Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

"Un vivo che passa" di Claude Lanzmann

13 Janvier 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #la persecuzione degli ebrei

Ho realizzato Un vivo che passa, a partire da un colloquio che Maurice Rossel (a capo di una delegazione del Comitato internazionale della Croce rossa (CiCr), ispezionò il ghetto di Terezin

Ghetto Terezin ingresso Ghetto Terezin

nel giugno del 1944, con l'autorizzazione delle autorità tedesche) mi ha concesso nel 1979, proprio mentre stavo girando Shoah. Per ragioni di tempo e montaggio, avevo deciso di rinunciare a una trattazione diretta nel mio film dello straordinario soggetto rappresentato da Theresienstadt, a un tempo centrale e laterale nella genesi e nello sviluppo della distruzione degli ebrei d'Europa. Si sa che Theresienstadt, città fortezza a circa sessanta chilometri da Praga, era stata scelta dai nazista per essere il luogo che lo stesso Adolf Eichmann chiamava «il ghetto modello», un ghetto da mostrare all'opinione pubblica ostile. Evacuati i suoi abitanti cechi, la città fortezza accolse, dal novembre del 1941 all'aprile del 1945, gli ebrei del grande Reich (Austria, Protettorato di Boemia e Moravia, Germania), quelli che venivano chiamati i «Prominenten» [i privilegiati], da tempo integrati nella società tedesca e che non erano riusciti a emigrare o che, troppo vecchi per ricominciare una nuova vita, vi avevano rinunciato, credendosi protetti dal loro ruolo (ex combattenti decorati al valore della Prima guerra mondiale, grandi medici, avvocati, alti funzionari e uomini politici della Germania pre-hitleriana, rappresentanti di organizzazioni ebraiche, artisti, intellettuali ecc.) e che non era per niente facile sottoporre al «trattamento speciale», con cui venivano assassinati gli ebrei polacchi, dei Paesi baltici e dell'Unione Sovietica. A Theresienstadt, nel 1943 e nel 1944, arrivò anche un piccolo gruppo di ebrei della Danimarca, che non erano riusciti a scappare verso la Svezia, dall'Olanda, dal Lussemburgo, dalla Slovacchia, dall'Ungheria, dalla Polonia e anche dalla Francia.

In verità, quel «ghetto modello» era un luogo di transito, prima o ultima tappa, come si vedrà, di un viaggio verso la morte, che ha condotto la maggior parte di coloro che vi soggiornarono nelle camere a gas di Auschwitz, di Sobibor, di Beliec o di Treblinka, a volte, dopo varie peregrinazioni nei ghetti della Polonia, della Bielorussia o del Baltico che non erano affatto come Theresienstadt «ghetti modello». Oggi disponiamo di dati precisi sul numero dei trasporti e sull'identità delle vittime. Le condizioni reali di vita a Theresienstadt erano spaventose: la maggioranza degli ebrei, uomini e donne che vi erano concentrati, erano molto vecchi e in stato di miseria assoluta, promiscuità e malnutrizione in situazione di sovraffollamento nei caseggiati della città fortezza. A Theresienstadt come altrove, i nazisti mentivano e derubavano coloro che, in realtà, si preparavano a uccidere: fu cosi che la Gestapo di Francoforte propose ad alcune donne anziane e credulone del luogo, prima di deportarle nel ghetto di Theresienstadt, di scegliere tra un appartamento esposto al sole o a nord, costringendole a pagare in anticipo l'affitto della casa fantasma.

Gli ebrei non furono i soli a essere ingannati: «ghetto modello» o meglio ghetto «Potëmkin» (la leggenda vuole che il principe Grigorij Aleksandrovic Potëmkin abbia fatto erigere dei villaggi fittizi lungo la strada che doveva percorrere Caterina II imperatrice di Russia, nell'occasione di una visita in Ucraina e in Crimea, territori di recente annessione). Theresienstadt doveva essere messo in mostra e lo fu.

A capo di una delegazione del Comitato internazionale della Croce rossa (CiCr), Maurice Rossel ispezionò il ghetto nel giugno del 1944, con l'autorizzazione delle autorità tedesche.

Ringrazio Maurice Rossel di avermi consentito di utilizzare il testo del nostro colloquio che ha avuto luogo nel 1979. «Adesso che sono ottuagenario», mi ha scritto, «non mi ricordo molto bene dell'uomo che ero allora. Mi ritengo più saggio o più folle, e forse è la stessa cosa. Sia compassionevole, non mi renda troppo ridicolo».

