la costituzione italiana
Lissone nuove iniziative per il 70mo della Costituzione
Lissone, 20 settembre 2018
Dopo la pausa estiva, sono riprese le iniziative della varie associazioni per il 70mo della Costituzione.
Ieri sera si è svolta la prima delle tre conferenze sul tema del lavoro, organizzate dal Circolo Culturale Sociale Don Ennio Bernasconi.

la locandina con le prossime conferenze del Circolo Don Bernasconi
tutte le altre iniziative previste per il 70mo della Costituzione a Lissone
Lissone continuano le iniziative per il 70mo della Costituzione

Domenica 10 giugno - h 21.00
PERCORSO ICONOGRAFICO E LETTURA SCENICA
L’impegno e l’incisività delle 21 donne elette all’Assemblea Costituente nella stesura degli articoli della Costituzione,un documento fortemente innovativo in cui venivano affermati i fondamenti che riconoscevano l’importanza del principio di uguaglianza per lo sviluppo di un Paese moderno.
Voci recitanti: Mara Gualandris, Paola Perfetti
Fisarmonica: M° Marco Valenti
Testi a cura di Ettore Radice
Studio Architetto Nava, Via Padre Reginaldo Giuliani , 47
A cura di: Il Soffio di Artemisia e Pro Loco “Città di Lissone”
inaugurazione della mostra LIBERE E SOVRANE
Lissone 26 maggio 2018: inaugurazione della mostra presso Villa Magatti - Casa delle Culture
introduzione alla mostra a cura di Giovanni Missaglia
Dal sito internet di ANPI MonzaeBrianza:
Le schede
Adele Bei | Bianca Bianchi | Laura Bianchini
Elisabetta Conci | Filomena Delli Castelli | Maria De Unterrichter Jervolino
Maria Federici Agamben | Nadia Gallico Spano | Angela Gotelli
Angela Guidi Cingolani | Nilde Iotti | Teresa Mattei
Angelina Merlin | Angiola Minella Molinari | Rita Montagnana
Maria Nicotra Verzotto | Teresa Noce | Ottavia Penna Buscemi
Elettra Pollastrini | Maria Maddalena Rossi | Vittoria Titomanlio
prime iniziative per il 70mo anniversario della COSTITUZIONE
dal sito internet del Comune di Lissone:

Lissone calendario iniziative 70° COSTITUZIONE
dal sito internet del Comune di Lissone:
INCONTRI, MOSTRE, CONFERENZE, DIBATTITI, EVENTI A TEMA: Calendario appuntamenti
tutte le iniziative in programma a LISSONE dal 26 maggio al 18 novembre 2018 per il 70° anniversario della COSTITUZIONE ITALIANA
Comunicato stampa 70 anni di Costituzione Italiana
dal sito del Comune di Lissone
Lissone, 19 maggio 2018
Comunicato stampa
70 anni di Costituzione Italiana: ricca rassegna di eventi a Lissone grazie alla partecipazione attiva di associazioni e scuole del territorio
Prenderanno il via sabato 26 maggio e proseguiranno sino al 18 novembre le iniziative programmate per riscoprire italiana i principi ed i diritti fondamentali della vita civile e democratica in occasione del 70° anniversario della Costituzione. Una manifestazione promossa dall'Amministrazione Comunale in collaborazione con numerose associazioni e vari istituti scolastici del territorio, articolata in una serie di incontri, mostre, conferenze, dibattiti ed eventi a tema.
"La Costituzione Italiana | 1948-2018 - Celebrazioni Lissonesi nel 70° anniversario" sarà il contenitore trasversale che si soffermerà su un pilastro fondamentale della Repubblica Italiana, firmata il 27 dicembre del 1947, dopo 18 mesi di lavoro dell'Assemblea Costituente, dall'allora Capo Provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, ed entrata in vigore il primo gennaio 1948.
Volti, parole, temi dei protagonisti e spirito dell'epoca saranno riproposti alla cittadinanza con eventi che avranno una durata complessiva di sei mesi, proprio per coinvolgere la cittadinanza ed offrire un ampio ventaglio di iniziative che avranno tutte come legame la fondamentale importanza della Costituzione italiana nello sviluppo della democrazia.
Le associazioni coinvolte saranno 15, ciascuna delle quali porrà l'accento su un diverso aspetto della Costituzione italiana. Parte attiva del progetto saranno - in ordine alfabetico - le seguenti: A.MUS.LI - Associazione Musicale Lissonum, A.N.P.I. - Associazione Nazionale Partigiani Italiani, Athena, Circolo Don Bernasconi, Club Natalia Ginzburg, Compagnia Teatro Instabile, Consonanza Musicale, Corpo Bandistico Santa Cecilia, F.A.L. - Famiglia Artistica Lissonese, Il Soffio di Artemisia, MeC - Musica e Canto, Musicarte, Pro Loco Città di Lissone, qDonna e Teatro dell'Elica. In un evento, parte attiva sarà il Liceo Scientifico Enriques di Lissone.
