Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

pagine di storia locale

accadeva a Lissone durante la seconda guerra mondiale

20 Décembre 2009 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

I primi segni premonitori della guerra comparvero in Brianza durante gli anni Trenta, accompagnati dalle numerose iniziative di protezione antiaerea dei vari comuni.

Anche il Comune di Lissone e la locale sezione dell'UNPA (Unione nazionale protezione antiaerea) si diedero da fare, organizzando il primo esperimento di protezione antiaerea sul territorio comunale nel 1933.

Dal “Giornale di classe” della classe V della scuola elementare "Vittorio Veneto" di Lissone nell’anno scolastico 1940-1941

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Al timore dei bombardamenti si aggiunse subito la paura di attacchi con gas tossici per questo il Comune provvide nel 1938 ad acquistare maschere antigas, constatato che anche in altri paesi della Brianza era stato adottato il medesimo provvedimento. Fu così che tra l'erogazione di contributi per la colonia elioterapica
 
e per le cure marine e salsoiodiche, tra l'istituzione degli ormai noti premi di natalità

 

 

 e di nuzialità e le numerose altre iniziative «popolari» del podestà Cagnola, trovasse posto la delibera d'acquisto di trenta maschere antigas, la cui motivazione era quella di «volgarizzare l'uso della maschera antigas con esperimenti tra la cittadinanza, specie nelle scuole elemetari.


Dal “Giornale di classe” della classe V della scuola elementare di Lissone nell’anno scolastico 1939-1940

1939 e 7 dic antigas


In seguito, nel corso del 1939, comparvero nuovamente le tessere annonarie, mentre cominciavano a registrarsi fenomeni legati all'accaparramento dei generi alimentari e al razionamento della benzina.

Il controllo dei generi alimentari, che i lissonesi avevano già conosciuto durante la Grande Guerra, impose a tutti nuovi sacrifici. Divennero rapidamente rari i prodotti alimentari di prima necessità come il pane, gli articoli da minestra, i grassi, lo zucchero, la pasta, il riso, la farina di frumento, mentre il sapone e l'abbigliamento subirono, di lì a poco, la stessa sorte. Per avere un'idea di quello che stava accadendo, si pensi che negli ultimi mesi del 1940 il personale comunale cominciò a preparare 17.000 carte annonarie per il pane e i generi da minestra da distribuire l'anno successivo.

Seguirono le disposizioni prefettizie affinché non avesse più luogo l'illuminazione di gala dei pubblici edifici in nessuna delle ricorrenze nelle quali essa era disposta (18 maggio 1940). Insomma alla vigilia della Seconda guerra mondiale, il futuro non offriva grandi speranze ad un Paese di circa 16.000 abitanti, dei quali quasi 15.000 concentrati nel capoluogo.

La guerra giunse il 10 giugno del 1940 e con essa arrivarono le prime direttive richieste dalla nuova condizione del Paese, alle quali Lissone si adeguò prima con l'adozione del razionamento e in seguito con la realizzazione dell'Ente comunale legna da ardere (novembre del 1941), finalizzato a disciplinare la distribuzione e i consumi in previsione dell'inverno. Contemporaneamente furono incoraggiati gli allevamenti domestici (pollame, conigli e piccioni) e nacquero i primi orti di guerra. Così il piazzale IV Novembre, posto di fronte alle scuole Vittorio Veneto, divenne un ampio campo di grano.

 

Lo stato di guerra aveva delle necessità inderogabili che prevedevano anche la raccolta dei metalli necessari alla produzione bellica.

 

Il comune nel giugno del 1941 provvide al censimento delle campane. Esso fu il primo passo verso la requisizione di tali oggetti nei confronti della quale il prevosto, don Angelo Gaffuri, mantenne un atteggiamento apparentemente neutrale. Il dissenso da parte del più importante prelato lissonese era in linea con la posizione assunta dalle autorità ecclesiastiche, che dovettero, loro malgrado, fornire i dati relativi al numero e al peso delle campane.

 

In base al censimento effettuato il 19 giugno 1941 si apprende che il numero di campane esistenti a Lissone era di nove campane di bronzo, poste sul campanile della chiesa del capoluogo, fabbricate nel 1926 per un peso complessivo di 11,506 quintali e di 5 campane di bronzo posizionate sul campanile della parrocchia della frazione Bareggia, fabbricate nel 1904 per un peso complessivo di un quintale. Nessuna campana era stata ritenuta di eccezionale pregio artistico o storico.

 

Cinque delle nove campane costituenti il concerto della chiesa prepositurale vennero infine requisite; ad esse si aggiunse anche la campana del vecchio campanile demolito con la Chiesa prepositurale nel 1933 e destinato all'erigenda chiesa dell'oratorio maschile.

Incaricata dell'asportazione fu la ditta Ottolina di Seregno; le campane asportate furono la 2a, la 3 a, la 5 a, la 7 a, la 9 a.

Per raggiungere il quantitativo di peso stabilito dalla requisizione si dovette consegnare anche una campana residuata dalla Chiesa vecchia e che si conservava perché destinata all'erigenda chiesa dell'Oratorio maschile. Il peso complessivo delle campane consegnate è stato di q.li 59,86 più kg. 95 di materiale in ferro (attacchi delle campane). Lasciò pessima impressione nei lissonesi il fatto che le campane aspor­tate furono lanciate dalla cella campanaria. La 2a e la 9 a si spezzarono.


Il concerto
delle nove campane era in la bemolle grave: era uno dei più grandi della diocesi raggiungendo il peso complessivo di oltre 115 quintali. Era stato fuso dalla fonderia Barigozzi ed era dedicato a Cristo Re. Il concerto, portato a Lissone il 10 ottobre 1926, era stato benedetto da Mons. Adolfo Pagani il giorno 17 ottobre 1927 ma non potè essere collocato sul campanile fino ai primi dell'ottobre dell'anno seguente. Per la fusione era stato usato in parte il bronzo delle tre campane maggiori che nel settembre precedente erano state calate dal vecchio campanile. Le campane vennero tutte donate da generosi cittadini.

Alla requisizione delle campane seguì, nel febbraio del 1942, la raccolta del rame che il Comune dispose sia ricevendo le denunce obbligatorie dei cittadini sia dando luogo alle operazioni di raccolta.

Ovviamente anche a Lissone aumentarono notevolmente le preoccupazioni e le ansie per gli arruolati, alimentate dalla pressoché totale mancanza di notizie sulla loro sorte.
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Come testimonianza, restano le molte cartoline dell'ufficio prigionieri della Croce rossa italiana indirizzate ai lissonesi per segnalare la presenza di compaesani nei campi di prigionia tedeschi e americani. Alle ricerche spesso partecipavano anche i programmi radiofonici dell'EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche), ma non sempre con esito positivo.
EIAR Radio Mosca prigionieri 

In compenso i vuoti provocati dagli assenti vennero presto colmati dall'afflusso sempre più consistente dei primi sfollati, soprattutto milanesi, diretti verso i comuni della Brianza. In paese, nel corso del conflitto, furono tantissime le famiglie che trovarono alloggio in seguito ai bombardamenti alleati su Milano.

Le prime persone giunsero proprio da lì nel gennaio del 1943, pochi mesi dopo il terribile attacco aereo del 24 ottobre;

 
va aggiunto che quello dello sfollamento da Milano, ma anche da Monza che registrò una diminuzione del 8,73% della popolazione, fu in ogni modo un fenomeno che continuò in tutta la Brianza sino al 1945. Tra i paesi maggiormente colpiti dall'esodo milanese troviamo Seregno con 6.510 sfollati, Carate Brianza con 6.000, Besana Brianza con 5.128.


Anche a Lissone venne preparato dal Comune un regolamento per la protezione antiaerea: 
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Lissone alla fine del 1944 giunse a contare circa 1.800 sfollati per la maggior parte provenienti da Milano. Non si dimentichi che la quantità di rifugiati che il comune poteva ospitare secondo la disponibilità di alloggi registrata nel 1938 era di 1.500 unità, per cui, sin dal dicembre 1942, le autorità si preoccuparono di rendere obbligatoria la denuncia degli alloggi e dei locali non usufruiti e adattabili ad abitazione. Molte famiglie cercarono di reperire ricoveri per i nuovi venuti, arrivando spesso ad ospitarli nei locali occupati da parenti e famigliari. Gli sfollati portarono anche notizie sul reale andamento della guerra; informazioni che velocemente si diffusero in paese e quando, nel marzo del 1943, sopraggiunsero gli scioperi delle industrie dell'Italia settentrionale; ad essi parteciparono anche gli operai dell'Incisa (1200 dipendenti) e dell' Alecta (500 dipendenti), contribuendo attivamente alla crisi delle istituzioni che doveva portare alla caduta del fascismo il 25 luglio.

  

Lissone salutò la fine del Ventennio con manifestazioni spontanee di piazza, animate dalla comune speranza di pace, presto vanificata dal governo Badoglio.

 

Il telegramma inviato dal prefetto Uccelli ai podestà e ai commissari prefettizi della Provincia era estremamente chiaro: “Italiani, dopo l'appello di S.M. il Re e Imperatore degli italiani e il mio proclama, ognuno riprenderà il suo posto di lavoro e di responsabilità. Non è il momento di abbandonarsi a manifestazioni che non saranno tollerate. L'ora grave che volge impone ad ognuno serietà, disciplina patriottismo fatto di dedizione ai supremi interessi della Nazione. Sono vietati gli assembramenti e la forza pubblica ha l'ordine di disperderli inesorabilmente”.

Ma l'atteggiamento del governo Badoglio, volto a non allarmare l'alleato tedesco, attenuò di poco le speranze che i lissonesi, come tutti gli italiani, riponevano in una pace immediata. Auspici presto frustrati dall' occupazione tedesca di buona parte della Penisola, seguita in settembre dalla nascita della Repubblica sociale italiana.

Da quel momento la guerra entrò direttamente nelle case dei lissonesi, attraverso gli avvisi alla popolazione controfirmati dall'ing. Aldo Varenna che l'undici agosto del 1943 (pochi giorni dopo la caduta di Mussolini) aveva sostituito il podestà Angelo Cagnola, dimissionario per «diplomatici» motivi di salute.

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Si diffusero i bandi minacciosi del comando tedesco di stanza a Monza che comminavano la pena di morte per atti di sabotaggio,
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che vietavano ogni assembramento e che imponevano il coprifuoco dalle ore 9 di sera sino alle 5 del mattino.

Il re Vittorio Emanuele III, accusato dai fascisti del tradimento del 25 luglio, scomparve dai documenti ufficiali e addirittura dalla piazza principale che dal 3 marzo 1944 verrà intitolata ad Ettore Muti.

