Le imprese della X Mas
12 Juillet 2010 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #il fascismo
Un consigliere comunale di maggioranza di Lissone, che qualche tempo fa aveva proposto di intitolare una via della città a Giorgio Almirante (il suo suggerimento non ha avuto fortunatamente seguito), recentemente se n’è uscito con delle affermazioni nettamente contrastanti con la verità storica sulla Decima Mas.
Tra le varie «polizie» fasciste e i corpi speciali che la Repubblica di Salò aveva regalato al padrone nazista, spesso per i più bassi servizi, vi era la X Mas, i cui membri erano addestrati dai tedeschi con funzioni di repressione della Resistenza.
Corpo d'assalto della Marina militare al comando del principe Junio Valerio Borghese, la X Flottiglia Mas, a metà settembre 1943, negoziò con i tedeschi la prosecuzione della guerra contro gli anglo-americani, con divisa e bandiera italiana. Vennero costituiti dei battaglioni terrestri, poi trasformatisi nel reggimento San Marco. Il Corpo d'élite, bene armato e pagato, attirò nelle sue file numerosi volontari, lusingati dall'intensa campagna propagandistica con sfoggio di manifesti murali.
La Divisione fanteria di Marina X Mas, costituita formalmente a inizio maggio 1944, si dislocò in Piemonte con funzioni di repressione della Resistenza e in Friuli Venezia Giulia per il contenimento dell'offensiva dei partigiani slavi. La formazione contò circa 3500 uomini e dispose di un Servizio ausiliario femminile. Reparti della X Mas furono schierati ad Anzio (il battaglione Barbarigo, alle dipendenze della 175ma divisione tedesca) e nelle linee difensive sul fiume Senio, presso Alfonsine, in provincia di Ravenna, (il battaglione Lupo). L'utilizzo di gran lunga preponderante fu il controllo delle retrovie e la controguerriglia.
Il battaglione Lupo
Formato all’inizio del 1944 in seno alla X Mas, il battaglione Lupo venne addestrato in primavera dagli istruttori della «Hermann Goering». Il battesimo del fuoco avvenne contro i partigiani, in Toscana e sull'Appennino ligure-emiliano. Partecipò poi alla riconquista di Alba, “città presidiata” dai partigiani.
Negli ultimi mesi dell'anno il battaglione venne riorganizzato e rafforzato, per essere schierato a metà dicembre nella valle del Reno contro l'VIII Armata alleata che avanza verso Bologna. Trasferito a inizio marzo a Marostica (Vicenza), il reparto venne richiamato al fronte il 21 aprile e schierato sulla riva sinistra del Po, in provincia di Rovigo, per assicurare la ritirata delle colonne armate nazifasciste. Il battaglione Lupo cedette le armi a Padova il 29 aprile.
Furti e rapine, tra le "imprese" della Decima MAS
Il carattere chiaramente delinquenziale della Decima MAS impensierì perfino le autorità collaborazioniste, per il supplementare discredito che la turbolenta formazione attirava sul regime repubblichino.
In un "appunto per il Duce", il prefetto di Milano Mario Bassi scriveva: «Continuano con costante preoccupazione le azioni illegali commesse dagli appartenenti alla X Mas. Furti, rapine, provocazioni gravi, fermi, perquisizioni, contegni scorretti in pubblico, rappresentano quasi la caratteristica speciale di questi militari. Anche il 12 novembre 1944, tra l'altro, verso le ore 20, quattro di essi si sono presentati in un magazzino di stoffe: dopo aver immobilizzato il custode ne hanno asportato quattro colli per un ingente valore [...]. La cittadinanza, oltre ad essere allarmata per queste continue vessazioni, si domanda come costoro, che dovrebbero essere sottoposti ad una rigida disciplina militare, possano agire impunemente e senza alcuna possibilità di punizione [...]. Sarebbe consigliabile pertanto, che tutto il reparto, comando compreso, sia fatto allontanare da Milano".
Per richiamarlo all'ordine, furono inflitti al Borghese 30 giorni di "arresto in fortezza", per non aver saputo tenere la disciplina tra i suoi reparti.
Il commandante della X Mas, Junio Valerio Borghese, alla fine della guerra fu processato
Il processo iniziato a Roma l'8 febbraio 1948 portò a conoscenza dell'opinione pubblica alcuni dei servizi più significativi resi dalla "Decima MAS" agli invasori tedeschi. Nella sentenza di rinvio a giudizio le imputazioni erano, tra l'altro, di aver compiuto «continue e feroci azioni di rastrellamento di partigiani e di elementi antifascisti in genere, talvolta in stretta collaborazione con le forze armate germaniche, azioni che di solito si concludevano con la cattura, le sevizie particolarmente efferate, la deportazione e la uccisione degli arrestati, e tutto ciò sempre allo scopo di contribuire a rendere tranquille le retrovie del nemico, in modo che questi più agevolmente potesse contrastare il passo agli eserciti liberatori». Diversi gli episodi di violenza criminale addebitati alla formazione di Junio Valerio Borghese. Tra questi quelli di Valmozzola, con uccisione di dodici partigiani in combattimento ed esecuzione sommaria di altri otto partigiani catturati; di Crocetta del Montello, con uccisione di sei partigiani e sevizie efferate di altri arrestati; di Castelletto Ticino, con l'uccisione di cinque ostaggi; di Borgo Ticino, con l'uccisione di dodici ostaggi, oltre a «ingiustificate azioni di saccheggio ed asportazione violenta ed arbitraria di averi di ogni genere, ciò che il più delle volte si risolveva in un ingiusto profitto personale di chi partecipava a queste operazioni». Condannato a una pena più che mite, Borghese poté riprendere, dopo un breve soggiorno in carcere, le sue attività contro la Repubblica.
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