A riprova della bontà e della qualità dei contenuti delle iniziative in programma è stato richiesta al Ministero l'autorizzazione ad utilizzare il logo ufficiale che accompagna gli eventi celebrativi, concessa ufficialmente pochi giorni fa.
L'iniziativa sarà caratterizzata inoltre dalla presenza di un logo identificativo selezionato fra i 60 proposti dall'Istituto Giuseppe Meroni, cui è stato chiesto di rappresentare graficamente l'anniversario della Costituzione italiana.
L'adesione all'iniziativa è stata rilevante: i ragazzi delle classi coinvolte hanno mostrato le loro abilità grafico-creative nel pensare al logo che comparirà su tutti i supporti di comunicazione che veicoleranno il progetto culturale, caratterizzandosi come progetto di rete per il mondo associativo del territorio.

È risultato vincitore il logo ideato da Francesca Brivio: un logotipo dove spicca il numero zero composto da pallini, colorati come la bandiera italiana, che rappresentano l'Assemblea Costituente.
Al secondo posto la grafica realizzata da Aurora La Fauci: ispirato al fiore della libertà, il numero 7 rappresenta il gambo del fiore e il numero 0 rappresenta la foglia in un connubio di colori che richiamano alla bandiera nazionale. Al terzo posto, ex aequo, Gaia Motta, nel cui logo spiccano due mani che racchiudono in modo affettuoso i primi 70 anni della Costituzione, e Edoardo Pergher, che ha utilizzato i colori della bandiera italiana per caratterizzare l'incrocio fra i due numeri che rappresentano il settantesimo.
Agli studenti primi 3 classificati, l'Amministrazione Comunale ha consegnato un riconoscimento nel corso di un momento di premiazione ospitato nella mattinata di sabato 19 maggio nella Biblioteca Bermani dell'Istituto Meroni. Presenti all'evento il sindaco Concettina Monguzzi, l'assessore alla Cultura Alessia Tremolada, il vice-preside Lucio Casciaro, gli studenti delle classi coinvolte e i loro insegnanti, che hanno avuto parte attiva nel progetto.
Gli studenti dell'Istituto Meroni sono anche stati coinvolti nella realizzazione grafica degli stendardi che verranno collocati dopo l'estate sulle colonne di Piazza Libertà, e che accompagneranno lo svolgersi dei vari eventi con la presentazione di un estratto degli articoli principali della Costituzione.
"La Costituzione italiana ha 70 anni e l'Amministrazione Comunale celebra la ricorrenza con un insieme di eventi dedicato alla Carta fondamentale - dichiara Alessia Tremolada, assessore alla Cultura - Il lavoro dei costituenti è partito da sentimenti di pace, libertà e democrazia necessari per dare un futuro al nostro Paese ed ancora attuali. La Costituzione è il simbolo della coesione del nostro popolo e dei suoi valori e così deve restare. Con questa iniziativa rinnoviamo l'impegno al rispetto di questi alti valori che ci uniscono. In quest'ottica l'Amministrazione ha voluto coinvolgere nel progetto associazioni e scuole lissonesi, per condividere con loro il filo narrativo di un percorso che valorizzi i diversi volti della Carta fondamentale, per regalare ai cittadini differenti ed interessanti spunti di riflessione sui diritti inviolabili ed i doveri inderogabili contenuti nella Costituzione"
dalla Liberazione alla Costituzione
Il 27 dicembre 1947 la Costituzione è promulgata dal Capo dello Stato provvisorio Enrico De Nicola.
Il 25 aprile 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclamò l'insurrezione generale ed emanò il decreto dell'assunzione di tutti i poteri da parte dei Comitati di Liberazione regionali, provinciali e cittadini.
Finiva in Italia la seconda guerra mondiale, ma il Paese era da ricostruire: il 10% delle case e il 90 % dei ponti erano distrutti, le ferrovie inefficienti, perdite incalcolabili in agricoltura, mille miliardi di danni.
Ferruccio Parri, esponente di spicco della Resistenza, il nome di battaglia di "Maurizio", è il primo Presidente del Consiglio dei Ministri di un Governo di unità nazionale composto da democristiani, comunisti, socialisti, azionisti, liberali e demolaburisti.
Il primo provvedimento del governo Parri è la creazione del Ministero della Costituente, affidato a Pietro Nenni, con il compito di predisporre progetti per la riforma dello Stato.
Il governo Parri nomina la Consulta Nazionale, anche se non eletta direttamente dal popolo è la prima Assemblea rappresentativa che si riunisce dopo il fascismo: i suoi 430 componenti sono ex partigiani,reduci, rappresentanti di partito e dei sindacati, e, novità assoluta, in segno della conquista dei diritti politici, 13 donne.
La Consulta fa le veci del Parlamento, ma gli Italiani vogliono scegliere i loro rappresentanti, dopo venti anni di dittatura. Nell’autunno del 1945 si moltiplicano le manifestazioni che chiedono di poter eleggere un’assemblea costituente.
