Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

dalla Liberazione alla Costituzione

26 Décembre 2017 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #La COSTITUZIONE italiana

Il 27 dicembre 1947 la Costituzione è promulgata dal Capo dello Stato provvisorio Enrico De Nicola.

 

Il 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclamò l'insurrezione generale ed emanò il decreto dell'assunzione di tutti i poteri da parte dei Comitati di Liberazione regionali, provinciali e cittadini.

Finiva in Italia la seconda guerra mondiale, ma il Paese era da ricostruire: il 10% delle case e il 90 % dei ponti erano distrutti, le ferrovie inefficienti, perdite incalcolabili in agricoltura, mille miliardi di danni.
I disastri della guerra


Ferruccio Parri, esponente di spicco della Resistenza, il nome di battaglia di "Maurizio", è il primo Presidente del Consiglio dei Ministri di un Governo di unità nazionale composto da democristiani, comunisti, socialisti, azionisti, liberali e demolaburisti.

Ferruccio-Parri.jpgIl primo provvedimento del governo Parri è la creazione del Ministero della Costituente, affidato a Pietro Nenni, con il compito di predisporre progetti per la riforma dello Stato.

Il governo Parri nomina la Consulta Nazionale, anche se non eletta direttamente dal popolo è la prima Assemblea rappresentativa che si riunisce dopo il fascismo: i suoi 430 componenti sono ex partigiani,reduci, rappresentanti di partito e dei sindacati, e, novità assoluta, in segno della conquista dei diritti politici, 13 donne.

La Consulta fa le veci del Parlamento, ma gli Italiani vogliono scegliere i loro rappresentanti, dopo venti anni di dittatura. Nell’autunno del 1945 si moltiplicano le manifestazioni che chiedono di poter eleggere un’assemblea costituente.

Il 10 dicembre 1945, a seguito delle dimissioni dei ministri liberali, cade il governo Parri: gli subentra Alcide De Gasperi. Solo tre anni prima Alcide De Gasperi aveva contribuito alla fondazione della Democrazia Cristiana, riunendo membri del Partito Popolare e giovani cattolici. Rester alla guida del Paese per sette anni.

Nel governo De Gasperi sono presenti i sei partiti che formavano il Comitato di Liberazione Nazionale: Democrazia Cristiana, Partito comunista, Partito Socialista di Unità Proletaria, Partito d’Azione, Partito Liberale e Democrazia del Lavoro.

Nel 1944 il governo Bonomi aveva stabilito che la forma istituzionale dello Stato da adottare sarebbe stata decisa direttamente dall’Assemblea Costituente. De Gasperi, invece, ritiene che la scelta spetti al popolo.

I partiti riuniscono i propri congressi. Occorre definire i programmi per il governo del paese e per la Costituzione che verrà e soprattutto ogni partito deve stabilire quale posizione assumere riguardo l’assetto costituzionale.

A Roma si riunisce il V congresso del Partito Comunista sotto la guida di Palmiro Togliatti. Al Congresso del Partito d’Azione si discute della possibilità di avere una repubblica presidenziale del tipo di quella americana. La guida del Partito Repubblicano, Pacciardi, non ha dubbi sull’esito del referendum, la monarchia sarà seppellita sotto una valanga di no. Tra i partiti che si riuniscono a congresso c’è anche il Partito Democratico del Lavoro, fondato da Bonomi e da Ruini. Dopo vent’anni di vita clandestina anche il partito Socialista si riunisce a congresso a Firenze. La Democrazia Cristiana, nel suo primo congresso, sostiene la scelta della repubblica, mentre è il filosofo Benedetto Croce a inaugurare il III congresso del Partito Liberale con un discorso in cui esorta i militanti a restare uniti.

Resta da scegliere il sistema elettorale con cui affrontare il voto. Per scrivere la Costituzione è necessario il contributo della più ampia area degli orientamenti politici, così la scelta cade sul meccanismo proporzionale che fotografa la situazione reale del Paese e tutela le minoranze, dando rappresentanza a tutti i partiti in proporzione ai voti ricevuti.

Si decide che il giorno stesso in cui gli Italiani andranno a votare per il referendum, monarchia o repubblica, eleggeranno anche il nuovo parlamento e si fissa la data: il 2 giugno.

