La persecuzione degli ebrei: dalla Germania ai paesi europei sotto l’occupazione nazista
Negli anni Quaranta, in piena Seconda guerra mondiale, quasi tutta l'Europa era sotto l'occupazione del regime nazista del Terzo Reich. Oltre alla sconfitta degli Alleati e all'espansione territoriale, Adolf Hitler aveva come fine bellico l'instaurazione nel mondo di un nuovo ordine sociopolitico fondato sulla gerarchia razziale, sull'egemonia «ariana» e sull'annientamento degli ebrei.
Enunciato nel Mein Kampf, nei discorsi di Hitler e in innumerevoli scritti dei suoi collaboratori più anziani, la realizzazione di questo «ordine» fu perseguita tappa per tappa tra il 1933 e il 1939, per arrivare, durante la guerra, allo sterminio di massa degli ebrei.
L'«ordine nuovo», nell'ideologia nazista, aveva come obiettivo l'annullamento e lo sradicamento dei valori umani. Il diritto dell'uomo alla vita, il diritto dell'uomo e del cittadino all'uguaglianza nel suo paese, principi elaborati e adottati lungo il cammino della civiltà europea, costituivano, tra i popoli illuminati, il fondamento della condizione giuridica dell'uomo e della famiglia.
Lo Stato nazista, instaurato si nel 1933, promulgò le leggi razziali antiebraiche conformi alla sua ideologia. Nel settembre del 1935, le leggi approvate a Norimberga stabilirono che «la purezza del sangue tedesco è indispensabile per l'esistenza del popolo tedesco. Il cittadino del Reich è solo colui che ha sangue tedesco o sangue da esso derivato».
Gli ebrei risiedevano sul suolo tedesco da secoli, e rappresentavano meno dell'1 per cento della popolazione totale. Ciononostante furono privati della cittadinanza tedesca e fu vietato loro l'accesso alle cariche pubbliche, all'esercizio delle libere professioni e alle associazioni socioculturali. Segregati e oppressi, gli ebrei vennero in seguito esclusi anche dalla vita economica del paese e sistematicamente espropriati delle loro proprietà, per portare a compimento il processo detto di «arianizzazione». Le vittime di queste leggi non furono soltanto gli ebrei di fede mosaica o le persone che appartenevano alla comunità ebraica, ma anche i convertiti, i loro figli e i figli dei loro figli, poiché il criterio della loro condizione civile era l'appartenenza dei loro antenati al giudaismo.
Contemporaneamente all'applicazione della legislazione antiebraica, furono anche esercitate forti pressioni affinché gli ebrei emigrassero dalla Germania. L'inizio delle violenze contro gli ebrei tedeschi si verificò già prima della guerra. Nel novembre del 1938, un pogrom, incoraggiato dal governo, scoppiò in tutto il paese. Un centinaio di ebrei furono assassinati, i negozi di loro proprietà saccheggiati, le sinagoghe date alle fiamme o distrutte e decine di migliaia di ebrei rinchiusi nei campi di concentramento. In Austria, annessa alla Germania nel marzo del 1938, si scatenò una campagna orchestrata da Adolf Eichmann e dai suoi assistenti della Gestapo, per l'espulsione massiccia degli ebrei, che fu accompagnata da umiliazioni e misure repressive.
Precedentemente, in Germania, tra ebrei e tedeschi, non vi erano conflitti, né divergenze di interessi, al contrario, dopo aver ottenuto l'emancipazione nel XIX secolo, molti ebrei aspiravano soltanto a integrarsi nella società. I cittadini ebrei avevano fatto propri la lingua, la cultura, l'educazione e lo stile di vita dei tedeschi. Considerevole era stato il contributo degli ebrei tedeschi alla scienza, alla letteratura, alle arti e all'educazione; alcuni di essi avevano conseguito il premio Nobel. Avevano animato la vita economica e industriale del paese, aprendo tra l'altro molti grandi magazzini. Nei momenti di difficoltà economica, avevano dimostrato la loro lealtà di cittadini. La velocità con la quale gli ebrei tedeschi si erano assimilati al resto della società risulta evidente dall'analisi dei dati demografici: l'aumento dei matrimoni misti e la caduta del loro tasso di natalità in Germania lasciavano prevedere, nel giro di poche generazioni, la sparizione completa della popolazione di identità e di religione ebraica.