Nella nuova piazza, presso il palazzo Mussi tra il febbraio e il marzo del 1944 troverà alloggio anche un comando antiaereo tedesco che, con i militi della GNR alloggiati nei locali di palazzo Magatti in via Garibaldi, garantiva un controllo più capillare del paese volto in particolar modo a contrastare la Resistenza. La locale sezione della GNR, dipendente dal comando di Desio, verrà soppressa nel Novembre 1944; al suo posto resterà sino agli ultimi giorni di guerra un distaccamento di militi delle Brigate nere.

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Intanto al problema degli sfollati si aggiunse quello dei profughi delle terre occupate dagli alleati, anche loro bisognosi di ospitalità. I nuovi arrivati, che nel febbraio del 1945 superavano di poco le cento unità, vennero ospitati in buona parte nei locali della scuola elementare di via Aliprandi e presso alcuni privati, mentre nel cine-teatro Impero della Casa del fascio si organizzarono spettacoli per raccogliere gli aiuti necessari al loro sostentamento.

Nel dicembre del 1944 il numero degli sfollati ammontava a 1.738 persone. A maggio il numero era salito a 1.804.

Anche la locale sezione del Fascio repubblicano, nell'aprile 1944, intervenne nella questione costruendo il villaggio per sinistrati «Giuseppe Mazzini». Si trattava di tre baracche di legno di m. 30 di lunghezza e 7 di larghezza ciascuna, ognuna dotata di 4 appartamenti di tre locali e due di due. D'altra parte, stando alle parole del Commissario straordinario del fascio repubblicano: «E' ormai cosa arcinota che la crisi degli alloggi nel comune di Lissone ha assunto una forma vastissima, anche per il continuo affluire di italiani sinistrati per opera dei bombardamenti nemici e l'impossibilità di costruire case». Il terreno in questione, di proprietà del comune, si trovava nei pressi del cimitero e apparteneva all'Opera pia Riva (attuale via Leopardi).


Ma intanto il Comando Militare germanico si occupa anche dei piccioni viaggiatori: il 10 luglio 1944 invia la seguente comunicazione a tutti i podestà della provincia di Milano:

“In sostituzione delle precedenti disposizioni che prevedevano la consegna e l’abbattimento dei colombi viaggiatori, per mantenere in vita questi preziosi animali si dispone che a tutti i piccioni viaggiatori vengano tagliate le ali e che i proprietari e allevatori si notifichino ...”

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I bombardamenti ferivano le principali città dell'Italia settentrionale, ma non colpirono mai Lissone, fatta eccezione per un mitragliamento avvenuto nei pressi della stazione (novembre 1944), senza gravi conseguenze, al di là del comprensibile spavento dei presenti. Le condizioni della popolazione destavano sicuramente apprensioni maggiori, considerato che tra il 1944 e la primavera del 1945 nelle relazioni mensili sull'attività amministrativa e politica del Comune, le preoccupazioni del Commissario prefettizio erano più di natura sociale che politica. L'inquietudine delle locali autorità era generata specialmente dalla penuria di alimenti, particolarmente aggravate dall'insufficienza o totale mancanza dei mezzi di trasporto necessari per ritirare i generi dalle località lontane. La distribuzione alimentare per la popolazione era garantita dai grossisti e dai dettaglianti posti sotto il controllo del Comune che gestiva l’ufficio tesseramento ma non impediva alla borsa nera di prosperare. Tra il novembre del '44 e il marzo del '45 la situazione si aggravò, in quanto vennero a mancare rispettivamente la farina gialla, il riso, i generi da minestra e il sapone, mentre tutti gli altri prodotti arrivavano con sensibile ritardo. Alla fame si aggiunse presto il freddo causato dalla mancata distribuzione della legna da ardere.

A febbraio si toccò il punto più critico ben sottolineato dalle parole del commissario prefettizio Giovanni Ruffini: «Dei generi contingentati sono stati distribuiti solo il formaggio duro e molle. E' necessario provvedere se le disponibilità lo consentono a qualche distribuzione di carne bovina e conserva di pomodoro».

Giovanni Ruffini sostituì il 26 luglio del 1944 il funzionario milanese Eugenio Campo, che era restato al suo posto meno di un mese, e che era subentrato a sua volta all'ing. Aldo Varenna il 17 giugno.

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A tal proposito non si dimentichi che il giugno del 1944 fu il periodo più drammatico per gli abitanti del paese. In particolare il 16 vennero fucilati due dei quattro partigiani arrestati a Lissone il 15 giugno in seguito all'uccisione di due militi fascisti. Gli altri due partigiani catturati, furono fucilati il giorno seguente dietro la Villa Reale di Monza sede del comando delle SS.


In marzo venne istituita la quarta mensa di guerra ospitata in territorio comunale e se con la primavera giunse finalmente la Liberazione, di certo la fame resistette più dei tedeschi.

La guerra, d'altra parte, aveva avuto un costo umano ed economico di notevoli proporzioni. Si pensi che solo le spese sostenute dall'Amministrazione comunale durante il periodo di occupazione germanica ammontarono a L. 214.893,40 .


I lissonesi che furono prigionieri durante la seconda guerra mondiale furono 670.
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Bibliografia

- Documenti conservati negli Archivi Comunali

- S. Missaglia, Lissone racconta

- Appunti di Samuele Tieghi

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I LUOGHI DELLA MEMORIA

31 Mai 2009 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

     

I testi dell'opuscolo sono stati curati da Renato Pellizzoni (presidente dell'ANPI di Lissone) in base ad alcuni documenti di storia locale e a interviste (a Giannantonio Brugola, figlio di Egidio Brugola e proprietario della O.E.B. dove lavoravano 3 dei quattro partigiani, a Giovanna Erba sorella di Pierino Erba di 28 anni (il maggiore dei quattro), a Carlotta Molgora staffetta partigiana ed amica dei quattro partigiani).

Le foto storiche sono tratte dall'archivio fotografico conservato presso la biblioteca civica di Lissone; le foto recenti sono state scattate da Renato Pellizzoni per l'occasione. Il progetto del nuovo monumento è dell'arch. Marco Terenghi

Sul monumento originario, ora al cimitero, e sull'elemento verticale, con scritta in verticale, è riportata la seguente frase: “Parravicini Carlo, Erba Pierino, Chiusi Remo, Somaschini Mario nel nome della libertà caddero trucidati dai nazifascisti il 16 -17 giugno 1944”.



L’intento dell’A.N.P.I. di Lissone, che ha curato questa pubblicazione in occasione dell’inaugurazione del nuovo monumento ai partigiani in piazza Libertà, è di mantenere viva la memoria di chi si è opposto al nazifascismo fino al sacrificio della vita.

Sentiamo il dovere di tramandare alle giovani generazioni la testimonianza di chi ha combattuto per la nostra libertà e per la nostra democrazia.

La memoria storica ha bisogno di luoghi fisici che resteranno nel tempo a ricordare, anche al passante più distratto, chi sono stati quegli uomini e il perché di quegli avvenimenti: per questo motivo si è voluto collocare nella risistemata piazza Libertà il nuovo monumento ai quattro partigiani lissonesi fucilati il 16 e 17 giugno 1944 dai nazifascisti.

 

“O giovani, dietro ogni articolo della nostra Costituzione, voi giovani dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta… . Non è una carta morta, questo è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità; andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.

(Piero Calamandrei, partigiano e membro dell'Assemblea Costituente)

 

Chi erano questi quattro martiri? 

   

Chiusi, Erba e Somaschini erano operai dipendenti delle Officine Egidio Brugola, Carlo Parravicini di professione era sarto.


Accusati dell’azione, in Via Milano ora via Matteotti, davanti allo stabilimento dell’Incisa, contro una guardia giurata ed un milite della Guardia Nazionale Repubblicana, in forza al distaccamento cittadino della Legione Muti, che in quel periodo stava terrorizzando diverse famiglie di lissonesi, furono arrestati il 15 Giugno 1944.

Chiusi e Somaschini furono portati alla Villa Reale di Monza dove vennero interrogati e torturati. Erba e Parravicini subirono le stesse atrocità presso la Casa del Fascio di Lissone (l’attuale Palazzo Terragni).

 

Mentre gli sventurati erano sottoposti a torture, il loro “sciur padron” della fabbrica in cui lavoravano, Egidio Brugola, forse per un tragico equivoco, venne scambiato per il mandante dell’azione.

Subito dei repubblichini arrivarono nella villa per arrestarlo. Sotto lo sguardo atterrito della moglie e del figlio Giannantonio, piangente in braccio alla madre, lo strattonano, lo trascinano fuori e lo portano in carcere a Monza. Sembra ormai che anche il destino di Egidio sia segnato. In paese si diffonde rapidamente la voce del suo arresto. Il parroco, Don Angelo Gaffuri, tenta inutilmente di intervenire per chiedere la liberazione dell’ imprenditore lissonese, che non è iscritto al partito nazionale fascista. La notizia del suo arresto arriva alla curia di Milano dove il cardinale Ildefonso Schuster si prodiga a perorare la sua liberazione presso il comando tedesco, presso la Milizia fascista e le Brigate Nere. Insperabilmente Egidio Brugola viene graziato, ma viene costretto ad assistere in prima fila all’esecuzione dei due partigiani lissonesi, Pierino Erba e Carlo Parravicini.

Giovanna, sorella di Pierino Erba, nel pomeriggio del 16 giugno 1944, si reca presso il comando tedesco alla Casa del Fascio (l’attuale Palazzo Terragni) dove è trattenuto il fratello. Portata al suo cospetto, si accascia vedendo lo stato in cui lo hanno ridotto. I nazifascisti la trattengono nella torre della Casa del Fascio da dove assiste all’esecuzione del fratello e di Carlo Parravicini.

Venerdì 16 Giugno 1944, nel tardo pomeriggio, sorretti, incapaci di reggersi per le torture subite, furono sospinti verso il centro della piazza vicino alla fontana dove vennero fucilati al petto tra lo sgomento della popolazione. Nel plotone di esecuzione vi era pure il figlio sedicenne della guardia giurata, una delle due vittime dell’agguato: dietro ad un mitra, puntato ad alzo zero, anche lui spara contro di loro. I segni di alcune pallottole del plotone di esecuzione sono ancora oggi ben visibili sul marmo del bordo della fontana.

 

Il giorno dopo, in Villa Reale a Monza, Chiusi e Somaschini subirono la stessa tragica sorte.