Ho cercato di rispettare la sua richiesta.

Claude Lanzmann

 

CLAUDE LANZMANN Dr. Maurice Rossel, ciò che mi interessa essenzialmente è il fatto che lei per me è un personaggio storico: lei ha occupato una posizione assolutamente strategica, in quanto delegato del Comitato internazionale della Croce rossa in Germania, per ...

DR. ROSSEL È esatto. Sì.

C. LANZMANN ... per tutti questi anni. Quando affermo che lei è un personaggio storico, voglio anche dire che non ci sono più persone come lei, che hanno fatto ciò che lei ha fatto, che hanno la sua esperienza e in grado di testimoniare intorno al clima dell'epoca. Per cominciare, vorrei interrogarla proprio su questo. Che cosa voleva dire essere delegato del Comitato internazionale della Croce rossa, in Germania, in piena guerra? In quale anno lei è arrivato a Berlino?

DR. ROSSEL Nel 1942.                                                                                                  

C. LANZMANN 1942 ...

DR. ROSSEL 1942, sì, e prima di tutto, è bene che lo sappia, io non mi sono impegnato nella Croce rossa internazionale per spirito apostolico o per predicare la buona novella; l'ho fatto semplicemente per evitare la chiamata alle armi. Ero ufficiale dell'esercito svizzero e in quegli anni tenevamo sotto controllo le frontiere. Si trattava di un'occupazione orribilmente noiosa e io avrei fatto qualunque cosa, qualunque cosa pur di non rimanere a svolgere quel lavoro idiota e questa è la ragione principale per cui mi sono impegnato nel Comitato internazionale della Croce rossa e per la quale sono stato mandato in Germania, dove molte persone non volevano proprio andare in quei momenti; si accettavano, si assumevano volentieri dei giovani e così io sono partito, senza formazione, senza niente del tutto. A venticinque anni non si è ancora un uomo veramente maturo, io ero ...

C. LANZMANN Lei aveva venticinque anni.

DR. ROSSEL Avevo venticinque anni, si. Ero ancora un sempliciotto, un gran sempliciotto, un gran babbeo che arrivava dal suo villaggio e che aveva compiuto gli studi a Ginevra, che non sapeva niente di niente, a parte un breve apprendistato pratico. Ecco tutto.

C. LANZMANN In quanti svizzeri eravate a Berlino?

DR. ROSSEL A Berlino eravamo il più delle volte in sei o otto.

Sei o otto compreso un capo delegazione, M. Marty, che era un grand'uomo, un uomo assolutamente affascinante, un amico, un amico più vecchio che aveva frequentato il mio stesso collegio. Per questo avevo pensato a lui per tirarmi fuori da quel vespaio militare e lui mi aveva aiutato subito. Avevo telefonato il giovedì, e il lunedì sera ero già a Berlino.

C. LANZMANN Si. Molto veloce.

DR. ROSSEL È così, con il passaporto diplomatico e tutto il resto. Si sapeva che in quei momenti si doveva agire in fretta e tra il giovedì e il lunedì successivo tutto era compiuto.

C. LANZMANN Bene, che cosa è successo poi? Mi racconti del suo arrivo a Berlino, le sue prime impressioni ...

DR. ROSSEL Oh, le prime impressioni ...

C. LANZMANN ... e poi l'incarico.

DR. ROSSEL L'incarico: visitare i campi dei prigionieri di guerra, da tenere distinti da quelli dei deportati civili. Oggi non si tiene più conto della differenza e si crede che i prigionieri di guerra e gli internati civili siano la stessa cosa. È assolutamente falso - non si insiste mai abbastanza - i prigionieri di guerra in mano ai tedeschi erano, in linea generale, trattati correttamente. I prigionieri di guerra - ce n'erano circa sei milioni - sono rimasti internati per quattro anni e mezzo e ne sono tornati il novanta per cento.

C. LANZMANN Sì.

DR. ROSSEL Gli internati civili hanno trascorso in media sei mesi nei campi e sono morti al novanta per cento!.

C LANZMANN Sì.

DR. ROSSEL Se non si ha l'onestà di dare giuste spiegazioni, credo, fin dall'inizio, circa questa enorme differenza, non si capisce più niente, niente. E così si vedono dei reportage sui prigionieri ... Credo tuttavia che a lei interessino soltanto i deportati civili, non è vero ?

