Lissone, l'Adalgisa e «la stansa de Lissòn»
Già dall'inchiesta dell'Umanitaria, condotta agli inizi del XX secolo sull’industria brianzola dei mobili, risulta evidente la posizione rilevante di Lissone nel settore mobiliero. Ed è significativo che mentre la maggior parte dei paesi della Brianza erano e sono rinomati chi per le belle ville, chi per avere dato i natali a qualche uomo illustre, chi per la bellezza del panorama, Lissone era nota per l'industriosità dei suoi abitanti. Ce lo testimonia anche Cesare Cantù in «Milano e il suo territorio» quando, parlando di Lissone, la definisce «Industriosa terra, i cui abitanti hanno grido nell'arte del falegname e dell'intarsiatore».
Ma la fama di Lissone ce l'ha confermata persino Carlo Emilio Gadda, scrittore attento a queste cose, puntiglioso nelle ricerche d'archivio per costruire personaggi minuziosamente e collocarli con precisione nel loro tempo: la «sua» Adalgisa, nel 1913, non compra una «camera da letto» ma «la stansa de Lissòn».
Ma vale la pena di riportare la pagina intera:
«Ebbe (l'Adalgisa n.d.r.), insomma, un'adolescenza e una giovinezza illibata: fino al povero Carlo. 'Seppe capire' il Carlo. Lo 'apprezzò', lo 'intuì', lo 'studiò': e lo capì così a fondo, che certe volte, se glielo avessero dimandato là per là, sui due piedi, tra il ferro caldo e la salsa d'amido, non avrebbe saputo dire nemmen lei che cos'era: se un ragioniere o un mineralogista, o piuttosto anzi un filatelico, un entomologo (ma questo assai più tardi): o un valoroso, un reduce dalla Libia. O un minchione. 'On bel mincionòn d'ora, con du oècc, cont on par de barbìs .. .'. Seppe amare il Carlo anche prima del sindaco: ma solo per facilitare il sindaco. I sindaci dell'epoca demoliberale, è noto, certe volte erano un po' duri d'orecchio: avevano bisogno anche loro d'un qualche incoraggiamento, poveri asini, per decidersi a inalberare la sciarpa, se non prorpio ad offrire la penna.
Così, non sempre, ma di quando in quando, accadeva pure che le spose dopo un cinque mesi dall'asperges ti sfornavano magari un settimino: che tutti però, lì per lì, lo avrebbero detto di nove. 'Quattro chili e mezzo! 'significava la bilancia, senza pronunziar parole. E come settimino di cinque mesi, date retta, poteva anche passare.
Per lei ci fu un anno, il 1913, se ben ricordo, o forse il '14 - se ben connetto i millesimi in aristoteloide unità - ci fu un estate bruciata che il nostro sindaco aveva proprio l'aria di voler ciurlare nel manico, da quell'insigne menatorrone che era: e anche 'la stansa de Lissòn', già comandata, sembrava languire in fabbrica: o addirittura languirne il modello nel magazzino delle Idee, come una pura Idea-Stanza.
Ma lei, l'Adalgisa, 'seppe perseverare nel suo affetto'. Impavida».
In «una relazione del cancelliere del censo del distretto tredicesimo al prefetto del dipartimento dell'Olona in data 12 novembre 1804 «si rileva che "la sola comune di Lissone ha n° 44 Famiglie che eserciscono l'arte di Falegname, le quali travagliano in fabbricare mobili vendibili, ed eccone le indicazioni. 1. Li legnami occorrenti sono provveduti in questo Dipartimento. 2. Il valore delle opere ridotte in merci non si può individuare, e tali manifatture si smerciscono nell'interno. 3. n° 68 persone sono verisimilmente occupate nelle Manifatture. 4. Si servono dei soli istromenti da falegname. 5. Dal 1769 in avanti tale manifattura si è accresciuta”».
Scrive Don Bernasconi:
«Lissone è ormai diventato il maggior centro non solo di Lombardia, ma d'Italia dell'industria e del commercio del mobilio; ad esso affluiscono giornalmente operai a centinaia dai paesi vicini a cercarvi lavoro; ad esso si indirizzano anche i fabbricatori di Milano e della Brianza, ed i compratori di tutta Italia. Le sue numerosissime Ditte commerciali, (memorabili per importanza ed anzianità la Soc. A. Ferdinando Paleari e Figli e la Soc. A. A. Meroni e R. Fossati)
che raccolgono il mobile dalle botteghe private od hanno annesso un opificio, tengono ormai aperti negozi, depositi, rappresentanze in tutte le città e grossi centri d'Italia, e si affermano con successo nelle Esposizioni, Fiere Campionarie, Mostre e simili. Già due volte si tenne in paese, con esito felice, una grandiosa Esposizione Biennale dei Mobili della Brianza, con un concorso largo di espositori ed acquirenti. E dal 1921 è aperto un Mercato dei mobili (un palazzo appositamente eretto) per mettere in diretto contatto produttore e compratore. Il progresso della meccanica italiana ha sviluppato anche le macchine per la lavorazione del legno (seghe, piallatrici, ecc.,) le quali hanno sostituito il pesante lavoro manuale del segantino, con enorme vantaggio nella rapidità della produzione, e ormai dagli stabilimenti e dalle segherie pubbliche vanno passando anche nelle modeste botteghe».