Molti ebrei di altre nazioni europee, in particolare nell'Europa orientale dove erano numerosi, consideravano la Germania e il popolo tedesco come un modello esemplare di tolleranza verso gli ebrei.
Non bisogna confondere l'antisemitismo professato dai nazisti con l'antigiudaismo classico di matrice religiosa ed economica. Negli ultimi decenni del XIX secolo, infatti, si era sviluppata una nuova forma di antisemitismo, soprattutto dal momento in cui gli ebrei erano diventati uguali davanti alla legge. Il miglioramento delle loro condizioni sociali, economiche e culturali aveva suscitato l'invidia di coloro che si consideravano svantaggiati. Gli ebrei furono indicati come i fondatori delle nuove tendenze culturali e sociali, prive di certezze tradizionali e piene di contraddizioni. Furono inoltre accusati di aver dato origine alle due opposte dottrine ideologiche: il capitalismo e il socialismo, e sospettati di fomentare segretamente complotti internazionali.
In realtà, gli ebrei si dividevano in ortodossi e riformisti. Nell'Europa occidentale alcuni possedevano grandi fortune, ma la gran parte degli ebrei che risiedevano nell'Europa orientale apparteneva a una classe sociale molto povera. Lungi dal costituire un insieme coerente, gli ebrei erano divisi da divergenze politiche e sociali.
In quel periodo i paesi europei erano teatro di aspri contrasti interni, incapaci di affrontare la grave crisi economica che aveva generato un clima di malcontento generale. Il momento era quindi propizio a fare degli ebrei i colpevoli di tale situazione. Essi furono designati come capro espiatorio e indicati come tali da coloro che si disputavano il potere. In Germania, il razzismo fornì un elemento supplementare, rappresentando gli ebrei come portatori di tare ereditarie senza alcuna via di salvezza. Incompatibile con i fondamenti del cristianesimo, il razzismo biologico era ormai il principio conduttore dell'ideologia nazionalsocialista, l'elemento centrale della sua visione del mondo.
Il nazionalismo razzista si era servito dei miti e dei simboli pagani esaltando il concetto di forza e del diritto dei più forti. La Storia veniva letta come una competizione permanente tra razze per la supremazia, simile alla lotta per la sopravvivenza in natura. Il nazismo sosteneva che, in tutti gli ambiti, la cosiddetta razza ariana avesse doti creative di cui beneficiavano gran parte delle altre razze. Esso affermava che gli ebrei rovinavano la purezza della razza e minavano l'evoluzione naturale, nonché il diritto degli ariani all'egemonia.
Le grandi democrazie non presero alcuna iniziativa d’ordine pratico contro la legislazione antiebraica e le persecuzioni inflitte agli ebrei, ne furono prese iniziative straordinarie per aprire le frontiere dei paesi del mondo, o quelle della Palestina mandataria, agli ebrei intrappolati nel Reich tedesco e nei territori sotto la sua influenza. Nel periodo che precedette la guerra mondiale, in cui si moltiplicavano gli estremismi e i regimi totalitari, il terreno era fertile per la diffusione dell' antisemitismo e per un minore livello di consapevolezza del pencolo che la Germania rappresentava per il mondo.
In sintesi, il male propagatosi e radicatosi senza difficoltà tra i popoli illuminati, non si limitava a un obiettivo circoscritto, ma era proliferato al punto di costituire una minaccia per tutta l'umanità.
Il 30 gennaio del 1939, Hitler dichiarò che se fosse scoppiata un'altra guerra in Europa, questa volta non si sarebbe conclusa con la vittoria del bolscevismo, ma «con l'annientamento della razza ebraica in Europa». Questa profezia fu più volte apertamente ripetuta da Hitler nel corso della guerra durante le sue apparizioni in pubblico. Non si trattava, quindi, di una direttiva operativa enunciata per essere applicata immediatamente, ma di un annuncio che prese vigore con l'evolversi della guerra e condusse alla formulazione di un piano per l'eliminazione totale degli ebrei d'Europa. In nome del delirio razzista, centomila persone vittime del programma «eutanasia», quasi tutti cittadini tedeschi malati incurabili, furono uccisi con il pretesto di preservare la purezza della razza ariana in virtù dei principi del nazionalsocialismo.