Finita la guerra, i solenni funerali dei quattro partigiani lissonesi furono celebrati il 13 Maggio 1945 nella chiesa di San Carlo.

 


La tomba presso il cimitero urbano




Libertà e UMAnità

fu per questi martiri

anelito di Vita insofferenza di tirannia

assassinati da piombo fascista

e da sevizia nazista

lor giovinezza immolata è monito

di pace e di giustizia

cittadini meditate ed imparate

 

 

L’anno successivo fu posta sul luogo della fucilazione una targa commemorativa in marmo, recante la scritta “Parravicini Carlo, Erba Pierino, Chiusi Remo, Somaschini Mario nel nome della libertà caddero  trucidati dai nazifascisti il 16 -17 giugno 1944”.

La cerimonia di inaugurazione avvenne alla presenza del Sindaco ing. Mario Camnasio (1946 - 1951)

 

La lapide commemorativa originaria, nel 2005, iniziati i lavori di riqualificazione di Piazza Libertà, è stata ricollocata al cimitero urbano.

 
Sul monumento è riportata la seguente frase: “Parravicini Carlo, Erba Pierino, Chiusi Remo, Somaschini Mario nel nome della libertà caddero trucidati dai nazifascisti il 16 -17 giugno 1944”.  

Inoltre i dipendenti delle O.E.B. Officine Egidio Brugola, a ricordo dei loro colleghi, posero una lapide all’interno dello stabilimento in Via Dante.



Nel 1985, in occasione del 40° anniversario della Liberazione, l’Amministrazione Comunale, Sindaco Angelo Cerizzi, e la Direzione aziendale realizzarono un nuovo monumento in acciaio che reca la scritta ” “Gli operai di questo stabilimento pongono a ricordo dei loro compagni di lavoro SOMASHINI MARIO, ERBA PIERINO, CHIUSI REMO caduti per la libertà”. Ancora oggi nelle ore notturne viene illuminato, a perenne ricordo.

 

Dopo il 25 Aprile 1945, la piazza principale della nostra città (Piazza Fontana per i lissonesi), per un breve periodo fu chiamata Piazza IV Martiri prima di assumere la denominazione attuale di Piazza Libertà. Nel corso del XX secolo la piazza, ha cambiato nome diverse volte: dapprima Piazza della Chiesa (per la presenza della vecchia chiesa), poi, dopo la I guerra mondiale, Piazza Trento e Trieste, in seguito, dal 1934 Piazza Vittorio Emanuele III, quindi Piazza Ettore Muti.

 

I Maggio 1945: Piazza IV Martiri.

Dal balcone di Palazzo Terragni, il socialista monzese

Ettore  Reina parla ai lissonesi, attorniato dai membri della locale Sezione del C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale).


 

L’A.N.P.I. lissonese, mentre ricorda il sacrificio di questi quattro giovani concittadini, desidera dedicare anche un pensiero a tutti i lissonesi che in vari modi si opposero al fascismo. Vogliamo ricordare anche chi attuò la cosiddetta Resistenza silenziosa ed i cui nomi non sono riportati nei libri di storia o nei documenti ufficiali, chi lottò nelle file della Resistenza armata, chi fu internato nei campi di concentramento in Germania, tutti coloro che persero la vita perché anche Lissone divenisse una città libera e democratica.

 

Il nuovo monumento alla memoria dei quattro partigiani lissonesi


Il nuovo monumento consiste di un elemento verticale in pietra e cristallo recante i nomi dei partigiani. Il nuovo monumento intende rappresentare la lotta per la libertà e il dovere della memoria.


 

 

E come potevamo noi cantare,

con il piede straniero sopra il cuore,

fra i morti abbandonati nelle piazze,

sull’erba dura di ghiaccio, al lamento

d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lieti al triste vento.

(Salvatore Quasimodo) 


 La ricostituzione della Sezione A.N.P.I. di Lissone

Martedì 19 Aprile 2005, in occasione del 60.mo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, della liberazione del nostro Paese dall’occupazione nazista e della fine definitiva del regime fascista, si è ricostituita a Lissone la sezione dell'ANPI. La sede è in Piazza Cavour 3.

La Sezione A.N.P.I. di Lissone è intitolata a Giovanni Emilio Diligenti.

Giovanni Emilio Diligenti, entrato giovanissimo nel mondo del lavoro, aveva aderito subito al movimento antifascista e, dopo l’8 settembre 1943, con il fratello Aldo ed altri giovani compagni monzesi e brianzoli, era entrato nella Resistenza iniziando la lotta armata sulle montagne del Lecchese, del Comasco e del Varesotto. Partecipò, tra l’altro, ad azioni quali gli attacchi contro la centrale elettrica di Trezzo d’Adda e l’aeroporto di Arcore.

Alla fine della guerra, smessi i panni del partigiano, cominciò subito la sua attività come segretario della Camera del Lavoro di Lissone e dopo qualche tempo fu eletto Consigliere Comunale della nostra città. In seguito fu Consigliere Provinciale e quindi Assessore. Nel 1981 fu premiato dalla Provincia di Milano con il premio Isimbardi per aver “costantemente lottato per la progressiva attuazione degli ideali di giustizia sociale, unendo alle capacità di iniziativa dinamica e realizzatrice, l’interesse per la storia della Brianza”. Emilio Diligenti ci ha lasciato un importante libro sulla storia del nostro territorio, scritto con l’amico giornalista Alfredo Pozzi, dal titolo “La Brianza in un secolo di storia italiana (1848-1945).

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25 aprile 2009

23 Avril 2009 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

“Al vostro fianco, tra voi sempre senza che voi lo sappiate, degli uomini lottano e muoiono gli uomini della lotta clandestina per la Liberazione. Questi uomini, fucilati, arrestati, torturati, lontani sempre dalle loro case, separati spesso dalle loro famiglie, combattenti senza uniformi e senza stendardi, reggimenti senza bandiere, i cui sacrifici e le cui battaglie  non vengono scritte con lettere d’oro negli annali, ma solamente nella memoria fraterna e dolorosa di coloro che sopravvivono.

La gloria è come una nave dove non si muore solamente a cielo aperto ma anche nell’oscurità patetica degli scafi. È così che muoiono gli uomini della lotta clandestina. Rendiamogli onore.”

messaggio ai Francesi di Pierre Brossolette, dai microfoni della BBC, il 22 settembre 1942

 


La Resistenza per i Francesi

“La Resistenza occupa un posto a parte nella nostra memoria collettiva. Più che un avvenimento la Resistenza si è trasformata in un mito fondante che ha dato alla Francia i suoi valori e ai Francesi un’immagine idealizzata di loro stessi.

Da pagina di storia, la Resistenza è diventata una “memoria collettiva” che struttura ancora l’immaginario del Paese.

L’essenza della Resistenza è stata una reazione patriottica che è nello stesso tempo un atto di guerra e una difesa dell’Uomo. Un rifiuto, una reazione che sono anche un progetto di società. Il suo messaggio supera l’avvenimento da dove ha avuto origine. È  universale e atemporale. Ogni generazione può farlo suo. Ogni Paese può adottarlo come modello.

Riflesso di un tempo particolare, la Resistenza è anche di tutti i tempi”.

Robert Belot, professore universitario

 



Cosi' si festeggiava a Lissone l'anniversario della Liberazione dell'Italia dall'occupazione nazista e dal regime fascista.


 

 

manifesto del 25 aprile 1970


 

25 APRILE 1945 - 25 APRILE 2009

Difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana nata dalla Resistenza contro ogni tentativo di snaturarla, di svuotarla, di svilirla.

“La Costituzione è un testamento, un testamento di 100mila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.

Queste parole di Piero Calamandrei, uno dei Padri della Patria sono tremendamente attuali. La Costituzione è minacciata sempre più da pericolosi segnali di ostilità ignorando così la storia con assurde proposte di parificazione tra chi ha combattuto ed è stato ucciso per la libertà e chi ha collaborato con l’occupante. Da qui la necessità di respingere con fermezza tutti i tentativi di chi vuole reciderne le radici che la legano alla Resistenza, alla lotta partigiana, alla guerra di Liberazione nazionale.

Gli Italiani tutti hanno pagato un prezzo altissimo per la conquista della libertà che oggi 25 aprile celebriamo. In questo dolore, in questa lotta e in questo sacrificio affondano le loro radici la nostra Repubblica e la nostra Costituzione che la storia chiama tutti a riconoscere come matrice della nostra comunità nazionale.


Confederazione Italiana fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane

Fondazione Corpo Volontari della Libertà (CVL)

Comitato Permanente Antifascista contro il Terrorismo  per la Difesa dell’Ordine Repubblicano

Comitato Promotore Celebrazioni Anniversario della Liberazione

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La Lissone della fine degli anni ‘30 vista da un gerarca fascista

20 Mars 2009 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

Quanto è costata la "Casa del fascio" di Lissone, l'attuale Palazzo Terragni?
I conti poco chiari del segretario del fascio di Lissone Luciano Mori.

Lissone, correva l’anno 1939.

 

Il paese contava poco più di 15.000 abitanti.

  

  

  

Il federale Luciano Mori fa un’ampia relazione (che riportiamo integralmente) sullo stato del fascismo nel paese.

Ricorda i caduti lissonesi per la conquista dell’Impero e nella guerra di Spagna al fianco di Franco.

Passa poi in rassegna le attività dei vari enti (Patronato Scolastico, E.C.A. , Dopolavoro), associazioni (Famiglia Artistica, Pro Lissone) operanti sul territorio; fornisce dati sulla consistenza numerica delle organizzazioni fasciste quali il Fascio Femminile, Fascio di Combattimento, la Gioventù Italiana del Littorio (occorre tener conto che le adesioni non sempre erano volontarie).

Si sofferma poi sulla erigenda “Casa del fascio (l’attuale Palazzo Terragni): i conti non tornano, tanto che chiede agli abitanti una nuova prova della loro fedeltà verso la Causa della Rivoluzione”. Per questo cerca di blandire i Lissonesi:

“In questa plaga dove la capacità produttiva si fonde con la generosità che tutta, risente del magnifico impulso che il clima della rivoluzione hanno impresso alla vita del paese, non mancheranno i fondi a garantire la definizione di questa aspirazione, che coronerà i voti di tutta la popolazione Lissonese”.


Anno 1939: Relazione del segretario del fascio di Lissone, Luciano Mori


"Lissone ha vissuto un anno intenso di attività. L'anno XVI è stato laborioso di opere e di realizzazioni, denso di azione fattiva in tutti i campi, complesso di manifestazioni ed ha seguito con progressione costante le direttive del Fascio Primogenito per la vigile serena affermazione della nostra Fede e per il potenziamento della nostra missione e del nostro Credo Fascista.

