L'attentato a Umberto I alla Forti e Liberi di Monza
25 Juin 2006 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #L'ITALIA tra Ottocento e Novecento
Le cronache locali segnalavano l'arrivo a Monza dei sovrani il 16 luglio. Dalla Villa Reale Umberto I fece pervenire alla società Forti e Liberi 1000 lire. per la nuova. palestra e una medaglia d'oro da assegnare alla squadra che si sarebbe distinta nel concorso ginnico in programma per il 29 luglio, una domenica, il giorno dell'attentato.
La «tragica fine di S.M. Umberto I» sarà così ricostruita da Luigi Moderati, . nella sua Cronistoria della Città di Monza: «Luglio 29, domenica. Alla inaugurazione della nuova palestra della Società Ginnastica "Forti e Liberi" avvenuta la sera, era stato invitato anche S.M, Umberto I, che gentilmente accettò [...]. Terminate le gare di ginnastica, il sovrano scese dal palco presidenziale e salito sulla carrozza di corte, stava per uscire dalla palestra, tra vive acclamazioni di popolo festante, alle quali il Re rispondeva con saluti, quando l'anarchico Gaetano Bresci di Prato (Toscana), d'anni 31, con un tiro preciso e fulmineo, gli scaricò in pieno petto tre colpi di rivoltella.
Il Re barcollò, lasciò cadere il cappello, si strinse la testa tra le mani, piegando verso sinistra, poi sedette gridando l'ordine di partire. I cavalli, che al rumore dello sparo si erano impennati, partirono a galoppo. Lungo il breve, tragitto il Re si scosse, poi cadde riverso, cogli occhi sbarrati. Pare dall'induzione dei medici che sia spirato mentre la carrozza passava il cancello della Villa Reale. La Regina abbigliata in abito da pranzo attendeva al ritorno il Re allo scalone. Appena vide dinnanzi il cadavere del consorte svenne. Fu raccolta e portata via dai familiari, mentre i generali Ponzio Vaglia, Mainoni e Serafini trasportavano il Sovrano nella sua camera da letto».
Gaetano Bresci, afferrato dalla folla, viene arrestato dalle forze dell’ordine. Processato, viene condannato all’ergastolo: muore a sua volta il 22 maggio 1901 nell’isola carcere di S. Stefano.
I nuovi sovrani giunsero a Monza il mercoledì sera. Nella mattinata del giorno dopo il nuovo re presiedeva, in una sala della villa monzese il consiglio dei ministri. «Venerdì Vittorio Emanuele III mandò il Conte Borea da monsignor Arciprete per esprimergli il suo desiderio che la Corona Ferrea figurasse nella cappella ardente e di poi nei funerali [...]. Il mercoledì successivo, fin dalle prime ore del mattino, la città si animava di popolani venuti dai, paesi vicini; dalle finestre e dai balconi venivano appesi paramenti a lutto. Alle ore 14,30 arrivavano a palazzo Reale in due carrozze di Corte i presidenti del Senato e della Camera onorevoli Finali e Villa e i ministri [...]. Alle 15,30 il corteo percorse silenzioso le vie della città fra la generale commozione e l'unanime rimpianto.
Giunto il corteo alla stazione e fermatosi l'affusto sotto l'atrio reale, i corazzieri levarono il feretro e lo trasportarono sulla carrozza funebre. Presso la salma stavano due genuflessori, su quello ai piedi della bara venne adagiato il cuscinetto col collare della S.S. Annunziata e sull'altro, alla testa del feretro venne posto l'altro cuscinetto colla sacra Corona Ferrea. Alle 16,27, saliti i principi e gli altri personaggi, il treno si mosse e partì fra il solenne e religioso silenzio di tutto il popolo che era accorso, per salutare l'ultima volta il suo Re, che gli era stato così tragicamente rapito».
Le spoglie di Umberto I sono tumulate a Roma nel Pantheon.
La tragica morte di Umberto I non ebbe grandi ripercussioni sulla vicenda politica italiana: la spinta repressiva si era ormai esaurita e i tentativi del governo Pelloux di limitare le libertà nel paese e in Parlamento erano falliti nel '99. Anche le elezioni del 2 giugno 1900 non portarono fortuna ai sostenitori della linea reazionaria: ebbero 600.000 voti contro i 650.000 complessivi dell'opposizione. «Gli stessi borghesi lombardi che un anno prima, nel maggio del 1898, avevano tremato d'orrore e chiesto a gran voce lo stato d'assedio, votarono contro i candidati ministeriali».
A Monza il regicidio contribuì a spegnere il ricordo doloroso dei luttuosi fatti del '98 e a rimettere in circolazione gli esponenti del conservatorismo locale: nello stesso anno, qualche mese dopo l'attentato di luglio, si costituiva pure l'Associazione monarchica del circondario monzese. La città però perdeva per sempre i suoi ospiti coronati: il «palazzo arciducale di campagna» realizzato dal Piermarini per Ferdinando d'Austria, dopo oltre un secolo di fasti e splendori come dimora regale, veniva definitivamente abbandonato e chiuso dai Savoia. Monza non sarà più un centro di villeggiatura per i sovrani d'Italia e le corti d'Europa.
Bibliografia:
Emilio Diligenti e Alfredo Pozzi - La Brianza in un secolo di storia d'Italia (1848-1945) – Teti Editore 1980
Le immagini sono tratte dalle Cartoline di Alfredo Viganò pubblicate in arengario.net
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