Il 10 dicembre 1945, a seguito delle dimissioni dei ministri liberali, cade il governo Parri: gli subentra Alcide De Gasperi. Solo tre anni prima Alcide De Gasperi aveva contribuito alla fondazione della Democrazia Cristiana, riunendo membri del Partito Popolare e giovani cattolici. Rester alla guida del Paese per sette anni.
Nel governo De Gasperi sono presenti i sei partiti che formavano il Comitato di Liberazione Nazionale: Democrazia Cristiana, Partito comunista, Partito Socialista di Unità Proletaria, Partito d’Azione, Partito Liberale e Democrazia del Lavoro.
Nel 1944 il governo Bonomi aveva stabilito che la forma istituzionale dello Stato da adottare sarebbe stata decisa direttamente dall’Assemblea Costituente. De Gasperi, invece, ritiene che la scelta spetti al popolo.
I partiti riuniscono i propri congressi. Occorre definire i programmi per il governo del paese e per la Costituzione che verrà e soprattutto ogni partito deve stabilire quale posizione assumere riguardo l’assetto costituzionale.
A Roma si riunisce il V congresso del Partito Comunista sotto la guida di Palmiro Togliatti. Al Congresso del Partito d’Azione si discute della possibilità di avere una repubblica presidenziale del tipo di quella americana. La guida del Partito Repubblicano, Pacciardi, non ha dubbi sull’esito del referendum, la monarchia sarà seppellita sotto una valanga di no. Tra i partiti che si riuniscono a congresso c’è anche il Partito Democratico del Lavoro, fondato da Bonomi e da Ruini. Dopo vent’anni di vita clandestina anche il partito Socialista si riunisce a congresso a Firenze. La Democrazia Cristiana, nel suo primo congresso, sostiene la scelta della repubblica, mentre è il filosofo Benedetto Croce a inaugurare il III congresso del Partito Liberale con un discorso in cui esorta i militanti a restare uniti.
Resta da scegliere il sistema elettorale con cui affrontare il voto. Per scrivere la Costituzione è necessario il contributo della più ampia area degli orientamenti politici, così la scelta cade sul meccanismo proporzionale che fotografa la situazione reale del Paese e tutela le minoranze, dando rappresentanza a tutti i partiti in proporzione ai voti ricevuti.
Si decide che il giorno stesso in cui gli Italiani andranno a votare per il referendum, monarchia o repubblica, eleggeranno anche il nuovo parlamento e si fissa la data: il 2 giugno.
La televisione ancora non c’è ma, per la prima volta, si fà ampio usa dei mezzi di informazione di massa.
Nella primavera del 1946 si svolgono le elezioni amministrative per costituire i Consigli di oltre 5.000 comuni e per gli Italiani si tratta di una prova generale di democrazia. Dopo anni di consenso obbligato possono, infatti, manifestare la propria volontà e apprendere nuove abitudini: nessuno sa più cosa significhi ricevere un certificato elettorale.
Per la prima volta sono ammesse al voto le donne: si tratta di oltre 14 milioni di elettrici.
Ma la grande attesa è tutta sul referendum monarchia o repubblica: paure e speranze di cambiamento dividono il Paese.
La situazione pare precipitare quando il Re Vittorio Emanuele III decide di abdicare in favore del figlio Umberto. È il 9 maggio e questa abdicazione scatena un mare di polemiche: i partiti della sinistra accusano il Re di voler condizionare le elezioni ed in questo clima teso si arriva al 2 giugno.
Alle urne va quasi il 90% degli aventi diritto. Il 5 giugno, per radio dal Viminale, il ministro Romita diffonde l’annuncio semiufficiale: la repubblica ha quasi due milioni di vantaggio.
Il 10 giugno, nella sala della Lupa, la Cassazione si riunisce per comunicare i risultati del referendum. Per una strana coincidenza è questa una data che gli Italiani ricordano bene: il 10 giugno 1924, infatti, il socialista Giacomo Matteotti venne ucciso per aver apertamente accusato i fascisti di aver commesso illegalità per vincere le elezioni. Il 10 giugno è legato ad un altro evento drammatico: il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarava guerra a Francia e Gran Bretagna, entrando di fatto nel secondo conflitto mondiale. Alle ore 18, in una sala gremita, il Presidente della Corte, Giuseppe Pagano, comunica i dati delle lezioni: gli Italiani hanno scelto la repubblica.
I risultati del referendum non sono omogenei: tendenzialmente il centro-nord ha votato per la repubblica e il sud per la monarchia.
Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, De Gasperi, autorizzato dal Consiglio dei Ministri, assume le funzioni di Capo dello Stato. È scontro tra Governo e Monarchia. Quello stesso giorno, alle 15,30, Umberto II, il cosiddetto Re di Maggio, abbandona il Quirinale, lascia l’Italia e vola in Portogallo. Il suo regno è durato solo un mese.
Il 18 giugno la Suprema Corte di Cassazione proclama ufficialmente i risultati: ha vinto la repubblica.
