Aldo Mapelli, patriota
23 Septembre 2016 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #storie di lissonesi
Dalla testimonianza di Maurizio Mapelli, figlio di Aldo, e dai documenti del padre da lui gelosamente conservati.
Aldo Mapelli, nasce il 29 giugno 1923 a Besana in Brianza, frazione Calò, proprio davanti alla chiesa dove una volta c’era una cascina ora scomparsa. Figlio di Fermo e di Amabile Corti, Lavora presso la ditta Viganò e Brivio di Via Carotto di Lissone, quando, il 12 gennaio 1943 viene richiamato alle armi.
Dal 15 gennaio 1943 viene inquadrato nella Compagnia mortai del 41° Reggimento di fanteria "Modena" con sede a Imperia.
Dopo un addestramento di cinque mesi, il 4 giugno 1943 viene “spedito” in Grecia.
Il Reggimento di fanteria "Modena" rimase nel 1942/43 dislocato in Albania e Grecia con compiti di presidio. Verrà sciolto in Epiro dopo l’8 settembre 1943 a seguito degli eventi che determinarono l'armistizio.
Aldo si trova al fronte in condizioni che, come scrive nel suo diario, lo obbligavano “a dormire sulla paglia senza cambiarsi e a saltare frequentemente pranzo (e cena...)”.
Fatto prigioniero dai tedeschi, il 9 settembre 1943, con altri suoi commilitoni viene internato nel campo di concentramento di Riesa (città tedesca della Sassonia), controllato dalle SS, dove resta per breve tempo, per essere poi trasferito in una caserma in Boemia (in Cecoslovacchia, non lontano da Praga).
Come scrive nel suo diario Aldo Mapelli, questa nuova destinazione si presenta come un “Paradiso”: cuccette per dormire e pranzi regolari; le precedenti astinenze lo portano a descrivere minutamente i “menù” giornalieri (pane, salame, verdure, patate per lo più …). Ogni sera ricorda i genitori e il fratello Carlo, allora prigioniero negli USA.
Nella ricorrenza della festa di Lissone (il 17 ottobre), lo prende la nostalgia ripensando ai momenti di divertimento trascorsi con gli amici l’anno prima.
La vita nel campo é tranquilla e quasi monotona: pulizie, attendenza al maresciallo tedesco, lezioni sull’uso del fucile, istruzione, indottrinamento, qualche sigaretta, giochi a carte con i commilitoni (cita in particolare il Casati “semper insema”, ma anche Pellegrini, Gazzoni, Gelso di Milano …), e qualche volta un po’ di musica con la fisarmonica.
Vige il divieto di uscire dal campo, neanche per la festa nazionale tedesca (Marcia su Monaco).
Alla vigilia di Natale viene loro concesso il permesso di andare in città per assistere alla proiezione di un film; la serata finisce con una festa che si protrae fino alle ore piccole, a cui partecipano anche soldati tedeschi tra cui il maresciallo Kunze, “ubriaco da far paura”.
Alla baldoria dovrebbe seguire il rientro in Italia “partire per la nostra amata Patria”: queste almeno erano le promesse. E invece:
qui termina il diario e ... racconta il figlio Maurizio:
«Quando si accorsero che il treno non stava andando verso l’Italia ma nella direzione opposta, con alcuni commilitoni riesce a scappare e a rientrare, ...“non si sa come anche se sicuramente c’entra un treno .., in Italia nel 1944».
Dalle dichiarazioni di Aldo Mapelli riportate nel foglio matricolare: «Sono rimasto in Boemia fino a marzo del 1944, poi fuggo e con mezzi di fortuna rientro in Italia».
A Lissone rimane pochi giorni e si deve nascondere. Si “aggrega” a coloro che stanno organizzando la resistenza. Dalla tessera in possesso di Aldo Mapelli, rilasciata dal Comando Militare di Piazza in collegamento con il Comitato di Liberazione di Lissone, risulta facente parte di una delle squadre della 119ma Brigata Garibaldina (documento firmato da Riccardo Crippa, nome di battaglia Ettore).
Dagli archivi lissonesi di storia locale:
Tra i compiti del CLN lissonese vi erano quelli di “organizzare squadre armate di difesa e di intervento”, di agire per “incrementare la lotta partigiana”. I componenti di queste squadre dovevano essere “elementi scelti, che diano prova di saper agire, che siano di provata fede antifascista”. Inoltre, per il loro delicatissimo impiego, dovevano “godere la stima della popolazione per le loro doti di moralità e di onestà”.
Nel verbale del 21 settembre del 1944, vengono date al comandante delle squadre delle direttive ben precise per il momento dell’insurrezione, che si crede ormai prossima: in realtà dovrà intercorrere ancora un lungo inverno. In particolare:
1°) Occupazione della caserma della G.N.R. (n.d.r. Guardia Nazionale Repubblicana, che durante la Repubblica Sociale Italiana aveva sostituito l’arma dei Carabinieri) – Insediamento e punto di ritrovo dei componenti delle squadre;
2°) Organizzazione dei turni di servizio del vettovagliamento;
3°) Occupazione delle aziende pubbliche – gas, luce, acqua; centrale telefonica, magazzino viveri, stazione ferroviaria;
4°) Ordine pubblico
a) evitare disordini, saccheggi, distruzioni di negozi in genere con il fermo di persone sospettate di capeggiare gruppi che abbiano a fomentare disordini per attuare i loro piani criminali;
b) arresto e fermo di persone segnalate nelle liste – loro relegazione e custodia in appositi locali.
Nei giorni della Liberazione lo ritroviamo festante con i compagni davanti all’attuale palazzo Terragni, in quei giorni “Casa del Popolo”, Aldo é il secondo da sinistra
Aldo Mapelli non lascia più Lissone, dove opera come falegname/mobiliere.
Dalla casa di ringhiera di Via Madonna, dove festeggia la nascita del primogenito Maurizio, e con la falegnameria rivolta su piazza Garibaldi, dove ora c’é un ristorante, con la famiglia si trasferisce a Monza, però sempre al confine con Lissone, alla Cascina Crippa, casa natale della moglie Claudina, dove apre un laboratorio di falegnameria e restauro ancora esistente.
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