C. LANZMANN Sì, ma comunque mi interessa sapere con precisione qual era ...

DR. ROSSEL ... qual era il mio lavoro. Il nostro compito, secondo la convenzione di Ginevra, era quello di visitare i campi per prigionieri di guerra e in questo c'era una contropartita; vale a dire altri delegati visitavano i campi dei prigionieri di guerra alleati, capisce, i campi di internamento per tedeschi. E tutta la nostra forza, una forza non tanto morale e nemmeno basata su accordi firmati prima della guerra, si fondava sul fatto che si arrivava in un campo dove ci sentivamo dire: «Ma il tal prigioniero è evaso, è passato in zone dichiarate segretissime e per questo è condannato a morte». Molto bene, bene, d'accordo: adesso, posso vederlo, posso salutarlo e: «Non preoccuparti, - gli dicevo, - aspetterai la fine della guerra condannato a morte, poiché ho nella mia tasca dodici condannati a morte tedeschi che aspettano la stessa cosa. Se sarai giustiziato adesso, anche gli altri verranno giustiziati». Era l'unico modo di parlare, ed è orribile quando si tratta di vite umane, ma non c'era altro mezzo ... Era un mercato e tuttavia funzionava.

C. LANZMANN La cosa funzionava, aveva successo.

DR. ROSSEL Funzionava, funzionava molto bene.

C. LANZMANN Per lei fu un trauma arrivare a Berlino in piena guerra?

DR. ROSSEL Non è stato un trauma, per niente, poiché ero inserito in ambiente elvetico, e con le persone e i medici che erano sul posto, con i quali eravamo in rapporto di amicizia, ci intendevamo e avevamo anche ... come dire, la stessa mentalità.

C. LANZMANN E lei rimaneva con i suoi, tra svizzeri? ..

DR. ROSSEL ... tra svizzeri.

C. LANZMANN O meglio. Avevate anche delle relazioni con i tedeschi, con la popolazione civile?

DR. ROSSEL Molto poco, e penso che sarebbe stato pericoloso per i tedeschi che fossero venuti a casa nostra. Ricevevamo pochi tedeschi, certo avevamo visite, alcune, ma si trattava in particolare di svizzeri, di qualche svizzero che viveva lì. Ce n'era uno ...

C. LANZMANN Dove vivevate? In un hotel?

DR. ROSSEL No, avevamo a disposizione una casa che ci era stata assegnata dal ministero degli Affari esteri.

C. LANZMANN Bene. E vivevate tutti insieme?

DR. ROSSEL All'inizio nella Balansteter Strasse, poi in seguito siamo stati ausgebomt, bombardati e la casa ci è volata via dalla testa, cosi ci hanno sistemato al Berliner Wansee, in una proprietà da sogno, che era di Brigitte Helm ...

c. LANZMANN Ah, sì.

DR. ROSSEL ... attrice del cinema di quei tempi. Era una proprietà superba e noi allora eravamo ... Era un po' un rifugio, un porto sicuro ...

C. LANZMANN Berliner Wansee, in riva a un lago?

DR. ROSSEL Proprio così. Era un porto sicuro quando si rientrava tra una missione e l'altra, e per lo meno ci si poteva rilassare e si trascorreva un momento assai gradevole tra amici. Poiché si riceveva, come dicevamo, c'era anche Scapini che veniva, si ricorda dell'ambasciatore Scapini?

C. LANZMANN Ah, sì, con il ...

DR. ROSSEL Era un mutilato di guerra, ed era cieco.

C. LANZMANN Proprio così.

DR. ROSSEL Era cieco Scapini, ed era lui che aveva la carica di ambasciatore della Francia di Vichy.

C. LANZMANN Era un uomo di Pétain.

DR. ROSSEL L'uomo di Petain.

C LANZMANN Proprio così.

DR. ROSSEL Ebbene, io l'ho visto più di una volta nella nostra sede, aveva sempre al seguito il suo servitore che lo spingeva in una sedia a rotelle. Era un uomo gradevole e noi avevamo relazioni molto corrette con loro, ma niente di più, lei mi capisce, ciascuno ...

C. LANZMANN Si respirava un clima opprimente a Berlino?

DR. ROSSEL Sì. Berlino era come lei sa ... È una grande città, e in una grande città c'è il popolino e il ceto medio che mantengono uno spirito beffardo e anche uno spirito di indipendenza che nessuno può far tacere. Se per esempio, erano stati vittime di un bombardamento scatenato da più di mille aerei, se c'erano stati più di mille aerei sopra il cielo di Berlino, si aveva diritto a una razione supplementare di caffè. Allora, dopo i bombardamenti, la gente diceva: «Ebbene, questa volta avremo diritto al nostro Zitter Kaffee», il caffè tremarella ... avevano diritto a una razione di caffè e ...

