Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

Gli ebrei nella Resistenza italiana

18 Février 2011 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

Circa 1000 ebrei italiani clandestini - pari al 4 per cento della popolazione ebraica italiana, percentuale superiore a quella degli italiani - entrarono nella Resistenza, inquadrati come partigiani, tra i quali Eugenio Curiel, Vittorio Foa, Primo Levi, Pino Levi Cavaglione, Liana Millu, Enzo ed Emilio Sereni, Elio Toaff, Umberto Terracini e Leo Valiani. Gli ebrei italiani, anche in virtù del distacco dal regime fascista maturato fin dalle leggi razziali del 1938, furono tra i primi ad arruolarsi nelle bande partigiane e già il 9 settembre 1943 Emanuele Artom annota nel suo diario: «La radio tedesca annunzia che verranno a vendicare Mussolini. Così bisogna arruolarsi nelle forze dei partiti e io mi sono già iscritto».

L'adesione degli ebrei alla Resistenza non fu dettata solo dalla reazione all'antisemitismo nazifascista - che ebbe ovviamente una parte importante nella loro lotta - ma, come per gli altri partigiani, si fondò anche su motivazioni politico-ideologiche e sull'avversione più in generale verso un regime dittatoriale che soffocava la libertà. «E quando viene la tristezza ed il peso diviene duro a portare, bisogna dire: Vita! Vita! e tirare avanti con serenità e coraggio, - afferma Eugenio Curiel in una lettera alla famiglia, - ringraziando che tutto il tumulto non riesca a spezzare la nostra fiducia nelle cose fondamentali della vita, ma anzi ci tempri a sperare e a volere cose migliori e una vita più ricca». «W L'Italia Libera», scrive nel suo diario Giulio Bolaffi. «lo ho viva speranza, - si legge invece in una lettera, - che questa guerra debba terminare presto e tutti i miei voti sono perché tutti noi ci possiamo ritrovare per poter iniziare la creazione di una nuova Italia in cui veramente la giustizia e la fratellanza vi regnino sovrani».

Molti ebrei tornarono appositamente dai luoghi di emigrazione o di rifugio, come Enzo Sereni, poi morto in deportazione, che era in Palestina, e Gianfranco Sarfatti, morto in combattimento, che si trovava in Svizzera. «Sapete già, - scrive quest'ultimo in una lettera ai genitori, al momento di rientrare in Italia, - che faccio quello che faccio non per capriccio o spirito di avventura; il mio modo di vivere e il perché del mio vivere da molti mesi non cerca di essere che un tuffarsi nell'umanità, partecipando alla sua vita, dura o lieta che sia. Se non agissi così rinnegherei me stesso, rimarrei privo di guida, avvilito, annientato: e quindi rinnegherei anche voi che mi avete dato vita ed educazione».

La militanza nelle file della Resistenza comportò un costo notevole in termini di vite umane. Circa 100 ebrei caddero in combattimento oppure furono arrestati e uccisi nella penisola o in seguito alla deportazione nei lager nazisti. Sette di loro furono insigniti di medaglia d'oro alla memoria: Eugenio Calò, Eugenio Colorni, Eugenio Curiel, Sergio Forti, Mario Jacchia, Rita Rosani e Ildebrando Vivanti.

Il contatto tra la Resistenza e gli ebrei, braccati e clandestini, fu evidente anche in alcune iniziative di aiuto e soccorso, come il Comitato Assistenza Ebraica nato nell'estate del 1944 su iniziativa di Bruno Segre e di alcuni partigiani ebrei che operavano nel cuneese. Il programma del comitato prevedeva il soccorso ai detenuti in carcere, l'aiuto economico e morale ai bisognosi, la distribuzione di documenti d'identità falsi, la raccolta di notizie sulla sorte dei deportati, l'avvio della compilazione degli elenchi dei criminali di guerra nazifascisti, dei delatori e delle spie.

Una testimonianza del legame materiale, morale e ideologico che si stabilì tra ebrei e partigiani è la lettera che una coppia francese rifugiata nel cuneese scrisse nei giorni della liberazione al parroco di Borgo San Dalmazzo, che aveva aiutato tanti clandestini della zona, in cui si dice che: «Siamo stati diverso tempo in compagnia di partigiani che ci hanno mostrato di parola e di fatto la loro simpatia per noi e abbiamo potuto dimostrare dopo il crollo del regime fascista la nostra solidarietà di gioia per la liberazione del popolo e la rinascita del paese insieme a loro e a tutta la popolazione». In un diario di un ebreo relativo ai giorni della liberazione di Torino, invece, i «valorosi partigiani» sono definiti i «nostri Patrioti».

 

Bibliografia:

Mario Avagliano Marco Palmieri - Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945 Einaudi 2010

Partager cet article
Repost0
Pour être informé des derniers articles, inscrivez vous :