Claude Lanzmann
13 Janvier 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #la persecuzione degli ebrei
Nota su Claude Lanzmann e su Shoah
a cura di Frediano Sessi
Nato a Parigi il 27 novembre del 1925, Claude Lanzmann è stato uno degli organizzatori della resistenza al liceo «Blaise Pascal» di Clermont Ferrand, nel 1943. Ha partecipato alla lotta clandestina in città e poi agli scontri del maquis dell'Auvergne. È medaglia alla resistenza con onorificenza, commendatore della Legion d'onore, commendatore dell'Ordine nazionale del Merito e dottore in filosofia honoris causa all'Università ebraica di Gerusalemme, all'Università di Amsterdam, all' Adelphi University e alla European Graduate School.
Lettore all'università di Berlino negli anni del blocco, nel 1952 incontra il filosofo francese Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, di cui diventa amico. Fino al 1970 svolge l'attività di saggista e giornalista. Negli anni seguenti, si impegna esclusivamente nel cinema: dapprima realizza Pourquoi Israël, con il quale ottiene un successo di pubblico considerevole in tutto il mondo, fin dalla sua prima a New York. In seguito, a partire dall'estate del 1973, comincia a lavorare alla realizzazione di Shoah. «Se fossi stato deportato con tutta la mia famiglia, - scrive, - non sarei mai stato capace di girare questo film, questo è certo. Per assumere infatti la posizione di testimone dei testimoni occorreva essere allo stesso modo dentro e fuori, o meglio, fuori e dentro». La lavorazione del film occupa Lanzmann a tempo pieno per undici anni, cinque e mezzo dei quali dedicati al montaggio delle oltre trecentocinquanta ore di ripresa. «Ho cominciato con il leggere. Andavo a tastoni, come un cieco [...]. Non mi sono recato subito sui luoghi. Dapprima ho cercato le persone». Proprio questa ricerca lo obbliga a lunghi viaggi e ad avvicinamenti progressivi, a volte, come fu nel caso dei nazisti, anche pericolosi, per lui e la sua squadra di lavoro. Il suo primo soggiorno in Polonia, sui luoghi del genocidio, risale all'inverno 1977-78. «A quel tempo, - dichiara, - ero una bomba carica di sapere, ma senza detonatore. La Polonia è stata il mio detonatore». La sua emozione più forte, è rappresentata dalla scoperta di un villaggio che aveva nome Treblinka e di una stazione ferroviaria, di binari, vagoni, ecc. Tutto è cominciato da lì, e la prima ripresa ha luogo cinque mesi dopo, nell'estate del 1978. A poco a poco, le foreste, le strade, la terra nuda, i villaggi, il paesaggio e quel che resta dei luoghi dello sterminio oggi disvelano ombre e lacerti del passato. Il film così gravita attorno all'assenza di tracce, all'inaccessibile, al centro dell'occhio del ciclone, come afferma Lanzmann, e riproduce e comunica quello che era sembrato a tutti l'inimmaginabile.
Nel 1985, quando Shoah, della durata di nove ore e mezza, viene presentato al pubblico, subito si parla di un capolavoro assoluto di arte cinematografica e di storia. A New York, nella pausa tra la prima e la seconda parte della sua proiezione, un rabbino chiede di rimanere in sala per recitare il kaddish, la preghiera per i morti. Lanzmann aveva fatto rivivere concretamente il ricordo di tutti quei morti senza tomba. Oggi, Shoah è considerato il più grande film della storia della cinematografia sull'Olocausto e non solo.
«La Shoah non fu solo un massacro di innocenti, ma soprattutto uno sterminio di gente indifesa, ingannata a ogni tappa del processo di distruzione, e fino alle porte delle camere a gas. Bisognava fare giustizia di una doppia leggenda, quella che vuole che gli ebrei si siano lasciati condurre al gas senza presentimenti e sospetti, e che la loro morte sia stata "dolce", e quella secondo la quale non opposero alcuna resistenza ai loro carnefici».
Bibliografia:
Claude Lanzmann – Shoa – Einaudi Stile libero Dvd 2007
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