Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

La Resistenza a Lissone (VII parte)

15 Juillet 2008 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #pagine di storia locale

Grande impegno richiedeva anche la scrupolosa preparazione dei quadri dirigenti dell'amministrazione comunale che nell'immediato periodo post insurrezionale avrebbe dovuto assumere la direzione del paese. A parte la difficoltà di trovare gli uomini, che, dopo una mancanza ventennale di democrazia, potessero degnamente rappresentare tutta la popolazione, si trattava di stabilire l'equa rappresentanza dei partiti nel Consiglio Comunale e soprattutto fissare a quale partito dovesse appartenere il Sindaco.

Nei primi mesi del 1945 gli incontri clandestini divennero numerosi. Quelli che avvenivano fra persone notoriamente aderenti ad ideologie contrastanti non potevano non sollevare sospetti e dovevano effettuarsi con molta cautela: diverse riunioni si svolsero così sulle panchine della stazione di Monza o del piazzale prospiciente la stessa come fra persone in attesa del treno. Le riunioni invece del CLN avvenivano, specie durante la stagione invernale, in casa di Volfango, la quale offriva, in caso di pericolo, la possibilità di eclissarsi attraverso i tetti.

L'attività relativa alla ricerca di armi e per i collegamenti militari veniva affidata dai singoli partiti del CLN ad un loro incaricato che si metteva in contatto con il comandante politico della 119a Brigata Garibaldina nella persona del geometra Riccardo Crippa (Ettore).

Nonostante tutte le precauzioni e le cautele con cui si agiva, proprio nei giorni precedenti la Liberazione si verificò un episodio che portò un certo scompiglio fra tutti i responsabili del movimento clandestino.

La delazione ai danni di due patrioti delle SAP portò anche all'arresto di una loro zia la notte del 19 aprile. Furono trovate oltre ad una pistola, una lista di patrioti con i rispettivi incarichi per la imminente insurrezione: furono tutti immediatamente arrestati. Tradotti alla Villa Reale di Monza furono divisi per interrogarli. I primi arrestati con la zia furono malmenati, addentati da cani aizzati dagli aguzzini, bastonati per ottenere una confessione. Gli altri subirono pure tormenti e vessazioni. Furono tutti avvertiti che li aspettava la fucilazione in piazza a Muggiò quale rappresaglia per l'uccisione di un sottufficiale tedesco. L'attesa divenne spasimo in quel precipitare di eventi. L'incertezza che in quegli sgherri prevalesse la ferocia all'istinto di conservazione - cioè la fuga - provocava in loro una tortura troppo difficile da descrivere se non da chi la sofferse. Per quell'arresto Lissone avrebbe potuto piangere un altro gruppo di fucilati.





                                                                                                                                                                                               (continua)

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