84 voti; i repubblicani 93; i comunisti internazionalisti 9; il Blocco libertà 41; l'Unione democratico liberale 199 e lo Schieramento nazionale 8. Da notare che nettamente inferiore al dato nazionale fu il risultato raggiunto a Lissone dal Fronte dell'Uomo qualunque, che con 169 voti ottennero un misero 1,64%).

l Unità W la Repubblica ministro Romita vittoria repubblica 

Ricominciava quindi definitivamente la vita democratica, era nata la Repubblica, e la classe dirigente lissonese si rendeva conto che anche dalla rappresentanza comunale «dipende[va] che questa istituzione di liberi cittadini prosperi e si rafforzi in un clima di democrazia, di giustizia, di moralità e di progresso sociale». La minoranza socialista, attraverso Federico Costa, offrì «all'uopo un sincero appoggio» alla Giunta democristiana «in tutte quelle deliberazioni che devono tradursi in un miglioramento delle condizioni del popolo», consci che in città «i problemi da risolvere [erano] numerosi e difficili» e che necessario era soprattutto un riordinamento della materia tributaria, in cui «occorre oculatezza e massima rigidezza, [e] bisogna gravare senza tema di ostilità quelle persone che molto hanno e che nulla vogliono dare per il bene comune».

1946-via-simboli-monarchici.JPG 2 giugno 1946

 

Bibliografia:

Archivi comunali di Lissone

Antonio Maria Orecchia in “La seconda guerra mondiale, la Resistenza, la Liberazione”

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