principali provvedimenti legislativi adottati dal fascismo
3 Avril 2011 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #il fascismo
Lo Statuto albertino, nato nel 1848 come Costituzione del regno di Sardegna, divenne nel 1861 la prima Costituzione dell’Italia unita.
Lo Statuto albertino era una costituzione flessibile, cioè poteva essere modificato attraverso delle semplici leggi ordinarie, secondo le esigenze politiche del sovrano e della maggioranza di governo. Proprio questa flessibilità permise ai fascisti di cancellare i diritti previsti dallo Statuto lasciandolo formalmente immutato.
Per comprendere lo svuotamento dello Statuto, è importante ricordare i principali provvedimenti legislativi adottati dal fascismo.
Fine dell’autonomia del Parlamento
Le leggi del 24 dicembre 1925 e del 31 gennaio 1926 sottrassero praticamente il potere legislativo al Parlamento, attribuendolo al potere esecutivo, cioè al capo del Governo (nuova e significativa designazione del presidente del Consiglio): nessuna legge poteva neppure essere presentata in Parlamento senza la preventiva approvazione del Duce. In questo modo il Parlamento veniva privato anche del cosiddetto potere di iniziativa legislativa, cioè della possibilità di presentare dei disegni di legge.
Fine delle autonomie locali
La legge del 4 febbraio 1926 soppresse il sistema elettivo per le amministrazioni comunali e provinciali. I sindaci democraticamente eletti dal popolo furono sostituiti dai podestà nominati dal Governo.
Fine della libertà politica e sindacale
Nel 1926 furono sciolti tutti i partiti ad eccezione di quello fascista (Partito Nazionale Fascista); nel medesimo anno venne proibito per legge lo sciopero e gli unici sindacati legalmente riconosciuti divennero quelli fascisti, controllati dal Governo e da Mussolini.
Fine della libertà di stampa
La stampa venne "fascistizzata": i giornali di opposizione furono soppressi o cambiarono di proprietà, adeguandosi alle direttive fasciste. In pratica, venne abolita qualunque libertà di critica.
Fine delle libertà personali
La legge del 25 novembre '1926 reintrodusse la pena di morte per i reati contro la sicurezza dello Stato e istituì il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, un formidabile strumento di repressione del dissenso politico.
Come ci ricorda Emilio Gentile (Fascismo, Storia e interpretazione, Bari, Laterza, 2002), tra il1918 e il 1943, il Tribunale speciale giudicò 5.319 imputati di cui 5155 furono condannati per un totale di 27.735 anni di prigione, fra cui 7 condanne all'ergastolo. Circa 15 mila italiani fra il 1926 e il 1943, furono inviati al "confino", in paesi lontani dalla loro abituale abitazione.
Fine del diritto di voto
La legge del 17 maggio 1928 stravolse di fatto il sistema parlamentare e il diritto di voto venne trasformato in una vera e propria farsa. Fu infatti attribuito alle autorità fasciste, precisamente al Gran Consiglio del fascismo il compito di predisporre la lista dei candidati alle elezioni della Camera. Gli elettori potevano soltanto approvarla o respingerla in blocco. Tra l'altro il voto non era segreto, in quanto la scheda del sì era tricolore, quella del no era bianca.
Il razzismo
Il 17 novembre 1938 furono approvate le leggi razziali.
Come dice Gentile:
“Dal 1938, l'Italia divenne ufficialmente uno Stato antisemita, gli ebrei italiani, circa 50 mila, furono discriminati e messi al bando dalle istituzioni statali, dalla scuola e dalla vita pubblica. Anche se l'antisemitismo fascista non produsse i risultati più orridi dell’antisemitismo nazista, la discriminazione fu comunque la premessa per una più spietata persecuzione, quale fu messa in pratica più tardi nella Repubblica sociale”.
Fine del parlamentarismo
Nel 1938 la Camera dei deputati fu soppressa e sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni, una Camera non elettiva, formata da membri fedeli del regime e incaricata soltanto di "collaborare" col Governo alla formazione delle leggi.
Queste misure avevano trasformato l'Italia liberale disegnata dallo Statuto albertino in un vero e proprio Stato totalitario: dittatura personale del Duce, partito unico, repressione poliziesca del dissenso politico, limitazione e cancellazione dei diritti civili, controllo totale e monopolistico dei mezzi di informazione utilizzati a scopo di propaganda, ne costituivano gli ingredienti fondamentali. Del resto, il carattere antiliberale e, naturalmente, antisocialista del fascismo fu rivendicato dai fascisti stessi.
Bibliografia:
Mauro Albera e Giovanni Missaglia - “Professione Cittadino” - Ed. Hoepli 2008
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