1942: in provincia di Milano le donne protestano
18 Janvier 2008 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana
L’1 marzo 1942 (secondo anno di guerra) in Italia viene ridotta la razione di pane a 150 grammi pro capite.
Il tesseramento del pane porta quasi immediatamente alla quasi totale sparizione dal mercato della farina. Quello che avviene per la farina, si era già verificato per gli altri generi razionati: pasta, riso, farina di granoturco, carni, uova, grassi, zucchero.
Il razionamento tendeva a coprire una parte del fabbisogno, assicurando mediamente poco più di 1000 calorie giornaliere. Per arrivare a circa 2000 calorie la popolazione non poteva fare altro che ricorrere al mercato nero.
L’aumento dei prezzi dei generi alimentari reperibili al mercato nero era talmente consistente da risultare spesso proibitivo per le famiglie operaie e quelle a redito fisso.
Gli operai reggono con difficoltà la fatica di dieci ore di lavoro al giorno con la malnutrizione determinata dal razionamento.
Nella provincia di Milano, dal febbraio al settembre 1942, si susseguono manifestazioni di protesta che coinvolgono gruppi di donne abbastanza numerosi presso municipi e case del fascio. La vita delle operaie è dura: la paga è di gran lunga inferiore a quella degli uomini e il lavoro in fabbrica è spesso pesante, tuttavia, esse possono contare sulla sicurezza di un salario, anche se, finito il turno di lavoro, ritornano ad essere casalinghe, che si devono improvvisare sarte per adattare abiti usati e trarne cappotti, gonne e pantaloni per i ragazzi; devono diventare magliaie, disfare vecchie maglie e golf per trasformarli in sciarpe, calze, golfini. Con il salario o lo stipendio del marito, se c’è, se non è in guerra, bisogna comperare al mercato nero i generi alimentari per integrare le misere razioni distribuite con le tessere. Ogni giorno bisogna “inventare” una minestra o qualche altro piatto se la pasta o il riso tesserati sono finiti. Ma se manca la legna o il carbone da mettere sulla stufa, come si può cucinare un pasto caldo?
Da documenti conservati nell’Archivio di Stato di Milano (sono degli esposti che arrivano al prefetto dai diversi comuni della provincia) risulta che tra le prime manifestazioni di protesta, attuate nel marzo 1942, vi è quella attuata da operaie lissonesi: il 30 marzo, 40 operaie delle officine meccaniche Cesare Bosi di Via Piave, alle 8 del mattino, non riprendono il lavoro “in segno di protesta per l’esigua paga loro corrisposta”. È il rapporto dei Carabinieri di Desio che spiega le ragioni dello sciopero, sciopero che dura fino alle 14, quando “autorità locali e segretario del sindacato sono riusciti modificare l’atteggiamento delle operaie”. Il rapporto dei Carabinieri al prefetto non spiega in che modo le autorità abbiano convinto le donne a riprendere il lavoro ma rassicura, come sempre, al ritorno alla normalità dell’ordine pubblico e sull’attenta vigilanza, predisposta dai carabinieri si suppone, in fabbrica. (AS Milano, Pref., II vers, cart. 243)
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