Arturo Arosio
Il 18 marzo 1945 veniva fucilato dai nazifascisti Arturo Arosio.
Di anni 19. Nato a Lissone (Milano) il 24 maggio 1925, come molti altri giovani risponde al bando Graziani di chiamata alle armi e si arruola nella Divisione alpina «Monterosa»; addestrato con i commilitoni a Münsingen, in Germania, sotto la diretta supervisione dei tedeschi, rimpatria nella seconda metà del 1944 ed è dislocato in un reparto di presidio nell'entroterra ligure. Valutata la situazione, diserta e si aggrega ai partigiani della Brigata «Centocroci» di La Spezia. Catturato durante un rastrellamento, viene processato per diserzione e condannato a 30 anni di reclusione, grazie alla difesa di un capace avvocato, Emilio Furnò, che riesce ad evitargli (seppure per poco) la fucilazione. La sera del 13 marzo 1945 due partigiani armati di rivoltella irrompono nell'abitazione del tenente della X flottiglia Mas Roberto Gandolfo (arruolato nella 5a Compagnia del Battaglione «Lupo») e lo uccidono insieme a suo padre. Per rappresaglia il Tribunale militare di Chiavari condanna a morte con rito sommario sei prigionieri (Arturo Arosio, Giuseppe Barletta Alessandro Sigurtà, Emanuele Giacardi, Luigi Marone e Mario Piana), prelevati il 18 marzo dalle carceri, condotti sul luogo dell'azione partigiana, in località «Villa Pino» di Santa Margherita di Fossa Lupara (comune di Sestri Levante), e fucilati da un plotone della 3a Compagnia della XXXI Brigata Nera «Generale Silvio Parodi» comandato dal tenente Giuseppe Barbalace. Per cinque di essi la fine è immediata; il sesto, Mario Piana, lasciato per morto, trascinatosi sul terreno riesce a raggiungere il vicino bosco, dove è ritrovato dopo alcune ore dai partigiani; ricoverato all'ospedale da campo di Santo Stefano d'Aveto, si spegne nel giro di pochi giorni per emorragia. Sul luogo della fucilazione, accanto alla casa della famiglia Gandolfo, un cippo ricorda i sei fucilati. La salma di Arturo Arosio è trasportata a fine maggio 1945 a Lissone, suo paese natale, per la celebrazione di solenni funerali partigiani. (tratto da “Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza 1943-1945” a cura di Mimmo Franzinelli – Ed. Oscar Storia – marzo 2006 pag.87, 88 e 89)
Lettera alla famiglia del 5 maggio 1944, scritta durante l’addestramento in Germania
Tratte dalla pubblicazione “Le Brigate del Popolo” del 17 gennaio 1946 (pagg. 12 e 13)
ARTURO AROSIO 14ma Brigata del Popolo
Partigiano di fede, per il suo ideale sacrificò la vita. Dopo un lungo periodo di dura prigionia venne fucilato a Sestri Levante dai tedeschi, perche appartenente a formazioni partigiane.
Unico sentimento espresso nell’ultima lettera ai suoi cari l'orgoglio di morire per la sua Patria "Italia”.
Fucilato a Sestri Levante il 18 marzo 1945.
UNA LETTERA
Un glorioso caduto ebbe la 14.ma Brigata: il caporale Arturo Arosio, nome di battaglia “Tarzan”, fucilato il 18 marzo 1945 dai nazifascisti di Sestri Levante. Ad illustrare la figura di “Tarzan”ogni nostra parola sarebbe vana per cui ci rimettiamo alla sua penna pubblicando stralci della lettera scritta poco prima di essere condotto alla fucilazione.
Chiavari, 16 marzo 1945
Cara mamma. Carletto, Antonio, Bruno, Angelina, Ernestina, Luigia e il cognato Luigi, Zii, Zio, parenti, cugini e cugine, amici.
Eccomi a Voi con questo ultimo mio scritto primo di partire per la mia sentenza, io muoio contento di aver fatto il mio dovere di vero soldato e di vero italiano; cara mamma sii forte che io dal cielo pregherò per te; sei stata l'unica consolazione, hai sofferto tanto per me e soffrirai ancora dopo la mia morte? Cara mamma io pregherò tanto per te e per i fratelli e sorelle!
Cari fratelli e sorelle, siate orgogliosi di aiutare la mamma e sopportare la sua pesante croce che dovrà portare in alto dei cieli. Mamma non piangere per me, pensa che tu mamma nell’altra guerra, hai avuto un fratello caduto al fronte, e io vado a raggiungerlo la dove godrò un'altra vita felice e beata, dove ci sarà un altro tribunale davanti a Dio onnipotente, là dove ci sarà finalmente giustizia per quelli che hanno fatto del bene o del male.
