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Luciano Donghi, un antifascista lissonese impegnato nella Resistenza e nella vita sociale

18 Mars 2008 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #storie di lissonesi

Luciano Donghi 

Luciano Donghi era nato a Lissone il 18 marzo 1908. Era stato operaio della Breda poi artigiano metalmeccanico: il suo laboratorio, situato nell’attuale Via Don Minzoni, prospiciente l’ex stabilimento della Montana.

Luciano Donghi, subito dopo il 25 luglio 1943, fece parte di quel piccolo nucleo di antifascisti lissonesi, socialisti e comunisti, che si ritrova segretamente presso l’abitazione di Federico Costa (Costa sarà poi membro del CLN locale per il Partito Socialista, con il nome di battaglia “Francesco”).

Di quel gruppo di antifascisti, oltre a Luciano Donghi e Federico Costa, facevano parte Gaetano Cavina, Agostino Frisoni. Pensano di ricostituire i due partiti a livello locale, ma intendono dar vita ad una resistenza organizzata, costituire comitati di agitazione nelle fabbriche.

Donghi e gli altri antifascisti sono sorretti da un’innata fede nella libertà, credono nei valori dell’uguaglianza e della democrazia e intendono impegnarsi per i bisogni della collettività.

Da questo gruppo usciranno gli uomini che guideranno Lissone nella Resistenza, nella Liberazione e nei primi tempi della vita democratica.

Antifascista, iscritto al Partito Comunista clandestino, dopo l’ 8 settembre 1943 il suo impegno nella Resistenza contro i Tedeschi ed i fascisti divenne lo scopo della sua vita. Fece parte delle SAP, le squadre di azione patriottica brianzole, come partigiano di strada a Lissone, negli anni dal 1943 al 1945.

Scrive nel suo “Diario di guerra”, Bruno Trentin,“La guerra in pianura, in campagna, era la scelta più pericolosa; non c’era il «fronte» ma una guerra selvaggia anche, condotta da giovani, senza retroterra dove rifugiarsi. Era una guerra dalla quale, una volta cominciata, non si poteva tirarsi indietro. Si è scritto poco su questo versante della guerra partigiana che è la guerra in pianura, il più esposto, il più indifeso e, nello stesso tempo, impensabile senza il sostegno delle popolazioni ...”.

Per alimentare la vita partigiana erano necessarie delle armi: in un primo tempo si utilizzavano le armi abbandonate dai soldati sbandati dopo l’ 8 settembre 1943, a volte si prendevano al nemico, in altri casi le armi provenivano dai lanci di paracadute da parte degli Alleati anche a pochi chilometri dalle postazioni tedesche o fasciste.

Luciano Donghi era abile nel riparare le armi quando addirittura non le costruiva: spesso Mario Bettega, operaio della Breda e amico, lo riforniva con qualche pacco di otturatori e caricatori, di provenienza dallo stesso stabilimento sestese. Luciano Donghi costruiva anche piccole bombe che richiudeva nelle scatolette per la carne in conserva. Queste “scatole esplosive” venivano custodite in una fabbrica produttrice di carne in scatola (la Montana), nei cui pressi il Donghi aveva il suo laboratorio.

Mario Bettega e Luciano Donghi avevano contatti con il movimento clandestino locale oltre che con i gruppi partigiani della Valsassina e della Valtellina.

Purtroppo Mario Bettega cadde presto nelle mani dei repubblichini: dal carcere di San Vittore di Milano venne deportato a Mauthausen dove morì, all’età di ventisei anni, nel marzo 1945.

Nonostante la deportazione del suo amico, Luciano Donghi continuò a svolgere un gran lavoro per sostenere ed estendere l’attività resistenziale, oltre ad aiutare gli sbandati.

Vent’anni di oppressione fascista sboccarono non in episodiche rivolte ma nel più grande movimento armato di massa dell’Europa occidentale.

Gli ideali di libertà che hanno animato quei giovani sono oggi contenuti nella  Costituzione Italiana di cui quest’anno ricorre il  60° anniversario: per questo ci sentiamo riconoscenti a Luciano Donghi come a tutti coloro che hanno dato la loro vita per gli stessi ideali.

Luciano Donghi, smessi i panni del partigiano, continuò il suo impegno nel partito e, nel 1965, fu eletto Consigliere Comunale per il PCI, sempre interessandosi alle persone più deboli, carica che ricoprì fino al 1975.

Pensionato, il suo desiderio di solidarietà verso le persone portatrici di handicap, lo vide impegnato, nel 1975, nella creazione del primo nucleo del Laboratorio Sociale, con sede in Via Volta, per creare uno spazio lavorativo rivolto a persone con problemi di disabilità psicofisica, malattia mentale, disadattamento sociale: il Laboratorio Sociale, nel 1995, ha assunto l’attuale denominazione, Società Cooperativa Sociale Luciano Donghi.

 

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nella foto, la sede attuale della cooperativa a lui dedicata

 

Luciano Donghi moriva a Lissone, all’età di 70 anni, il 29 gennaio 1978 lasciando tutti i suoi averi in favore dei disabili Lissone.

Nel decennale della sua morte, nel 1988, a lui fu dedicata la locale sezione dell’allora Partito Comunista.

Nel trentesimo anniversario della sua morte l’A.N.P.I. di Lissone aveva chiesto all’Amministrazione Comunale di Lissone di dare una degna sepoltura ai resti di Luciano Donghi con una cerimonia commemorativa in ricordo dell’opera da lui svolta.

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L’Amministrazione Comunale di Lissone ha accettato la proposta: le sue spoglie sono state traslate nella Cappella dei benemeriti nel famedio del Comune.

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