Omaggio ad Angelo Cerizzi
“La libertà e la democrazia non sono conquiste definitive ma si costruiscono e si devono difendere ogni giorno”
Angelo Cerizzi , Sindaco di Lissone dal 1975 al 1985
Con la seguente motivazione fu insignito nel 1985, nella Giornata della Riconoscenza, del prestigioso riconoscimento del Premio Isimbardi, istituito dalla Provincia di Milano.
“Partecipa giovanissimo alla Resistenza, animatore politico e sociale, è stato per quasi un quarantennio amministratore di Lissone, come consigliere ed assessore dapprima e, dal 1975 al 1985, come sindaco. Dirigente ed organizzatore esperto, oltre che oculato amministratore, ha profuso il suo impegno anche come promotore ed animatore del movimento cooperativo edilizio, contribuendo in modo determinante alla soluzione del problema abitativo per migliaia di concittadini”
Come rendere omaggio ad Angelo Cerizzi, valido conoscitore della storia del nostro Paese e di quella della nostra città, Sindaco di Lissone, da poco tempo scomparso?
Pubblicare un suo scritto pubblicato nel 1985 in occasione del 40° anniversario della Liberazione, ci è sembrato il modo più consono alla sua personalità di uomo, di politico lissonese e poi di Primo Cittadino.
Nonostante siano trascorsi più di vent’anni dalla sua pubblicazione, nel documento è contenuto un messaggio di straordinaria attualità.
“Si può dire che la volontà di liberare il Paese si manifesti nella stessa giornata di quel drammatico 8 Settembre 1943 allorquando la disastrosa gestione dell'Armistizio fa scattare le Unità Tedesche per l'occupazione della Capitale, di tutti i punti nevralgici del territorio nazionale e per assumere il controllo delle posizioni già presidiati dalle truppe italiane di terra, di mare e dell'aria fuori dai confini nazionali. In Roma a Porta S. Paolo, in Provenza, Corsica, Dalmazia, Albania, Tessaglia, nelle isole lonie e dell'Egeo i reparti italiani si oppongono, combattono, si sacrificano (il ricordo della Divisione Acqui immolatasi a Cefalonia non si spegnerà mai) e si riorganizzano per continuare la lotta contro i nazisti: basti citare la Divisione Garibaldi (formata con reparti delle ex Divisioni Taurinense e Venezia), prima grande unità ricostruita dall'Esercito italiano per la guerra di Liberazione che operò nel Montenegro e la Divisione Italia (composta dai contingenti della Bergamo e Zara) che si battè in Bosnia e Serbia.
Un cenno meriterebbero le azioni di combattimento della Marina e dell'Aviazione ma ci dilungheremmo troppo. La mancanza di precise disposizioni superiori in quell'8 Settembre portò purtroppo anche allo sfaldamento di molti reparti militari e circa 600.000 tra soldati ed ufficiali furono catturati dai tedeschi ed avviati, in vagoni piombati, nei campi di concentramento in Germania ove sopportarono con dignità le sofferenze morali e materiali per non collaborare, respingendo l'allettante prospettiva di un facile ritorno qualora avessero firmato per la repubblica di Salò: solo un effimero 4% complessivo delle forze armate italiane aderì ai continui pressanti inviti della propaganda.
Non dimentichiamo quindi questo aspetto della Resistenza che costò la vita a più di 30.000 internati.
La dichiarazione dell'Armistizio mette in moto in maniera più decisa le forze di resistenza antifascista alla dittatura: i primi nuclei armati della Resistenza nel territorio nazionale si avvalgono dell'apporto dei militari sottrattisi alla cattura e della loro preziosa esperienza tattica ed addestrativa. Le formazioni partigiane diventano sempre più attive, numerose e consistenti organicamente dando vita al movimento di Resistenza che si estende rapidamente in tutte le regioni occupate dai nazifascisti, con compiti militari di combattimento, di sabottaggio e per procacciarsi materiale bellico sottraendolo al nemico.
Così in uno dei periodi più critici e tormentati della sua esistenza unitaria, l'Italia, pressochè distrutta nelle sue fonti di energia e di vita, seppe ritrovare la volontà, lo spirito, il coraggio morale e civile per lottare contro l'oppressione, contro ogni forma di abuso e di degradazione materiale e spirituale.