Cara mamma, fratelli e sorelle, nel momento della mia morte, invocherò e pregherò per voi, pregherò il Signore perché vi benedica e vi tenga sani in una lunga vita di pace e felicità. Miei cari fratelli ricordatevi di me nelle vostre povere preghiere, credo che tutto il male che vi ho fatto, me l'avrete perdonato; scusatemi se vi ho fatto arrabbiare e perdonatemi di tutto.
Al mio caro Carletto, che tutti giorni facevo impazzire credo che mi perdonerà di tutto il male che gli ho fatto, per le volte che l'ho fatto piangere? Mi perdoni?
Ai miei cari fratelli Anselmo e Bruno, per fare che aiutino la mamma e sia ubbidienti e laboriosi, ricordino che il loro fratello è stato processato e dopo fucilato nella schiena.
Alle care sorelle Ernestina, Angelina e Luigia perché mi perdonino e preghino per me, che io pregherò per loro quando salirò in cielo.
Alla mia cara mammina che tanto piangeva per me, mamma sii forte a sopportare questo tremendo delitto, che Dio penserà a maledire questi uomini senza fede e senza speranza in Dio. Dio non paga solamente al sabato, ma paga tutti i giorni. Fate bene fratelli, che il tempo passa e la morte s’avvicina.
Vi mando i miei ultimi saluti e baci, tanti bacioni a te mamma, baci a voi cari fratelli, Carlo, Anselmo, Bruno, baci alle mie care sorelle Angelica, Ernestina, Luigia e Luigi.
Vostro fratello Arturo.
Tuo figlio ti manda tanti baci, tanti saluti; ci rivedremo in cielo.
Arturo, ciao mamma mia.
Salutami la zia Vittorina, Viola, Salvatore, lo zio Giuseppe, la zia Agnese, Arturo, Teresina, Arcangelo, Maria Adelaide, zia Giovanna e tutti i suoi figli, lo zio Alessandro, zia Paolina, Alfonso, sua moglie e i suoi figli, Arturo e tutti gli altri parenti che non ricordo più.
Baci a tutti, ci rivedremo in cielo, Ciao, ciao, ciao.
Mamma, miei fratelli e sorelle, pregate per me. Baci, baci, baci.
Vostro Arturo.
Un inutile commento sciuperebbe la piena di commozioni e sentimenti che suscita la lettura di questa lettera, sono parole semplici di un'anima semplice che va a presentarsi a Dio, conscia di aver fatto null'altro che il proprio dovere.
Ed in pochi minuti prima di morire ecco il suo nobile post scriptum alla lettera.
Chiavari, 18 marzo 1945.
Cara mamma,
sii forte che io vado a trovare il caro e amato papà e tutti i nostri cari morti. Baci, baci, baci.
Saluti a tutti i nostri cari parenti. Ciao mamma, fratelli e sorelle.
Vostro Arturo - Ciao.
Arturo era credente: a lui dedichiamo la «Preghiera del partigiano»:
"Signore, cala la notte sui monti, ed io elevo a Te la mia preghiera. Tu che leggi nel cuore degli uomini, ascolta questa voce. Benedici la mia casa lontana, coloro che in ansia attendono il mio ritorno.
Benedici i compagni che vegliano in armi, fa' che l'occhio sia vigile, pronta la mente, salda la volontà.
Benedici la gente d'Italia, i fratelli che soffrono, perché dalle loro pene fiorisca la libertà, ritorni il regno della giustizia.
Accogli nel Tuo mondo di luce i nostri Morti, rendimi degno del loro sacrificio.
Fa' che ogni mio gesto, ogni pensiero, sia puro come le nevi, guarda con misericordia alle mie colpe.
Benedici l'Italia, o Signore, benedici coloro che nel suo nome operano e combattono.
Così sia".
Il cippo in località Santa Margherita di Fossa Lupara (comune di Sestri Levante) che ricorda i partigiani caduti tra cui Arosio Arturo
Il Comune di Lissone nel decennale della Liberazione
Arturo Arosio aveva tre fratelli e tre sorelle. Abitavano in Via Crippa a Lissone. Nella foto degli anni ’30, Arturo è il primo a destra.
Due sono stati i processi cui è stato sottoposto Arturo Arosio dopo la sua cattura, il secondo dei quali è stato una vera e propria farsa: una sentenza scontata, pronunciata, nel pomeriggio del 18 marzo 1945 dopo un processo con rito sommario, da giudici militari del Tribunale di guerra della “Monterosa”, giudici succubi del regime tirannico della Repubblica Sociale Italiana, ormai con i giorni contati, e sotto la minaccia delle Brigate Nere.
