Mario Bettega
19 Mars 2014 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #storie di lissonesi
Mario Bettega 16/8/1918 19/3/1945 a Mauthausen
Dopo l’8 settembre 1943 la Resistenza armata dei partigiani in montagna e delle SAP, Squadre di Azione Patriottica nelle città, aveva bisogno di armi, che arrivavano attraverso vari canali tra cui le fabbriche di armi, soprattutto dalla Breda.
Nell’autunno 1943, proprio mentre trasportava su un motocarro un carico di armi quasi totalmente trafugato dalla Breda, il monzese Enrico Bracesco fu arrestato e ferito (internato politico quale elemento molto pericoloso e uno degli organizzatori degli scioperi del marzo '43 alla Breda di Sesto S. Giovanni; anche lui finì a Mauthausen e poi a Hartheim da dove non tornò più).
Mario Bettega era un suo compagno di lavoro. Riforniva con qualche pacco di otturatori e caricatori, di provenienza dallo stesso stabilimento sestese, un abile artigiano metalmeccanico lissonese, Luciano Donghi, comunista ed ex operaio della Breda (a lui era stata dedicata la Sezione lissonese dei Democratici di Sinistra), che a sua volta s’ingegnava a riparare armi quando addirittura non le costruiva. Luciano Donghi costruiva anche piccole bombe che richiudeva nelle scatolette per la carne in conserva. Queste “scatole esplosive” venivano custodite in una fabbrica produttrice di carne in scatola (la Montana), nei cui pressi il Donghi aveva il suo laboratorio clandestino.
Mario Bettega era un noto e apprezzato calciatore della ProLissone.
Con le sue conoscenze tra i giovani che frequentavano la società sportiva, svolgeva un gran lavoro per sostenere ed estendere l’attività resistenziale, oltre ad aiutare gli sbandati.
Mario Bettega e Luciano Donghi avevano contatti con il movimento clandestino locale e le SAP, oltre che con i gruppi partigiani della Valsassina e della Valtellina.
Purtroppo Mario Bettega cadde presto nelle mani dei repubblichini, scoperto mentre trasportava un pacco di otturatori e caricatori provenienti dallo stabilimento sestese della Breda, che servivano, come detto, ad alimentare la produzione clandestina del Donghi.
Dal carcere di San Vittore di Milano, nel novembre 1943 in seguito ad atti da sabotaggio della produzione da parte degli operai della ditta Caproni (la Caproni costruiva biplani e triplani da bombardamento), definiti "fatti ostili alle forze germaniche di occupazione", viene deportato.
Come altri antifascisti arrestati, fu trasportato, dentro un vagone piombato, fino a Mauthausen (vicino a Linz, in Austria), campo di punizione e di annientamento attraverso il lavoro, uno dei più terribili lager nazisti, dove i prigionieri dovevano fare fronte a condizioni di detenzione inumane e lavorare come schiavi nelle cave. Gli italiani deportati qui furono più di 8.000. Mario Bettega vi morì, all’età di ventisei anni, il 19 marzo 1945.
LA CANZONE DI DACHAU di Soyfer Yura (traduzione di Franco Fortini).
Reticolati armati di morte
il nostro mondo hanno accerchiato:
martella gelo e sole dannato,
dall'alto, un cielo senza pietà.
Troppo è lontana ogni gioia da noi.
Lontana la Patria, lontane le donne,
quando a migliaia di bigie colonne
muti nell'alba al lavoro si va.
Ma il motto di DACHAU noi lo sappiamo a mente.
Duri come l'acciaio noi si diventerà.
Compagno, sii un uomo.
Compagno, resta umano.
Dura fino alla fine.
Sotto, compagno, dai!
Lavoro è libertà.
Strascica i massi, spingi i carrelli,
non sia mai troppa la pena per te.
Non resta nulla, più nulla non c'è
di quel che eri ai tuoi giorni lontani.
Pianta il piccone, che scava in profondo,
e seppellisci là in fondo il dolore.
Muta te stesso, nel lungo sudore,
in ferro e in sasso, più forte del mondo.
Ma griderà la sirena un mattino:
« In piedi, fuori, per l'ultimo appello! »
Certo, quel giorno, compagno, dovunque
tu sia, per tutti la gioia verrà.
Incontro al sole, dov'è libertà,
colmo di allegro coraggio tu andrai.
E questo nostro lavoro, vedrai,
buono, quel giorno, compagno, sarà ...
Nel 1963, l’Amministrazione Comunale con sindaco Fausto Meroni, ha dedicato a Mario Bettega una via di Lissone.
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