La Resistenza non fu soltanto una lotta contro qualcuno o contro qualcosa: fu soprattutto una lotta che le Formazioni Partigiane e le Forze Armate condussero per conquistare all'Italia ed al suo popolo la libertà, la democrazia, la dignità umana, la giustizia civile e sociale. Ideali che sorressero sempre sia le forze partigiane che operarono in montagna, sia le Squadre ed i Gruppi di Azione che svolsero la loro azione clandestina nei centri urbani della pianura, sia i
nuovi reparti militari del Corpo di Liberazione Italiano. Sarebbe troppo lungo e certamente correremmo il rischio di qualche omissione il ricordare anche solo le più
rimarchevoli azioni partigiane pur nelle difficilissime condizioni ambientali, logistiche e di mezzi in cui si trovarono ad operare contro un nemico agguerritissimo che nell'illusorio tentativo di uscire dall'isolamento di cui si sentiva circondato, si abbandonava, particolarmente ad opera di famigerate formazioni note per la loro violenza e brutalità, ad ogni sorta di atrocità, misfatti che anzichè fiaccare il morale e la volontà di resistere dei patrioti e della popolazione, li accrescevano.
L'accenno ad alcuni avvenimenti, anche se accostati in modo eterogeneo, bastano a indicarne la dimensione storica: la creazione della Repubblica d'Ossola, prima temporanea isola di libertà nell'Italia occupata, la battaglia di Montelungo che segna la rinascita dell'Esercito italiano, i caduti alle Fosse Ardeatine, vittime di una spietata rappresaglia, l'eccidio di Marzabotto e di altre località dovuto al feroce e disumano spirito di vendetta, i grandi scioperi degli operai del Marzo.
Ma restringendo la storia in ambiti più augusti e più vicino a noi, è nostro dovere ricordare il contributo di sangue e di attività dato dai nostri concittadini lissonesi; di coloro che caddero combattendo con le armi in pugno, dei fucilati sui luoghi di operazione, nei posti di detenzione, sulla nostra piazza principale, i deportati nei duri campi di concentramento e nei famigerati campi di sterminio. Ricordiamo i componenti del Comitato di Liberazione Nazionale che in mezzo a mille pericoli e difficoltà tessero e coordinarono le fila del Movimento assieme alla Componente militare che si esprimeva nella 1190 Brigata Garibaldi e nel Corpo Volontari della Libertà.
Sono passati quarant'anni da quel radioso 25 Aprile 1945 pieno di speranze e di attese. Sulla Resistenza, su questo grande fatto popolare che è stato definito il secondo Risorgimento italiano, sono stati scritti innumerevoli saggi e sono state dette un fiume di parole: resta sempre il fatto sostanziale che gli ideali per cui lottarono, soffrirono e morirono patrioti di ogni condizione sociale sono sempre validi perchè rappresentano i cardini di ogni società civile ed ordinata, valori ai quali bisogna sempre prestare attenzione perché la libertà e la democrazia non sono conquiste definitive ma si costruiscono e si devono difendere ogni giorno.
Molti si illudono di trovare la salvezza solo nelle istituzioni e nelle leggi; le leggi e le istituzioni sostengono lo sforzo della società e dei cittadini ma non possono assumerlo per sè. Noi individui influiremo sul mondo più per quello che sia o che per quello che diciamo. La mentalità contro la quale si deve lottare è quella che contiene il desiderio di dominare anzichè quella del desiderio di servire.
Ciascuno di noi può agire per cambiare qualcosa nella società e nell'insieme di tutte queste gesta viene scritta la storia di ogni generazione. Ogni volta che un uomo difende un ideale o agisce per migliorarne altri o si innalza contro le ingiustizie, egli promuove una piccola speranza e incontrandosi da diversi centri di coraggio queste speranze formano una corrente che può abbattere i più robusti ostacoli.
Sono passati quarant'anni e la nostra mente ritorna al momento dell'aprile 1945: stava per concludersi la seconda guerra mondiale scatenata da una folle ideologia imperialista. Per oltre cinque anni l’umanità aveva vissuto un'orrenda esperienza: decine di milioni di uomini massacrati sui fronti militari, città rase al suolo, popolazioni desolate dalla fame e dalle privazioni, milioni di esseri umani decimati e stremati nei campi di concentramento e poi la terrificante rivelazione delle prime esplosioni nucleari. Viene spontaneo chiedersi il perchè di quelle vittime. Ed allora si comprende meglio anche il significato della Resistenza: uomini e donne che offrirono la vita in sacrificio per la causa giusta, la causa della dignità dell'uomo. Resistettero non per opporre violenza a violenza, odio contro odio, ma per affermare un diritto ed una libertà per sè e per gli altri, anche per i figli di chi allora era oppressore.
