La conquista dell’Etiopia
Svolta fondamentale nell’evoluzione della dittatura fascista, la guerra d’Etiopia provoca il ravvicinamento tra l’Italia e la Germania.
La politica estera dell’Italia fascista è stata molto incerta per molto tempo e spesso anche incoerente. Non per il suo obiettivo principale, che era quello di dare all’Italia un ruolo di primo piano in Europa, ma per i mezzi impiegati. Da ciò la mediocrità dei risultati ottenuti fino al 1935. La decisione di attaccare l’Etiopia, presa contro il parere del suo entourage degli ambienti affaristici italiani, costituisce dunque per Benito Mussolini una rottura e nello stesso tempo determina il riavvicinamento decisivo dell’Italia fascista e alla Germania hitleriana.
Perché l’Etiopia
All’origine della decisione di Mussolini, vi era un’umiliazione da vendicare: in un primo tentativo di invasione dell’Etiopia, nel marzo 1896, gli italiani avevano subito uno smacco cocente ad Adua, con 4.000 morti.
L’Etiopia era uno dei paesi africani non ancora occupato dai colonizzatori europei. Inoltre, l’Etiopia confina con l’Eritrea e la Somalia, province italiane dal 1890 per la prima e dal 1905 per la seconda. Aveva quindi interesse a creare un blocco italiano in questa parte dell’Africa orientale, preludio alla rinascita dell’Impero romano di cui il Duce aveva fatto nascere la nostalgia nel cuore dei suoi connazionali. In realtà, più pragmaticamente, il nuovo territorio sarebbe servito come sfogo ai gravi problemi economici dell’Italia, che intaccavano il prestigio del regime; nello stesso tempo avrebbe offerto una soluzione al sovraffollamento della penisola.
Etiopia ed Eritrea avevano una frontiera in comune, e le scaramucce tra i soldati dei due campi erano frequenti.
Il nuovo imperatore d’Etiopia, dal 1930, Hailé Sélassié, temendo l’aggressività degli italiani, rinforza gli effettivi delle guardie di frontiera, che si cura, tuttavia, di far piazzare a 30 km dal confine. Ma la minima scintilla darà fuoco allle polveri.
Il Duce prepara diplomaticamente il suo intervento. Davanti al nuovo pericolo incarnato da Hitler, che fa assassinare, nel luglio 1934, il cancelliere austriaco Dolfuss, ostile all’annessione dell’Austria e all’espansionismo tedesco, Mussolini si riavvicina alle democrazie occidentali. Nell’aprile del 1935, a Stresa, sul lago Maggiore, incontra i rappresentanti di Gran Bretagna e Francia. Viene firmato un accordo tra i tre paesi che si impegnano ad opporsi “a tutte le rinunce unilaterali dei trattati, suscettibili di mettere in pericolo la pace”, dichiarazione a cui Mussolini aggiunse di suo pugno la menzione “in Europa”.
La Francia e la Gran Bretagna, non reagendo all’aggiunta, illudono il Duce, che pensa di poter contare sulla loro benevola neutralità allorquando attaccherà l’Etiopia. Tuttavia gli Inglesi, temono il dominio dell’Italia in una regione dell’Africa in cui erano presenti, in Sudan e in Egitto, con grandi interessi commerciali.
Un incidente di frontiera, avvenuto il 5 dicembre 1934, presso l’oasi d’Oual-Oual, è il pretesto per l’intervento militare.
La tensione, già sensibile dopo l’arrivo al potere del negus nel 1930, aumenta tre i due Stati, e, malgrado l’invio nel Mediterraneo di una flotta britannica per intimidire l’Italia, l’armata fascista passa all’offensiva il 3 ottobre 1935. L‘aviazione e reparti corazzati violano lo spazio etiope senza dichiarazione di guerra.
Le forze sono sproporzionate. Di fronte a 500.000 italiani, ben equipaggiati, comandati da De Bono, l’Etiopia ”feudale” non allinea che qualche decina di migliaia di cavalieri, senza disciplina e spesso equipaggiati con fucili presi ad Adua, nel 1896. Pertanto, dopo una doppia offensiva frontale vittoriosa dall’Eritrea e dalla Somalia, l’armata italiana avanza lentamente da novembre 1935 a gennaio 1936.
