Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

Roma durante il ventennio fascista (seconda parte)

25 Octobre 2010 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #il fascismo

dalle pagine di Con cuore di donna- Il Ventennio, la Resistenza a Roma, via Rasella: i ricordi di una protagonista” di Carla Capponi.

 

26 luglio 1943: sentii un clamore improvviso crescere dalle case: vidi spalancarsi le finestre e uomini e donne affacciarsi urlando qualcosa che non capivo. A via Cavour infine mi fermai e chiesi che cosa fosse successo. Una donna mi gridò: «Hanno cacciato via er puzzone, se n'è annato Mussolini».

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Da quel giorno la mia casa divenne uno dei centri dell'attività che riprendeva a manifestarsi riaggregando intorno ai partiti persone rimaste in clandestinità per tanti anni.

Il primo pensiero fu quello di chiedere la scarcerazione dei prigionieri e dei confinati nelle isole. In particolare, le riunioni che si tennero in casa erano tutte finalizzate alla mobilitazione per ottenere la liberazione dei politici costretti nelle carceri di Regina Coeli: avevano già liberato alcuni antifascisti ma non volevano rilasciare i comunisti, che erano i più numerosi.

Si era ai primi di agosto e tutto ancora era incerto. "La guerra continua", aveva avvertito Badoglio, e intanto si aveva notizie che diciotto divisioni tedesche stavano varcando i confini del Brennero.

Nelle discussioni alle quali partecipai si considerava se, caduto il fascismo, potevamo restare alleati di un regime dittatoriale: si poneva il problema che prima o poi avremmo dovuto prendere una decisione che, per logica, sarebbe stata quella di rompere l'alleanza con i tedeschi e di chiedere un armistizio unilaterale agli angloamericani.

I partiti si riorganizzarono e costituirono una forma di governo alla macchia, come si diceva allora, che doveva fungere da centro coordinatore della lotta clandestina: il CLN, Comitato di Liberazione Nazionale, che ebbe quale primo presidente un antifascista, Ivanoe Bonomi.

Molti treni che provenivano da nord erano pieni di gente di ogni categoria, maestre, impiegati, contadini, molte donne: tutti carichi di borse, valigie, pacchi, segno di un traffico di scambi ancora molto attivo tra città e campagna, unica risorsa per integrare le razioni da fame e sopravvivere alla carestia della guerra.

 

Otto settembre

La radio EIAR (sigla della RAI di allora) sospese le trasmissioni musicali alle 19.45 e, dopo un breve silenzio, fu annunciata la lettura di un comunicato. Poi, la voce del maresciallo d'Italia Pietro Badoglio scandì il proclama: "A tutte le forze di terra, di mare e dell'aria: il Governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze angloamericane. La richiesta è stata accettata. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno a eventuali attacchi da qualsiasi parte provenienti".

Roma era divenuta il rifugio di tutti gli abitanti dei paesi distrutti dai bombardamenti. Dopo lo sbarco degli angloamericani a Salerno le popolazioni erano sfollate da Cassino, Frosinone, Colleferro, Valmontone e da altri paesi limitrofi, cacciate dall' avanzare del fronte della guerra e dalle distruzioni dei bombardamenti che avevano devastato città e campagne. Un esodo biblico aveva spostato centinaia di migliaia di persone, prive d'ogni bene, convinte di trovare sicurezza e assistenza nella capitale, protette dalla presenza del Vaticano. I fascisti avevano creato un Commissariato alloggi che smistava le famiglie dei sinistrati negli appartamenti requisiti e nelle foresterie dei conventi che accettavano di ospitarli. Ma di lì a poco anche in quel settore dell'assistenza cominciò a regnare il caos per l'enorme afflusso di sfollati che giungevano ogni giorno e perché i fascisti ne avevano fatto un commercio 'lucroso, ma anche per la disorganizzazione che ormai regnava in ogni settore della vita cittadina. Molte famiglie, fortunate, si erano arrangiate presso parenti; altre, più disperate, erano accampate nei luoghi 'più impensati e in tutte le zone della periferia erano fiorite una quantità di baracche costruite con lamiere, cartoni e ogni materiale reperibile adatto a creare un rifugio; persino le arcate degli acquedotti romani erano divenute alloggio di intere famiglie. Dopo i primi grandi bombardamenti di Roma altre migliaia di sinistrati erano stati collocati in varie caserme. I più raccomandati, i gerarchi fascisti dei vari paesi sfollati, erano sistemati negli appartamenti vuoti di proprietà dei vari enti. Si calcolava che il numero degli abitanti in città fosse addirittura raddoppiato.

 

Dopo l'otto settembre, i fascisti avevano proclamato la Repubblica sociale ricostituendo il disciolto Partito fascista con alcuni uomini del Ventennio. Avevano così avuto inizio le affissioni dei proclami che annunciavano l'obbligo al "servizio di lavoro" e all' arruolamento delle classi 1910-1925 nell' esercito della nuova repubblica fascista.

Non potevamo credere che nei quarantacinque giorni trascorsi da "La guerra continua", prima di decidere l'armistizio il generale Badoglio avesse lasciato entrare in Italia sedici divisioni tedesche che si erano dislocate nei punti strategici e nelle città chiave del Nord e del Centro Italia.

