pagine di storia locale
Lissone durante la seconda guerra mondiale: 1945 (seconda parte)
Il 29 aprile i lissonesi si ritrovarono nella piazza centrale in occasione del passaggio di alcuni carri armati americani: le autorità cittadine civili e religiose avevano preso posto sulla balconata della Casa del Popolo (l'ex Casa del Fascio).
E il primo maggio 1945, in Piazza Libertà, in quei giorni chiamata Piazza Quattro Martiri a ricordo dei partigiani fucilati nel giugno 1944, si svolse una imponente “festa del lavoro”, la prima festa del lavoro dell’Italia libera, alla quale parteciparono in sfilata le formazioni partigiane oltre ai rappresentanti dei ricostituiti sindacati e dei partiti politici.
Primo maggio 1945: sfilata per la festa del lavoro
La sera del 3 maggio, il CLN insediò ufficialmente la nuova Giunta Municipale. Al sindaco Angelo Arosio si affiancava come vicesindaco Giuseppe Crippa, comunista, all'Amministrazione andò Federico Costa, socialista. La Giunta fu completata da Mario Camnasio (Dc) all'Annonaria, Emilio Colombo (Psi) ai Lavori Pubblici e Giulio Meroni (Pci) all'Assistenza, ai quali si aggiunse il ragionier Giulio Palma, rappresentante del Partito liberale, quale assessore supplente. Nando Vismara fu consigliere dell'Annonaria.
Il giorno dopo sui muri del paese veniva affisso un manifesto a firma del Sindaco con il seguente contenuto:
«Cittadini! Il regime scomparso ci ha lasciato in eredità rovine, lutti, miserie e una situazione alimentare estremamente disastrosa. Questa Amministrazione Comunale si propone di fronteggiarla e superarla; ma, per farlo, ha bisogno della Vostra cooperazione. Voi tutti, o Cittadini, dovete affiancare l’opera di questa Amministrazione per evitare che la gravità eccezionale del momento si trasformi in una calamità pubblica. Tutti coloro che, avendo avuto delle possibilità, posseggono oggi delle scorte di generi alimentari (frumento, granoturco, riso, farine, zucchero, olio, grassi, ecc.) devono conferirle in Comune, dietro pagamento, per il bisogno impellente della popolazione ...»
La situazione del paese era grave: la maggior parte della popolazione rischiava la fame e le casse comunali non erano certamente floride: notevoli erano state le spese sostenute dall'Amministrazione lissonese durante il periodo dell’occupazione tedesca.
Nei giorni seguenti la Liberazione, nonostante i ripetuti appelli alla calma lanciati dal Comitato di Liberazione Nazionale, la rabbia vendicativa, accumulata per mesi, trovò sfogo appena le circostanze lo consentirono. Seguì un mese di giustizia sommaria. Ragazzi di vent'anni o padri di famiglia pagarono con la vita la scelta di continuare a stare dalla parte di chi aveva elevato la violenza e l'efferatezza a sistema, di chi volontariamente e oggettivamente si era asservito ai nazisti divenendo corresponsabile del saccheggio del patrimonio nazionale, delle deportazioni, delle stragi, delle rappresaglie, delle torture, delle impiccagioni e delle fucilazioni.
Anche a Lissone la giustizia sommaria ebbe, nei giorni seguenti il 25 aprile, il suo tragico corso. Ne furono vittime:
Ennio Arzani, impiegato, di anni 29, Luciano Mori, geometra, segretario del Fascio di Lissone, di anni 45, Giuseppe Tempini, maresciallo dei Carabinieri in pensione, di anni 55, Guglielmo Mapelli, meccanico, di anni 37, Fausto Gislon, falegname, di anni 41.
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La guerra aveva avuto un costo umano ed economico di notevoli proporzioni.
I numeri non hanno anima, ma quelli dei lager e della guerra contengono tutto il dolore dell’uomo.
L'Italia ha avuto, tra militari e civili, trecentocinquantamila morti e centotrentamila dispersi. Ottocentomila, tra operai e militari italiani, furono deportati in Germania dopo l’8 settembre 1943.