Il 25 giugno 1946 si riunisce l’Assemblea Costituente: è la prima assemblea eletta a suffragio universale nella storia d’Italia. 21 sono le donne su 556 deputati: 9 donne della Democrazia Cristiana, 9 del Partito Comunista, 2 del partito Socialista e una per il Partito dell’Uomo Qualunque.
Tra i primi compiti vi è quello di eleggere il presidente dell’assemblea: la scelta cade su Giuseppe Saragat, uno degli esponenti di spicco del Partito Socialista. Poi occorre nominare un Capo dello Stato, sebbene provvisorio: dovrà incarnare il senso dell’unità della nazione. L’uomo più adatto appare Enrico De Nicola, illustre giurista napoletano di sentimenti monarchici.
Il 13 luglio 1946, De Gasperi forma il primo governo della Repubblica italiana: la novità rispetto al passato è che i partiti vengono rappresentati in proporzione ai risultati elettorali. Anche la formula dell’investitura è nuova: i ministri giurano nell’interesse supremo della nazione.
Per svolgere il delicato compito di elaborare un progetto di Costituzione, l’Assemblea decide di nominare una Commissione composta da 75 membri in proporzione alla rappresentanza dei partiti. I membri della Commissione riescono a tenere il lavoro di elaborazione della Carta costituzionale separato dalla lotta politica e dai cambiamenti di maggioranza. La crisi del maggio 1947 fa uscire i partiti comunista e socialista dal Governo De Gasperi.
L’Assemblea Costituente lavora di gran ritmo: in un anno e mezzo si terranno 375 sedute in Parlamento: bisogna elaborare la nuova Costituzione ma anche vigilare sul Governo e assolvere a funzioni legislative. Intanto l’8 febbraio 1947 il comunista Umberto Terracini viene eletto presidente dell’Assemblea Costituente in seguito alle dimissioni di Saragat.
Nell’agosto 1946 si tiene a Parigi la conferenza di pace: in questa occasione verrà definito il nuovo equilibrio mondiale. Sono presenti delegati di 21 Paesi; De Gasperi difende le ragioni dell’Italia.
Dalle potenze vincitrici l’Italia è considerata un paese sconfitto, che ha perso la guerra. Con l’appoggio del Parlamento, il Governo De Gasperi sollecita una pace giusta, che tenga conto dei sacrifici compiuti dal popolo italiano per liberarsi dall’occupazione nazista e pertanto chiede agli Alleati di non imporci amputazioni territoriali.
Alla successiva elaborazione del trattato, però, l’Italia non può partecipare; a quel tavolo sono ammessi solo i “quattro grandi”: Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia.
Nel gennaio 1947 De Gasperi vola in America e riesce a stabilire un rapporto di fiducia con l’Amministrazione statunitense. Il presidente Truman garantisce all’Italia prestiti e nuovi aiuti alimentari.
Il trattato di pace si rivela molto duro per l’Italia: Trieste non viene ricongiunta all’Italia e la zona contesa, già teatro di violenze ai danni della popolazione italiana negli anni dal 1943 al 1945, viene divisa in due L’area di Trieste è affidata al governo militare anglo-americano, mentre una parte dell’Istria finisce sotto il controllo militare jugoslavo. Da queste terre e dalla Dalmazia partiranno migliaia di Italiani, che daranno vita ad un vero e proprio esodo verso l’Italia che durerà circa dieci anni.
Il trattato è considerato punitivo dal mondo politico e anche la gente comune scende in piazza per protestare. Il Governo, tuttavia, sa che non è possibile rifiutare i termini imposti dalle potenze vincitrici e il 10 febbraio, a Parigi, l’Italia firma il Trattato.
Il 27 giugno il ministro degli Esteri, Sforza, presenta all’Assemblea Costituente il testo del Trattato di Pace perchè venga ratificato: il risultato è in forse. La discussione in aula è molto accesa, le critiche sono durissime. È il momento del voto: i socialisti decidono di non partecipare, i comunisti si astengono e le destre votano contro. I voti favorevoli alla ratifica prevalgono. La questione di Trieste è tutt’altro che risolta. Il ritorno della città nei nostri confini sarà possibile solo nell’ottobre del 1954 con una firma, a Londra, di un accordo tra Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Jugoslavia.
Il mondo rivoluzionato dal conflitto fatica a trovare un equilibrio. Se nella lotta contro il nazifascismo le potenze avevano saputo far fronte comune fino alla vittoria, adesso la tensione fra Stati Uniti e Unione Sovietica cresce costantemente e nel 1947 inizia la cosiddetta “guerra fredda”.
Gli Stati Uniti lanciano il famoso “Piano Marshall”, un sistema di aiuti per sostenere l’economia dei Paesi dell’Europa sconvolti dalla guerra.
Proprio per contrastare l’influenza americana, l’Unione Sovietica costituisce il Cominform, un ufficio di collegamento tra i partiti comunisti dei Paesi dell’Est, al quale aderiscono il Partito comunista italiano e francese. Il nostro Paese entra nel blocco occidentale mentre il Partito comunista italiano mantiene saldo il collegamento con quello orientale.