La rassegna di queste attività, che costituiscono il fervido tributo delle spirituali forze, che animano i dirigenti del Fascio di Lissone, comprende anzitutto un notevolissimo aumento di iscrizioni, dovute al tesseramento dei Reduci dell'A.O.I., che hanno portato gl'inscritti al numero di 510 invece dei 399 dell'anno XV. Ricordiamo commossi gli Eroi caduti nell'esaltazione della Missione Fascista e per l'Impero: i camerati Ettore Colzani, Francesco Pennati e Giovanni Dorigo: Quest'ultimo nobilissima figura ed animo ardente di Italiano e di Fascista, . sempre primo fra i primi, ha trovato la morte gloriosa sull'Ebro, dove agonizza negli ultimi conati la ferocia rossa. Agli Eroi indimenticabili il grido della passione nostra ed il nostro saluto reverente.

Nei campo assistenziale, la Commissione di Assistenza Legale del Fascio, in collaborazione con il locale E.C.A. ha dato il proprio gratuito ausilio per la risoluzione pacifica di 50 sfratti e di 39 controversie varie.

Nel settore Dopolavoristico, che è di particolare interesse per tutta la cittadinanza Lissonese, nella quale la massa operaia rappresenta un buon quarto, che di quest'opera educazionale sente il grande soffio spirituale, il prelevamento delle tessere è salito al numero di 3530. I Gruppi Dopolavoristici, regolarmente costituiti, sono dodici, oltre a due Gruppi Aziendali. La situazione contablie di questa importante istituzione può essere compendiata nelle seguenti cifre: Entrata Lire 54.734, Uscita Lire 53.683,60, Residuo in Attivo Lire 1.051.

Il Dopolavoro Comunale ha partecipato alla Giornata della Neve, al Raduno Mondiale dell'O.N.D. a Como, con oltre mille partecipanti ed ha organizzato una gita di pellegrinaggio a Predappio comprendente 1.100 Dopolavoristi. Quest’ultima affermazione di fedeltà resterà imperitura nell' animo'dei Lissonesi.

Nel settore Educazionale, la Famiglia Artistica, vivida e fervida istituzone, che assolve un compito altissimo, ha organizzato Quattro Concerti, Due Conferenze, Sette Recite, Tre Gite, una Mostra d'Arte Professionisti e una per Dopolavoristi. Desideriamo notare la notevole gara di emulazione tra i Presidenti dei Gruppi Dopolavoristi per rendere vivi e tangibili i risultati di tutte le manifestazioni organizzate e predisposte dal Dopolavoro Comunale.

Anche le attività della sempre viva ed efficiente PRO LISSONE, sono da ricordare con grande lode. Essa ha partecipato a vari concorsi ginnastici, con squadre Maschili e Femminili, mostrandosi degna dell sua gloriosa tradizione.

Il Fascio Femminile ha segnato un incremento numerico considerevole. Le Camerate Inscritte si suddividono in 152 Donne Fasciste, 475 della Sezione Operaie e di 600 Massaie Rurali. La collaborazione assistenziale di questa Sezione è stata generosamente notevole, sia per la distribuzione di indumenti vari e corredini, che hanno raggiunto il numero di 1.185, sia con la disinteressata, prodiga e fraterna cooperazione in quei casi ove l'apporto di personale assi stenza era necessario.

Riportiamo qui appresso le cifre della situazione contabile del Fascio di Combattimento, che danno una idea chiara delle attività di questo Ente: Entrata Lire 134.395,65; Uscita lire 142.232,30; Residuo Attivo lire 1.063,35.

Si deve alla vigile e costante assistenza dell'Ispettore Federale Amministrativo ed al Revisore dei Conti ed al Segretario Amministrativo la giusta limitazione delle spese, che sono state contenute nello strettamente necessario, mantenendo il regolare svolgimento della gestione e non ledendo il suo fabbisogno indispensabile.

La Gioventù Italiana del Littorio, tanto cara al cuore del Duce, è stata particolarmente curata, perchè potesse svolgere regolarmente tutte quelle attività tendenti a sviluppare ed a formare nei giovani quella coscienza fascista, che cosiltuisce la garanzia della futura continuità della Rivoluzione Fascista. L'inquadramento di questa importante Branca è la seguente: Figli e Figlie della Lupa 772; Piccole Italiane 625; Balilla 530; Giovani Italiane 156; Giovani Fasciste 233; Avanguardisti inscritti 848; Regolarmente Tesserati 350; Giovani Fascisti 344. Questa gioventù, cresciuta sotto il Segno del Littorio, rappresenta una speranza ed una certezza-insieme. Nulla è stato trascurato e nulla sarà trascurato perchè essa possa rappresentare una potente ed armonica entità pronta agli ordini del Capo per le future immancabili conquiste dell’idea fascista.

Anche il Patronato Scolastico è stato intensamente attivo. La sua situazione contabile presenta i seguenti dati: Entrata Lire 13.973,90; Uscita Lire 12.411,90; Residuo Attivo Lire 1.562,-

235 Alunni si sono giovati della sua assistenza con una distribuzione di 433 libri di testo e 3.800 tra quaderni e materiale vario. 216 sono stati gli alunni assistiti con la Refezione Scolastica, che ha importato una spesa di Lire 2317. Con l'appoggio, della Podesteria hanno ben funzionato i Ritrovi Giovanili frequentati da oltre 400 Alunni, con una spesa di Lire 4.500.

Intenso e fattivo il movimento delle Colonie. La Colonia Elioterapica del Littorio, anche quest’anno, ha avuto una affluenza grandissima di bambini bisognosi di cure. Le inscrizioni hanno raggiunto un numero rilevante e sono state contenute in un unico turno per un periodo di quaranta giorni. Alle Colonie Marine vennero inviati settantassette bambini ed a quelle Montane venticinque.

La spesa totale per questa opera assistenziale è costata Lire 56.644,10.

Anche la G.I.L. è stata attiva. Ne riportiamo la Situazione Finanziaria: Entrata Lire 193.950; Uscita Lire 192.358; Residuo Attivo Lire 1.591,60. Cifre eloquenti che non hanno bisogno di commenti.

Per la costruenda Casa del Fascio, che ha rappresentato e rappresenta una realizzazione di primo piano, il costante interessamento e l'ausilio della Podesteria e dell’Ispettore di Zona hanno accelerato la risoluzione di molti problemi di carattere tecnico ed economico, apportando un ritmo più celere al progressivo e graduale lavoro di esecuzione delle opere di questa costruzione.
 
Senza entrare in merito di una dettagliata esposizione delle vicende dei problemi affrontati
e risolti, che oggi hanno solo. il valore di un ricordo, ci limitiamo a dare un sommario resoconto della situazione Finanziaria attuale:

Entrata: Somme versate da sottoscrittori ed oblatori diversi a tutto il 30-9, Lire 301.945. Incassi effettuati dall'Ufficio Dazi e Consumi Lire 10.809,75 con un Totale di Lire 312.754,75 oltre alla cospicua offerta da parte della Soc Coop. Acqua Potabile degli impiegati di riscaldamento e sanitari. Uscita: per Spese di Costruzione: Versate all'Impresa Balzarini e Bianchi a saldo Stati di Avanzamento lavori a tutt’oggi Lire 150 mila, Versati a diversi per acquisto ferro e materiali Lire 15.825, Versate per Spese Progetti, stipendio Assistenti Lavori e per Spese Varie Lire 41.678,80 con un Totale di Uscite di L. 312.754,75. In Attivo restano Lire 85.250,95 più gli impegni dei diversi sottoscrittori che rappresentano un Totale non ancora versato di Lire 50.490, portando il Residuo Attivo, ad un Totale di Lire 135.740,95.

Per la concretazione di questo problema, in linea puramente preventiva, occorre che tanto i 
Camerati, come i Cittadini Lissonesi, diano una nuova prova della loro fedeltà verso la Causa della Rivoluzione. Il presente programma preconizza la fine dei lavori e l'Inaugurazione della Casa del Fascio per la prossima primavera, ma l'attenimento di questo programma è in relazione alle oblazioni ancora necessarie per sopperire alle necessarie spese che questa importante opera importa. Siamo sicuri che Lissone, come sempre, risponderà degnamente e generosamente. In questa plaga dove la capacità produttiva si fonde con la generosità che tutta, risente del magnifico impulso che il clima della rivoluzione hanno impresso alla vita del paese, non mancheranno i fondi a garantire la definizione di questa aspirazione, che coronerà i voti di tutta la popolazione Lissonese".




 

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la "III Settimana del Mobile lissonese"

20 Mars 2009 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

manifesti della "II Settimana lissonese del Mobile" e della "III Settimana lissonese del Mobile" 
 


Lissone 1938: la pubblicazione (da cui è stato tratto l’articolo seguente) stampata in occasione della “III Settimana del Mobile lissonese”, mostra che durava quindici giorni e che attirava numerosi visitatori (nella seconda settimana lissonese del 1937 i vìsitatorì furono oltre 15 mila), fornisce indicazioni riguardanti la situazione socioeconomica del paese. Anche se i dati, presentati a volte con una certa enfasi tipica del regime fascista, non erano frutto di un vero censimento, danno comunque uno spaccato della realtà artigianale ed industriale lissonese di allora, oltre a mettere in evidenza la laboriosità dei suoi abitanti.

 


“Lissone annovera anche industrie disparate che vanno da quelle meccaniche a quelle dei legni, dalle tessiture ai setifici, dai salumiìfìcì ai calzaturiificl, dalle industrie edili alle industrie particolari dell'arredamento. Ventisei industrie con circa 4000 operai, 400 botteghe artigiane con più di 2000 artieri, uffici legali e tecnici, varie banche, servìzì ferroviari, tranviari e postelegrafonici, costitùiscono l'attrezzatura economica moderna di questa cittadina che, fra l'altro, tiene vive ed integre le risorse tradizionali del costume e del folclore...
  

Si producono mobili per la casa dal tipo più economico  a quelli più lussuosi, e poi mobili per alberghi, per collegi, per pensioni, per banche ed uffici a quelli per ospedali e per case di cura, per negozi, bar, cinema e teatri, per chiese, per gabinetti sperimentali, oltre ad una gamma policroma di mobilietti fantasia, per radio e per grammofoni, e sedie di ogni genere, anche imbottite e tappezzate, mobili in pelle, decorati, intarsìatì, artistici, mobili di ogni tipo e stile dai più moderni a quelli assai pregiati.