Ai morti vanno aggiunte le distruzioni materiali, le devastazioni di incalcolabili ricchezze, di un immenso patrimonio creato dal lavoro e dalla intelligenza dell'uomo. Il Paese era da ricostruire: settecento chilometri di ferrovia distrutti o danneggiati, persi un milione e novecentomila vani, più di diecimila tra ospedali, cinema, alberghi e teatri. Oltre quarantaduemila chilometri di strade sono impraticabili. Diciannovemila ponti risultano abbattuti, novecento acquedotti non funzionano più. Mancano 28 mila chilometri di linee elettriche.
Il totale dell’immane carneficina che è stata la seconda guerra mondiale è spaventoso: oltre 55 milioni di morti, di cui 25 milioni di soldati e 30 milioni di civili.
Nei 12 anni di regime nazista furono sterminati nei campi di concentramento circa 6 milioni di ebrei. Gli internati furono, in totale, 7.500.000.
Molti paesi furono ridotti nella più completa rovina, con le città trasformate in un cumulo di macerie, le strutture economiche e le comunicazioni sconvolte, le popolazioni superstiti affamate.
La lotta contro il regime dittatoriale fascista e per la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista era costata la vita di tanti giovani che hanno scritto con il loro coraggio e perfino con il loro sangue una pagina tragica e magnifica della nostra storia.
La guerra di Liberazione è nata dalla confluenza di due elementi diversi: le correnti antifasciste che si erano opposte alla dittatura durante il ventennio e le masse popolari, in uniforme e non, il cui malcontento verso il fascismo si era manifestato in modo sempre più acuto nel corso della seconda guerra mondiale.
La guerra di Liberazione non scoppiò come una guerra tradizionale, con un atto formale, ma nacque come moto spontaneo.
Resistenti furono i militari italiani che combatterono a Cefalonia e che vennero trucidati dai nazisti, i militari che combatterono al fianco degli Alleati nel Corpo Italiano di Liberazione, gli oltre 600.000 soldati italiani che, rifiutando di combattere a fianco dei nazisti, finirono nei lager tedeschi.
Quarantacinquemila sono stati i partigiani italiani uccisi o caduti in combattimento.
Importante è stato il contributo delle donne: trentacinquemila sono state le donne partigiane.
Vent’anni di oppressione fascista sboccarono non in episodiche rivolte ma nel più grande movimento armato di massa dell’Europa occidentale.
Gli Alleati, che ebbero un peso determinante nella vittoria finale della guerra, al termine del conflitto hanno riconosciuto il grande contributo militare della Resistenza.
La parte migliore del popolo italiano aveva riconquistato, per tutta la Nazione, la dignità perduta dopo venti anni di regime fascista e tre anni di guerra al fianco di Hitler.
L’Italia è così diventata un paese democratico. Questi valori di democrazia e di rispetto della persona umana vennero sanciti nella Costituzione, promulgata nel 1948 e divenuta fondamento della nostra convivenza politica e civile.
* * *
Alle fronde dei salici
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Salvatore Quasimodo
Le prime libere elezioni dopo la fine del regime fascista, la scelta tra monarchia e repubblica a Lissone
Nel breve spazio di tempo che va dal marzo al giugno 1946, gli italiani furono chiamati alle urne due volte: la prima, per eleggere le amministrazioni comunali, la seconda, il 2 giugno 1946, per scegliere la forma istituzionale dello Stato, monarchia o repubblica, ed eleggere i componenti dell’Assemblea Costituente incaricata di redigere la nuova Costituzione.
A Lissone, il 3 maggio 1945, nella residenza comunale, il Comitato di Liberazione Nazionale insediò la nuova Giunta municipale, la cui composizione era stata decisa sin dalla riunione clandestina del 12 marzo. Per la scelta del sindaco i comunisti, superando la dura opposizione socialista, avevano comprensibilmente messo «il loro voto a disposizione dei democristiani, appellandosi alla situazione prefascista» e la scelta era caduta su Angelo Arosio, detto Genola. Vicesindaco fu nominato Giuseppe Crippa, comunista, e all'amministrazione andò Federico Costa, socialista. La Giunta fu completata da Mario Camnasio (Dc) all'annonaria, Emilio Colombo (Psi) ai lavori pubblici e Giulio Meroni (Pci) all'assistenza ai quali si aggiunse il ragionier Giulio Palma, rappresentante del Partito liberale, quale assessore supplente.
