Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

lissone dopo l'unita d'italia

il tram passa da Lissone

23 Novembre 2017 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Lissone dopo l'Unità d'Italia

Nel 1907, trascorsi alcuni decenni dall'apertura della stazione di Lissone, si costituì la Società tranvie elettriche Briantee che si occupò della gestione di quella linea tranviaria tanto importante per la "Brianza mobiliera", cioè della Monza-Lissone-Desio-­Seregno-Meda-Mariano Comense-Cantù.

tramvie briantee

L'11 aprile 1907, nel Consiglio comunale si decise la partecipazione del Comune di Lissone all'impresa della Società per le tramvie elettriche Briantee.

 

1907 per tramvia

Emilio Magatti, nominato rappresentante comunale nel consorzio, ebbe il compito di stipulare gli atti di concessione e di tenere i rapporti con i rappresentanti degli altri comuni.

Nel giugno 1910 fu introdotta la corrente elettrica necessaria alla trazione del tram e la linea tranviaria entrò in funzione  nel mese di luglio.

Durante i lavori fu abbattuto l’oratorio di San Rocco, che sorgeva sull’angolo meridionale costituito dalla via Pietro da Lissone e dalla via Monza.

 

oratorio di San Rocco

Si trattava di una chiesetta eretta nel 1514 per ottenere la protezione di San Rocco contro il diffondersi delle epidemie di peste. L'edificio, però, impediva al tram di compiere la curva necessaria al tragitto previsto.

Il percorso del tram, una volta entrato in Lissone dalla via Monza proseguiva per via San Rocco fino a piazza Garibaldi, poi a sinistra lungo via Baldironi, via Besozzi, via Milano (attuale via Matteotti) e proseguiva in direzione di Desio, Seregno, Meda per arrivare a Cantù.

Quattro erano le fermate del tram in Lissone. La linea tranviaria funzionò fino al novembre del 1952.

 

tram Monza Cantu 

 

tram piazza Garibaldi tram via matteotti

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L’antico Comune di Cassina Aliprandi

23 Novembre 2017 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Lissone dopo l'Unità d'Italia

stemma Cassina Aliprandi 

stemma del Comune di Cassina Aliprandi

 

La superficie comunale era di 146,64 ettari. Il 72,1% del territorio era occupato dai terreni arativi (a coltura cerealicola), il 21,6% dai vigneti, il 4,6% dai boschi e l'1,7% da edifici ed orti.

Numerosi i gelsi presenti sul territorio comunale: un rilevamento del 1858 computò ben 1554 "moroni", con un aumento di tre volte e mezzo rispetto al dato di metà Settecento.

 

Ciò era in correlazione al vertiginoso sviluppo dell'allevamento del baco da seta, legato alle forti richieste da parte del settore manifatturiero tessile.

castello-bachicoltura.JPG

doppio castello per la bachicoltura

 

Con la Seconda Guerra d'Indipendenza (1859) la Lombardia fu aggregata allo Stato sabaudo, formando così il primo nucleo di quello che, con le successive annessioni degli altri Stati preunitari, sarebbe diventato, di lì a breve, il Regno d’Italia, ufficialmente proclamato nel 1861.

1861 Italia

 

Uno dei primi atti del nuovo governo fu la riforma delle amministrazioni locali. In ottemperanza alla nuova “legge comunale”, il comune di Cassina Aliprandi riunì per l'ultima volta il proprio Convocato il 3 dicembre 1859, onde procedere alla formazione della “lista elettorale” da cui sarebbe poi sortito un Consiglio Comunale (composto da quindici membri aventi mandato quinquennale con rinnovo annuale di tre clementi); questa assemblea avrebbe poi espresso una Giunta Municipale, formata da due assessori (più due supplenti) annualmente eletti, e dal sindaco, capo dell’amministrazione comunale designato però con nomina regia, effettuata su segnalazione del prefetto e del sottoprefetto), avente mandato triennale.

Con la subentrata riforma dei compartimenti civili il Comune di Cassine Aliprandi venne inserito nel Mandamento di Desio, appartenente al Circondario di Monza, in Provincia di Milano.

Cassina-Aliprandi-ex.JPG

La sede della Pretura era a Desio, mentre quella del Tribunale era a Monza.

Il 20 aprile 1860 il sindaco Passoni, a nome della comunità, scrisse al re Vittorio Emanuele II un'appassionata lettera di adesione ai progetti di unità nazionale.

Sempre in quell'anno fu formato il contingente locale della Guardia Nazionale.

