Santina Pezzotta, un’adolescente brianzola nei lager nazisti
20 Août 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana
«Spesso mi sembrava che fosse un terribile sogno, e che svegliandomi sarebbe svanito. A quella realtà ci si rifiutava con tutti se stessi. Confrontavo la vita trascorsa in libertà, pur modesta, con quella del lager e mi pareva impossibile che si potessero costringere degli esseri umani a condurre una simile vita d’inferno, se poi si poteva chiamare vita. Fino a quando avrei resistito? Saremmo morti tutti, e nessuno avrebbe mai saputo in quale modo demente ci avevano fatto morire ... E chi orchestrava tutto erano quegli esseri umani che portavano scritto sulla fibbia del cinturone: “Dio è con noi”». Antonio Scollo, partigiano diciassettenne deportato, minorenne come Santina Pezzotta.
La storia di Santina Pezzotta è tratta dal libro di Pietro Arienti “Dalla Brianza ai lager del III Reich”.
Santina Pezzotta era nata il 17 gennaio 1928 a Brugherio. Residente al quartiere San Fruttuoso di Monza, era operaia specializzata alla Magneti Marelli, stabilimento “N” di Crescenzago. Apparteneva ad una famiglia decisamente antifascista: il padre Serafino che aveva già subito il confino in Francia ed un arresto in Italia, a Sesto San Giovanni, per propaganda politica, fece parte della Resistenza monzese insieme alla figlia Elisa, attiva nella diffusione di stampa clandestina e nel supporto alle famiglie di partigiani arrestati.
Santina nel 1944 aveva dunque solo sedici anni e non si interessava di politica, come testimonia la sorella Elisa. Il 16 marzo si trovava a Bergamo per un compito di lavoro affidatogli dal padre e si trovò coinvolta in un rastrellamento fascista, teso probabilmente a procurare manodopera da inviare in Germania. ... Un’adolescente arrestata completamente priva di ogni colpa, ed esente da qualsiasi capo di accusa immaginabile, avviata nei più orribili campi di sterminio predisposti dai nazisti ...
Il padre si Santina andò ad urlare ai Militi della Legione Muti in mano ai quali vide il registro degli arresti con il nome della figlia che intanto era in carcere a Bergamo.
Le proteste non servirono a niente e la famiglia non ebbe più nessuna notizia della ragazza per un anno e mezzo, cioè fino al suo rientro in Italia.
Santina fu deportata a Theresienstadt, nome tedesco di Terezin, nei pressi di Praga, che era stata utilizzata come ghetto per gli ebrei cechi prima del loro invio ad Auschwitz. Vi giunse il 27 maggio 1944.
Elisa Pezzotta racconta che, terminata la guerra, avvicinava ogni mezzo che rimpatriava deportati per chiedere informazioni della sorella. Finalmente una sera, era il 30 aprile 1945, ebbero delle notizie favorevoli che alimentavano la speranza: dopo pochi giorni, infatti, Santina tornò.
Le privazioni di ogni genere che aveva subito la rendevano irriconoscibile, “di una magrezza spettrale e con cicatrici in tutto il corpo”.
San Fruttuoso fece una grande, meritata festa all’adolescente che il fascismo si onora di aver sottoposto senza motivo alle più atroci brutalità dei lager del Reich.
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