Il progetto di Costituzione elaborato dalla Commissione dei 75 viene presentato all’Assemblea il 31 gennaio 1947. Il 22 dicembre 1947 il testo è approvato con 453 voto favorevoli e 62 contrari. Il 27 dicembre la Costituzione è promulgata dal Capo dello Stato provvisorio Enrico De Nicola. La Costituzione entrerà in vigore il I gennaio 1948.
Durante il fascismo il Parlamento è stato un guscio vuoto; la Costituzione è il frutto prezioso che segna l’inizio di una fase nuova per la storia d’Italia e rappresenta la rinascita del Parlamento.
Emblema della Repubblica
Bibliografia:
La rinascita del Parlamento - dalla Liberazione alla Costituzione
DVD - Fondazione Camera dei Deputati 2008
I LAVORI DELL' ASSEMBLEA COSTITUENTE (1946 – 1948)
L’articolo offre degli spunti di riflessione sull’ordinamento della nostra Repubblica, ancor oggi di attualità. Già durante i lavori dell’Assemblea Costituente, per la definizione di alcuni articoli della Costituzione (ad esempio sul bicameralismo), erano state avanzate delle proposte poi lasciate cadere.
Alcune date significative della storia della Repubblica
12 aprile 1944: Le stazioni radio di Bari e di Napoli trasmettono il proclama Vittorio Emanuele III agli italiani (sarà il suo ultimo): «Ho deciso di ritirarmi dalla vita pubblica, nominando Luogotenente generale mio figlio. Tale nomina diventerà effettiva, mediante il passaggio materiale dei poteri, lo stesso giorno in cui le truppe alleate entreranno in Roma. Questa mia decisione, che ho ferma fiducia faciliterà l'unità nazionale, è definitiva e irrevocabile ».
Così esce praticamente di scena il vecchio re, dopo un regno di quarantaquattro anni, durante il quale ha visto l'età di Giolitti, la guerra di Libia e la prima guerra mondiale, la vittoria e il difficile ritorno alla pace; ha visto un'Italia libera e democratica, e poi ha ceduto al fascismo.
22 aprile 1944: Si forma un nuovo governo. Badoglio ne è ancora il capo, ma i ministri non sono di scelta regia e rappresentano tutti i partiti antifascisti.
18 giugno 1944: Non più il Capo dello Stato ma il Comitato di Liberazione Nazionale designa, come presidente del Consiglio, Bonomi. Badoglio si ritira a vita privata. I membri del Governo giurano ancora nelle mani del Luogotenente, ma con la seguente formula: «I sottoscritti ministri e sottosegretari di Stato italiani si impegnano sul loro onore di esercitare le loro funzioni per i supremi interessi della nazione e di non commettere alcun atto che possa in qualsiasi maniera pregiudicare la soluzione del problema istituzionale prima della convocazione dell’Assemblea Costituente».
25 aprile 1945:Insurrezione nazionale.
16 marzo 1946: decreto luogotenenziale n° 99
Stabiliva che «contemporaneamente alle elezioni per l'Assemblea Costituente» il popolo sarebbe stato chiamato a decidere, mediante «referendum», sulla forma istituzionale dello Stato (Repubblica o Monarchia). L'Assemblea Costituente aveva il compito di fissare e regolare la forma dello Stato con norme della Costituzione.
Lo stesso decreto affidava all'Assemblea Costituente una serie di attribuzioni politiche e legislative. Le affidava innanzi tutto la elezione del Capo Provvisorio dello Stato, qualora il «referendum» avesse fatto prevalere la Repubblica sulla Monarchia e il controllo politico sul Governo, dichiarato responsabile nei suoi confronti, il che implicava la investitura fiduciaria del Governo stesso e la facoltà di obbligarlo alle dimissioni mediante una mozione di sfiducia. Quanto alla funzione legislativa, il decreto stabiliva che durante il periodo della Costituzione e sino alla convocazione del Parlamento, instaurato dalla nuova Costituzione, il potere legislativo sarebbe rimasto delegato al Governo.
Il decreto prefissava altresì la «durata» dell'Assemblea Costituente, stabilendo che essa sarebbe stata sciolta di diritto il giorno della entrata in vigore della nuova Costituzione.
Infine veniva fissata la data storica della elezione della Assemblea Costituente; storica, per vero, a duplice titolo; perché in quella giornata - che fu il 2 giugno 1946 - il popolo italiano sarebbe stato chiamato a decidere la forma dello Stato, optando tra la Monarchia e la Repubblica, e inoltre avrebbe scelto i componenti dell'Assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato italiano.
Il decreto legislativo, che disponeva queste così importanti determinazioni era, come tutti i decreti legislativi del tempo, un provvedimento del Governo - il secondo, dopo la liberazione del territorio nazionale, e presieduto dall’on. De Gasperi -, ma era stato preceduto da un parere della Consulta Nazionale. Questa Consulta era stata istituita dopo la liberazione del territorio nazionale e ad essa partecipavano esponenti delle forze politiche, che si erano affermate dopo la liberazione, e uomini politici del tempo prefascista benemeriti della Nazione per i loro precedenti «parlamentari», o per la loro resistenza al regime, come Vittorio Emanuele Orlando, Francesco Nitti, Enrico De Nicola e Benedetto Croce, ma senza che la Consulta rappresentasse effettivamente, e nella proporzione delle sue divisioni politiche, la comunità dei cittadini.