Per i nazisti, gli ebrei erano il nemico principale e un ostacolo sul loro cammino. Fino allo scoppio della guerra, la «soluzione» del problema ebraico nel Terzo Reich fu l'emigrazione degli ebrei dalla Germania. Nel corso dell'invasione della Polonia, dove vivevano milioni di ebrei, e con l'assoggettamento degli altri paesi europei all'Est, le persecuzioni naziste furono dirette sia contro le élites di questi paesi, sia contro gli ebrei locali. Il comportamento verso di loro si fece sempre più feroce, una radicalizzazione favorita dall'evolversi della guerra e dal crescente potere della Germania nazista. Niente poteva più frenare l'attuazione della «soluzione finale» del problema ebraico.
Abbandonata l'idea di deportare gli ebrei in una colonia africana in Madagascar sotto controllo nazista, furono istituiti i ghetti come soluzione transitoria della persecuzione antiebraica.
Con l'attacco all'Unione Sovietica denominato «Operazione Barbarossa» - attacco definito come uno scontro tra visioni del mondo diverse - vaste aree caddero sotto il giogo nazista; da quel momento si mise in moto la cosiddetta «soluzione finale» al problema ebraico con l'attuazione di esecuzioni di massa in ambito locale, che in seguito sfociarono in un metodico piano di sterminio totale di tutti gli ebrei d'Europa deportati nei campi di sterminio costruiti a questo scopo. Solo una piccola percentuale di ebrei abili al lavoro fu inviata nei campi di lavori forzati sotto il controllo delle SS per contribuire allo sforzo bellico tedesco, ma anche questi ebrei; secondo le parole del Reichsführer Heinrich Himmler, sarebbero stati eliminati al momento giusto.
Milioni di persone a prescindere dal sesso, dall'educazione, dal ceto o dall'opinione politica, adulti, vecchi, bambini e neonati, furono derubati e rinchiusi nei ghetti in balia della violenza, della fame e delle epidemie, e, al termine di questo calvario, brutalmente fucilati o mandati a morte nelle camere a gas. Sotto gli occhi di coloro in mezzo ai quali gli ebrei erano vissuti per generazioni, si perpetrò un crimine di proporzioni senza precedenti nella storia dell'umanità.
L'assassinio degli ebrei non terminò neppure negli ultimi mesi di guerra, quando era ormai chiara l'inevitabile sconfitta della Germania. Mentre le truppe sovietiche avanzavano in direzione del confine ungherese, centinaia di migliaia di ebrei furono inviati ad Auschwitz: in questo periodo lo sterminio raggiunse il suo culmine nelle installazioni di morte a Birkenau. Solamente a pochi giorni dalla liberazione di Lodz, nell'agosto del 1944, il ghetto di questa città fu liquidato con la deportazione ad Auschwitz dei suoi ultimi sopravvissuti. In Polonia, dove alla vigilia della Seconda guerra mondiale viveva la popolazione ebraica più numerosa, non era rimasto un solo ghetto dopo la liberazione dall'occupazione tedesca.
Le difficoltà e le sofferenze causate dalla guerra e dall'occupazione alle popolazioni dei paesi occupati resero queste più dure e insensibili al destino degli ebrei. Solamente in Danimarca il salvataggio degli ebrei ebbe carattere nazionale. Per gli occupanti, i danesi erano considerati la popolazione più vicina dal punto di vista razziale a quella tedesca. Godendo di una certa indipendenza nel gestire la vita interna del paese, essi si rifiutarono di consegnare i loro concittadini ebrei. Infatti: nel giorno in cui i tedeschi avevano stabilito l'arresto delle migliaia di ebrei danesi, molti cittadini formarono spontaneamente una rete di Soccorso per proteggerli e li salvarono portandoli via mare nella vicina Svezia.
La polizia di molti paesi, inclusa l'Italia, prese parte all'arresto e alla deportazione degli ebrei.
Bibliografia:
I Giusti d’Italia I non ebrei che salvarono gli ebrei 1943-1945. - Yad Vashem - Edizione Italiana di Liliana Picciotto – Mondadori Oscar Storia 2006