8 settembre 1943: il comportamento della Marina militare
20 Août 2009 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana
La Marina italiana eseguì l'ordine, per quanto duro fosse, di salpare per Malta con un movimento simultaneo di grande precisione, subendo gravissime perdite priva come era d'ogni protezione antiaerea. Mentre la squadra di Taranto poteva percorrere indenne la breve distanza, quella della Spezia che costituiva la parte più rilevante della flotta rischiava l'annientamento nel corso della lunga rotta.
La Corazzata Roma nel momento in cui viene colpita (immagine tratta dal sito della Marina Militare)
Al largo della Maddalena un attacco aereo tedesco colpiva nella santabarbara la Roma che s'inabissava insieme all'ammiraglio Bergamini e 1500 uomini dell'equipaggio; era colpita inoltre l'Italia che però poteva continuare, benché appruata, la navigazione; nella rotta verso l'Africa il Vivaldi era affondato dalle artiglierie germaniche costiere e il Da Noli saltava su una mina. Ma è veramente giusto attribuire tale splendido comportamento come si è fatto in genere allo spirito dei suoi ufficiali, tradizionalmente e sicuramente «monarchico» e quindi impenetrabile al tradimento e alle infiltrazioni della quinta colonna fascista? Certo, la casta militare della marina ha avuto e ha tuttora carattere più omogeneo di quello dell'esercito, è, per sua natura, dotata di qualità «tecniche» che formarono anche nel periodo fascista il più sicuro argine contro il carattere d'improvvisazione e di faciloneria impresso dal regime alle Forze Armate. Ma considerare il comportamento della marina all'8 settembre solo come una prova di «lealismo» monarchico oppure come la dimostrazione d'una «obbedienza agli ordini» passiva e indiscriminata, significa dare un'interpretazione troppo semplice e unilaterale a uno dei fatti più importanti della nostra storia. Occorre anche tener conto delle «condizioni di vita» degli equipaggi, apparentemente isolati e racchiusi in se stessi - più isolati d'un qualsiasi reparto al fronte - ma, in realtà, inseriti in una valutazione degli avvenimenti di tipo «internazionale », collegati con le potenti radio di bordo alle stazioni straniere più lontane, da Londra a Mosca, comunque alieni da quel gretto provincialismo che costituisce la forza della propaganda fascista. Né bisogna trascurare il fatto che proprio quelle particolari «condizioni di vita» avevano consentito di organizzare a bordo da parte dei marinai - operai specializzati in divisa militare - vere e proprie cellule comuniste, tollerate dai «superiori »; e che, in sostanza, insieme all'«antifascismo» degli ufficiali conviveva e agiva come elemento di pressione dal basso quello, ancor più convinto e pugnace, degli equipaggi.
Nei giorni seguenti alla caduta del fascismo la bandiera rossa fu issata insieme alla bandiera nazionale sulla fortezza del Varignano (La Spezia) e furono i marinai della flotta italiana alla fonda nel porto di Gaeta a salutare, col pugno chiuso e cantando Bandiera rossa, il vaporetto che riportava alla libertà e alla lotta i dirigenti della classe operaia confinati a Ventotene, a manifestare la loro gioia per questa grande vittoria delle forze popolari nel periodo badogliano.
L '8 settembre non giunse dunque inaspettato se già alle prime luci dell'alba successiva i muri degli arsenali di La Spezia e di Taranto apparvero cosparsi di scritte inneggianti alla pace e alla lotta antinazista, le stesse scritte che apparivano nelle stesse ore nelle maggiori fabbriche italiane.
da “Storia della Resistenza italiana” di Roberto Battaglia Einaudi 1964
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