La discussione svoltasi in questa Assemblea in poche giornate, ai primi di marzo del 1946, segnò l'apoteosi di Vittorio Emanuele Orlando. Il vecchio parlamentare, il Presidente della Vittoria al tempo della prima guerra mondiale, ma anche il celebre professore di diritto pubblico, era stato chiamato a presiedere la Commissione incaricata di esaminare lo schema del provvedimento legislativo, e fu lui che ne accompagnò la relazione nell'aula di Montecitorio con un discorso smagliante, che indusse il Presidente della Consulta Nazionale a proclamare l'affissione tra gli applausi dell'Assemblea.
Per la prima volta nella storia dello Stato italiano, il popolo sarebbe stato chiamato ad un «referendum» nazionale per una decisione politica di tanta importanza - le consultazioni popolari precedenti risalivano ai plebisciti di annessione, rimessi a un corpo elettorale molto limitato -; ed era anche la prima volta che lo Stato italiano avrebbe avuto una «sua» Costituzione, deliberata da un'Assemblea Costituente, in luogo dello Statuto del Regno, una carta costituzionale «concessa» nel 1848 dal re Carlo Alberto per il Regno sardo piemontese e divenuta Statuto del Regno d'Italia per estensione plebiscitaria.
I lavori della Costituente
Venne istituito un ministero per la Costituente, al quale venne preposto l'on. Pietro Nenni.
Fornito di un numero esiguo di funzionari, il temporaneo ministero per la Costituente visse in lotta col tempo, giacché la data del 2 giugno 1946 costituiva un termine non superabile, in vista del quale si sarebbe dovuto predisporre la legge elettorale, attendere alla convocazione dell'Assemblea Costituente, provvedere all'opera di informazione del pubblico e di preparazione del materiale di studio, ritenuto utile per elaborare la nuova Costituzione dello Stato.
Vennero costituite tre Commissioni: la Commissione economica, la Commissione per la riorganizzazione dello Stato e la Commissione per i problemi del lavoro, tutte formate da tecnici e cattedratici della materia, di uomini politici qualificati, nonché di funzionari dello Stato appartenenti alle alte magistrature.
Il ministero per la Costituente curò la pubblicazione di un «Bollettino di informazioni e di documentazione», largamente diffuso e che si vendeva anche nelle edicole dei giornali. Lo scopo e il tono del Bollettino era quello di divulgare in forma succinta ed accessibile a tutti le nozioni necessarie per comprendere i compiti affidati all'Assemblea Costituente, aggiornando i lettori sulle maggiori Costituzioni del mondo, sui movimenti costituzionali in atto, sui problemi e sulle scelte possibili, che attendevano l'Assemblea Costituente.
In perfetta osservanza del termine prefissato, con ordinata operazione di voto e una assai alta partecipazione dei cittadini alle urne, l'Assemblea Costituente veniva eletta nei giorni 2 e 3 giugno 1946, risultando composta di 556 «onorevoli costituenti», tra cui 21 donne.
Il sistema proporzionalistico, adottato per la sua elezione, conferì all'Assemblea Costituente una rappresentanza politica variegata. Se la dominavano i rappresentanti di tre partiti: la Democrazia Cristiana in testa con 207 «costituenti», il Partito Socialista con 115, il Partito Comunista con 104. L'Unione Democratica Nazionale, un raggruppamento che raccoglieva liberali, democratici del lavoro e indipendenti ottenne 41 rappresentanti; il Fronte dell'Uomo Qualunque» 30 rappresentanti capeggiati dal suo fondatore Guglielmo Giannini, un noto commediografo giornalista, che aveva suscitato un movimento politico intorno al suo giornale intitolato «L'Uomo qualunque»; 23 rappresentanti del Partito Repubblicano Italiano, ancorato al programma del Partito Repubblicano storico; e 36 rappresentanti di gruppi politici minori, quali Blocco Nazionale della Libertà, il Partito d’Azione, il partito dei Contadini ed altri.
Riunitasi il 25 giugno 1946 per la prima volta a Montecitorio, prescelto a sua sede, sotto la presidenza del decano Vittorio Emanuele Orlando, l'Assemblea si elesse prima di tutto il suo Presidente nella persona di Giuseppe Saragat. Indi provvide alla elezione del Capo Provvisorio dello Stato nella persona di Enrico De Nicola, avendo il «referendum» sulla questione istituzionale attribuito una netta vittoria alla forma di Stato repubblicana.