Ma un posto prevalente nella caratteristica industriale lìssonese vi è anche nella produzione delle impiallacciature che merìtatamente occupano il primo rango nel mercato europeo e poi in quella dei legni compensati il cui mercato a giusta ragione deve considerarsi il primo in Italia ed uno dei più reputati d'Europa. Nelle impiallacciature tutti i tipi di essenze vengono prodotte e la loro rinomanza è acquisita dal fatto che i legni lissonesi si diramano oltr’Alpi e oltremare, dall'Europa all’Africa, dal Sud America all'Oriente mediterraneo.

 
L'industria del legno - che da sole assurge a molti milioni di capitale investito - è impegnata anche in altre produzioni e lavorazioni, come i segati, i trancìatì, la cui importanza mercantile se giunge al seguito di quelle attinenti agl'impiallacciati e i compensati, non è peraltro di entità e importanza secondaria.
 

Vi sono infine altre attività, talvolta a caratteristica artigianale, che completano il quadro comparativo dell'industria del legno e dei mobili. Intendiamo riferirci a quelle lavorazioni particolari che si occupano dei serramentì, delle persiane, delle stuoie, dei banchi per falegnami, degli attrezzi e degli utensìlì diversi, degli articoli torniti e tecnici, degli imballaggi, ecc.

Si producono inoltre specchi e cristalli, marmi lavorati sia per mobili, sia per l'edilizia, sia ornamentali: stoffe per mobili, passamanerie ed altri tessuti, tappeti di lana; coperte, mobili e serramenti di ferro: ferri battuti; serrature, molle, chiodi, punte ed altre minuterie metalliche: bronzi fusi, molle d'acciaio e tutti quegli articoli che sono accessori per l'industria del legno, dell'automobilismo, dell'industria tessile e dell'agricoltura.

Tutto questo complesso dì attività che vede schierate 12 industrie addette alla lavorazione del legno, ben 118 stabilimenti per la produzione del mobilio, 8 industrie meccanìche, 6 opifici tessili, impegna circa il 44 % della popolazione.

Quest'anno, infatti, le caratteristiche della Mostra appariranno migliorate, sia dal lato tecnico da dal lato dello schieramento dei prodotti. La S. A. ALECTA ha cortesemente messo a disposizione del Comitato organizzatore un vasto salone lungo 700 metri e largo 25 dove l'esposizione sarà suddivisa nelle sue tre sezioni fondamentali: la Mostra del Mobile che occuperà circa 16 mila metri quadrati, la Mostra del Legno che ne occuperà più di 400. La restante area sarà impegnatà per la Mostra dell' Arredamento, per i prodotti dell'artigianato e per la Mostra dell'Arte.

Anche quest'anno gli espositori assommeranno ad una sessantina.”

   

tratto dalla pubblicazione curata per la "III Settimana lissonese del Mobileanno 1938



manifesto per l'inaugurazione della "IV Settimana lissonese del Mobile" anno 1939
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Lissone: correva l'anno 1939

20 Mars 2009 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

Così Lissone veniva descritta in un articolo contenuto nella monografia stampata in occasione dell’inaugurazione della “Casa del Fascio”, l’attuale Palazzo Terragni.

Si noti lo stile roboante e ampolloso, tipico del regime fascista.

 

undefined «In quest'ultimo decennio, Lissone ha mutato volto. Sono bastati due lustri di vita fascista perché un soffio di nuova vita percorresse l'industre cittadina e nuove opere sorgessero ad attestare l'operosità ormai indiscussa dei Lissonesi, lavoratori appassionati devoti alla loro terra.

Ma mentre le parole volano, sono le Opere espresse nel marmo e nella pietra che rimangono ad attestare la Civiltà, il lavoro fecondo e produttivo, l'amore vivissimo al Paese. È indiscutibile il fatto che Lissone, pure avendo un complesso di una ventina di migliaia di abitanti, ha onorato concisamente con il suo lavoro, la Patria.

È questo anzitutto, un merito delle gerarchie locali che han voluto e saputo dare un volto nuovo alla industre Cittadina. In queste pagine dimostrative della Rinnovata Lissone ci accingiamo ad illustrare le Opere migliori, che danno lustro alla Città, la quale nel suo aspetto nuovo e ridente, è certo da annoverarsi tra le più graziose e interessanti della Lombardia. 

Molte sono le Opere di carattere pubblico condotte a termine in questi ultimi tempi, è fra queste la Casa del Fascio, di cui più avanti parliamo ampiamente; opera di moderna architettura, ariosa, lineare, tutta luce che irrompe attraverso le grandi finestre dai tersi cristalli, costruzione modernissima che il valente architetto Terragni di Como ha saputo erigere, affermandola come una delle più moderne e maestose Case del Fascio che siano state sino ad oggi costruite.


 

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Il nuovo Asilo Infantile testé realizzato è un'Opera di grande rilievo.


Questo magnifico Edificio, eretto per volere ed a totale spesa del Comm. Cagnola, da otto anni degno Podestà del comune, per solennizzare la fatidica data della fondazione dell'Impero, costituisce un'altra fra le tante altruistiche Opere di bene.

Ossequiente al Motto Mussoliniano «Andare verso il Popolo» con simpatico gesto veramente fascista il Cagnola volle offrirlo alla popolazione per i suoi figli, gemme della nuova vita di questa operosa Cittadina. Ed è con tale donazione che si è iniziato l'effettuazione della Scuola Materna, che giusta la Carta della Scuola, disciplina ed educa le prime manifestazioni dell'intelligenza e del carattere.

Un'altra opera analoga e pur di grande rilievo è la «Casa di Riposo» costruita a spese del Cav. Oreste Agostoni, industriale Lissonese, ed essa pure donata con nobilissimo slancio, onorando con tale munifico atto, la venerata memoria dei propri genitori, ai quali s'intitola l'ospizio.

 

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Questo accogliente Edificio è una sontuosa costruzione costituita da un fabbricato di 3 piani, (di cui uno seminterrato) con 35 vani, tutti disimpegnati da corridoi, collegata all'Ospedale della Carità, situata nel centro di un parco stupendamente alberato, invitante al riposo e in essa possono essere ospitati un centinaio di persone.

Una deliziosa chiesetta di puro stile 900, armoniosa, invitante al raccoglimento e alla preghiera, in un'oasi di penombre suggestive ispiranti alla meditazione si trova nell'interno dell'edificio stesso. Essa viene a completarlo perché i vecchi e i minorati amano rivolgersi a Dio, nella pace solenne del Tempio.

Quest'ultima è dovuta agli Industriali Fratelli Malberti, con gesto altamente significativo, venne poi donata all'Ospizio stesso, del quale come abbiamo detto fa ormai parte integrante.

Lissone conta anche un magnifico Ospedale così detto della Carità; ha una capienza di 70 letti, praticamente disposti in camere ariose e igieniche.

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In tale occasione, ci piace ricordare un encomiabile gesto del defunto dotto Riva Mauro, che nel proprio testamento elargì una cospicua somma all'Ospedale.

Alla Presidenza di questa Istituzione di Carità è il Cav. Uff. E. Paleari, classico nome della vita lissonese.

Il Campo sportivo misura ben 20.000 metri quadrati e possiede tribune in cemento armato tutte coperte.
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La sistemazione della Piazza Vittorio Emanuele III e di Via Assunta, la sistemazione e l'adattamento e l’impianto con riscaldamento dei locali adibiti al consultorio dell'O.N.M.l.; l’acquisto del terreno per allargamento della strada vicinale corrente lungo la via Ferroviaria. La sistemazione di tronchi stradali Monza-Lissone e Lissone-Muggiò; sono essi pure opere necessarie effettuale dal Comune.

Ma non sono qui tutte, chè un grande fervore si è impadronito della nostra cittadina. Noi vedemmo l’ampliamento della illuminazione pubblica, un perfetto impianto di distribuzione del gas, la sistemazione della via Milano, e oltre a questo, come se non bastasse, ecco il Comune profondere contributi per la costruzione del canale di Bonifica alto Lambro principale e secondario, e assumersi la spesa per lavori aggiuntivi di canalizzazione interna (fognatura) e quella per la demolizione della vecchia chiesa parrocchiale, per la conseguente sistemazione della Piazza Vittorio Emanuele III, ecc.

Ma non basta. V’ha la sistemazione delle principali vie interne con pavimentazione permanente (Via Sant'Antonio e Loreto, Via SS. Pietro e Paolo, Via Como, Via Madonna e Via Paradiso e Garibaldi), un acquisto di area per la costruzione di un edificio scolastico previa approvazione di un progetto di costruzione di un edificio da adibire al nobile scopo dell’Educazione dei figli del Popolo: opera che è in via di attuazione e la cui spesa in bilancio preventivata sorpasserà 2.500.000 lire. Oltre a questo, ecco il Comune concedere un contributo per l’estensione dell’impianto di acqua potabile alle frazioni Bini Aliprandi e Santa Margherita; affinché l’acqua venisse distribuita in tutta la Città e nelle frazioni limitrofe.

Recentemente richieste dalle continue esigenze di carattere igienico morale dell’industria cittadina, vi sono altre opere interessanti. Importante fra queste un acquisto di terreno per l’ampliamento del cimitero Comunale, doveroso omaggio alle spoglie mortali dei Cittadini che nell’eterno riposo, sotto le ricordevoli marmoree stele, trovano un giusto premio alla loro vita operosa, spesa a pro’ della Comunità Lissonese, intenta solo alla perfezione, alle opere industri, e di bene.

Questa è Lissone moderna: esempio a tante altre piccole e grandi Città; poiché il sentimento animatore degli Italiani d’oggi è l’amore alla propria terra e il desiderio di renderla sempre più grande, più bella, più rispettata nel mondo». (Federico Lubrano)

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La Casa del Fascio di Lissone

26 Décembre 2008 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

Nel novembre del 1922 si era costituita a Lissone la sezione locale del Fascio nazionale di combattimento. 
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inaugurazione del gagliardetto del Fascio di Lissone

Nelle elezioni politiche dell’aprile 1924, il Listone di Mussolini, capo del Governo, che su scala nazionale aveva avuto una media del 60% dei votanti, scesa al 18,7 % in Brianza, a Lissone con 307 voti (pari al 13,2 %) aveva ottenuto il peggiore dei risultati elettorali d’Italia.
undefinedrisultati delle elezioni a Lissone

Per il Duce fu una sconfitta bruciante, simboleggiata dal fatto che Mussolini ebbe 5460 preferenze contro le 10.000 di Grandi e le quasi 9.000 di Angelo Mauri; il deputato ex-popolare Cavazzoni, che aveva appoggiato il fascismo, ebbe 267 voti. 