Il Comitato di Liberazione Nazionale aprì una grande sottoscrizione per garantire l'assistenza ai più poveri; i fondi furono gestiti ed erogati da una speciale Commissione finanziaria che, oltre dell'assistenza si occupò anche di sostenere l'ospedale della Carità, il patronato scolastico, la scuola professionale di disegno, l'Associazione mutilati e invalidi di guerra e l'Associazione reduci e la Conferenza di San Vincenzo.
La guerra aveva avuto un costo umano ed economico di grandi proporzioni. Notevoli furono le spese sostenute dall'Amministrazione comunale lissonese durante il periodo dell’occupazione tedesca.
In campo internazionale, gli USA, una volta vinta la guerra, furono l'unica potenza in condizioni di prosperità di fronte ad un'Europa terribilmente impoverita e devastata. Perciò, con il preciso scopo di combattere l'influenza sovietica e mostrare agli europei il volto del loro possente capitalismo, gli americani programmarono notevoli aiuti ai paesi europei. Uno strumento importante sorto nel novembre 1943 a Washinghton con il fine di pianificare l'aiuto per la ricostruzione delle zone devastate dalla guerra, fu l'United Nation Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), formalmente sotto il controllo ONU, ma di fatto frutto dell'intervento economico degli USA. Furono messi a disposizione capitali, materiali e generi alimentari.
A Lissone il problema dell'assistenza aveva determinato la nascita nel dicembre del 1945 del Comitato comunale per l'assistenza post-bellica con lo scopo di favorire la distribuzione di vestiario e generi alimentari, mentre il 9 gennaio 1946 il comune fu incluso nel piano di distribuzione viveri e prodotti tessili del comitato provinciale UNRRA. A tal proposito nello stesso anno si formò il comitato comunale di assistenza UNRRA e nacquero contemporaneamente quattro centri di assistenza, ubicati presso la scuola materna comunale di via G. Marconi, l'asilo infantile Maria Bambina di via Origo, la mensa materna ONMI di via Fiume e lo spaccio comunale ECA di piazza Libertà.
In definitiva nel luglio del 1946 erano assistiti tramite refezione gratuita e distribuzione di generi in natura circa 540 minori e 120 madri, anche se i bisognosi ammontavano in tutto a 900 persone.
Le prime elezioni libere dopo la fine del regime fascista furono quelle amministrative che furono fissate per il 7 aprile 1946; 5.700 furono i Comuni italiani interessati dal voto.
Alla vigilia delle prime elezioni in cui anche le donne vennero chiamate ad esprimere il proprio parere, nessuna forza politica poté ignorare quale enorme importanza avrebbe assunto l’elettorato femminile, che, con 14.610.845 persone che acquisirono il diritto a recarsi per la prima volta in una cabina elettorale, costituiva circa il 53% del totale.
De Gasperi e Togliatti erano fondamentalmente concordi sull’estensione del suffragio, ma dovettero scontrarsi con la diffidenza che il provvedimento suscitò, per motivi diversi, all’interno dei loro partiti.
Nel PCI i dubbi circa i risultati delle urne erano legati al timore che le donne si lasciassero troppo influenzare dai loro parroci e dalla Chiesa.
Le perplessità democristiane erano invece legate alla possibilità che, con la nuova partecipazione alla vita politica, esse si allontanassero progressivamente dai valori tradizionali, incrinando così l’unità della famiglia.
Per Nenni e per i socialisti il voto femminile era sicuramente un fatto positivo, ma potenzialmente pericoloso. Il Partito Liberale, il Partito Repubblicano e il Partito d'Azione si mostrarono a volte indifferenti, a volte diffidenti verso il voto alle donne, per timore che risultasse un vantaggio per i partiti di massa.
In Brianza si affermò la Democrazia cristiana, che vinse in tutti i paesi ad eccezione di Albiate e Nova.
Nonostante le preoccupazioni della Questura di Milano, che temendo incidenti, inviò una circolare contenente le direttive per mantenere l'ordine pubblico, anche a Lissone la giornata elettorale trascorse «da parte della cittadinanza in una atmosfera di disciplina e compostezza e di esemplare senso civico».
