I lavoratori coatti francesi (STO)
26 Octobre 2010 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #II guerra mondiale
La Francia è il paese che ha fornito una parte importante di manodopera all’economia di guerra del III Reich.
Dal giugno 1940, dopo l’invasione tedesca, la Francia è divisa in zone: una zona proibita (le frontiere), una zona occupata e una libera ove si mantiene al potere il vecchio maresciallo Pétain, che sogna di risorgere grazie alla “Rivoluzione Nazionale”.
La realtà è che la Francia ha due milioni di uomini prigionieri negli stalag e negli oflag nazisti ed è depredata per le enormi spese di mantenimento delle truppe di occupazione: l’intera sua produzione (grano, carne, carbone, prodotti industriali ...) va in Germania. Sul territorio francese la prima preoccupazione dei francesi non è la “Rivoluzione nazionale”, ma la fame.
Nel 1941 nella Norvegia occupata era stata introdotta una forma di lavoro obbligatorio. Nel 1942 i nazisti richiedono al Belgio e alla Francia degli operai specializzati.
Fritz Sauckel, che è allora un importante rappresentante nazista, è nominato responsabile del reclutamento e dell’impiego della manodopera.
Dopo aver imposto alla Francia un forte contributo di guerra destinato alle truppe di occupazione e il sequestro della maggior parte della sua produzione industriale e agricola, i nazisti pretendono una forza lavoro. In un primo tempo questa manodopera è costituita dai prigionieri di guerra, poi da volontari, ai quali sono proposti dalla propaganda dei buoni salari oltre ad una adeguata alimentazione (la maggior parte della popolazione conoscono il razionamento alimentare).
In questo contesto, dal 18 aprile 1942 è tornato al potere Pierre Laval, nominato da Pétain capo del governo del regime di Vichy, che attua una politica di maggior collaborazione con l’occupante tedesco. Il 10 giugno 1942 Vichy emette un’ordinanza per incitare alla partenza per la Germania di lavoratori volontari.
In tutta la Francia vengono, inoltre, aperti degli uffici di collocamento e vengono consegnati ai tedeschi la lista di tutte le industrie.
Si ebbero delle partenze soprattutto dalla zona occupata, dove imperversava una disoccupazione intenzionalmente mantenuta. Malgrado la disoccupazione e la propaganda allettante, poco più di 100.000 volontari hanno risposto all’appello. Allora Pierre Laval tenta di giocare la carta dei prigionieri di guerra. Con l’accordo dell’occupante nazista, viene messo in atto un odioso ricatto: le autorità naziste libereranno un prigioniero di guerra ogni tre volontari che partono per le fabbriche tedesche.
Nel giugno 1942, Sauckel si reca a Vichy e impone a Laval il reclutamento forzato di 350.000 lavoratori. Alla fine del mese di giugno è annunciata alla radio la creazione della “Reléve” (operazione di reclutamento con scambio di prigionieri).
Il primo treno di operai “reléves” arriva in Germania l’11 agosto 1942. Ma il numero di prigionieri liberati dai tedeschi è al di sotto delle promesse e anche il numero di lavoratori francesi che partono per la Germania è inferiore alle previsioni.
Da un giornale della Resistenza francese manifestazione per impedire la partenza degli STO
Ma, nonostante una propaganda ben condotta, i risultati sono deludenti.
Si aspettavano 200.000 partenze, invece sono solo 53.000: 12.000 in giugno, 23.000 in luglio e 18.000 in agosto. Alla fine del 1942 sono solo 240.000.
Il 1° settembre 1942 Sauckel pretende da Laval l’invio immediato di 300.000 uomini. Il governo di Vichy, il 4 settembre 1942, promulga una legge sul lavoro obbligatorio per tutti gli uomini dai 18 ai 50 anni e per tutte le donne dai 18 ai 35 anni.
Pierre Laval con il capo della Gestapo in Francia
L’8 novembre 1942, in risposta allo sbarco alleato in Africa settentrionale, la zona libera della Francia è occupata dalle truppe del Reich. La fragile esistenza del governo di Vichy è finita: il suo unico ruolo ormai è quello di servire l’occupante tedesco.
Hitler conduce ormai una guerra totale che coinvolge tutta l’economia della Germania, trasformata in economia di guerra. Le fabbriche d’armi funzionano 24 ore su 24 e richiedono molta manodopera.
Alla fine del 1942 un decreto legge di Sauckel riguardante la zona occupata della Francia stabilisce il principio del lavoro obbligatorio. Questa misura è presto seguita da un decreto legge di Laval per la Francia di Vichy (anche questa zona della Francia dall’11 novembre 1942 sarà occupata dai tedeschi). Con questa legge, i lavoratori francesi che non lavorano direttamente per la Germania, possono essere reclutati dalle autorità prefettizie e inviati in Germania con treni speciali. Questo provvedimento entra in vigore dal 1° febbraio 1943 e riguarda tutte le donne senza figli dai 18 ai 45 anni e tutti gli uomini dai 16 ai 60 anni.
Dal 13 marzo al 15 luglio 1943, 500.750 francesi sono partiti per le fabbriche del Reich. Mai una nazione civile, nei secoli precedenti, aveva consegnato i suoi figli per essere ridotti in schiavitù!
Il 16 febbraio 1943 una legge impone il servizio del lavoro obbligatorio (STO, Service du Travail Obligatoire). Tutti i giovani di età dai 20 ai 22 anni possono essere mandati di forza in Germania.
Nel giugno 1943 Sauckel reclamerà 220.000 uomini, poi in agosto 1943 500.000. Poi ne pretenderà 1.000.000.
Dati ufficiali sul numero di lavoratori coatti in Germania al 30 settembre 1944
La Francia è il paese che ha fornito una parte importante di manodopera all’economia di guerra del III Reich.
400.000 lavoratori volontari, 650.000 reclutati come STO, circa 1.000.000 di prigionieri di guerra oltre ad un milione di lavoratori impiegati nelle industrie francesi che producevano esclusivamente per la Germania. Complessivamente sono 3.000.000 di persone.
I reclutati come STO erano pagati. Alla Liberazione saranno riconosciuti come “deportati del lavoro”. La STO ha spinto un gran numero di giovani a passare tra le fila dei partigiani. Contrariamente alcuni hanno scelto di arruolarsi nella Milizia o nella Legione dei Volontari Francesi (LVF) creata nel 1941 per lottare contro il “bolscevismo”.
Legione dei Volontari Francesi (LVF) per lottare contro il “bolscevismo”
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