 

L'approvvigionamento idrico del comune era, da sempre, affidato ai pozzi. All'epoca se ne contavano cinque: due alla Cascina S.Margherita, due alla Cascina Aliprandi ed uno alla Cascina Bini. Ad uno specifico rilevamento condotto nel 1865 le acque di tutti furono giudicate di buona qualità.

La popolazione locale si era ormai attestata ad una quota di poco inferiore alla 500 unità. Nel 1861 furono ufficialmente computati 491 residenti (di cui 483 effettivamente presenti) in occasione del primo censimento generale dell’Italia unificata.

Quasi tutti gli abitanti svolgevano mansioni connesse all’agricoltura: qualcuno come piccolo possidente o affittuario, qualcuno come massaro o fattore dei grandi proprietari, altri ancora come fittavoli minori, i restanti come semplici dipendenti.

Qualche famiglia aveva affiancato all’attività agricola qualche altro lavoro complementare come la tessitura del cotone.

Alcune abitazioni versavano in precarie condizioni igieniche e i loro occupanti erano a rischio di malattie infettive.

Nel 1857 si era verificata un'epidemia di colera (si ripeterà anche dieci anni dopo, nel 1867) e il medico della condotta, comprendente i Comuni di Cassina Aliprandi e Seregno, dottor Luigi Ripa, di origini pavesi, si prodigò allestendo una “casa di soccorso” per gli ammalati, oltre ad adoperarsi in seguito ad incentivare il miglioramento delle condizioni di igiene 
pubblica oltre a diffondere la pratica della vaccinazione fra gli abitanti delle tre cascine.

 

Dalla metà degli anni Sessanta dell’Ottocento, il Comune di Cassina Aliprandi venne a trovarsi nella strana situazione di gravitare, ben più di quanto non fosse mai avvenuto in passato, nella sfera d'attrazione lissonese: i sindaci delle due località erano padre e figlio, rispettivamente Carlo Arosio sindaco di Lissone e Pietro Arosio sindaco di Cassina Aliprandi mentre a segretario comunale di entrambe vi era Ferdinando Rivolta, pur esso di Lissone.

1866-Lissone.JPG

 

Inoltre, a legge del 20 marzo 1865 sulle amministrazioni locali, prevedeva l’eventualità del "concentramento di Comuni", ovvero la possibilità che un Comune fosse soppresso (ed aggregato ad uno limitrofo più consistente), qualora avesse avuto ridotta popolazione e difficoltà ad ottemperare alle nuove ed onerose incombenze amministrative attribuite dal legislatore all’ente comunale. Per Cassina Aliprandi venne proposta l’aggregazione con Desio, così da non modificare i confini mandamentali.

Il 30 novembre 1868, si riunì, con convocazione straordinaria, quello che alla luce dei successivi eventi, sarebbe alfine diventato l’ultimo Consiglio Comunale aliprandino.

Ma il 10 febbraio 1869 il Ministero degli Interni, attraverso il prefetto di Milano, sollecitava il Consiglio Comunale di Lissone a deliberare circa la disponibilità ad accettare o meno l’aggregazione del Comune di Cassina Aliprandi. E così, il 3 marzo 1869, s’adunò in seduta straordinaria il Consiglio Comunale di Lissone; il sindaco rimarcò “la convenienza della proposta di aggregazione”  che venne approvata a condizione che non venissero poste in carico le eventuali passività di bilancio del sopprimendo Comune di Cassina Aliprandi.

La delibera fu quindi inoltrata alle autorità competenti.

Altri comuni, compresi vari della Brianza, seguirono analoga sorte.

Il 1° aprile 1869 da Firenze, allora capitale del Regno d'Italia, fu emesso il Regio Decreto n. 4992, con il quale il Comune di Cassina Aliprandi veniva dichiarato “soppresso ed aggregato a quello di Lissone” a partire dal 1° giugno successivo.

Il documento, recante la firma del re Vittorio Emanuele II, venne registrato presso la Corte dei Conti alcuni giorni più tardi.

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un Regio Decreto emesso nel 1866 da Re Vittorio Emanuele II da Firenze, allora capitale del Regno d'Italia. La capitale del Regno d'Italia era stata spostata da Torino a Firenze l'anno precedente (1865). 

Il 1° giugno 1869, martedì, alle ore 9 del mattino, Pietro Arosio poté procedere al suo ultimo atto da sindaco, sottoscrivendo la chiusura dei Registri dello Stato Civile.

La storia del Comune di Cassina Aliprandi, dopo una plurisecolare vicenda di significativa autonomia, era finita.

In quello stesso 1° giugno 1869 si tenne, in convocazione straordinaria, la seduta d'esordio del nuovo Consiglio Comunale di Lissone "ingrandito". L'assemblea eletta qualche giorno prima, annoverava anche tre ex-consiglieri aliprandini.