C. LANZMANN D'accordo. Lei parla del senso dello humour berlinese.

DR. ROSSEL ... berlinese sì, che esiste e che si ritrova in tutte le grandi città, come le ripeto.

C. LANZMANN Allora, come è accaduto che lei sia giunto a occuparsi dei «campi per internati civili», perché questa è la dizione, non è così?

DR. ROSSEL Sì. I deportati, gli internati civili costituivano un grande problema, perché nel loro caso non c'era alcuna possibilità legale o di contropartita. Saremmo passati sopra anche all'aspetto legale, ma se ci fossero stati campi simili dall'altra parte! Allora, i tedeschi rispondevano: «Voi non avete diritto a niente, non avete diritti, non c'è una sola convenzione firmata da noi che vi autorizza a entrare nei campi dei civili che sono semplicemente dei nemici della Germania, ma che non sono soldati e che abbiamo internato per tutt' altre ragioni. Non li abbiamo catturati sui campi di battaglia». Era giusto. In questo caso, bisognava essere consapevoli che operavamo nell'illegalità totale.

Il Comitato internazionale della Croce rossa, sollecitato dall'organizzazione ebraica americana di aiuto e mutuo soccorso Joint (American Joint Distribution Committee), o da molti altri organismi, mi ha detto: «È necessario ottenere il più possibile delle informazioni, tentare di andare sul posto a vedere di persona, cercare di arrivare almeno fino alla Kommandantur, per cercare di classificare questi differenti campi, vederli e scoprire dove si trovano. Ma in nessun caso lei sarà coperto dalla protezione del Comitato internazionale della Croce rossa. Non abbiamo alcun diritto di mandarla ufficialmente in quei luoghi; ci vada e se si farà arrestare, se avrà delle noie, saranno fatti suoi».

C. LANZMANN Non era una richiesta molto incoraggiante.

DR. ROSSEL Non si trattava di un incarico pressante. «Faremo l'impossibile, le garantiamo di fare tutto il possibile per tirarla fuori dalla grinfie della Gestapo, ma in ogni caso, lei avrà agito per iniziativa personale».

C. LANZMANN Era molto coraggioso per fare una cosa simile!

DR. ROSSEL Non coraggioso, no. Ero, come dire, un po' incosciente. A quel tempo, avevo al mio seguito un ufficiale tedesco che mi accompagnava ...

C. LANZMANN Che cosa le è stato detto? Cercava informazioni, ma le hanno parlato, per esempio, di sterminio?

DR. ROSSEL No, mai, la parola sterminio non l'ho mai sentita.

C. LANZMANN Non è mai stata pronunciata.

DR. ROSSEL No, non è mai stata pronunciata. «Cerchi di entrare, vada in uno di questi campi per civili, cerchi di vedere tutto ciò che le è possibile, faccia ciò che crede meglio, ma stia attento a non comportarsi troppo in modo illegale». Che cosa potevo fare, allora? Avevamo ancora alcune stecche di «Camel», o meglio ancora, delle calze di nylon, o un piccolo transistor se si trattava di un personaggio importante che si doveva ... perché serviva un documento per avere un lasciapassare o essere accompagnato da uno di questi personaggi, e non era certo grazie al nostro aspetto o a delle chiacchiere che potevamo pretendere di passare uno sbarramento che nessuno mai riusciva a superare. Così, con delle calze di nylon per le loro amanti, si riusciva a fargli chiudere gli occhi, e si arrivava fino a un comandante di un campo... E così che sono riuscito a entrare ad Auschwitz.

C. LANZMANN La cosa è in sé straordinaria. Lei è riuscito a entrare nel campo di Auschwitz.

DR. ROSSEL Sì. Come ricorda, avevo un ufficiale dell'esercito che mi accompagnava, un uomo della Wehrmacht, ma a circa quaranta chilometri dal campo, vale a dire dal campo base, siamo stati fermati da posti di blocco di SS e di SD. L'ufficiale fu pregato di scendere, non aveva nessuna autorità, anche se era un graduato dell'esercito tedesco, un Ritterkreuz, per poter entrare in un territorio assolutamente vietato all'esercito tedesco. Allora, ci siamo detti arrivederci e io gli ho rivolto la parola: «Ebbene, vecchio mio, se entro un certo lasso di tempo non mi rivedrà, sarà così cortese, poiché è suo obbligo, di fare rapporto. Arrivederci, dunque! » Da quel momento ho proseguito il viaggio da solo, ma non mi hanno assegnato delle guardie.