A Lissone, i seggi elettorali erano insediati in piazza IV Novembre, alle scuole di via Aliprandi, alla cascina Santa Margherita. Verso sera, alle 18, l'altoparlante della casa del popolo comunicò i dati riassuntivi: la Dc prese il 58,45% (e 24 seggi), l'Unione dei partiti di sinistra il 36,7% (6 seggi), e infine gli indipendenti con soli 411 voti presero il 4% e nessun seggio in Consiglio comunale. Ma il dato più significativo fu l'affluenza alle urne, che raggiunse il 92% degli iscritti (gli aventi diritto al voto erano oltre 11.000).
Il 17 aprile 1946 si insediò quindi il nuovo Consiglio comunale, e dopo il doveroso ricordo dei caduti della liberazione in un clima di grande rispetto reciproco e di consapevolezza delle difficoltà del momento, la maggioranza, per voce di Bruno Muschiato (che lo presiedeva nella sua qualità di consigliere capolista), chiese «ai colleghi della minoranza [...] la loro collaborazione e specific[ò] che [era] intenzione di riserbare un posto di assessore effettivo al consigliere Federico Costa nella sua qualità di capo riconosciuto dalla minoranza stessa». Dopo il rifiuto del Costa, motivato dalla necessità «di poter svolgere liberamente il compito di controllo e di critica costruttiva che in regime veramente democratico sono indispensabili», Mario Camnasio fu eletto sindaco.
«Il lavoro da compiere - sostenne il sindaco uscente Angelo Arosio - è oltremodo difficoltoso e non si può certamente sperare che una bacchetta magica lo possa immediatamente risolvere; il pareggio di bilancio, ad esempio, appariva ben distante da raggiungere. E nonostante si dovesse operare, secondo la Giunta, «più con la riduzione delle spese che con eccessivi inasprimenti di tributi locali o con l'assunzione di mutui, furono applicate dall'amministrazione comunale «la sovraimposta al 3° limite [e] tutte le altre imposte e tasse comunali [...] con le aliquote e nelle misure massime stabilite dalle vigenti disposizioni di legge in materia, e [...] pure sono state applicate le addizionali sulla imposta di famiglia e sulla imposta industria, arti, commercio e professioni». Malgrado gli sforzi e le nuove imposizioni il risultato fu tuttavia sconsolante, poiché «benché applicate al massimo le imposte non hanno seguito il vertiginoso aumento dei prezzi. Infatti [...] le entrate non potranno pareggiare le uscite».
In questa situazione la Giunta affrontò il problema degli alloggi nominando una apposita Commissione comunale, con «mansioni principalmente conciliative per la disciplina dell'importante servizio» e programmando sistemazioni anche precarie per le famiglie degli sfrattati. Inoltre, «constatata la necessità da parte della popolazione e particolarmente dei ceti meno abbienti, di disporre di generi alimentari non razionati di più largo consumo e prezzi equi», fu istituito l'Ente comunale di consumo e programmato un piano organico di opere pubbliche a «sollievo della disoccupazione, sempre più preoccupante in ogni categoria operaia», con il contributo dello Stato.
Il 2 giugno 1946 il corpo elettorale venne nuovamente chiamato alle urne. Gli elettori dovevano scegliere con un referendum tra la monarchia e la repubblica ed eleggere i loro rappresentanti all'assemblea costituente. Vittorio Emanuele III, in un ultimo disperato tentativo di salvare la monarchia aveva meno di un mese prima abdicato in favore di suo figlio, Umberto.
Ma fu vana impresa e con 12.717.923 (il 54,2%) contro 10.719.284 (il 45,8%) l’Italia divenne una repubblica. Ufficializzata la votazione Umberto inizialmente chiese tempo, affermando che le preferenze per la Repubblica costituivano la maggioranza dei voti validi, ma non la maggioranza della totalità degli aventi diritto al voto.
Furono giorni carichi di tensione, e circolarono voci di un possibile colpo di stato dell' esercito in appoggio al re. Tuttavia De Gasperi e gli altri ministri rimasero fermi al loro posto e infine il 13 giugno il «re di maggio», come venne poi soprannominato, prese la via dell'esilio.
Enrico De Nicola, l'ultimo presidente della Camera prefascista, fu, quindici giorni più tardi, eletto capo provvisorio dello Stato.