 

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I nazisti che avevano occupato la capitale iniziarono anche loro ad affiggere manifesti che annunciavano l'arruolamento per il servizio del lavoro sotto il comando delle SS, e la minaccia per chi non si presentava in tempo alla chiamata era la "punizione secondo le leggi di guerra" tedesche, ossia la condanna a morte. Ma i romani delusero le aspettative e non risposero agli appelli, sfidando così i diktat di morte dei tedeschi e dei fascisti.

 

Il sette ottobre 1943 il comando tedesco sciolse l'Arma dei carabinieri, arrestandone e deportandone gran parte: molti sfuggirono alla cattura.

Il sedici ottobre, alle cinque e trenta del mattino, ebbe inizio il rastrellamento degli ebrei dal ghetto. Il quartiere fu circondato da circa centocinquanta SS germaniche e da soldati della Wehrmacht, che in due ore rastrellarono mille e ventidue ebrei, snidandoli casa per casa, buttandoli giù dal letto, trascinandoli via senza permettere loro neppure di indossare abiti adatti. Quasi tutti si infilarono un cappotto sopra gli indumenti da notte e furono portati alla Scuola militare senza cibo, senza assistenza, buttati per terra in camerate, in attesa del tragico viaggio. Di quei mille e ventidue deportati in Germania solo quattordici si salvarono: tredici uomini e una donna, unica superstite della famiglia Spizzichino.

Fu dalla stazione Tiburtina che il diciassette, alle cinque del pomeriggio, partirono diciotto vagoni piombati dentro ai quali era anche una bimba, nata durante la notte, che non ebbe neppure una mangiatoia per culla. Pensare a quella madre giovanissima con la sua piccola creatura nuda, nel lungo viaggio verso le camere a gas, divenne per me un assillo che mi tormentò ogni qualvolta dovevo intraprendere un'azione contro gli aguzzini tedeschi e i loro alleati fascisti.

Il ventisette e il ventotto ottobre iniziarono i primi rastrellamenti per recuperare i renitenti di leva. Le strade furono bloccate e mezzi tedeschi sbarrarono le vie di accesso ai quartieri, che vennero circondati dalle milizie; tutti coloro che circolavano furono arrestati, dopodiché iniziarono i rastrellamenti casa per casa, Bussavano a ogni porta e se non ricevevano risposta la sfondavano e arrestavano chiunque fosse all'interno e avesse un' età compresa tra i quindici e i sessant'anni. Con brutalità spingevano i rastrellati nei camion, e spesso nelle perquisizioni rubavano i preziosi; in questa affannosa ricerca di braccia da deportare per il lavoro coatto in Germania o al fronte usavano violenza e molte volte anche le armi per bloccare quanti tentavano di sfuggire.

 

L'attività dei partigiani si concentrò contro il ricostituito Partito fascista. Fu deciso di scoraggiare i fascisti che ricominciavano a girare per la città, spavaldi nelle nuove divise della rinata Guardia nazionale repubblicana e rifatti franchi dalla massiccia presenza a Roma dei loro alleati.

I GAP di zona si organizzarono per attaccare le pattuglie fasciste.

Il mese di ottobre finì e già si contavano i risultati della presenza attiva dei GAP. Più di trenta azioni.

Dopo la disfatta dell'esercito, lo sbandamento dei soldati, l'occupazione della EIAR e dei più importanti ministeri da parte dei tedeschi, Roma era praticamente in mano ai nazisti. Una grande solidarietà si era instaurata tra civili e militari e, proprio grazie alla disponibilità dei primi cittadini, molti militari erano sfuggiti ai rastrellamenti e alla deportazione e avevano potuto riorganizzarsi nella clandestinità.

Così l'anno 1943 finiva. Un anno tragico che aveva cambiato la mia vita ed era stato denso di fatti straordinari e terribili. La guerra aveva incrudelito il conflitto, ma c'era una speranza che s'insinuava nell' animo, suggerita dagli avvenimenti, ed era che il crollo della dittatura nazista avrebbe seguito a breve termine quello del fascismo, avvenuto il venticinque luglio. Le prime disfatte in Africa e a Stalingrado, avevano segnato l'inizio di questo inarrestabile evento. Non pensavamo che ci sarebbero voluti ancora due anni prima della fine della guerra: gli Alleati erano bloccati a Cassino, ma la speranza della rottura di quel fronte ci dava coraggio e determinazione ad agire.

Malgrado avessero più volte dichiarato Roma "città aperta", i tedeschi continuavano a usarla come centro di smistamento delle truppe che combattevano sul fronte di Cassino, e lungo i viali tutta la città era occupata dai camion che ne regolavano il trasporto.

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Lo sbarco ad Anzio avvenne il ventidue gennaio 1944, sorprendendoci tutti, e immediatamente giunse l'ordine di organizzare "comizi volanti" per incitare i romani a concorrere alla cacciata dei tedeschi dalla città.

Alla Resistenza si chiedeva di contrastare con ogni mezzo il flusso di rifornimenti di militari e di armi che provenivano dal Nord, tutti effettuati a mezzo di camion poiché le ferrovie erano colpite ogni giorno e in gran parte erano già distrutte, I camion viaggiavano di notte e si occultavano di giorno, nascondendosi all'interno delle città per non essere attaccati dagli aerei americani.

Il CLN diede mandato alla giunta militare, costituita da Bauer, Amendola, Pertini, Partito d'azione, Partito comunista e Partito socialista, di organizzare la difesa di Roma nonché, secondo le richieste alleate, le operazioni di appoggio allo sbarco.

 

 

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