Allora la furia di Mussolini si era abbattuta sulla Brianza.

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manifesto di minaccia dei fascisti di Monza e circondario

Fu emesso il seguente manifesto:

"Fascisti! Il popolo ha già sofferto abbastanza, non lo dobbiamo più picchiare ma compiangere. Bisogna picchiare in alto, colpire i capi, i responsabili della rovina del nostro paese. Fascisti! Se incontrate Riboldi, Reina, Marelli, Grandi, Casanova ecc. picchiateli senza misericordia. Dobbiamo liberare Monza e l'Italia da questo lurido marciume che la infesta. Morte agli indecenti sfruttatori del proletariato ".

I popolari entrarono in possesso dell'ordine scritto di Mussolini con tutti gli obiettivi da colpire, bianchi e rossi; tutti furono avvertiti in tempo e riuscirono a scampare alla successiva ondata di devastazioni.

Una raffica di violenze colpì le istituzioni cattoliche e quelle socialiste. Con l'aiuto di squadre fasciste giunte dalla Bassa milanese e da Milano, solo a Monza furono devastate le sedi de «Il Cittadino» e della Camera del Lavoro, 14 circoli cattolici e 12 socialisti; e nel circondario cooperative, circoli e biblioteche di ben 43 paesi subirono la stessa sorte. A Lissone la vendetta fascista si scatenò sull’Osteria della Passeggiata, con danni materiali e percosse ai presenti, e sul circolo della gioventù cattolica San Filippo Neri.

Una seconda ondata di violenze provocò stavolta anche la reazione di papa Pio XI e della Curia milanese, che tuttavia prese le distanze dal Partito Popolare Italiano, mentre le autorità, per evitare incidenti chiudevano tutti i locali cattolici e socialisti.

Con quelle elezioni Mussolini si garantiva una maggioranza blindata di 374 deputati di cui 275 fascisti: era la fine del regime parlamentare; la denuncia dei brogli e delle violenze svolta in Parlamento da Giacomo Matteotti gli costò la vita.


All'inizio degli anni Trenta, il fascismo lissonese iniziò a manifestare la necessità di costruire una Casa del fascio, da collocarsi nella piazza Vittorio Emanuele III. In una nota inviata al podestà, il segretario politico Tosi illustrò con chiarezza i benefici che la costruzione avrebbe comportato per la causa fascista:

“Ella comprende benissimo che col compimento di tale opera sarebbe di gran lunga facilitato il compito alle gerarchie del paese di poter fascistizzare una buona volta la popolazione che si è sempre manifestata repulsiva alle nostre manifestazioni.

La gioventù oggi per la maggior parte è lontana da noi per la propaganda intensa svolta dal clero che offre loro un salone teatro, un cinematografo, un campo sportivo nel giardino dell'oratorio esistente in paese. Il fascio, costretto in pochi locali, non può creare agli stessi giovani uguali ritrovi, e deve lottare ad armi impari e in grandi difficoltà per tenere legata alle nostre organizzazioni la gioventù”.

L’edificazione di una Casa del fascio va inoltre collegata all'esigenza, assai sentita dalle autorità, di disporre di una pubblica piazza situata in posizione centrale dove si sarebbero potute organizzare grandi manifestazioni, così care alla retorica del regime.

Nel corso del 1932 era stata demolita la Curt di Pagan, edificio che sorgeva proprio dietro la chiesa prepositurale.
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La vecchia corte aveva forma quadrangolare ed era provvista di stalle, portici e vani abitativi. Era occupata quasi completamente dalla numerosa famiglia dei Pagani, la cui principale attività era il trasporto dei defunti, anche se all'occorrenza i carri potevano essere utilizzati per la consegna dei mobili.

La demolizione della Curt di Pagan fu il primo passo verso la trasformazione della piazza.

 

L'abbattimento della Curt di Pagan nel '32 e la demolizione della vecchia chiesa iniziata nel '33, 
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con il conseguente recupero di vasti spazi, erano quindi perfettamente funzionali all'idea fascista di piazza. Il luogo dove sarebbe dovuta sorgere la Casa del fascio venne individuato nella parte nord est di piazza Vittorio Emanuele III, costituita da immobili di proprietà di un privato cittadino, Enrico Ornaghi, e da aree di proprietà comunale.
Per poter dare inizio al progetto si rese quindi necessaria l'acquisizione delle aree e l'abbattimento degli edifici su di esse situati. Nel 1935, il comune cedette a titolo gratuito gli immobili di sua proprietà, valore stimato 70.000 lire, alla Federazione dei Fasci provinciale, oltre a donare alla stessa la somma di 30.000 lire per l'acquisto delle proprietà di Ornaghi. La partecipazione del comune alla costruzione dell'opera era considerata dal podestà «un obbligo morale assoluto ... in quanto le funzioni attribuite alle sezioni dei Fasci di combattimento sono di carattere pubblico ed integrano quelle dei comuni».

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Lissone - Piazza Vittorio Emanuele III anno 1935 (da notare la scritta “QUI SORGERÀ LA CASA DEL FASCIO”)

 

La vicenda progettuale vera e propria iniziò solamente tre anni dopo, quando fu bandito un concorso ad inviti. Risultò vincitore il progetto redatto dall'architetto Giuseppe Terragni in collaborazione con Antonio Carminati.

Terragni era un esponente di primo piano del razionalismo italiano e alcuni dei suoi progetti, come il Novocomum e la Casa del fascio di Como, l'avevano reso noto a livello nazionale.

 
in costruzione                                         gerarchi fascisti controllano l'andamento dei lavori

La Casa del fascio di Lissone, ultimata nel 1940, fu il suo ultimo progetto realizzato. Terragni, infatti, morì suicida nel 1943 a Como, segnato dall'esperienza sul fronte russo.

Nella pubblicazione stampata in occasione dell’inaugurazione della Casa del Fascio di Lissone, in un articolo dal titolo “Un’architettura del Partito”, così si esprimeva l’architetto Giuseppe Terragni:

«La Casa del Fascio di Lissone è sorta in un clima di fede operante per volontà di uomini fattivi che del Fascismo esprimono la passione rivoluzionaria e costruttiva. All'italiano nuovo forgiato dall'impeto creativo del Duce corrisponde sul piano delle arti e principalmente dell'architettura - arte sociale per eccellenza - un mondo plastico nuovo.

Il compito suggestivo di noi architetti italiani che abbiamo il privilegio di vivere straordinario periodo dello Storia del nostro Paese che si identifica giorno per giorno nella storia della nuova civiltà europea - inizia il secolo in cui l'Europa sarà fascista o fascistizzata – è quello di collaborare alla preparazione dell'ambiente e alla costruzione della scena nella quale le generazioni costruite dal Fascismo abbiano a muoversi, vivere, lavorare …

… Questa casa del Fascio è testimonianza di una volontà esatta di committenti affiancata a quella altrettanto sicura degli esecutori e di tutto un popolo di lavoratori il quale non ha mancato di dare il suo fervido, spontaneo, generoso consenso alla costruzione della Casa. Dall'Arengo duro, granitico, antiretorico che si stacca dalla scura massa della Torre Lìttoria, questo popolo esemplare attende la parola di fede e di combattimento che il Duce ha promesso di rivolgergli quando presto sarà fra noi».

E l’architetto Carminati così la descrive:

«Nello studio per il Progetto della Casa del Fascio di Lissone, prescelto dal Concorso autorizzato dalla Federazione Provinciale fascista Milanese e dalle Gerarchie locali col Direttorio del Fascio, i progettisti hanno tenuto conto delle diverse funzioni alle quali tale Edificio rappresentativo del Regime doveva soddisfare.

Sede del Partito e delle più importanti organizzazioni del Partito stesso e luogo consacrato all'esaltazione del Sacrificio eroico delle prime squadre d'Azione, centro di raccolta e riunione delle schiere numerose degli iscritti al Partito ed alle organizzazioni giovanili ed a tutte le organizzazioni di categoria.

Le parti essenziali dell'Edificio risultano così definite da tali funzioni predominanti:

1.    Negli ambienti per ufficio distribuiti al piano terreno e primo piano;

2.    Nella Torre Littoria che contiene il Sacrario dei Caduti, e l’Arengario sistemata sul lato sud della fronte su Piazza Vittorio Emanuele;

3.    Nel grande salone per riunioni e teatro dotato di ampi vestiboli, gradinate superiori e sistemato al piano rialzato parallelamente al corpo principale degli uffici.

La fronte principale orientata sud-ovest presenta una balconata, accessibile da tutti gli uffici del primo piano, che protegge dal sole le finestrate corrispondenti a quelli del piano terreno. Tale balconata è staccata dal piano verticale della facciata al fine di stabilire una ventilazione naturale lungo la parete stessa della facciata.

Dalle finestrate tagliate lungo tutta la parete della balconata, risulta visibile la struttura dell' Edificio, formato da una serie di pilastri, che limitano la suddivisione dei vari uffici.

È evidente da questo sistema di chiarezza costruttiva l'interpretazione del concetto Mussoliniano che «il fascismo è una casa di vetro in cui tutti possono guardare»: nessun ingombro del fabbricato, nessuna barriera, nessun ostacolo tra gerarchie politiche e popolo. …

… La Torre Littoria in «pietra di Moltrasio» collegata allato del fabbricato, di fianco allo scalone di onore, da una galleria di accesso al Sacrario.

Porge dall'unica apertura l'Arengario sulla cui testata sta inciso il motto: Credere - Obbedire - Combattere. Nell’interno racchiude il Sacrario dedicato ai morti delle guerre e della rivoluzione. La croce ricavata nel blocco monolitico riassume il valore spirituale di una fede politica confermata col supremo sacrificio della vita. Questo atto di fede, quale monito alle nuove generazioni è stato inciso a carattere lapidario sulla parete di granito al centro dell’ingresso al Sacrario.

undefinedla scritta esistente sulla parete tra la Casa del fascio e la torre


Una scala ricavata nei muri perimetrali porta alla sommità dove, da un terrazzo accessibile, si potrà ammirare dall’alto lo spettacolo delle manifestazioni fasciste. 