Emilio Furno, uno dei tre avvocati difensori che con le loro arringhe hanno tentato di evitare la condanna alla fucilazione dei sei partigiani rinchiusi nel carcere di Chiavari, così scrive:
“Chiavari, 18 marzo 1945.
Oggi al tramonto, in S. Margherita di Fossa Lupara, Brigate Nere hanno eseguito la sentenza di morte contro un gruppo di Partigiani, pronunciata nel pomeriggio dal Tribunale di Guerra della «Monterosa». Oggi la morte ha stroncato la giovinezza di altri nostri fratelli.
La sera cade sui corpi insanguinati di Barletta Giuseppe, Piana Mario, Marone Luigi, Arosio Arturo, Sigurtà Alessandro, Giaccardi Emanuele.
Come erano giovani!
Barletta, Piana, Arosio, Giaccardi vent'anni. Marone ventuno. Sigurtà ventidue.
Pesa su di me un'invincibile angoscia, fatta di avvilimento e d'ira.
Ho lasciato il Tribunale piangendo né mi· son dato pena di·nascondere le lacrime ai Giudici militari, silenziosamente raccolti sulla scalinata di Villa Navone. Ma non serve a nulla il piangere! Sottolinea soltanto la mia impotenza. E non solo la mia. Quando finirà questa guerra fratricida?
Rolando Perasso, Giovanni Trucco, fraterni compagni nella dolorosa via che essi stessi mi hanno esortato a percorrere, sono stati fino a tardi con me. Rolando ha detto poche parole, vincendo la sua pena di uomo con l'accettazione del combattente. Più loquace Trucco, con il quale ho spartito la fatica e la difesa e che oggi ha pronunciato un'orazione ardente e coraggiosa.
Caro Giovanni! Ricorderò sempre quello che hai detto oggi in Tribunale. Ed i pallidi volti dei giudici.
Domani, forse, sembrerà nulla, sembrerà naturale, ma oggi ci vuole molto coraggio a dire certe cose! Trucco ha detto che voleva portare in aula la voce e l'ammonimento del popolo, assente, ma presente. E ha portato questa voce, chiedendo la liberazione dei giovani con estrema energia.
Il vecchio alpino non ha avuto peli sulla lingua. Trucco ed io abbiamo speso tutte le nostre forze. Qualcosa abbiamo ottenuto. Gli imputati erano dieci. Quattro hanno avuto salva la vita. Ma non basta al nostro cuore. Ho negli occhi i sei condannati.
Piana Mario, ancora ferito al viso, calmissimo. Affrontava risoluto il suo ultimo combattimento. Marone Luigi aveva conservato, ancor dopo la condanna, la sua ligure compostezza. E dalla scalinata del Tribunale guardava il sole, alto nel cielo. Barletta, Arosio, Sigurtà, Giaccardi hanno saputo vincere il tremito della carne. Tutti intorno a me, prima di salire sulla corriera, che li avrebbe portati a S. Margherita di Fossa Lupara. Che sforzo a non piangere davanti ad essi. Marone mi ha consegnato il portafoglio, ricordo per il padre. Lo apro questa notte. V'è la sua fotografia, un'immagine di S. Antonio, una moneta abissina.
La mia angoscia aumenta. Aumenta la mia solitudine. … E' ancora guerra.
Eppure la primavera si è già affacciata sull'appennino e guarda dolce il ligure mare. Ma la primavera non ferma il destino. Avv. Emilio Furno” (da “Storia della Divisione Garibaldina «Coduri» di Amato Berti e Marziano Tasso Seriarte Genova 1982)
In corriera i sei partigiani, tra cui Arturo Arosio, vengono portati da militi delle Brigate Nere a Santa Margherita di Fossa Lupara, frazione di Sestri Levante.
Su un dosso tra viti ed ulivi, a poca distanza dal mare, in un paesaggio che suscita sentimenti di pace e di tranquillità in chi oggi raggiunge il luogo, avviene la tragedia.
Nel silenzio della natura, siamo stati anche noi oggi, muti, sul posto dove un cippo ricorda i sei partigiani fucilati: Arturo è il primo della lista.
Abbiamo trovato dei fiori freschi che gli amici dell’ANPI di Sestri Levante avevano appena deposto. Poi abbiamo scambiato delle parole con gli attuali proprietari del terreno su cui avvenne la fucilazione: a noi, nati con la Costituzione repubblicana, in un Paese libero, hanno raccomandato di far conoscere ai giovani ciò che è stato. E' un impegno che ci proponiamo di mantenere.