Partigiani e Gruppi di combattimento in azione
22 Mars 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #II guerra mondiale
Negli stessi giorni in cui la missione del CLN Alta Italia si trovava a Roma, per le strade della capitale sfilarono le rappresentanze dei Gruppi «Cremona» e «Friuli», che andavano al Nord per l'impiego al fronte. Erano le prime grandi unità del risorto esercito italiano, nate dal potenziamento del Corpo di liberazione e dalla sua trasformazione in sei Gruppi di combattimento forti ciascuno di circa diecimila uomini. Quel giorno i romani applaudirono un esercito nuovo, nuovo dagli elmetti alle divise, bene addestrato e pronto a combattere.
Si poteva rimpiangere il vecchio grigioverde ma la vista di quei mezzi e di quelle armi moderne faceva tacere certe nostalgie.
Fu allora che al Lirico di Milano Mussolini pensò di fare un solenne discorso, come una volta, per proporre una sua soluzione agli avvenimenti.
Ecco alcune frasi del suo appello:
«Camerati, cari camerati milanesi! Rinuncio ad ogni preambolo ed entro subito nella materia del mio discorso: nel 1945 la partecipazione dell'Italia alla guerra avrà maggiori sviluppi. Non si tratta di armi segrete ma di armi nuove. Che tali armi esistono lo sanno, per una ormai lunga ed amara esperienza, i britannici. Che le prime armi saranno seguite da altre, lo posso io affermare con cognizione di causa. Noi vogliamo difendere con le unghie e coi denti la valle del Po. Noi vogliamo che la valle del Po resti repubblicana, nell'attesa che tutta l'Italia sia repubblicana».
Fu l'ultimo discorso pubblico di Mussolini. La fiducia ch'egli ostentava nelle armi segrete di Hitler e nella possibilità di tenere la valle del Po non convinse nessuno. Il regime sarebbe finito con il crollo del nazismo; l'esercito fascista era soltanto un'ombra, neppure i tedeschi se ne fidavano, malgrado fosse stato addestrato in Germania.
L'ultimo inverno di guerra a Milano fu anche il più duro. Con la neve e il freddo la città, disseminata di rovine, divenne tetra. E tuttavia i milanesi (e con loro tutti gli italiani del Nord) sopportavano le privazioni perché una grande speranza li sosteneva. A parte pochi fanatici o illusi, tutti sapevano che la Germania aveva perso la guerra, che il nazifascismo era giunto al termine della sua Sinistra parabola. Lo sapevano anche i soldati della repubblica di Salò. Erano gli ultimi giorni della loro avventura. E dopo? Meglio non pensarci.
In linea, l'inverno continua a far tacere la guerra.
Quando il fronte si rimetterà in movimento, sarà per l’offensiva finale. Anche nel settore della V Armata non ci sono stati più scontri dopo quello di Natale in Garfagnana. Intere giornate trascorrono senza un colpo.
In quel tempo, solo la X Divisione americana da montagna, con i suoi famosi sciatori, compì qualche azione degna di nota.
A metà febbraio, sui monti a nord di Pistoia, penetrò nello schieramento tedesco fin quasi a Vergato.
Nei comandi c'erano stati grandi mutamenti. Clark aveva assunto la responsabilità di tutto il fronte e Mac Creery era succeduto a Leese alla testa dell'VIII Armata. Il veterano Truscott comandava ora la V.
In quel lungo inverno sulla «Gotica », si intensificò la collaborazione fra i soldati alleati e i partigiani che da tempo ormai combattevano al loro fianco. Dai monti della Garfagnana alle valli di Comacchio i partigiani diventarono le avanguardie esploranti dell'esercito alleato. Pratici dei luoghi, rapidi, decisi nell'assalto, essi costituivano un pericolo costante per i tedeschi.
Dal gennaio del '45, davanti alle paludi di Comacchio, la Brigata «Mario Gordini» operò in linea a fianco dei soldati dell'VIII Armata, meritando il riconoscimento degli Alleati.
Il 4 febbraio, sulla piazza di Ravenna, Arrigo Boldrini, detto «Bulow», che comandava quella Brigata, ricevette la medaglia d’oro dalle mani stesse del nuovo comandante d Armata generale Mac Creery.
Tre settimane avanti era entrata in linea, nello stesso settore, la prima unità regolare italiana, il Gruppo di combattimento «Cremona» al comando del generale Primieri. Clark lo andò a ispezionare a fine gennaio, quando il Gruppo, che aveva dato il cambio a una Divisione canadese, era già stato impiegato in alcune riuscite azioni.
Il «Cremona» teneva un tratto del fronte sul basso Reno, davanti alle valli di Comacchio, a fianco della Brigata partigiana «Gordini».
Il secondo Gruppo di combattimento, chiamato a far parte dell'VIII Armata, fu il «Friuli ». Il generale Keightly del V Corpo britannico, lo passò in rivista ai primi di febbraio a Forlì, accompagnato dal comandante generale Scattini. In quei giorni il «Friuli» doveva sostituire al fronte la Divisione polacca «Kressowa», precedendo altri due gruppi, il «Folgore» e il «Legnano» che entreranno in linea nel mese successivo. Sull'impiego di queste unità il generale Arturo Scattini, comandante del Gruppo «Friuli» ha detto:
«Dopo che i comandanti alleati avevano potuto constatare come fossero ben preparati questi Gruppi di combattimento, anche dal punto di vista spirituale, decisero di portarli in linea, e fu una decisione molto saggia, accolta da tutti i nostri combattenti italiani con molto entusiasmo. Tanto entusiasmo che effettivamente nessuno pensò più ad allontanarsi come era qualche volta successo durante il lungo periodo della preparazione. Per tutti i tre mesi, quattro mesi che rimanemmo in linea, durante le giornate dei duri combattimenti, io e i miei colleghi degli altri Gruppi di combattimento non avemmo nemmeno un disertore».
Bibliografia:
Manlio Cancogni in AA.VV - Dal 25 luglio alla Repubblica - ERI 1966
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