C. LANZMANN Lei aveva un autorizzazione per entrare nel campo di Auschwitz?

DR. ROSSEL No, non avevo alcuna autorizzazione. Nessuna.

N essuna. Si trattava ...

C. LANZMANN Ma al campo, per lo meno, lei era atteso!

DR. ROSSEL Per niente, proprio per niente! Assolutamente no! Non ero in possesso di alcuna autorizzazione, non si rilasciavano lasciapassare scritti, o cose del genere e io ho fatto la parte del sempliciotto, dell'ingenuo e così sono arrivato al posto di blocco del campo di Auschwitz, ho...

C. LANZMANN È così dunque? Ma loro hanno almeno fatto una telefonata?

DR. ROSSEL Niente! Proprio no, non hanno ... per niente.

C. LANZMANN Ma è straordinario!

DR. ROSSEL No, no, non ci sono state telefonate, niente di tutto ciò, perché allora io sarei stato fermato. Sarei stato bloccato in partenza.

C. LANZMANN In tal caso, lei pensa che ...

DR. ROSSEL ... avrei ottenuto un rifiuto.

C. LANZMANN E perché lei è andato fino ad Auschwitz?

DR. ROSSEL Sono andato ad Auschwitz, prima di tutto per vedere almeno una volta quel campo, e poi per incontrare il suo comandante. Da Ginevra e da parte del rappresentante e del capo della delegazione di Berlino, il mio amico Marty, avevo una sorta di asso nella manica che non mi sarebbe servito a niente: avrei proposto alle autorità del campo di inviargli dei medicinali per la loro infermeria. Sapevamo assai bene che si trattava di un incredibile imbroglio e che non avrebbero mai accettato.

C. LANZMANN E lei è andato ad Auschwitz!

DR. ROSSEL Ad Auschwitz. Quando sono arrivato all'ultimo posto di blocco e ho fatto vedere i miei documenti ho detto: «Desidero parlare con il comandante del campo».

C. LANZMANN Aspetti. Lei è arrivato ad Auschwitz in treno?

DR. ROSSEL No, non c'erano treni per me. Ero in automobile.

C. LANZMANN In automobile.

DR. ROSSEL Sì, sì, avevo una piccola vettura. Finalmente sono arrivato e ho superato tutti i controlli.

LANZMANN E che cosa ha detto a tutti i posti di controllo che la fermavano?

DR. ROSSEL «Voglio andare alla Kommandantur. Sono diretto alla Kommandantur, ad Auschwitz».

LANZMANN Facendo vedere i suoi documenti della Croce rossa?

DR. ROSSEL Le mie carte di delegato internazionale della Croce rossa, tutto qui. Lo immagina vero, ero un essere del tutto inoffensivo, e non gli facevo proprio paura! Garantito.

Quanto a me, se la paura si faceva sentire ... si cerca di farsi coraggio, ma poi non è così tanto facile sentirsi a proprio agio. Soprattutto quando uno è assolutamente solo. Cosi sono arrivato alla Kommandantur, dove sono stato ricevuto molto correttamente dal comandante del campo.

C. LANZMANN Ne ricorda il nome?

DR. ROSSEL No, non me ne ricordo più, ma è nelle carte del Comitato internazionale della Croce rossa, e io ero ...

C. LANZMANN Era forse Hoss il comandante del campo?

DR. ROSSEL Era un giovane uomo, molto elegante, con gli occhi azzurri, molto distinto e cordiale: «Vuole accomodarsi. Posso offrirle un caffè?» Ed è proprio quello che abbiamo fatto. «Che cosa l'ha condotta qui?» quasi un sogno. Allora ho detto: «Dunque, io sono venuto per proporvi questo e questo ... » Mi risponde: «Ah, ma lei è di origine svizzera? Guarda che coincidenza! La Svizzera mi piace molto. Ho fatto delle gran discese con il bob in Svizzera, ad Arosa», o in un altro posto che non ricordo ..

C. LANZMANN Saint-Moritz?

DR. ROSSEL Davos, era forse Davos, o Saint-Moritz.

C. LANZMANN Bobsleigh?

DR. ROSSEL Non so. Si era dedicato al «bob». In ogni caso, voleva farmi capire che lui apparteneva a quella fascia di società che può permettersi di divertirsi sulle piste da bob. Io che ero figlio di un operaio, avevo visto le piste da bob, ma non avevo mai posseduto i mezzi per offrirmi una vacanza sui Grigioni per fare del bob. Allora abbiamo parlato di tante cose, del più e del meno e io gli ho detto: «Bene. Ecco la situazione. Il Comitato internazionale della Croce rossa desidererebbe avere delle informazioni. Possiamo inviarvi qualcosa di utile?»