 

 

1870 fine Cassina Aliprandi 

Il subentrato "concentramento" veniva ad aumentare di quasi il 20% la superficie del vecchio Comune lissonese (che, peraltro, ora annetteva un territorio ben maggiore della quota ceduta a metà Cinquecento al costituendo Comune aliprandino, poichè inclusivo anche delle porzioni un tempo appartenenti a Macherio, Desio, Sovico, Seregno ed Albiate) inoltre ne incrementava la popolazione del 13% circa.

Il paesaggio campestre attorno ai tre nuclei cassinari divenuti frazioni lissonesi si conservò sostanzialmente inalterato fin attorno alla metà del Novecento.

 

Bibliografia:

Eugenio Mariani – L’antico Comune di Cassine Aliprandi – S. Margherita – Aliprandi - Bini

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La situazione delle scuole lissonesi, dai primi anni del novecento all’avvento del fascismo

23 Novembre 2017 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Lissone dopo l'Unità d'Italia

Nel 1910 la situazione delle scuole lissonesi era allarmante in quanto le aule erano sostanzialmente ridotte a ventidue, dislocate in via Aliprandi, di proprietà della famiglia Paleari, a cui si dovevano aggiungere, causa l'alto tasso di crescita della popolazione, altri locali adibiti a scopi didattici sparsi per il paese, la cui presenza era dovuta all'impossibilità di ampliare l'unico edificio scolastico del centro. Quest' ultimo e le relative aule aggiunte erano frequentate nel 1912 da 1.594 alunni.

I bambini delle frazioni (149 alunni) erano alloggiati in due locali che tutto avevano meno l'apparenza di aule scolastiche.

Interessante notare che le classi nel 1912 erano formate da una media di 57 alunni ciascuna.

L’edificio di via Aliprandi non consentiva l’aggiunta di aule, impedendo di rispondere alla necessità di ampliamento richiesta dall'esuberante crescita della popolazione lissonese.

Il Consiglio comunale era intenzionato a costruire due scuole nel centro cittadino a cui si doveva aggiungere una terza nella frazione Santa Margherita.

Sempre nel 1910, la pubblica amministrazione decise di trovare una nuova sede. Venne così stabilito di acquistare una delle proprietà del dott. Emilio Magatti per risolvere entrambi i problemi, ovvero di provvedere urgentemente all'erezione del fabbricato scolastico e la costruzione di una decorosa residenza per gli uffici comunali.

La sede municipale, situata all’angolo tra Via SS. Pietro e Paolo e Via Aliprandi, di proprietà della ditta Ferdinando Paleari e Figli, non era più adeguata per far fronte alle esigenze: mancavano lo spazio per la conservazione dell'archivio comunale, l’aula per le adunanze del Consiglio comunale e di un locale per le riunioni della Giunta. Inoltre la sede municipale era sprovvista della sala per le udienze del giudice conciliatore, con relativo archivio, e dei magazzini per il deposito del materiale per i pubblici servizi come pompe d'incendio, carro ambulanza, etc.

La proprietà Magatti, posta in via Paradiso n° 1, era formata da un'abitazione civile di 30 locali, da alcuni rustici e terreno annesso.

 

 

vecchio municipioPer vari motivi, passarono, però, altri dieci anni, prima che si iniziassero i lavori per la costruzione del nuova scuola sull'ex area Magatti. Si trattava della futura scuola elementare Vittorio Veneto (sede dell’attuale Biblioteca civica).

Il fabbricato venne aperto agli scolari nel novembre del 1924, anche se i lavori di rifinitura si
protrassero sino all'agosto del 1925.
In questo periodo il Comune era retto da un commissario: Carlo De Capitani da Vimercate.

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Nel novembre del 1927 la nuova scuola venne intitolata a Vittorio Veneto, e, come era usuale sotto il regime fascista, alle singole aule vennero attribuiti i nomi alle principali località della “grande guerra” che furono «segnate dal sangue e dal valore dei soldati d’Italia».

 aula scolastica fascismo

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I nuovi servizi pubblici

23 Novembre 2017 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Lissone dopo l'Unità d'Italia

Ufficio postale

I primi giorni d'ottobre del 1889 venne aperto un nuovo ufficio postale con residenza in via S. Carlo, mentre nel 1894 fece la sua comparsa il telegrafo, affidato al commesso postale.

 

Illuminazione pubblica

Pochi anni dopo (1899) il Comune stipulò un contratto con la Società monzese di elettricità affinché fosse installata la conduttura dell'energia elettrica e le relative lampade, garantendo così l'illuminazione del centro abitato, fino a quel momento ancora affidata a lampade a petrolio.

