Luigi Erba, un partigiano lissonese in Val d’Ossola
13 Août 2010 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #storie di lissonesi
«Certo combattendo volevamo un futuro diverso. Prima di tutto abbiamo lottato per cacciare i tedeschi dal nostro paese e i fascisti che erano i loro servi; poi abbiamo lottato per creare un'Italia democratica».
Cresciuto in una famiglia di antifascisti, Luigi, classe 1923, all’età di 21 anni era stato tra i partigiani della Repubblica dell’Ossola, con il nome di battaglia "China". Era cugino di Pierino Erba, fucilato in piazza Libertà il 16 giugno 1944. Ha trascorso diciotto mesi della sua vita sfidando il pericolo, in lotta contro i tedeschi e fascisti, in difesa della libertà.
La Repubblica dell’Ossola, nata nell’agosto del 1944, durò solamente 33 giorni. Era un vasto territorio occupato dai partigiani che diventò un vero e proprio Stato con un governo, un esercito e una capitale: Domodossola. Fu un esperimento democratico che stupì il mondo intero perché venne realizzato all’interno di un paese in guerra.
L'Ossola non fu la sola zona a liberarsi e ad autogestirsi nell'estate 1944. La sua vicenda ebbe maggiore risonanza per la vastità del territorio, l'elevato indice demografico, il notevole livello di industrializzazione, la collocazione geografica che consentiva da una parte di controllare l'importante valico ferroviario e stradale del Sempione e dall'altro di costituire per i tedeschi una potenziale minaccia sulla pianura padana tra Torino e Milano.
Nella zona liberata si costituì quel modello sperimentale di gestione della cosa pubblica che, sotto il nome di «Giunta Provvisoria di Governo dell'Ossola», seppe esercitare il suo potere in ogni settore della vita politica-amministrativa, mantenendo l’ordine pubblico nell'intero territorio.
Luigi era tornato, mentre un altro partigiano lissonese, il diciannovenne Attilio Meroni, catturato dai tedeschi in un’azione di rastrellamento, venne fucilato e il suo corpo rimase disperso tra quei monti.
Le Repubbliche partigiane si fondarono su quei principi di democrazia, libertà, giustizia, solidarietà che saranno poi inseriti nella nostra Costituzione repubblicana.
Piero Calamandrei, partigiano e membro dell'Assemblea Costituente, rivolgendosi ad un gruppo di studenti universitari milanesi, diceva:
«Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, voi giovani dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, … che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta… . Non è una carta morta, questo è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità; andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì e nata la nostra Costituzione».
In quegli articoli sono custoditi gli ideali per cui molti italiani si sono battuti, tra cui anche Luigi Erba.
Elettromeccanico presso un'azienda di Milano e a Lissone presso la tessitura Pontelambro, dipendente della ditta Arosio Prà e del mobilificio Ivm, Erba si sposa nel 1965. Morta la moglie nel 1989, l'anno dopo vende l'appartamento di via Carducci dove abitava e inforcata la bicicletta raggiunge la casa di riposo in via Don Bernasconi. E lì fissa la nuova dimora.
Riportiamo alcuni brani di un’intervista rilasciata da Luigi Erba a Livio Gatti e pubblicato su “IL CITTADINO” del 12 aprile 2003.
L'inizio della vita partigiana.
Racconta Luigi Erba: «Siamo partiti da Monza su un camion camuffati da tedeschi, direzione Milano. Avevo 20 anni. Con le ferrovie Nord siamo giunti a Varese. Su di un barcone, nottetempo, abbiamo percorso il lago Maggiore. Attraverso paesi e valli in 25 approdiamo in Val d'Ossola. In quei territori nei mesi di agosto e settembre 1944 fu istituita una repubblica partigiana, poi sopraffatta dai tedeschi. Con noi c'era il nostro comandante che parlava tedesco. Ai controlli presentava documenti falsi. La nostra giornata si svolgeva sui monti, tra i boschi. Alcune volte scendevamo nei paesi dove la gente ci proteggeva. Ma qualche delatore ci denunciava ai nemici, sia tedeschi che fascisti.
Eravamo aggregati in gruppi di una decina di partigiani. La mia era la brigata ''Antonio di Dio per la giustizia e la libertà", di ispirazione cattolica. Il nostro capo era in collegamento con il comandante partigiano Beltrami, politicamente di colore opposto al nostro. Ma si combatteva per gli stessi ideali. La nostra era vita vissuta alla macchia. Percorrevamo tutta la Val d'Ossola sino a Novara attraverso Bognanco, Villadossola, Piedimulera, Santa Maria Maggiore. Il nostro comando aveva sede a Villadossola e a Ornavasso. Nei nostri movimenti incontravamo partigiani arrivati dalla Brianza. Le armi le procuravamo con la cattura dei militari nostri nemici. A Fondo Toce 42 furono fucilati con il loro cappellano. Uno solo, ferito, riuscì a fuggire».
Attento osservatore, lettore interessato, Luigi Erba negli ultimi anni della sua vita, trascorsi alla casa di riposo di Lissone, è stato invitato in molte occasioni nelle scuole per raccontare ai ragazzi la sua vita di partigiano, accolto con interesse e curiosità.
A Luigi Erba, morto il 19 gennaio 2008, era stata consegnata la tessera onoraria dell’ANPI in occasione del “Giorno della Memoria” 2006.
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