La repubblica di Mussolini
22 Mars 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #II guerra mondiale
Il «nuovo corso» del fascismo sboccava nella vendetta
Nel Nord, mentre il movimento partigiano si allargava, la repubblica di Mussolini aveva iniziato la sua vita precaria all'ombra dell'occupazione germanica. I tedeschi avevano insediato i ministeri in un gruppo di ville sparse sulla costa occidentale del Garda e in qualche città vicina. Tutta la zona era sottoposta a rigida sorveglianza da parte dei tedeschi che controllavano ogni atto del duce e dei suoi collaboratori. In quest'atmosfera di sospetto, di paura e di intrigo, Mussolini si sforzava di dare un fondamento al nuovo stato fascista.
L'Assemblea costituente, che fin dai primi giorni i gerarchi fascisti avevano promesso di convocare con solennità, si ridusse in pratica a un congresso di delegati provinciali che si riunì il 14 novembre a Castelvecchio di Verona approvando i 18 punti di un manifesto programmatico elaborato dal governo, sotto il controllo dell'ambasciatore tedesco Rahn. Era un documento confuso, che conteneva affermazioni velleitarie e contraddittorie e sembrava ignorare del tutto la guerra che si combatteva sul territorio nazionale.
Quel giorno Mussolini non si recò a Verona. Col pretesto di lasciar più libera la discussione, preferì rimanere nella villa Feltrinelli di Gargnano, dove viveva, e a proposito dell'Assemblea disse più tardi: «È stata una bolgia vera e propria. Molte chiacchiere confuse, poche idee chiare e precise». Altre cose premevano al governo di Salò: in primo luogo il processo ai responsabili del 25 luglio.
L'8 gennaio del '44, nella stessa sala di Castelvecchio dove s'era tenuta la costituente fascista, il processo cominciò. Dei 19 imputati solo 6 erano presenti: De Bono, Gottardi, Ciano, Pareschi, Marinelli, Cianetti. La loro condanna era stata già segnata prima del dibattito. Solo per Cianetti ci fu clemenza.
Il «nuovo corso» del fascismo sboccava nella vendetta.
I cinque condannati furono condotti al poligono di tiro nella fortezza di San Procolo, a Verona, e fucilati.
Erano le nove di mattina del 12 gennaio.
Mussolini commentò la notizia laconicamente: «Gli italiani amano dimostrarsi in ogni occasione o feroci o buffoni ». Egli non aveva fatto nulla per impedire la feroce buffonata.
In seguito altri condannati furono condotti al palo nello stesso punto. Erano combattenti per la libertà, il cui sacrificio è ricordato da un magro ciuffo di verde.
Bibliografia:
Manlio Cancogni in AA.VV - Dal 25 luglio alla Repubblica - ERI 1966
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