E lui, in risposta: «Non vedo perché no. Non direi ... » Come può immaginare, tutto questo non ha condotto a niente.

C. LANZMANN E lei gli ha fatto delle domande precise?

DR. ROSSEL lo gli ho fatto delle domande. La cosa è accaduta in modo molto evasivo, ovviamente, ma ...

C. LANZMANN Che cosa gli ha chiesto?

DR. ROSSEL Gli ho domandato se noi potevamo occuparci dell'infermeria, se potevamo visitarla ... Ha risposto: «No, ci sono internati civili e non ha nessun diritto di vedere e controllare niente. Ma se vuole inviare degli aiuti per l'infermeria, o dei medicinali, può farlo». Allora, gli ho detto: «Posso forse inviarle, farle spedire dei pacchi di generi alimentari?» «Perché no. Può farli inviare».

Quei pacchi, alcuni pacchi, sono stati spediti e sono stati ricevuti. È inverosimile, ma sono stati ricevuti, e abbiamo persino le quietanze di quei pochi pacchi. Comunque, i risultati sono stati in ogni senso irrilevanti, bisogna pur riconoscerlo.

C. LANZMANN Si fermi un attimo, perché ciò che sta dicendo mi interessa molto. Il vostro colloquio, quanto tempo è durato?

DR. ROSSEL Mezz'ora, tre quarti d'ora.

C. LANZMANN E che cosa ha visto del campo?

DR. ROSSEL Niente. Ho visto delle baracche. Dal posto in cui ero ho visto ...

C. LANZMANN Baracche di ...

DR. ROSSEL Baracche militari ...

C. LANZMANN Di legno?

DR. ROSSEL ... delle baracche di legno. Potevano essere le baracche del corpo di guardia? In ogni caso, non ho visto forni crematori in attività, dal luogo in cui mi trovavo seduto.

C. LANZMANN Ad Auschwitz, campo base, le baracche non sono di legno ... sono blocchi in mattoni rossi.

DR. ROSSEL Sì, in mattoni, ma erano baracche uguali a tutti gli alloggiamenti militari. Ho visto colonne di detenuti che ho incrociato. Ne ho incrociati diversi, diverse colonne di detenuti.

C. LANZMANN Che vestivano la divisa a righe?

DR. ROSSEL Si, la divisa a righe e un piccolo berretto in testa. Quella gente, magra, come non devo certo spiegarle, vero? E che vedevano passare un'auto con una bandierina «Comitato internazionale della Croce rossa», e occhi che ... come? È vero.. .. stupiti.

C. LANZMANN Ha visto la famosa scritta sul cancello del campo «Arbeit macht frei», il lavoro rende liberi?

DR. ROSSEL No, non l'ho vista. Non l'ho proprio vista.

C. LANZMANN Allora non è entrato dal cancello principale?

DR. ROSSEL No, non sono entrato da lì. Non sono entrato dalla stazione, e non sono entrato ... Non ho visto la scritta, la parte che ho visto ...

C. LANZMANN Ed è certo di essere stato ricevuto dal comandante del campo?

DR. ROSSEL Questo sì, sì. .. sì, sono certo! Perché quel tipo mi ha dato ... ma sì, sì. Come può immaginare, c'era poca gente. E c'erano assai poche visite!

C LANZMANN Certo, certo, voglio dire che lo capisco assai bene. Ma quando lei dice: «Un giovane uomo», la cosa mi stupisce, perché ...

DR. ROSSEL Il fatto è ...

C. LANZMANN Ci sono più comandanti del campo, e all'epoca ...

DR. ROSSEL Si, certo, era ...

C. LANZMANN D'altronde, in quel periodo non era ...

DR. ROSSEL Doveva avere all'incirca cinquantacinque anni, non di più!

C. LANZMANN Ah, bene, sì, allora d'accordo.

DR. ROSSEL Una volta ho visto un uomo che aveva la stessa andatura, lo stesso stile, in Congo, era il comandante dei mercenari, Schramm ...

C. LANZMANN Sì.

DR. ROSSEL ... che si faceva passare per colonnello. Quando ero con Schramm, avevo l'impressione di essere proprio con il comandante del campo.