La televisione ancora non c’è ma, per la prima volta, si fà ampio usa dei mezzi di informazione di massa.

 

Nella primavera del 1946 si svolgono le elezioni amministrative per costituire i Consigli di oltre 5.000 comuni e per gli Italiani si tratta di una prova generale di democrazia. Dopo anni di consenso obbligato possono, infatti, manifestare la propria volontà e apprendere nuove abitudini: nessuno sa più cosa significhi ricevere un certificato elettorale.

Per la prima volta sono ammesse al voto le donne: si tratta di oltre 14 milioni di elettrici.

Ma la grande attesa è tutta sul referendum monarchia o repubblica: paure e speranze di cambiamento dividono il Paese.

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La situazione pare precipitare quando il Re Vittorio Emanuele III decide di abdicare in favore del figlio Umberto. È il 9 maggio e questa abdicazione scatena un mare di polemiche: i partiti della sinistra accusano il Re di voler condizionare le elezioni ed in questo clima teso si arriva al 2 giugno.

 Alle urne va quasi il 90% degli aventi diritto. Il 5 giugno, per radio dal Viminale, il ministro Romita diffonde l’annuncio semiufficiale: la repubblica ha quasi due milioni di vantaggio.

Il 10 giugno, nella sala della Lupa, la Cassazione si riunisce per comunicare i risultati del referendum. Per una strana coincidenza è questa una data che gli Italiani ricordano bene: il  10 giugno 1924, infatti, il socialista Giacomo Matteotti venne ucciso per aver apertamente accusato i fascisti di aver commesso illegalità per vincere le elezioni. Il 10 giugno è legato ad un altro evento drammatico: il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarava guerra a Francia e Gran Bretagna, entrando di fatto nel secondo conflitto mondiale. Alle ore 18, in una sala gremita, il Presidente della Corte, Giuseppe Pagano, comunica i dati delle lezioni: gli Italiani hanno scelto la repubblica.

I risultati del referendum non sono omogenei: tendenzialmente il centro-nord ha votato per la repubblica e il sud per la monarchia.

Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, De Gasperi, autorizzato dal Consiglio dei Ministri, assume le funzioni di Capo dello Stato. È scontro tra Governo e Monarchia. Quello stesso giorno, alle 15,30, Umberto II, il cosiddetto Re di Maggio, abbandona il Quirinale, lascia l’Italia e vola in Portogallo. Il suo regno è durato solo un mese.

Il 18 giugno la Suprema Corte di Cassazione proclama ufficialmente i risultati: ha vinto la repubblica.

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Il 25 giugno 1946 si riunisce l’Assemblea Costituente: è la prima assemblea eletta a suffragio universale nella storia d’Italia. 21 sono le donne su 556 deputati: 9 donne della Democrazia Cristiana, 9 del Partito Comunista, 2 del partito Socialista e una per il Partito dell’Uomo Qualunque.

Tra i primi compiti vi è quello di eleggere il presidente dell’assemblea: la scelta cade su Giuseppe Saragat, uno degli esponenti di spicco del Partito Socialista. Poi occorre nominare un Capo dello Stato, sebbene provvisorio: dovrà incarnare il senso dell’unità della nazione. L’uomo più adatto appare Enrico De Nicola, illustre giurista napoletano di sentimenti monarchici.

Il 13 luglio 1946, De Gasperi forma il primo governo della Repubblica italiana: la novità rispetto al passato è che i partiti vengono rappresentati in proporzione ai risultati elettorali. Anche la formula dell’investitura è nuova: i ministri giurano nell’interesse supremo della nazione.

Per svolgere il delicato compito di elaborare un progetto di Costituzione, l’Assemblea decide di nominare una Commissione composta da 75 membri in proporzione alla rappresentanza dei partiti. I membri della Commissione riescono a tenere il lavoro di elaborazione della Carta costituzionale separato dalla lotta politica e dai cambiamenti di maggioranza. La crisi del maggio 1947 fa uscire i partiti comunista e socialista dal Governo De Gasperi.

L’Assemblea Costituente lavora di gran ritmo: in un anno e mezzo si terranno 375 sedute in Parlamento: bisogna elaborare la nuova Costituzione ma anche vigilare sul Governo e assolvere a funzioni legislative. Intanto l’8 febbraio 1947 il comunista Umberto Terracini viene eletto presidente dell’Assemblea Costituente in seguito alle dimissioni di Saragat.