A Lissone le elezioni si svolsero «in un clima di concordia e di consapevolezza dell'importanza e della gravità» del momento.
Anche il corpo elettorale cittadino votò in grande maggioranza per la Repubblica (76,2% contro il 23,8% per la Monarchia) e Federico Costa, il 17 giugno, alla prima adunanza del Consiglio comunale dopo il referendum, sottolineò con forza che «la superata crisi dei giorni scorsi per merito dei nostri dirigenti democratici e per la maturità politica di tutto il popolo dimostra quanto fosse retrograda e reazionaria la dinastia che resse i destini del nostro paese per tanti anni».
L'elezione per l'Assemblea Costituente dette inoltre per la prima volta una indicazione precisa della forza dei partiti. A livello nazionale la Dc emerse come primo partito con il 35,2%, seguito dai socialisti con il 20,7% e dal Pci con il 19%. I tre grandi partiti ebbero da soli quasi il 75 per cento dei voti, presentandosi come i dominatori della Costituente. A Lissone la percentuale ottenuta dai tre partiti fu addirittura maggiore, il 94,13%, e lo scrutinio non presentò particolari stravolgimenti rispetto a due mesi prima. La Dc tuttavia perse quattro punti percentuali, e con 5.577 voti ottenne il 54,2%; i socialisti con 3.086 voti ottennero il 29,99%, il Pci con 1.023 voti ebbe il 9,94%. Gli altri partiti si spartirono il 6% rimanente (Democrazia repubblicana ebbe 84 voti; i repubblicani 93; i comunisti internazionalisti 9; il Blocco libertà 41; l'Unione democratico liberale 199 e lo Schieramento nazionale 8. Da notare che nettamente inferiore al dato nazionale fu il risultato raggiunto a Lissone dal Fronte dell'Uomo qualunque, che con 169 voti ottennero un misero 1,64%).
Ricominciava quindi definitivamente la vita democratica, era nata la Repubblica, e la classe dirigente lissonese si rendeva conto che anche dalla rappresentanza comunale «dipende[va] che questa istituzione di liberi cittadini prosperi e si rafforzi in un clima di democrazia, di giustizia, di moralità e di progresso sociale». La minoranza socialista, attraverso Federico Costa, offrì «all'uopo un sincero appoggio» alla Giunta democristiana «in tutte quelle deliberazioni che devono tradursi in un miglioramento delle condizioni del popolo», consci che in città «i problemi da risolvere [erano] numerosi e difficili» e che necessario era soprattutto un riordinamento della materia tributaria, in cui «occorre oculatezza e massima rigidezza, [e] bisogna gravare senza tema di ostilità quelle persone che molto hanno e che nulla vogliono dare per il bene comune».
Bibliografia:
Archivi comunali di Lissone
Antonio Maria Orecchia in “La seconda guerra mondiale, la Resistenza, la Liberazione”
16 e 17 giugno 1944: la fucilazione di 4 partigiani lissonesi
Un uomo muore solo quando più nessuno si ricorda di lui
Lissone 16 giugno 2020: l'ANPI ricorda i quattro giovani partigiani lissonesi fucilati il 16 e 17 giugno 1944.
Giovedì 15 giugno 1944
Sono ormai quattro anni che l’Italia è in guerra, fino all’ 8 settembre 1943 al fianco dei tedeschi, ora con gli Alleati, che il 4 giugno hanno liberato Roma. Mentre l’avanzata degli Alleati procede lentamente lungo la penisola, il nord Italia è sotto occupazione nazista: i tedeschi, alla fine di settembre 1943, hanno contribuito alla formazione della Repubblica Sociale Italiana con a capo Mussolini, che ha la capitale a Salò, sul lago di Garda.
Da dieci giorni le truppe alleate, formate da americani, inglesi e canadesi, sono sul territorio francese. L’operazione Overlord, che ha portato più di 1.200.000 soldati sulle coste della Normandia, è in corso anche se la resistenza tedesca si sta rivelando più dura del previsto.
A Lissone da un mese si è formato il locale Comitato di Liberazione Nazionale.