De Bono è sostituito da Badoglio che non esita ad utilizzare i gas e i bombardamenti aerei. Adis-Abeba, la capitale, è occupata il 5 maggio 1936. Mussolini, trionfante, proclama Vittorio Emanuele III imperatore d’Etiopia.
La Società delle Nazioni condanna l’Italia dall’inizio delle ostilità e, nel novembre 1935, vota delle sanzioni economiche, che si rivelano però inefficaci perché non comprendono il petrolio e le materie prime. Inoltre, diversi Stati non le applicano.
Francia e Inghilterra elaborano, nel dicembre 1935, un piano segreto di divisione dell’Etiopia, che però fallisce appena diventa di dominio pubblico. Ciò rivela il comportamento tortuoso delle democrazie e la poca importanea delle decisioni prese dalla Società delle Nazioni, che tolse le sanzioni accrescendo così il suo discredito. Le sanzioni finirono per esacerbare il sentimento nazionale italiano e strinse gran parte dell’opinione pubblica intorno al Duce vittorioso.
Per sostenere il peso della guerra le donne furono invitate a donare allo Stato fascista le loro fedi d’oro.
L’episcopato italiano si schierò presentando l’impresa del Duce come una crociata. Tuttavia la conquista divenne presto un peso: militare prima, perché la resistenza degli autoctoni continuò; economica poi, perché gli investimenti erano costosi e l’immigrazione troppo debole per colonizzare il paese in modo vantaggioso. La conseguenza principale della guerra all’Etiopia è che Mussolini ruppe il fronte di Stresa e che fu supportato da un altro dittatore, Hitler. L’asse Roma-Berlino prende forma e la politica estera dell’Italia sarà ormai allineata a quella della Germania.
L’asse Roma-Berlino
Quando il Duce si sente messo al bando in Europa si rivolge verso Hitler, che alla fine riconobbe come alleato.
Il riconoscimento della conquista dell’Etiopia da parte di Hitler e l’uscita dell’Italia dalla Società delle Nazioni, sono all’origine del riavvicinamento dei due dittatori. Confermato dal loro mutuo sostegno al pronunciamento di Franco, in Spagna, queste relazioni si concretizzano con la visita in Germania, nell’ottobre 1936, del conte Ciano, genero di Mussolini e ministro degli Esteri.
Il Duce annuncia, il 1° novembre, la formazione di un “asse attorno al quale si possono unire tutti gli Stati europei”. Accordo inizialmente vago, simbolizza comunque la convergenza ideologica dei due dittatori e la fine dell’isolamento tedesco.
L’avventurismo bellicoso dell’Italia, poco a poco diventata un satellite della Germania, porta Mussolini a rinforzare l’Asse nel 1939, con il patto d’Acciaio.
In Brianza
Le reclute delle classi dal 1911 al 1914 furono richiamate per partire per l'Abissinia: il 23 febbraio del 1935 salpa dal porto di Messina il primo contingente militare diretto in Africa Orientale.
A Monza «i manipoli delle camicie nere» in partenza per l'Africa orientale vennero solennemente benedetti in Duomo dall'arciprete.
Episodi che accaddero a Lissone durante gli anni della guerra d’Etiopia.
Di seguito notizie tratte dalle pagine dai registri di classe, contenenti la "Cronaca e le osservazioni dell’insegnante sulla vita della scuola", di una quinta elementare della scuola "Vittorio Veneto" di Lissone nell’anno scolastico 1936-1937.