Nell’agosto 1946 si tiene a Parigi la conferenza di pace: in questa occasione verrà definito il nuovo equilibrio mondiale. Sono presenti delegati di 21 Paesi; De Gasperi difende le ragioni dell’Italia.
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Dalle potenze vincitrici l’Italia è considerata un paese sconfitto, che ha perso la guerra. Con l’appoggio del Parlamento, il Governo De Gasperi sollecita una pace giusta, che tenga conto dei sacrifici compiuti dal popolo italiano per liberarsi dall’occupazione nazista e pertanto chiede agli Alleati di non imporci amputazioni territoriali.

Alla successiva elaborazione del trattato, però, l’Italia non può partecipare; a quel tavolo sono ammessi solo i “quattro grandi”: Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia.

 

Nel gennaio 1947 De Gasperi vola in America e riesce a stabilire un rapporto di fiducia con l’Amministrazione statunitense. Il presidente Truman garantisce all’Italia prestiti e nuovi aiuti alimentari.

Il trattato di pace si rivela molto duro per l’Italia: Trieste non viene ricongiunta all’Italia e la zona contesa, già teatro di violenze ai danni della popolazione italiana negli anni dal 1943 al 1945, viene divisa in due L’area di Trieste è affidata al governo militare anglo-americano, mentre una parte dell’Istria finisce sotto il controllo militare jugoslavo. Da queste terre e dalla Dalmazia partiranno migliaia di Italiani, che daranno vita ad un vero e proprio esodo verso l’Italia che durerà circa dieci anni.
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Il trattato è considerato punitivo dal mondo politico e anche la gente comune scende in piazza per protestare. Il Governo, tuttavia, sa che non è possibile rifiutare i termini imposti dalle potenze vincitrici e il 10 febbraio, a Parigi, l’Italia firma il Trattato.

Il 27 giugno il ministro degli Esteri, Sforza, presenta all’Assemblea Costituente il testo del Trattato di Pace perchè venga ratificato: il risultato è in forse. La discussione in aula è molto accesa, le critiche sono durissime. È il momento del voto: i socialisti decidono di non partecipare, i comunisti si astengono e le destre votano contro. I voti favorevoli  alla ratifica prevalgono. La questione di Trieste è tutt’altro che risolta. Il ritorno della città nei nostri confini sarà possibile solo nell’ottobre del 1954 con una firma, a Londra, di un accordo tra Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Jugoslavia.

Il mondo rivoluzionato dal conflitto fatica a trovare un equilibrio. Se nella lotta contro il nazifascismo le potenze avevano saputo far fronte comune fino alla vittoria, adesso la tensione fra Stati Uniti e Unione Sovietica cresce costantemente e nel 1947 inizia la cosiddetta “guerra fredda”.

Gli Stati Uniti lanciano il famoso “Piano Marshall”, un sistema di aiuti per sostenere l’economia dei Paesi dell’Europa sconvolti dalla guerra.
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Proprio per contrastare l’influenza americana, l’Unione Sovietica costituisce il Cominform, un ufficio di collegamento tra i partiti comunisti dei Paesi dell’Est, al quale aderiscono il Partito comunista italiano e francese. Il nostro Paese entra nel blocco occidentale mentre il Partito comunista italiano mantiene saldo il collegamento con quello orientale.

Il progetto di Costituzione elaborato dalla Commissione dei 75 viene presentato all’Assemblea il 31 gennaio 1947. Il 22 dicembre 1947 il testo è approvato con 453 voto favorevoli e 62 contrari. Il 27 dicembre la Costituzione è promulgata dal Capo dello Stato provvisorio Enrico De Nicola. La Costituzione entrerà in vigore il I gennaio 1948.
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Durante il fascismo il Parlamento è stato un guscio vuoto; la Costituzione è il frutto prezioso che segna l’inizio di una fase nuova per la storia d’Italia e rappresenta la rinascita del Parlamento.

 

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Emblema della Repubblica

 

Bibliografia:

La rinascita del Parlamento - dalla Liberazione alla Costituzione

DVD - Fondazione Camera dei Deputati 2008

 

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