Prendiamo ora in esame la situazione di Lissone in campo economico all'inizio del '900 seguendo le indicazioni di Diligenti e Pozzi.
Nel 1911 «Lissone, registrava 10.654 abitanti. Qui, oltre alle già fiorenti attività mobiliere, si stava sviluppando un altro ramo dell'industria, completamente nuovo, quello della lavorazione meccanica del legno. La prima trancia a piatto, interamente in legno ma con un coltello di ferro lungo circa un metro, venne realizzata dai fratelli Mussi addirittura nel 1880. I primi fogli di tranciato furono ricavati da una radica di noce. Ma quella invenzione non ebbe successo anche perchè i mobilifici non erano ancora in grado di adeguare i loro processi produttivi a quella innovazione tecnologica che apriva una serie di problemi sia mercantili sia nella tecnica costruttiva e quindi nelle attrezzature. La stessa arretratezza dell'industria meccanica rendeva molto problematico il perfezionamento di quella prima trancia rudimentale. Occorreranno ancora una ventina d'anni di ricerche e sperimentazioni per arrivare ad applicazioni di macchine collaudate nella lavorazione del legno. Comunque, nel 1907 i progressi fatti anche in questo campo permettono a Carlo De Capitani di promuovere la costituzione della società italo-lettone Luterna a sostegno della prima fabbrica italiana di compensati, che non aveva vita facile poiché il mercato mobiliero stentava ad assorbire un prodotto che non fosse tutto di legno massiccio. Ma ormai i tempi sono maturi anche per la lavorazione meccanica del legno: l'espansione industriale proseguirà ininterrottamente anche in questo comparto. Nel 1910 sorgeranno la Sapeli, un'altra fabbrica di compensato e aziende che installano sia refendini francesi Guillet per ridurre i tronchi in tavolame, sia serie di macchine per la costruzione di mobili (seghe a nastro, piallatrici, trapani e torni), aziende queste ultime che lavoreranno per terzi, cioè per gli artigiani. A Lissone vengono ancora ricordati gli impianti meccanizzati dei Casati, di Meroni (detto Zot), di Schiantarelli (detto Roc). Nel 1916 la Sapeli installerà una sfogliatrice americana Merit che le permetterà di far fronte all'accresciuta richiesta di compensato, in particolare per uso aeronautico. Fabbriche di compensato, trance e segherie in quegli anni sorgeranno anche a Meda, Seregno, Desio, Seveso e Cesano Maderno.
«Ma la più grande fabbrica di compensati e tranciati d'Italia sarà realizzata, ancora a Lissone, dopo la prima guerra mondiale, esattamente nel 1920: si chiamerà Incisa e arriverà a dare lavoro a oltre mille dipendenti e a trasformare giornalmente 1750 quintali di tronchi in 70 metri cubi di compensato».
Nel censimento industriale del 1911 Lissone è uno dei comuni con più di mille occupati in campo industriale. Durante il conflitto del '15-'18 «anche la lavorazione del legno, particolarmente impegnata nelle commesse militari a Lissone, Meda, Seveso e Cabiate, non sfuggiva alla regola» del parassitismo che caratterizzava le attività produttive dell'epoca. «In quel periodo sorgevano la lega cattolica dei tessili a Muggiò e quella dei mobilieri a Lissone. A Lissone inoltre, per iniziativa di Grandi, veniva creata la Cooperativa di lavoro e di produzione fra falegnami e affini. La nuova associazione però era destinata ad avere una vita stentata, anche perchè nei centri mobilieri il reclutamento per la produzione bellica soffocava ogni altra attività.
Si tenga presente che migliaia di operai brianzoli furono avviati al lavoro in stabilimenti ausiliari». «Il dopoguerra fu anche un periodo felice per i centri mobilieri: stava fiorendo l'industria del compensato, del tranciato, degli specchi, degli accessori in metallo, dei marmi e delle vernici; si profilava già una ripresa del turismo, favorita dalla promozione sociale di nuovi ceti, che avrebbe stimolato lo sviluppo alberghiero e quindi il mercato di prodotti per l'arredamento; brianzoli avventurosi in numero sempre più crescente esploravano paesi e foreste in tutti i continenti alla ricerca di tronchi e di nuove essenze di legno per arricchire la produzione mobiliera, alimentare l'industria dei tranciati e dei compensati: tutti i fenomeni in atto aprivano prospettive di espansione.
Un pioniere lissonese, Carlo De Capitani, già fondatore di una delle prime fabbriche di compensato, la Luterna, è già in Africa nel 1921 (secondo notizie raccolte negli archivi di vecchie aziende, l'inizio delle ricerche per l'importazione di legname in Brianza, potrebbe essere così datato: 1924 in Brasile e nel Venezuela; 1926-27 nell'Unione Sovietica, in Romania e Bulgaria; 1932-34 in India, Canada, altri paesi dell'America Latina, Afghanistan, Persia, Turchia e Jugoslavia); nel '26 le 'camerette brianzole' arrivano sul mercato inglese dando vita a fiorenti scambi che cesseranno nel '31, dopo il tracollo della sterlina e la conseguente istituzione di un dazio protettivo del 30%; dal '27 i mobilieri esportano anche nell' America del Nord e nel Sudafrica».
Bibliografia:
AA. VV. Le affinità elettive – La Brianza e Lissone – Studi e ricerche nell’area del mobile Arti Grafiche Meroni Lissone 1985