Il grande salone per riunioni, e per gli spettacoli teatrali e cinematografici, amplificabile, mediante una grande fila di porte costruite a libro, appositamente ideate, sia per dare una maggiore capienza alla sala stessa, come pure per un completo sfollamento immediato del!'ambiente, offre comodo posto a circa 800 persone, di cui 600 in posti a sedere. Caratteristica del Salone sono le quinte - schemi di sonorità lungo le pareti perimetrali - dei lati maggiori. 
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Dal complesso di questi ambienti, così diversi nella loro funzione, si è potuto concludere un fatto unitario di «nuova Architettura» che può dare vanto alla volontà delle Gerarchie Lissonesi, di aver voluto una «Casa del Fascio» degna del tempo Mussoliniano». Così presentava la sua opera l’architetto Carminati. 
Palazzo-Terragni.jpg  casa-del-fascio.jpg


Fonte:

 Archivi comunali

Archivio Biblioteca di Lissone

“Lissone racconta” a cura di Sergio Missaglia

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Fucilazioni e stragi in Brianza

23 Août 2008 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

Alessandro Pavolini, il segretario del Partito fascista repubblicano, lo aveva detto chiaramente al duce:

È ora di finirla con la politica all' acqua di rose. Occhio per occhio, dente per dente!

Roberto Farinacci, ovvero l'estremismo del fascismo, lo aveva ribadito:

Quando i plotoni d'esecuzione funzioneranno, la gente vedrà che si fa sul serio e rientrerà nella normalità.

Vincenzo Costa, comandante della Brigata nera Aldo Resega, esprimeva così il

proprio parere:

Occorre, secondo questo comando, usare i metodi forti per salvare il salvabile; Nessuna pietà per i ribelli; la deportazione per i renitenti e i favoreggiatori. E ora di usare il bisturi in profondità ...

Il comandante del presidio di Monza, ten. col. Zanuso, calca ancor di più la mano, esprimendosi a proposito della città di Sesto S. Giovanni:

Certo che per la zona di Gorgonzola, Desio, Seregno, Monza, Cernusco è una vera maledizione questo centro industriale totalmente sovversivo! Lì sta veramente il cancro della Lombardia e questa città rossa dovrebbe essere completamente distrutta all' infuori delle industrie, con il sistema germanico. La popolazione maschile deportata in Germania, lasciando sul posto solo donne, vecchi e bambini. Le maestranze dovrebbero essere deportate e sostituite sul posto da altre città d'Italia!

È il viatico per la guerra intestina, pietà l'è morta. Il fascismo repubblichino intende imporsi con gli stessi metodi dei nazisti padroni, con la repressione violenta. La Resistenza non può piegarsi al ricatto del terrore, ne andrebbe della sua stessa sopravvivenza e, d'altronde, i tedeschi e i fascisti non hanno certo aspettato la nascita della ribellione per perpetrare le loro stragi.

Il massacro di Cefalonia, l'eccidio degli ebrei di Meina sul lago Maggiore, la distruzione di Boves, le esecuzioni sommarie al sud, tutte queste atrocità, e molte altre, datano il mese di settembre del '43.

Opporsi con le armi è dunque l'unica via da intraprendere per chi vuole mutare questa triste situazione; combattere per salvarsi, per sfuggire ai bandi,


alle deportazioni, per impedire le razzie delle risorse del paese. Una strada che implica anche il recupero agli occhi del mondo libero, della dignità di un popolo coinvolto in una guerra assurda. L'alternativa è subire il tallone di ferro nazifascista e apparire davanti alla storia, come una nazione immeritevole di qualsiasi riconoscenza nella lotta per il progresso della civiltà.

I fascisti agirono duramente già contro i responsabili di piccoli atti criminali o presunti tali.

Ad Inverigo, il 20 aprile 1944, furono fucilati presso il cimitero cinque giovani (il più vecchio aveva 24 anni) accusati di vari furti in case private.

L'11 giugno a Lissone accade qualcosa di grosso. Due arditi della Legione Muti, Alessio La Cava ed Emanuele Scaglione, in servizio presso il Comune e sempre scatenati alla ricerca di renitenti furono gli obiettivi di un lancio di bombe a mano, uno morì subito, l'altro dopo qualche giorno. Le ricerche fasciste non approdarono a nulla, solo a causa· di una spiata vengono arrestati cinque·partigiani, non è sicuro che siano loro gli autori dell' attentato, ma ormai la guerra è totale, per loro non c'è scampo. Anche in Brianza, da tempo, la via è aperta alle esecuzioni sommarie e agli eccidi.

Dopo qualche giorno d'interrogatori e torture, Pierino Erba e Carlo Parravicini la sera del 16 giugno, sono sospinti brutalmente sulla soglia della Casa del fascio, sono pieni di lividi e incapaci di reggersi in piedi. Davanti a loro, nella piazza centrale del paese, i fascisti'hanno chiamato a raccolta con gli altoparlanti la popolazio­ne, ignara di ciò che doveva accadere, 1'esempio doveva essere chiaro per tutti. Dopo pochi minuti, i due giovani furono fucilati pubblicamente, la piazza si svuotò su­bito per l'orrore, mentre raffiche di mitra venivano esplose in aria. Altri due fermati, Remo Chiusi e Mario Somaschini, furono invece incarcerati e seviziati alla villa Reale a Monza dove, il giorno dopo i loro compagni, subirono la stessa tragica sorte. Solo uno riuscì a scampare, Giuseppe Parravicini, attivista politico, fu trasferito a S. Vittore e poi deportato ad Auschwitz, da dove tornerà miracolosamente vivo.

Verso la fine di quello stesso mese, a Desio si assiste non ad un' esecuzione, ma ad un vero e proprio omicidio. Luigi Biondi, partigiano dell' Atm di Milano, viene prelevato da casa sua in viale Monza a Milano e trucidato nella cittadina brianzola in via Milano.

Il metodo dei rastrellamenti, anche nelle cittadine più piccole, non viene abbandonato dai repubblichini. E ancora il ten. col. Frattini, che guida tutte queste azioni repressive in provincia di Milano, che il4 luglio all'alba, conduce 150 militi della Gnr e 50 squadristi a setacciare Renate e Veduggio. Non si hanno per fortuna incidenti, ma sei renitenti vengono portati via fra la popolazione terrorizzata per l'improyvisa puntata.

E questa della bassa Brianza occidentale, una zona dove in questa estate di fermento partigiano gli atti cruenti sono più frequenti, anche a carico della popolazione innocente.

A Seveso, infatti, il 13 luglio in via Montenero durante un allarme aereo, la ronda della Gnr uccide per la leggerezza di un suo componente, una signora inerme, Antonia Vago. A sparare è stato il milite Paolo Cogliati che è subito trasferito. Un mese dopo viene ucciso in circostanze non chiarite, mentre era di servizio sulla pro­vinciale Saronno-Monza. (42)

Il 31 agosto, a Cesano Maderno, altro fatto drammatico. Una delazione conduce la Gnr e la Brigata nera di Cesano, ad un deposito di armi allestito dai partigiani del luogo. I fascisti perquisiscono così Baruccana, frazione di Seveso, dove rinvengono due rivoltelle, una cassa di dinamite, manifestini antifascisti, 200 tessere annonarie di un comune della periferia milanese e parecchie carte d'identità in bianco. Mentre è in atto il sopralluogo giunge il partigiano Pietro Arienti, che viene immediatamente immobilizzato. Ha indosso due pistole, il suo destino è segnato. Viene caricato su di un camion per trasferirlo alla caserma di Cesano. Pietro non si dà per vinto e salta improvvisamente dal mezzo, un milite se ne avvede e con una scarica lo abbatte, i proiettili vaganti colpiscono anche una donna, Chiara Arienti, uccidendola. Il fratello Candido venne arrestato e picchiato alla caserma di Mombello, poi fu trasferito a Monza e a S. Vittore. Destinato alla deportazione in Germania, durante il viaggio riuscì però a fuggire.

I fascisti applicano in modo esagerato il motto di Pavolini ad Aicurzio, nella Brianza orientale. In questo caso il dente per dente, non è costituito da un uomo per un uomo, ma da un palo della luce, quello abbattuto dalle bombe di Mascetti, per un uomo. Per rappresaglia all' atto di sabotaggio, i fascisti tirano fuori dal carcere l'antifascista monzese Giovanni Bersan e lo impiccano nello stesso luogo dell'attentato. Un'esecuzione avviene anche a Inverigo; due giovani, forse renitenti, non si fermano all' alt di due repubblichini che sparano, uno dei fuggitivi viene ferito, l'altro, catturato, viene fucilato davanti al cimitero.

L'eccidio di Cucciago rimane però l'episodio più grave in quest'estate brianzola di guerra. Il 18 luglio, nel canturino, la polizia fascista è alla caccia di elementi particolarmente attivi nella ribellione; uno degli obiettivi è Cucciago, dove abita Bruno Battocchio, uno dei primi sappisti della zona. Giunti alla casa di questi non pensano a dare degli avvertimenti, non pensano neppure ad entrare, sfondata la porta vi buttano subito all'interno delle bombe a mano uccidendo degli inermi, il ricercato non era nemmeno in casa. Muoiono senza colpe Giovanni Battocchio, fratello di Bruno, la moglie Maria Borghi e Giuseppe Meroni.

 da “La Resistenza in Brianza” di Pietro Arienti Bellavite Editore Missaglia


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Costituiamo un Comitato

21 Juillet 2008 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

La Sezione lissonese dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia chiede all’Amministrazione Comunale che si costituisca a Lissone un COMITATO, con lo scopo di promuovere, unitamente alla Amministrazione Comunale in  particolari momenti di carattere nazionale e locale ed in occasione di ricorrenze storiche, iniziative e manifestazioni diverse. Del Comitato faranno parte le varie Associazioni interessate.

Negli anni ’80 esisteva a Lissone il COMITATO PER LA DIFESA DELLE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE.
Per il 25 aprile 1985  il Comitato pubblicò un documento in cui Angelo Cerizzi, Sindaco e membro del Comitato, scrisse degli APPUNTI SU UOMINI E FATTI DELL' ANTIFASCISMO LISS0NESE, che di seguito riportiamo.

“Questi appunti scaturiscono dalla opportunità di contribuire a riunire e riordinare testimonianze su uomini e fatti di un particolare momento della nostra comunità per arrivare a formulare una pagina di storia dell'antifascismo lissonese. Appunti che vogliono essere, soprattutto per i giovani, un momento di riflessione sui valori basilari della libertà, della democrazia, della giustizia e della solidarietà per cui lottarono, soffrirono e diedero la vita coloro che non accettarono di piegarsi alla dittatura.

E’ un periodo che pur nella sua globalità può essere suddiviso in diverse fasi assumendo ciascuna connotati precisi e diversi.

