La morte di Eugenio Curiel
2 Octobre 2010 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana
In memoria di Eugenio Curiel (« Giorgio») |
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In un giorno della vita ho camminato con Giorgio a capo scoperto nel cielo. Giorgio era un compagno Giorgio era il Partito.
Giorgio era il suo cuore maturo come un frutto Giorgio era la sua voce inceppata e sicura, i denti neri, il tabacco nero la sigaretta arrotolata | un desiderio di svegliare il mondo coi suoi pensieri. Ho udito Giorgio ho visto Giorgio alto come le case nell'orizzonte del cielo. A maggio lo portammo al cimitero. Se potevamo camminare, e coprirlo di fiori e di bandiere era perchè da morto c'indicava la grande strada della primavera. | |
| Alfonso Gatto
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Ormai alle soglie dell'insurrezione vittoriosa il Fronte perde con Eugenio Curiel il capo la guida.
L'uccisione di Curiel avviene il 24 febbraio 1945 a Milano, in via Enrico Toti, tra piazzale Baracca e piazza Conciliazione.
Quel 24 febbraio è un giorno come tutti gli altri per Curiel.
Ha una serie di appuntamenti ed incontri con amici e collaboratori. Sono circa le 14.30 quando Curiel si avvia all'appuntamento con la sorella fissato al caffè· Biffi nello stesso piazzale.
Viene fermato da un drappello di brigate nere le quali, armi alla mano, gli intimano di esibire i documenti. Non eccessivamente preoccupato perché in possesso di buoni documenti, naturalmente falsi, Curiel si avvede soltanto in un secondo momento che uno dei presenti, un delatore, lo indica per nome ai militi. Il tristo individuo era lo stesso che qualche giorno prima lo aveva riconosciuto in una via di Milano e lo aveva salutato senza esitazione, bonariamente, chiedendogli cosa facesse in città. Curiel, sorpreso, come egli stesso raccontò agli amici della redazione del giornale, non aveva potuto far altro che ostentare buon viso a cattiva sorte, precisando di trovarsi a Milano solo di passaggio, diretto a Trieste. Evidentemente il delatore (uno squallido ex confinato a Ventotene, messosi al servizio della polizia, già isolato dagli antifascisti alla colonia di pena, ma che, naturalmente, conosceva bene Curiel) non aveva creduto al racconto di Curiel e aveva subito avvertito i fascisti del fortuito incontro. Questi, senza perdere tempo, avevano organizzato un attento piano di ricerca e, aiutati da chi era in grado di riconoscerlo immediatamente, lo fermano in piazzale Baracca, puntandogli addosso le armi.
Vistosi identificato, consapevole del fatto che ormai i documenti non gli sarebbero serviti a nulla, Curiel, che non si faceva evidentemente illusioni sulla sorte che lo attendeva, tenta la disperata mossa della fuga. Sperava probabilmente di riuscire a confondersi tra il via vai della gente. Con uno spintone si discosta dagli uomini che lo fronteggiano e si lancia di corsa attraverso il piazzale Baracca verso via Enrico Toti. Una raffica di mitra lo colpisce ad una gamba, facendolo stramazzare al suolo. Curiel si rialza e riprende la corsa, ma viene raggiunto da una serie di raffiche che lo abbattono al suolo.
Il caso vuole che a poca distanza si trovi uno dei più autorevoli componenti del CLNAI, Leo Vali ani che assiste così agli ultimi istanti del tragico epilogo.
Il giorno dopo i giornali recano la notizia dell'uccisione di uno sconosciuto.
Ragioni elementari di sicurezza e di vigilanza avrebbero imposto che, vistosi riconosciuto da un antico strumento della polizia, Curiel abbandonasse immediatamente Milano per trasferire la sua attività e l'opera di direzione del Fronte in una nuova e più sicura sede. Erano regole di vita clandestina normalmente osservate dai dirigenti antifascisti, più volte rivelatesi poi efficaci per parare i colpi delle spiate. Curiel però, non aveva voluto dare eccessivo peso all'incontro imprevisto e non aveva voluto lasciare Milano, dove lo trattenevano importanti compiti, primo fra tutti la direzione e il coordinamento delle multiformi attività del Fronte, ingigantite ora che si entrava nella fase della preparazione dell'insurrezione. Il non aver dato l'importanza dovuta all'incontro col delatore e il non aver preso tutte le conseguenti misure di emergenza, gli fu fatale.
La sua fiducia ferma in noi
Dov'è ora Giorgio per il nostro affetto? Legato a quello che gli è accaduto, fermo come un orologio a quelle ore tre del pomeriggio, in quel Piazzale Baracca, quel 24 febbraio. Viene da una strada diretto ad entrare in un'altra, attraversa il piazzale, nel sole che è stato di quell'ora, e una cieca scarica di piombo gli becca e trapunge le gambe; Giorgio cade ma non sa perchè sia caduto. Non fanno male le ferite al momento stesso in cui le riceviamo. Giorgio vuole rialzarsi, capire che cosa sia stato, e appoggia in terra le mani, forse si siede. Cerca anche gli occhiali? Certo Giorgio, cadendo, ha perduto gli occhiali. Allora lo percuote nell' addome, la seconda scarica che lo ferma. E questo è ora Giorgio per noi, fermato in quel punto per sempre, e il nostro affetto, che lo vede, diventa in noi qualcosa di più, sicurezza di più che conquisteremo tutto quello in cui Giorgio credeva, una vita migliore infondo a tutta questa lotta, libera per tutti gli uomini, felice per tutti gli uomini. Questo è ora Giorgio per noi. Fermo nell'atto in cui fu assassinato e la sua fiducia ferma in noi, donata da lui a noi pur in mezzo alla nostra perdita.
Elio Vittorini
Il pomeriggio del 26 aprile alla sede del CVL del settore centro in via Meravigli 2 si presenta un uomo alto e magro. Dice di essere il custode dell'obitorio e di aver tenuto nelle celle mortuarie, contrariamente agli ordini dei fascisti, le salme di alcuni partigiani uccisi dai nazifascisti nelle settimane e nei giorni precedenti l'insurrezione. I dirigenti del CLN ringraziano l'uomo per aver contribuito ad evitare che le salme venissero disperse.
Carlo Perasso, comunista, presidente di quel CLN, s'interessa personalmente della questione e invia subito all'obitorio alcuni delegati, tra cui la moglie Ada: è necessario identificare, dare una nome a quei poveri resti e seppellirli degnamente. All'obitorio vengono tolti, uno dopo l'altro, i carrelli che contengono le salme. Sono tutti di sconosciuti e identificarli è difficile. Ada Perasso, comunista, torna un'altra volta davanti a quei corpi martoriati. Di fronte a uno di essi si arresta, sbianca in volto e mormora qualcosa che gli altri non capiscono. La salma è quella di un uomo giovane, alto. «È Curiel! Questo è Eugenio Curiel!» Ada Perasso quasi grida.
La notizia viene subito comunicata al CLN e al sindaco Greppi. I funerali di questi partigiani si svolgono solennemente, a spese del Comune.
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