Lo sciopero generale del marzo 1944 (a cui avevano partecipato anche gli operai dell’Incisa, che contava circa 1200 dipendenti e dell’Alecta, 500 dipendenti) aveva ottenuto un grande e lusinghiero successo così da scuotere in Lissone l'assenteismo della popolazione, interessandola alla lotta per la liberazione e a coloro che combattevano per ottenerla.
Lissone, Venerdì 16 giugno 1944
Da alcune ore i quattro partigiani lissonesi Remo Chiusi, Mario Somaschini, Pierino Erba e Carlo Parravicini, accusati dell’attentato in Corso Milano contro due militi fascisti (avvenuto in tarda serata di ieri), sono nelle mani dei nazifascisti: Erba e Parravicini sono presso la Casa del Fascio di Lissone (l’attuale Palazzo Terragni), Chiusi e Somaschini in Villa Reale a Monza.
Nell'ora di uscita degli operai dal lavoro, gli altoparlanti chiamano a raccolta la popolazione in piazza Ettore Muti (l'attuale piazza della Libertà) per assistere ad uno spettacolo. La gente, ignara di quanto stava per accadere, si ferma e s'infittisce in una sospettosa attesa. Ad un certo punto, dalla scalinata della Casa del Fascio scendono due giovani quasi incapaci di reggersi in piedi per le torture subite: sono Pierino Erba (di 28 anni) e Carlo Parravicini di anni 23. I due partigiani vengono messi davanti alla fontana e fucilati tra lo sgomento della popolazione.
L'incredulità e lo sbigottimento della folla attonita lasciano il posto all'orrore ed al terrore ed in un attimo la piazza si svuota mentre altre raffiche di mitra solcano l'aria.
Ed inizia una sera impregnata di spavento, la gente si chiude nelle proprie case ed in paese sembra che il coprifuoco sia calato in anticipo tanto le vie sono deserte: si sentono solo le scarpe chiodate delle ronde che perlustrano le strade facendo scoppiare qualche bomba a mano o sventagliando contro l'acciottolato delle raffiche di mitra per il sadico gusto di intimidire maggiormente la gente.
L’indomani alla Villa Reale di Monza, Remo Chiusi e Mario Somaschini, entrambi ventitreenni, subiscono la stessa sorte dei loro amici.
Nei giorni seguenti anche Radio Londra nella trasmissione "La Voce della Libertà" ricordava il tragico episodio esaltando il martirio dei quattro patrioti. Finita la guerra, i solenni funerali dei quattro partigiani lissonesi furono celebrati il 13 Maggio 1945 nella chiesa di San Carlo.
A guerra terminata, sulla tomba a loro dedicata presso il cimitero urbano

i Lissonesi scrissero:
LIBERTÀ E UMANITÀ
FU PER QUESTI MARTIRI
ANELITO DI VITA INSOFFERENZA DI TIRANNIA
ASSASSINATI DA PIOMBO FASCISTA
E DA SEVIZIA NAZISTA
LOR GIOVINEZZA IMMOLATA È MONITO
DI PACE E DI GIUSTIZIA
CITTADINI MEDITATE ED IMPARATE
L’anno successivo fu posta sul luogo della fucilazione una targa commemorativa in marmo, recante la scritta “Parravicini Carlo, Erba Pierino, Chiusi Remo, Somaschini Mario nel nome della libertà caddero trucidati dai nazifascisti il 16 -17 giugno 1944”.
La cerimonia di inaugurazione avvenne alla presenza del Sindaco ing. Mario Camnasio (1946-1951).

La lapide commemorativa originaria, nel 2005, iniziati i lavori di riqualificazione di Piazza Libertà, è stata ricollocata al cimitero urbano.

Inoltre i dipendenti delle O.E.B. Officine Egidio Brugola, a ricordo dei loro colleghi, posero una lapide all’interno dello stabilimento in Via Dante.
Nel 1985, in occasione del 40° anniversario della Liberazione, l’Amministrazione Comunale, Sindaco Angelo Cerizzi, e la Direzione aziendale realizzarono un nuovo monumento in acciaio che reca la scritta ” “Gli operai di questo stabilimento pongono a ricordo dei loro compagni di lavoro SOMASHINI MARIO, ERBA PIERINO, CHIUSI REMO caduti per la libertà”. Ancora oggi nelle ore notturne viene illuminato, a perenne ricordo.