Così per quanto concerne il periodo che va dall'avvento del fascismo (ottobre 1922) alla sua caduta (25 luglio 1943), devono essere segnalate come figure particolari e fatti significativi del momento:

Vismara Leonardo - nato a Lissone il 18.5.1899, figura di indomabile fede antifascista, costretto all'esilio per le continue vessazioni. Partecipa alla guerra di Spagna nella Brigata Internazionale. Rientra in Italia dopo il 25 luglio 1943 e durante la Resistenza svolge come comandante militare funzioni di collegamento col locale C.L.N

Francesco Mazzilli - Ing. Attilio Gattoni - Carlo Arosio -arrestati verso la fine giugno 1943 ed incarcerati a S. Vittore furono liberati il 26 luglio 1943 subito dopo la caduta del fascismo.

Tra gli antifascisti di vecchia data devono essere ricordati:

Avvoi Ambrogio - Mazzi Attilio - Camnasio Ing. Mario - Consonni Luigi - Donghi Luigi - Foglieni Luigi - Piatti Attilio ed i componenti del Circolo S. Filippo Neri diretti da Don Ennio Bernasconi: pure questi subì vessazioni dai fascisti.

Alcuni episodi meritano di essere segnalati perchè danno l'immagine della situazione locale nel periodo fascista.

Al Circolo San Filippo Neri tocca il battesimo delle iniziative vandalistiche attraverso un tentativo di incendio della sede. La Casa del Popolo dopo aver subito atti di violenza è costretta a chiudere.

Il Circolo di Pro Cultura del Popolo (Biblioteca fondata verso il 1908 e condotta da persone antifasciste) viene obbligato a trasferirsi presso la sede della Sezione Combattenti.

La Trattoria della Passeggiata viene denneggiata perchè ritenuta luogo di incontro di persone non simpatiche al fascismo.

Con il triste 8 settembre 1943 e fino al radioso 25 aprile 1945 la storia d'Italia segna una delle pagine più travagliate e drammatiche: è il momento epico della Resistenza contro la dura occupazione nazifascista ed il contributo dei lissonesi per la riconquista della libertà è degno della generosità che distinguono la nostra gente. Ricordiamo:

Partigiani fucilati dai fascisti e dai nazisti:

Arosio Arturo: fucilato a Sestri Levante per essersi rifiutato di entrare a far parte della Repubblica Sociale Italiana.

Galimberti Ercole:componente delle formazioni partigiane e fucilato dai nazisti a Susa per rappresaglia.

Meroni Attilio: componente delle formazioni partigiane e fucilato a Valdossola.

Guarenti Davide: staffetta fra le squadre partigiane, distributore della stampa clandestina: fucilato a Fossoli.

Erba Pierino - Parravicini Carlo Somaschini Mario – Chiusi Remo: componenti di una squadra della formazione partigiana Garibaldina; a seguito di una cruenta azione nel giugno 1944 contro spietati militi fascisti, furono arrestati - su delazione - e fucilati: i primi due nella piazza principale di Lissone, gli altri a Monza.

 

Morti in campo di concentramento:

Avvoi Ambrogio, operaio deportato a Flossenburg per motivi politici.

Bettega Mario, operaio deportato a Mauthausen per motivi politici.

Colzani Giulio, operaio deportato a Flossenburg per motivi politici.

De Capitani Gianfranco, impiegato deportato a Mauthausen per non aver aderito alle formazioni della R.S.I.

Mazzi Attilio, implacabile antifascista, deportato a Mauthausen.

Parravicini Giuseppe rimpatriato per motivi di salute dal campo di concentramento e poi deceduto per malattia contratta nel campo stesso.

Parravicini Oreste, Perego Francesco

È doveroso segnalare inoltre i nominativi di quei Partigiani, Patrioti e Benemeriti che in misura diversa ed in modi vari hanno dato il loro valido contributo alla lotta per la Liberazione, sia di coloro che hanno avuto l'attestazione della apposita Commissione Riconoscimento Qualifiche Partigiana - Lombardia dell'allora Ministero Assistenza Post Bellica, sia di coloro che parimenti operarono attivamente per il successo, sia infine di coloro che sentirono l'anelito alla Libertà ed aderirono alla Resistenza.

Innanzitutto ricordiamo le seguenti persone per le loro particolari funzioni svolte: Frisoni Agostino - Gelosa Luigi - Cavina Nino, quali componenti del C.L.N. locale, Costa Federico promotore del C.L.N. dal quale poi si dimise sempre comunque svolgendo attività clandestina, Crippa Riccardo comandante militare della Piazza di Lissone, Arosio Angelo (Genola) -Sindaco della Liberazione; quindi i Sigg.:

Casati Erino - Parravicini Giuseppe fu Mario - Perego Franco - Tassinato Tiziano - Vavassori Luigi - Zappa Pierino - Arosio Alfredo - Arosio Giulio (Tan) - Arosio Luigi (American) - Beggio Giovanni - Beretta Alfredo - Besana Celesti no - Brambilla Gerolamo - Carabelli Casimiro - Casati Bruno - Cerizzi Angelo - Cesana Carlo - Colombo Emilio - Colzani Francesco - Colzani Luigi - Crippa Arturo - Crippa Giuseppe - Donghi Giuseppe - Donghi Luciano - Erba Andreina - Erba Natale (Erbet)- Fedeli Lino - Ferrario Isacco - Foglieni Risveglia - Fumagalli Giovanni - Fusi Attilio - Galli Nino - Galimberti Giancarlo - Gelosa Giuseppe - Lambrughi Santino - Meroni Ezio - Meroni Fausto - Meroni Giulio (Tricil) - Molteni Carlo - Muschiato Bruno - Mussi Mario (Griset) - Mutti Celeste - Negrelli Mario - Nespoli Augusto - Parma Anna - Perego Augusto - Pirola Gabriele - Pozzi Alfredo - Pozzi Pierino - Redaelli Attilio ­Riva Augusto - Rovati Carlo - Rovati Giulio - Sala Felice - Sala Mario - Sacchetti Luciano - Scali Edoardo - Sironi Chiara - Terenghi Felice - Tromboni Eugenio - Ziroldi Augusto.

È giusto infine ricordare coloro che dopo l'8 Settembre 1943,. rimasti nell'Italia meridionale, combatterono per la Liberazione dell'Italia nel Reggimento Motorizzato, nei Gruppi di Combattimento nel Corpo Italiano di Liberazione e nei Gruppi di Combattimento: Rovera Massimiliano - Arosio Giuseppe - Galimberti Renzo - Mussi Mario - Rivolta Franco - Sala Giulio - Paltrinieri Bruno - Arosio Ennio.

Per quanto riguarda fatti ed episodi avvenuti in Lissone durante la Resistenza, il più rimarchevole fu senza dubbio quello che ebbe per protagonisti una squadra della S.A.P. per un attentato contro due militi fascisti che più si accanivano nella caccia ai renitenti. I quattro patrioti componenti la formazione furono arrestati a seguito di delazione e - dopo torture - fucilati. La fucilazione avvenne per due di essi nella piazza principale davanti ad una folla incredula e sbigottita che dopo la raffica mortale fuggì terrorizzata.

Il giorno dopo a Monza venivano fucilati gli altri due. Anche Radio Londra nella nota trasmissione "La Voce della Libertà" ricordò il tragico episodio di Lissone esaltando il martirio dei quattro patrioti.

Con riferimento a questo fatto un altro merita di essere segnalato anche per la vasta risonanza che suscitò: nella ricorrenza dei defunti, il 2 novembre 1944: il C.L.N. per onorare la memoria dei quattro patrioti fucilati in giugno, depose sulla loro tomba - durante la notte - una corona di fiori ed un cartoncino tricolore con la scritta "Comitato di Liberazione Alta Italia".

Ci si è limitati a questi episodi: altri ve ne sono, ma il carattere succinto di questi appunti non consente di dilungarsi oltre

Un esempio di impegno e fedeltà nella difesa e nell'affermazione degli ideali e dei valori della Resistenza è stata la costituzione del Comitato per la Difesa delle Istituzioni Democratiche. Infatti in particolari momenti di carattere nazionale e locale ed in occasione di ricorrenze storiche si è fatto promotore, unitamente alla Amministrazione Comunale, di iniziative e manifestazioni diverse.

N.B.: il Comitato è a disposizione per precisazioni ed integrazioni." (Angelo Cerizzi)

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La Resistenza a Lissone (I parte)

15 Juillet 2008 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

A Lissone la Resistenza venne iniziata da pochi coraggiosi, coscienti dei gravi problemi del momento, che per raggiungere gli ideali di una società libera e democratica anteposero alla loro stessa sicurezza personale i rischi della lotta partigiana.

L'organizzazione clandestina, nei suoi diversi aspetti di attività antifascista, si concretò gradatamente, sviluppandosi secondo l'ideologia politica dei promotori ed il loro spirito combattivo individuale, ma comunque nello spirito unitario della Resistenza.

Il 25 luglio 1943 giorno della caduta di Mussolini, un corteo capeggiato da Attilio Mazzi sfilava nel centro del paese manifestando per il nuovo governo legale e rimuoveva dalla casa del fascio l'effige del dittatore. Attilio Mazzi pagherà poi con l'internamento e la morte in un campo di concentramento quel gesto audace contro il regime.
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Con il nuovo governo Badoglio furono liberati dal carcere di San Vittore diversi professionisti e commercianti lissonesi ivi detenuti per il loro noto antifascismo.

L'illusione della ritrovata libertà doveva presto spegnersi negli avvenimenti successivi a quel giorno e dopo l'8 settembre, mentre nel sud liberato dagli alleati la guerra terminava, nel centro-nord iniziava la lotta contro l'oppressione nazi-fascista.

Nella nostra cittadina i partiti democratici, ancora in embrione, iniziavano ciascuno la propria propaganda attraverso le amicizie, la diffusione della stampa clandestina ed i contatti con altre zone. In via Carducci era situato il ritrovo, da quando infuriava la guerra, di un esiguo numero di antifascisti; fra essi si trovava Davide Guarenti, Davide-Guarenti-copie-1.jpg
lodevole per attivismo ed entusiasmo, ignaro della sorte che lo attendeva. Altri che simpatizzavano senza aderire al gruppo ideologico pagarono purtroppo il loro sincero antifascismo con la deportazione nei campi di concentramento e col proprio sacrificio.

Con l'impegnarsi in reciproci contatti dei partiti democratici, nacque ai primi del '44 l'idea di costituire il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) che rimase per qualche mese allo stato di abbozzo data l'insufficiente organizzazione; evidentemente necessitava una maturazione più profonda sia del seguito che ciascun partito diceva di avere, sia dei fini, sia dei mezzi da predisporre per una lotta tanto impari.








                                                                                                                                           (continua)

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