C. LANZMANN All'epoca della sua visita, non penso ... non c'era più Höss, e d'altronde Höss era partito proprio in quei giorni. Quanto tempo è rimasto ad Auschwitz? Intendo non al campo, ma nella cittadina di Auschwitz, perché come lei sa c'è una città che si chiamava Auschwitz.

DR. ROSSEL Non ho visto la città.

C. LANZMANN Dunque non ha visto la città vicina? DR. ROSSEL No, non l'ho vista. lo non ho ...

C. LANZMANN Lei non ha cercato alloggio da quelle parti?

DR. ROSSEL Oh no, no. Non avevo possibilità di dormire in quel luogo, poiché si trattava di una zona interdetta per me, totalmente interdetta. Allora, ho fatto ...

C. LANZMANN E lei non ha sospettato niente di Birkenau? Per esempio, allora ...

DR. ROSSEL No, di Birkenau non ho ...

C. LANZMANN ... il campo di sterminio che si trova a circa tre chilometri dal campo base.

DR. ROSSEL No. Esatto. Niente. Ma sapevamo già in quel periodo, e tuttavia io ne sapevo qualcosa da Ginevra, ma niente sul posto.

C. LANZMANN Ma che cosa sapeva esattamente in quel periodo?

DR. ROSSEL Sapevo che c'era un campo di concentramento dove venivano deportati in massa gli israeliti e anche che questi israeliti vi trovavano la morte.

C. LANZMANN Lo sapeva quando si trovava ad Auschwitz?

DR. ROSSEL Sì, lo sapevo.

C. LANZMANN Quando è arrivato lo sapeva?

DR. ROSSEL Certo. Sapevo che quella gente era deportata in massa.

C. LANZMANN E che morivano.

DR. ROSSEL E che vi arrivavano con i treni. E che erano condannati.

C. LANZMANN Sì.

DR. ROSSEL Questo è certo.

C. LANZMANN Non ha visto per caso dei treni?

DR. ROSSEL Non ho visto dei treni, dottor Lanzmann, no.

LANZMANN Ed era fuori questione parlare di questo con il comandante?

DR. ROSSEL Era del tutto fuori questione, assolutamente ... Lei sa bene com' era quella gente... È inverosimile, ma parlavamo proprio come lo stiamo facendo noi ora. Quella gente era fiera del proprio lavoro.

C. LANZMANN Come, questa fierezza si ...

DR. ROSSEL Capisco ...

C. LANZMANN ... si manifestava in pratica?

DR. ROSSEL Oh, niente. Avevano l'impressione di compiere qualcosa di utile. Era questa l'impressione che davano, poiché se si parlava loro dei campi, dei prigionieri, dei detenuti e di simili cose, dicevano: «Sì, ma in realtà, qui, la Germania adesso svolge un lavoro ... »

C. LANZMANN E lei. ..

DR. ROSSEL « ... un lavoro inverosimile, straordinario, per il quale tutta l'Europa ci sarà riconoscente».

C. LANZMANN Sì. Sì tratta comunque di una cosa stupefacente, parlare in una sorta di colloquio intimo con quella gente e certo erano dei maestri nell'arte di mentire, quanto meno, dei ...

DR. ROSSEL Sicuramente ...

C. LANZMANN Lei gli dava ascolto e credito, o ...

DR. ROSSEL Oh, caro dottor Lanzmann, dare ascolto o credito ... Che cosa vuole mai. .. No! Era una commedia che si metteva in scena. Ecco tutto. Tutto qua.

C. LANZMANN E quando è rientrato da questa sua visita ad Auschwitz?

DR. ROSSEL Ho fatto il mio rapporto per la visita alla Kommandantur di Auschwitz. Ma se sapesse ... In breve, è terribilmente povero, non è così? Si giunge in quel posto che si ha letteralmente il gelo nelle ossa e ci si dice: «Ebbene, devo assolutamente arrivare fino ad Auschwitz», e si ritorna e non si riporta niente. Per questo, bisogna essere perfettamente lucidi.

C. LANZMANN Sì, non si riporta niente e poi ci si trova sul posto e non si vede proprio niente.

DR. ROSSEL Sì, non si vede niente ed è proprio questo che voglio dire, e non si riporta niente. Nessuna informazione di una certa validità ...

C. LANZMANN Lei non ha sentito ... io sono stato ad Auschwitz, ma molto tempo dopo, voglio dire, anche quando ci si va oggi, non so bene come sia, ma si è colti da una sorta di senti­mento d'orrore, e poi si...

DR. ROSSEL Sì, il sentimento di orrore ...