Si stabilì di deferire l’incarico ad una Commissione, composta da 75 «costituenti» e da questo numero denominata poi la Commissione dei 75, presieduta da Meuccio Ruini, già Presidente del Consiglio di Stato, appartenente al Partito Democratico del Lavoro. I 75 «costituenti» designati dal Presidente dell'Assemblea furono, in pratica, i facitori della Costituzione e furono scelti in proporzione alla forza numerica dei gruppi politici, che componevano l'Assemblea. Nella Commissione restarono compresi eminenti personalità degli stessi partiti, come Palmiro Togliatti e Attilio Piccioni, giovani e meno giovani «costituenti », sino allora ignoti, ma tra i quali alcuni sarebbero saliti ad alti ed altissimi ranghi della vita politica italiana, come Luigi Einaudi, Giovanni Leone, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Umberto Terracini e Paolo Rossi. E vi erano presenti «tecnici» di grande prestigio, come i professori di diritto pubblico Piero Calamandrei, Costantino Mortati, Tommaso Perassi.
La Commissione dei 75 fu suddivisa in tre sottocommissioni, a ciascuna delle quali fu assegnato di predisporre una diversa parte del progetto, rimettendosi ad un Comitato ristretto, chiamato di «redazione», la coordinazione delle parti, e alla Commissione nel suo «plenum» le decisioni sui punti rimasti controversi e l'approvazione finale.
Si era d'accordo che la nuova Costituzione italiana sarebbe stata una Costituzione lunga, un testo costituzionale non limitato a stabilire l'organizzazione fondamentale dello Stato, bensì a determinare, anche nei sommi suoi istituti e princìpi, l'assetto economico e sociale della Nazione.
La materia costituzionale fu così ripartita: alla prima sottocommissione si attribuirono i rapporti civili, e cioè la determinazione della posizione del cittadino come persona, nei suoi diritti fondamentali di libertà, e come partecipe della vita politica della comunità, nei suoi diritti e doveri politici fondamentali. Alla seconda sottocommissione l’ordinamento costituzionale della Repubblica con la determinazione degli organi supremi, nonché delle loro attribuzioni. Alla terza sottocommissione infine i diritti e i doveri economico-sociali, con la determinazione dei diritti del cittadino lavoratore, della iniziativa economica privata rispetto all'intervento dello Stato nella vita economica nazionale, la delimitazione più moderna e circoscritta del diritto di proprietà privata, nonché il controllo sociale della vita economica.
Vi furono delle proroghe rispetto ai tempi previsti: queste furono causate anche dall'esercizio dell'attività politico-legislativa, che in certi momenti assorbì interamente l'Assemblea e con la quale si alternava la discussione e la votazione dei singoli articoli del testo costituzionale.
Episodi culminanti di questa attività, diversa ed estranea al compito primario dell'Assemblea, furono le discussioni per la investitura fiduciaria dei tre «ministeri», sempre capitanati dall'on. De Gasperi, discussioni delle quali la più intensa fu quella per la investitura del Governo «monocolore democristiano» nel giugno 1947. Tale Governo seguiva quello che si era chiamato governo «tripartito», nel quale cioè si erano associati per la guida politica e amministrativa del Paese i tre maggiori partiti (Democrazia Cristiana, Partito Comunista e Partito Socialista); e la crisi relativa comportava la estromissione da cariche di governo dei rappresentanti del Partito Comunista. A questa crisi politica aveva contribuito la scissione del Partito Socialista nell'ultimo suo congresso tenuto a Palazzo Barberini, con la fondazione del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani ad opera di Giuseppe Saragat: un evento politico che aveva indotto lo stesso on. Saragat a dimettersi dalla carica di Presidente dell'Assemblea Costituente.
Al suo posto, venne eletto Umberto Terracini, al quale toccò l'onere e l'onore di dirigere la discussione e l'approvazione da parte dell'Assemblea Costituente della nuova Costituzione.
L'Assemblea partecipò ampiamente all'esercizio della funzione legislativa, quale organo consultivo del Governo, cui tale funzione era stata affidata durante il periodo della Costituente, esaminando un numero cospicuo di disegni di legge.
L'Assemblea Costituente iniziò l'esame del progetto di Costituzione il 4 marzo 1947. Il progetto venne innanzitutto sottoposto ad una valutazione complessiva, da cui emersero problemi che avrebbero poi dato luogo alle maggiori discussioni dell'analitica disamina dei suoi 139 articoli.
I maggiori riguardarono:
- la introduzione di un preambolo enunciativo di dichiarazioni politico-giuridiche;
- i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica e la recezione del Trattato e del Concordato del Laterano nella Costituzione;
- la introduzione dell'ordinamento regionale nella struttura dello Stato con la salvaguardia della sua unità;
- la istituzione di una seconda Camera, nel progetto chiamata «Camera dei senatori» e specialmente la sua composizione, che il progetto aveva collegata all'ordinamento regionale e ristretta a cittadini qualificati;
- la istituzione dell'Assemblea Nazionale, risultante dalle due Camere riunite, cui venivano commessi adempimenti politici di massima rilevanza, dalla elezione del Presidente della Repubblica alla investitura fiduciaria del Governo, alla mobilitazione e alla entrata in guerra, alla deliberazione dell'amnistia e dell'indulto;
- la istituzione di una Corte Costituzionale, con il compito precipuo di sindacare la costituzionalità delle leggi;
- il diritto di sciopero, dal progetto concesso senza limiti di sorta «a tutti i lavoratori», ma che si voleva limitare con riguardo precipuo ai pubblici servizi, e che si concluse con l'aggiunta «nei limiti della legge».