Per questo furono martiri ed eroi.
Mentre gli anni passano - stiamo commemorando appunto il 40° Anniversario della Liberazione ed il tempo travolge passioni e ricordi, quegli avvenimenti restano però fissati nella nostra memoria in una presenza immutabile che richiede un impegno di meditazione. Sorge allora spontanea una domanda: noi che abbiamo vissuto quei momenti storici siamo stati capaci di trasmettere alle nuove generazioni i valori della Resistenza? La risposta è soprattutto nell'intimo di ciascuno di noi, è nella storia recente che si sviluppa attorno agli anni settanta fino ai giorni nostri e vede eventi perniciosi portati avanti da forze eversive di diversa matrice ideologica e da forze mafiose.
Il terrorismo insanguinò, soprattutto negli anni cosiddetti di piombo, la penisola con azioni dinamitarde che vanno da Piazza Fontana a Piazza della Loggia, al deragliamento dell'ltalicus, alla parziale distruzione della stazione di Bologna, alla strage del direttissimo Napoli-Milano e con attentati contro uomini politici, magistrati, sindacalisti, giornalisti, docenti, forze dell'ordine, facendo centinaia di morti e migliaia di feriti.
È stato un susseguirsi di episodi criminosi che hanno raggiunto il loro apice nel più efferrato delitto politico ed umano compiuto dalle Brigate Rosse con l'assassinio di un prestigioso uomo di Stato: l'On. Aldo Moro.
Nella dura lotta sostenuta da tutte le Forze dell'Ordine con l'appoggio incondizionato della popolazione e che appunto per questa unità di intenti e per la posta in giuoco è stata definita la nuova Resistenza, pure la nostra cittadina doveva pagare il suo doloroso tributo con l'omicidio del Maresciallo Valerio Renzi, Comandante la locale Stazione Carabinieri, compiuto il 16 luglio 1983 da brigatisti nel corso di una rapina all'Ufficio Postale per autofinanziare il movimento eversivo. Lissone ha avuto modo di onorare la memoria in diverse occasioni ed ora l'Amministrazione Comunale, recependo un invito espresso in Consiglio Comunale, si accinge a realizzare una stele ricordo da erigersi sul luogo della tragedia.
Abbiamo parlato di seconda Resistenza e la realtà di un terrorismo che cerca di riemergere in un più vasto ambito internazionale ed alleandosi alla mafia è negli avvenimenti degli ultimi tempi. L'inquietante fenomeno della mafia e della camorra, che ha fatto una vittima di spicco nella persona del Generale Dalla Chiesa, non è certamente recente, ma da tempo - oltre alla presenza in traffici diversi - ha assunto anche il commercio internazionale e lo spaccio della droga, sostanza devastante nei confronti della società e dei giovani in particolare ed il cui effetto micidiale non sarà mai a sufficienza divulgato.
Quella della droga non è il solo importante problema che preoccupa: la situazione generale con quelli scottanti della pace, del disarmo, della fame nel mondo, dell'occupazione - con particolare riguardo ai giovani - sollecita ogni nostra attenzione ed azioni concrete.
Situazione generale che in un contesto sociale per i fini occupazionali non può ignorare come la terza rivoluzione industriale, quella dell'elettronica, sia già in cammino.
In questa prospettiva e tenendo presente i valori fondamentali della centralità dell'uomo e del lavoro, occorre fare in modo che le grandi possibilità tecniche siano a reale servizio dell'uomo e della sua promozione integrale per un salto di qualità nella ricerca di migliori condizioni di vita per tutti.
In una società che cambia in modo così veloce e complesso, gli ideali che hanno sorretto gli uomini della Resistenza sono sempre attuali ed il 25 Aprile ognora ci insegna ad avere fiducia e speranza.
Nel processo evolutivo di ogni Paese non mancano giorni difficili. Ma la nostra fede, l'esperienza che ci viene dalla Resistenza e dalla guerra di Liberazione, la fiducia nella nostra gente ci dice che, così come si sono superati tempi ben più tristi, con la stessa coraggiosa fermezza, si possono e si devono superare le presenti difficoltà. Nessuna situazione è senza speranza se non viene a mancare la fede comune in un avvenire migliore, che può essere conseguito soltanto attraverso una accettabile concordia di energie, una serietà di intenti ed un consapevole, comune. assolvimento dei propri doveri.” ANGELO CERIZZI Sindaco di Lissone