C. LANZMANN ... e poi si ha paura.

DR. ROSSEL Lei ne avrebbe provata ancor più se entrando nel campo avesse incontrato le colonne dei prigionieri, a gruppi di trenta o quaranta, magri, scheletrici.

C. LANZMANN Sì.

DR. ROSSEL Sì. Allora quando incrociava quegli esseri, non so esattamente, se quattrocento, cinquecento, sul suo cammino ...

C. LANZMANN Vedendo questa gente, ne ha ricevuto l'impressione che si trattava di persone che soffrivano molto e che, per farla breve, erano dei moribondi, o dei condannati a morte a ...

DR. ROSSEL Era ... Era il... era questo. Erano insomma degli scheletri ambulanti, perché non venivano nutriti ...

C. LANZMANN Sì.

DR. ROSSEL Non è cosi? Avevano soltanto gli occhi che vivevano.

C. LANZMANN Avevano soltanto gli occhi che erano vivi, sì.

DR. ROSSEL Sì.

C. LANZMANN Allora si trattava di quelli che vengono chiamati «musulmani», e che invero, hanno uno sguardo molto, molto intenso.

DR. ROSSEL Si, molto intenso, molto intenso. Quella gente mi osservava con una incredibile intensità, al punto di voler dire quasi: «Ebbene, ecco un tipo che arriva qua e come? Un vivo che passa» proprio così, e che non era un SS.

C. LANZMANN Si, è così. Lei era in abiti civili?

DR. ROSSEL Sempre, con abiti civili.

C. LANZMANN Non aveva proprio per niente una uniforme?

DR. ROSSEL Ah, no. No. No, sarebbe stata la catastrofe, non crede?

LANZMANN Certo. Lei ha parlato di queste squadre di internati ...

DR. ROSSEL Certo.

C. LANZMANN .,. nel suo rapporto.

DR. ROSSEL Sì, ma la cosa non ci diceva niente di nuovo.

C. LANZMANN Sì.

DR. ROSSEL Niente di nuovo. Queste cose erano risapute davvero. Pensi, non si dirà mai abbastanza come ciò fosse troppo poco, troppo poco e triste.

C. LANZMANN Ma lei dice che queste cose erano risapute, eppure ha detto anche che non se ne sapeva proprio niente.

DR. ROSSEL Noi, no. Voglio dire, io ... erano conosciute da Ginevra. Io le ho sapute dopo. Le ho sapute dopo. Sono venuto a sapere, per esempio, che la Joint conosceva bene tutte queste cose. Me ne stupisco a posteriori, che questa gente, per esempio, non sia mai entrata in contatto con la Delegazione di Berlino, dicendo: «Noi abbiamo queste informazioni, delle notizie precise, noi sappiamo questo e quest'altro. Che cosa ne sapete voi? Avete delle informazioni in proposito?» Ecco.

C. LANZMANN Ma questo significa che, quando lei era nell'ufficio del comandante, o di colui che si è presentato come il comandante del campo di Auschwitz ...

DR. ROSSEL Sì.

C. LANZMANN ... lei in quel momento, voglio dire, la mia è una richiesta precisa, perché è molto importante: lei sapeva che si trovava proprio nel cuore di un campo di sterminio?

DR. ROSSEL Non ne avevo realizzato l'importanza. Proprio per niente. Sapevo che si trattava di un campo terribile, e che coloro che partivano per Auschwitz non ne facevano ritorno. Ma noi non avevamo la minima idea della massa di gente che ne era coinvolta. Sapevamo che si trattava di un campo terribile, ecco tutto.

C. LANZMANN E si vedevano dei bagliori, delle fiamme? Perché tutti coloro che sono stati ad Auschwitz ...

DR. ROSSEL Sì.

C. LANZMANN I polacchi che abitavano in città e nella zona, ancora oggi raccontano ...

DR. ROSSEL ... che vedevano dei bagliori e delle fiamme.

C. LANZMANN Proprio così, che si vedevano fiamme e bagliori.

DR. ROSSEL lo non ho visto né fiamme né fumo.

C. LANZMANN Niente?

DR. ROSSEL Niente.

C. LANZMANN E nemmeno odore?

DR. ROSSEL Nemmeno odore. Puzzano sempre tremendamente le baracche militari e simili luoghi. Ma quando mi si parla di puzzo di carne bruciata o di simili cose, perché altri l'hanno sentito o hanno visto, io non ho visto e sentito niente.

C. LANZMANN Poteva forse dipendere dal vento.

DR. ROSSEL È possibile.

 

Bibliografia:

Claude Lanzmann – Shoa – Einaudi Stile libero Dvd 2007

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