I verbali delle numerose sedute testimoniano che i «costituenti» seppero essere pari all'alto compito loro affidato. Non tutti i «costituenti» presero la parola, anzi la maggior parte non intervenne che con il voto; ma la presenza alle sedute fu quasi sempre elevata e sempre cospicua la partecipazione alle numerose votazioni. Furono ancora i componenti della Commissione che si distinsero nel dibattito accanto naturalmente ad altri «costituenti» e ai maggiori esponenti dei partiti politici, nonché ai ministri e al Presidente del Consiglio in carica, che peraltro tennero i loro discorsi dagli scranni dei deputati e non dal banco del Governo.
Situazione al settembre 1947
Nei primi giorni del mese passava in discussione la seconda parte del testo costituzionale, destinato all'ordinamento della Repubblica.
Proposte lasciate cadere:
- la proposta di una sola Camera, ma la seconda Camera, che tornò ad essere denominata Senato (della Repubblica) perdette quella composizione differenziata in ordine alla scelta dei suoi componenti, che il progetto aveva introdotto, e si assimilò alla Camera dei deputati;
- la proposta di una elezione direttamente popolare del Presidente della Repubblica, che i redattori del progetto avevano respinto;
- la istituzione dell’Assemblea Nazionale. Si previdero soltanto le Camere riunite in seduta comune con attribuzioni limitate.
Passarono:
- l'ordinamento regionale. Fu aggiunta la Regione del Friuli-Venezia-Giulia alle Regioni ad autonomia speciale e reintrodotte accanto ai Comuni le Province, che il progetto aveva degradato a sole circoscrizioni amministrative di decentramento statale e regionale;
- la istituzione della Corte Costituzionale e il sistema per la revisione della Costituzione.
Approvate anche le disposizioni finali e transitorie, si volle anche sottoporre il testo costituzionale ad una politura letteraria ad opera di illustri linguisti, quali Antonio Baldini, Concetto Marchesi e Pietro Pancrazi.
Il giorno 22 dicembre 1947 il testo definitivo del progetto con i suoi 139 articoli e le disposizioni finali e transitorie, venne sottoposto al voto segreto di tutti i 515 «costituenti» presenti alla solenne seduta - anche il Presidente Terracini volle partecipare alla votazione, abbandonando il suo seggio a un Vice Presidente -, ed esso risultò approvato con 453 voti favorevoli e 62 contrari.
Proclamato l'esito della votazione fra generali applausi e conclusa la seduta in un'atmosfera di soddisfazione e anche di commozione, dopo i discorsi dell'on. De Gasperi e di Vittorio Emanuele Orlando, l'Assemblea Costituente non si sciolse ancora. Una disposizione transitoria della Costituzione stabiliva infatti che essa sarebbe stata convocata per deliberare, entro il 31 gennaio 1948, sulla legge per l'elezione del Senato, sugli Statuti regionali speciali e sulla stampa. Inoltre l'Assemblea avrebbe mantenuto, fino alla elezione delle nuove Camere, i compiti di controllo politico e di attività legislativa, che il decreto legislativo istitutivo del 1946 le aveva conferito; e in effetti le Commissioni permanenti, da essa costituite per l'esame dei progetti legislativi del Governo, rimasero a disposizione di questo.
Nel periodo residuo della sua attività di corpo politico, l'Assemblea Costituente approvò, con leggi costituzionali, gli Statuti della Sardegna, della Valle d'Aosta, del Trentino-Alto Adige e della Sicilia.
Infine approvò, completando la disposizione costituzionale sulla bandiera nazionale, l’emblema dello Stato: «La stella a cinque raggi di bianco bordata di rosso, accollata agli assi di una ruota d'acciaio dentata, tra due rami di olivo e di quercia, legati da un nastro rosso, con la scritta in bianco in carattere capitale: Repubblica Italiana».
Bibliografia:
Antonio Amorth, I lavori dell'Assemblea Costituente
in “Dal 25 luglio alla Repubblica. 1943-1946”, ERI 1966
RUBRICA SUL REFERENDUM COSTITUZIONALE

ore 21,00 presso la sala Polifunzionale della Biblioteca di Lissone per essere informati ed esprimere un voto consapevole al referendum
a cura di
Giovanni MISSAGLIA,
docente di Storia e Filosofia, autore di manuali di Educazione alla cittadinanza per i Licei
Il 4 dicembre è il giorno scelto dal governo per il referendum costituzionale.
Il REFERENDUM COSTITUZIONALE ha come oggetto il seguente quesito referendario:
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente "disposizioni per il Superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016"?».
Interventi
"CAPIRE, VALUTARE E VOTARE"
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