La propaganda tedesca per il reclutamento di lavoratori italiani
30 Octobre 2010 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #il fascismo
La propaganda tedesca opera in Italia in modo del tutto autonomo, con una rete parallela a quella del governo di Salò, ma che a questa - nei punti strategici e nei momenti focali - si sovrappone o si impone, sia per dettare norme di comportamento sia per l'esercizio di una censura drastica.
Accanto alla PK (Propaganda Kompanien) agiscono nel territorio della RSI altri tre centri: Propaganda Abteilung Deutschen (PAD), Propaganda Abteilung ltalien (PAI) e Propaganda Staffel West.
Staffel significa formazione, termine che bene esprime l'intento pedagogico di chi vorrebbe plasmare gli italiani secondo canoni nazionalsocialisti. L'organizzazione tedesca è un’emanazione della Wehrmacht con diverse sedi nelle principali città italiane.
Il feldmaresciallo Rommel ha affidato alla Staffel, il 14 ottobre 1943, il controllo sulla stampa nel territorio della RSI. Il tema del lavoro è quello maggiormente divulgato, per favorire l'affluenza di manodopera in Germania. Nonostante gli slogan, in luogo del volontariato si ricorre alla precettazione. Le condizioni di lavoro nel Reich sono ben diverse da quelle decantate dai manifesti nazisti: lo appurano le stesse fonti di Salò. Una relazione dell' ottobre 1944 ironizza sulla promozione del lavoro in Germania:
«Si rileva come il trattamento tedesco per i nostri operai non risponda esattamente a quello dei proclami e degli inviti disseminati in ogni via d'Italia. Dal viaggio in vagoni bestiame ermeticamente chiusi al durissimo lavoro di 12 ore giornaliere, al rancio niente affatto all'italiana e, per lavoratori dell'industria pesante, insufficiente, i nostri operai sono in uno stato veramente miserevole. Risentimento contro le nostre autorità civili le quali a tutto e a tutti promettono di provvedere: promesse che non hanno alcun esito e alcun effetto. In un campo-lavoro di 45.000 persone, in mezzo a uomini delle più svariate nazionalità, in un conglomerato dove si parlano 22 lingue, tutti sono concordi “nel disprezzare l'italiano” e non c'è nessuno che cerchi di attenuare o modificare questo stato di cose. I metodi tedeschi più inumani e più duri sono usati solo per i lavoratori italiani i quali in questo caso sono da tutti vilipesi, mancando quell'autorità ai nostri dirigenti consolari che dovrebbero far assolutamente cessare questa palese ingiustizia».
La situazione non registra miglioramenti, se ancora a inizio marzo 1945 un emissario del duce che ha visitato i connazionali impegnati nei campi e nelle grandi industrie tedesche relaziona in termini assolutamente negativi:
«I nostri lavoratori sono stati fino ad ora abbandonati a loro stessi. Essi hanno in generale indumenti in stato deplorevole. Sembrano veri accattoni. Hanno sofferto e soffrono terribilmente il freddo. Le loro calzature sono per lo più costituite da zoccoli. Il loro modo di presentarsi li respinge dal consorzio civile; di qui molti incidenti incresciosissimi: è capitato più volte che nostri lavoratori sono stati espulsi dai tram ed altri mezzi pubblici di trasporto. Il loro stato di sporcizia li fa allontanare dai locali pubblici ed in qualche caso anche dai rifugi antiaerei».
Impossibile mascherare questa avvilente realtà e convincere gli italiani a recarsi volontariamente in Germania a svolgervi attività lavorativa.
Bibliografia:
- Mimmo Franzinelli, RSI - La repubblica Sociale del duce 1943-1945, Mondadori, 2007
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