«Vent'anni»
31 Décembre 2009 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana
"Siamo nati che la «grande guerra» era appena finita. Nei racconti di nostro padre c'era ancora un' eco molto viva di quella lotta. Grandi cimiteri - tante croci in fila - accoglievano nel loro silenzio i morti di quelle battaglie, e anche nel cuore dei reduci c'era forse una croce, ma inestinguibile segno di quell' esperienza. A noi, bambini, sembrava che negli uomini che «l’avevano fatta», fosse come una sottile disperazione, qualcosa di esaltante e di profondamente triste. Eravamo bambini e trionfò il fascismo. Ci dissero che il fascismo voleva il bene della Patria, anzi che fascismo e Patria erano la stessa cosa, che le rinunce alle quali eravamo soggetti dovevano essere sopportate per il bene di tutti, perché l'Italia fosse grande e potente. Ma ci accorgemmo che il fascismo era una certa cosa e la Patria un'altra, i sacrifici li faceva il popolo ma non i capi, che sulla nostra buona fede si speculava. Fummo battezzati fascisti nascendo, ma in realtà noi giovani eravamo dei miscredenti. Ed eravamo anche tanto infelici.
Ci furono altre guerre, altri uomini caddero. E fummo gettati in questa che ancor continua, lunga e terribile. Cadde il fascismo, poi l'armistizio, la fuga del re, i tedeschi, la Repubblica, caddero tante illusioni. Il Paese in rovina, le coscienze esasperate nella ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi, il domani incerto nebuloso. Sorsero i partigiani: e fu una aperta ribellione contro il mondo, contro uomini, contro idee umanamente e storicamente condannate, contro sistemi che avevano forzatamente agganciato a un carro in folle corsa verso la rovina il destino di 45 milioni di vite. E i ragazzi lasciarono le case e andarono sui monti. Lasciarono la loro giovinezza che non aveva e non avrebbe mai più trovato la sua stagione. Videro la morte e uccisero, seppero la crudeltà e l'amore, la disperazione e la speranza. Offrirono i loro vent'anni per avere una certezza, una fede che li sollevasse. La trovarono in un nome: libertà. Li sostenne nei giorni duri; li animerà se dovranno ancora combattere perché nessuno tolga - agli uomini di vent'anni già vecchi - quella libertà che fu spesso la sola fiamma per riscaldare la loro inesistente giovinezza".
Editoriale del terzo numero del giornale “PATRIOTI” dell’aprile 1945, scritto da Enzo Biagi, dopo la liberazione di Bologna. Enzo Biagi è stato partigiano per quattordici mesi con il nome di battaglia “il Giornalista”.
Tratto da “I quattordici mesi. La mia Resistenza” di Enzo Biagi – Rizzoli Editore - novembre 2009
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