18 novembre 1936: primo anniversario delle sanzioni inflitte dalla Società delle Nazioni all’Italia per la guerra d’Etiopia
18 dicembre 1936: primo anniversario in cui tutte le donne d’Italia dovettero donare il proprio anello nuziale per sostenere il paese in guerra
26 febbraio 1937: nella guerra di aggressione all’Etiopia, chi si oppone all’occupazione del proprio paese, in questo caso il Ras Destà, viene definito ribelle ed eliminato
20 marzo 1937: il maestro esalta la figura del Duce in terra d’Africa
7 maggio 1937: l’Ispettore scolastico cerca di mettere in rilievo, davanti agli scolari radunati, «i motivi altamente civili della conquista dell’Impero»
A guerra terminata venne organizzata una solenne funzione «promossa per ringraziare Iddio per la Vittoria ... clero, autorità, popolo e associazioni tutte portarono la loro adesione con l'intervento nel tempio prepositurale, dove venne cantato il Te Deumn'", E se la settimana successiva Lissone accolse «con gioia entusiastica i Legionari reduci dall' Africa Orientale», dove con i vittoriosi sfilarono in un corteo improvvisato «una folla di cittadini, tra i quali le autorità e colonne di dopolavoristi aziendali, numerosi famigliari e parenti dei reduci, le Associazioni combattenti, Mutilati», l'emozione doveva essere ancora alta quando in settembre «la cittadina [era] un tripudio di bandiere, vive le ore delle grandi giornate» accogliendo «con un'imponentissima manifestazione popolare, con entusiamo altissimo, le gloriose camicie nere del suo primo poltone del 125° battaglione».
In terra d'Africa due sono i caduti lissonesi: Ettore Colzani e Francesco Penati.
a Monza
Durante gli anni della guerra d'Africa troviamo già Gianni Citterio, il figlio dell'ex assessore socialista di Monza, nelle file del Pci, «tenace propagandista contro la guerra d'aggressione all'Abissinia e l'intervento fascista in Spagna», e un altro gruppo di antifascisti attivi, frequentato anche da Ferrari e Citterio, nel vecchio caffè Romano in via Carlo Alberto a Monza, che riuscì persino a stampare in una tipografia di Villasanta e a diffondere un volantino contro la guerra d'Etiopia; e infine, ci sembra (non siamo riusciti a stabilire la data con precisione) che anche il noto - noto agli antifascisti di ogni colore - retrobottega della farmacia del dottor Carlo Casanova oltre il ponte di Lecco, funzionasse già come centro di attività antifasciste. Il primo gruppo del caffè Romano comprendeva il dottor Antonio Gambacorti Passerini (fucilato a Fossoli il 12 luglio '44), il dottor Francesco Pini, socialista, il pittore Arpini, un cattolico, e l'avvocato G. B. Stucchi (rappresenterà il Psi nel comando generale del Cvl). La farmacia Casanova era frequentata, oltre che dagli «amici» del caffè Romano, dall'avvocato Fortunato Scali, comunista, Farè, socialista, Tarcisio Longoni e Luigi Fossati, esponenti della Dc.
Insomma, qualcosa s'era mosso anche allora nell'ambito dell'antifascismo brianzolo, poco ma abbastanza da permettere al movimento clandestino di organizzare, verso la fine del '36, cioè circa sei mesi dopo la proclamazione dell'impero, il reclutamento di volontari per la difesa della Spagna repubblicana. E furono circa una decina i « garibaldini » brianzoli che riuscirono a raggiungere le brigate internazionali per combattere la sedizione franchista. Di questi volontari si ricordano ancora i nomi di Spada, monzese, di Vismara, lissonese, di Pirotta e Farina di Villasanta, di Frigerio di Vimercate.
Hailé Sélassié
Il nuovo negus Hailé Sélassié I, imperatore d’Etiopia, 225° successore di Salomone secondo la leggenda, rappresenta la più antica dinastia del mondo.
Allievo di missionari francesi, e presto iniziato alle responsabilità del potere, è proclamato imperatore nel novembre 1930 con il nome di Hailé Sélassié “Forza della Trinità”.
Riformatore, fa entrare l’Etiopia nella Società delle Nazioni, abolisce la schiavitù e intraprende la revisione delle istituzioni del suo paese quando l’invasione italiana lo costringe all’esilio in Inghilterra.
Al fianco delle truppe britanniche e golliste, partecipa alla liberazione della sua patria nel maggio 1941.
Figura di rango internazionale, uno dei capi dei paesi del terzo mondo e pioniere dell’unità africana, si prodiga senza tregua per l’unificazione e la modernizzazione dell’Etiopia. Impotente di fronte alla carestia degli anni 1973-1974 e alla rivolta dell’Eritrea, è destituito dall’esercito nel 1974.
La sua morte, avvenuta in circostanze misteriose, è ufficialmente annunciata il 27 agosto 1975.