La propaganda nella scuola elementare francese durante il governo di Vichy
13 Janvier 2011 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #II guerra mondiale
La tecnica di base di ogni dittatura è quella di cominciare con i giovani: inquadrarli, non permettere di decidere in proprio, imbottirli di ideali nazionalistici, infiammarli co i racconti eroici, manipolare in senso autoritario la loro istruzione, impedire loro di avere a disposizione tempo libero, impegnarli nell’emulazione premiando i più fedeli, limitare al massimo il confronto con il mondo esterno, approfittare per l’imbonimento dei cervelli di quanto la tecnica della comunicazione di massa mette a disposizione. È la ricetta adottata dal regime fascista per vent’anni in Italia. Un metodo simile fu usato nei quattro anni, dal luglio 1940 al luglio 1944, dalla repubblica di Vichy del Maresciallo Pétain.
«La Francia ha perso la guerra, sì, ma ha avuto il Maresciallo Pétain». Questo grido esprime molto bene l’atmosfera che si era venuta a creare con l’avvento del Governo di Vichy.
Pétain, l’uomo degli ammutinamenti del 1917 (comandante in capo delle truppe francesi, nel maggio 1917, riuscì a contenere il fenomeno degli ammutinamenti nei reparti di prima linea), il vincitore di Verdun, riunisce in sè tutti gli attributi di soldato, di capo, di vincitore e di salvatore che si sacrifica sull’altare della sconfitta per salvare l’onore di una Francia profondamente umiliata. L’abito e i gradi militari, il Képi (copricapo militare cilindrico munito di visiera) con i fiori di giglio (simboli della monarchia francese), i bei baffi bianchi, uno sguardo blu profondo, l’aria marziale, il tono di voce di vecchio padre di famiglia, i discorsi cesellati, contribuiscono a farne un mito mediante una propaganda quotidiana.
Anche gli adulti sono sottoposti ad una propaganda martellante, dove l’iconografia conta molto, che esalta l’immagine paterna e salvatrice del Maresciallo, mediante l’uso di volantini, di manifesti, della radio, del cinema, dei giornali, di gadget (fermacarte, pipe): il Maresciallo è dappertutto. Buste, ritratti, discorsi diffusi via radio o al cinema, dipinti, perfino la sua immagine riprodotta sulle tovaglie, tutto per glorificare il capo. Il Maresciallo si fa vedere, è sui manifesti, si spende dappertutto e sotto varie forme: come padre, come uomo o come santo.
Questa presenza di un salvatore che caratterizza la Francia vinta alla ricerca di un carisma viene esaltata da un Maresciallo, paternalista, buon bambino lui stesso, che visita le scuole. Il 13 ottobre 1941, nella scuola comunale di Perigny, si rivolge agli alunni (il discorso viene trasmesso per radio) per far conoscere il suo stato d’animo verso gli scolari che non rispettano le regole di buona condotta.
Per gli scolari, la scuola è prima di tutto quella di «Maresciallo, nous voilà!»; nelle aule si canta a squarciagola: «Davanti a te salvatore della Francia, / Noi giuriamo, noi tuoi figli, / di servire e di seguire i tuoi passi». La «pedagogia del canto» serve per glorificare il maresciallo, per salutare il tricolore o per esaltare i sentimenti patriottici, indotti da un regime che vuole fare della scuola l’anticamera dell’esaltazione nazionale.
Quasi due milioni di lettere vengono inviate a Pétain nell’anno 1941. Scatoloni pieni di lettere con poesie, auguri, arrivano sia delle scuole private che da quelle pubbliche. Certe poesie sono commoventi, piene di grazia infantile, come quella inviatagli da uno scolaro: «Signor Maresciallo, nostro amato capo». Pétain è glorificato in diversi testi. Degli opuscoli, dei “messaggi” del Maresciallo sono venduti agli scolari come supporto per i corsi di educazione civica. Alcuni sillabari riportano: F come francisque (ascia),
K come Képi (quello del Maresciallo), P come paysan (contadino) e Pétain, etc.
Le penne «bastone del maresciallo», i ritratti, le carte geografiche con l’effigie del Maresciallo sono i nuovi strumenti pedagogici.
Il busto del Maresciallo sostituisce negli edifici pubblici quello della Marianne. Edifici scolastici cambiano di nome, come a Marsiglia dove il liceo Périer diventa liceo Pétain. Gli scolari di Francia accrescono il loro entusiasmo naif verso questo «qualcuno da amare». Inviano al Maresciallo regali, disegni, poesie. Colette, una piccola scolara rimasta anonima, invia (come migliaia di altri) una lettera commovente con i suoi errori di bambina: «Signor Maresciallo, io lavoro molto bene, vi amerò molto bene, mi comporterò bene in classe, ascolterò la mia maestra, ho ascoltato i vostri discorsi». I bambini chiedono degli autografi, partecipano a dei concorsi su “Giovanna d’Arco”: i vincitori vengono ricompensati.
La «figura del padre», spesso raffigurato da una vecchia quercia solida e maestosa, che gli artefici della Rivoluzione nazionale
usano a profusione, aleggia ormai su dei ragazzi studiosi, onesti, virtuosi. Il bello sguardo, severo ma giusto, è paternamente posato su una popolazione scolastica tutta intenta ad assolvere il proprio dovere. «Il capo dagli occhi color del cielo» esalta una gioventù succube di una propaganda massiccia e apologetica.
Bibliografia:
Jean-Michel Barreau - Vichy contre l’école de la République - Ed. Flammarion - 2000
Elena D’Ambrosio - A scuola col duce - Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como - 2001
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