Tuttavia l'arrivo dell'energia elettrica interessò solo il centro del paese.

Le frazioni comunali Aliprandi, Bini e Santa Margherita dovranno attendere il 1925 per avere l'impianto di illuminazione pubblica.

 

Telefono

Per quanto riguarda il telefono, la Società telefonica comense, concessionaria privata, posò i primi cavi grazie ad un accordo stretto con il Comune che avrebbe garantito il servizio per molti anni.

Nel 1913 Lissone aveva 16 abbonati con apparecchi funzionanti (non dimentichiamo che il paese in quegli anni contava più di 10.000 abitanti), due derivazioni, due allacciamenti in corso di esecuzione. In tutto il territorio comunale esistevano solo due linee private con Monza in concessione al cotonificio Alfonso Pessina e alle Tramvie elettriche Briantee.

L'abbonato Pietro Camnasio era autorizzato dalla società privata a «funzionare da posto pubblico».

Anche il municipio aveva un apparecchio nei propri uffici, con derivazione alle scuole comunali di via Aliprandi, mentre si stavano prendendo accordi per provvedere al collegamento diretto con la caserma dei carabinieri, ospitati in un' ala di Palazzo Magatti.

 

Impianto per la distribuzione dell'acqua potabile

Fino al 1910, la raccolta dell' acqua a Lissone era stata assicurata soprattutto dai sette pozzi comunali sparsi per il paese, alimentati da sorgenti sotterranee ad una profondità di circa 30 metri. L'utilizzo dei pozzi presentava tuttavia problematiche di una certa gravità, legate in special modo all'igiene.

Capitava frequentemente che la falda acquifera fosse inquinata dalle infiltrazioni di acque sporche provenienti dai fabbricati e dai pozzi neri.

Nel 1864 furono censiti sette pozzi presenti nel territorio comunale, dislocati principalmente nel
centro cittadino.

Il pozzo detto del Roncato, coperto da un tetto spiovente, si trovava sulla piazzetta delimitata dai muri di alcuni caseggiati di Proprietà Magatti, al trivio formato dall'incontro delle vie Baldironi, Paradiso e vicolo del Ronco; invece alla diramazione delle contrade Baldironi e Madonna, si trovava il pozzo di piazza Garibaldi di forma quadrata e con un tetto di tegole.

Seguivano il pozzo di vicolo Verri, privo di copertura, quello del quartiere delle Palazzine anch'esso sprovvisto di copertura e ubicato nella rettangolare piazzetta del Carotto all'estremità settentrionale dell'omonimo rione e quello di via S.Antonio. Infine un altro pozzo si trovava all' estremità settentrionale della piazza Cialdini.

Per ultimo, c'era il pozzo di piazza Cavour. Completamente chiuso da mura, era dotato di due finestre, il cui scopo era quello di evitare aperture libere che potessero favorire la contaminazione dell'acqua.

Oltre ai pozzi vi erano numerose vasche utilizzate per varie mansioni, tra cui quella del lavaggio dei panni. Nel 1872 se ne contavano cinque ed esattamente: vasca del cimitero, vasca lungo la circonvallazione per Monza detta Barus, vasca del Monguzzo, lungo la strada per Desio, vasca lungo la strada per Seregno, a cui si aggiungeva quella sulla medesima strada posta però alla diramazione della strada per Santa Margherita.

Verso la seconda metà degli anni Novanta del XIX secolo, si registrò uno straordinario abbassamento delle falde acquifere; il Comune decise di dotare tutti i sette pozzi comunali di pompe idrauliche: la prova venne effettuata per il pozzo più centrale (pozzo di piazza Garibaldi). Si trattava della prima applicazione di una pompa ad un pozzo lissonese: fino a quel momento la raccolta dell'acqua si faceva servendosi di un secchio attaccato ad una corda scorrevole tramite una carrucola; la pompa permetteva di ottenere l'acqua con un semplice movimento meccanico.

Quattro dei sette pozzi lissonesi furono dotati di pompe.

Il 19 marzo 1910 nello studio del notaio Federico Guasti di Milano si costituì ufficialmente la Società anonima cooperativa con lo scopo di costruire un impianto per la distribuzione dell'acqua potabile.

L'impianto per l'estrazione dell'acqua fu ultimato in maggio, mentre la prima lettura dei consumi presso gli utenti avvenne il 30 settembre 1910.

Ben diversa la situazione nelle frazioni di Santa Margherita, Bini e Aliprandi, dove l'acquedotto fu costruito solo nel 1934.

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