Dopo il 25 Aprile 1945, la piazza principale della nostra città (Piazza Fontana per i lissonesi), per un breve periodo fu chiamata Piazza IV Martiri prima di assumere la denominazione attuale di Piazza Libertà. Nel corso del XX secolo la piazza, ha cambiato nome diverse volte: dapprima Piazza della Chiesa (per la presenza della vecchia chiesa), poi, dopo la I guerra mondiale, Piazza Trento e Trieste, in seguito, dal 1934 Piazza Vittorio Emanuele II, quindi Piazza Ettore Muti.

L’A.N.P.I. lissonese, mentre ricorda il sacrificio di questi quattro giovani concittadini, desidera dedicare anche un pensiero a tutti i lissonesi che in vari modi si opposero al fascismo. Vogliamo ricordare anche chi attuò la cosiddetta Resistenza silenziosa ed i cui nomi non sono riportati nei libri di storia o nei documenti ufficiali, chi lottò nelle file della Resistenza armata, chi fu internato nei campi di concentramento in Germania, tutti coloro che persero la vita perché anche Lissone divenisse una città libera e democratica.
documento originale sulla fucilazione di Pierino Erba e Carlo Parravicini
documento originale sulla fucilazione di Remo Chiusi e Mario Somaschini
a ricordo di Valerio Renzi maresciallo dei Carabinieri a Lissone
Il 16 luglio 1982 veniva ucciso dalle Brigate Rosse il Maresciallo dei Carabinieri di Lissone Valerio Renzi.
Purtroppo anche Lissone ha avuto una vittima di quegli “anni di piombo”: il maresciallo dei Carabinieri Valerio Renzi.
Valerio Renzi nato a Rieti nel 1938, era comandante della stazione dei Carabinieri di Lissone, sposato e padre di due bambini.

La mattina del 16 Luglio 1982, Renzi si recò, come era solito fare, da solo, con la sua Alfetta di servizio, presso l'ufficio postale di Lissone per ritirare la corrispondenza.
Proprio in quegli attimi, un gruppo di terroristi stavano compiendo una rapina (un’ "operazione di esproprio proletario" nel gergo delle Brigate Rosse, come scrissero nella rivendicazione dell’attentato).
Alla vista dell’auto dei Carabinieri i terroristi sparavano raffiche di mitra contro il maresciallo Renzi. L'Alfetta venne crivellata di colpi.
Il suo omicidio venne rivendicato dalla colonna Walter Alasia, un ramo delle Brigate Rosse.


Un’involontaria testimone oculare di quella tragica mattina del 16 luglio 1982, la lissonese Carlotta Molgora, così ci ha raccontato:
“Ormai pensionata, ogni due mesi mi recavo presso l’Ufficio postale per ritirare la pensione. Era Venerdì 16 luglio 1982. Mentre ero in fila davanti allo sportello e discutevo con altre mie conoscenti, entrò un giovane con un mitra spianato ordinando a tutti i presenti di sdraiarsi per terra. Un altro giovane si affacciò sulla porta dell’ufficio postale, imbracciando anche lui un mitra. Tutti pensarono ad una rapina. Qualcuno svenne. Poi improvvisamente si sentì il crepitio di una raffica di mitra. In un attimo gli assalitori si dileguarono. Qualcuno uscì dall’ufficio postale. Ai suoi occhi apparve una scena raccapricciante: all’interno di un’auto dei Carabinieri, un graduato era stato colpito a morte. Era il maresciallo della stazione dei Carabinieri di Lissone, Valerio Renzi. I brigatisti lo avevano ammazzato. Il giorno prima a Napoli allo stesso modo era stato massacrato il capo della squadra mobile. Erano gli anni del terrorismo che aveva seminato terrore e morte nel nostro Paese e che fu sconfitto solo dopo aver lasciato una scia di sangue”.
L'Arma dei Carabinieri conferì la Medaglia d'argento al valor civile alla memoria a Valerio Renzi e fece erigere sul luogo dell'attentato, di fronte all’Ufficio Postale di Lissone, un monumento in sua memoria, opera della scultrice Virginia Frisoni.

Nel 1988 la Provincia di Milano conferì il Premio Isimbardi alla memoria di Valerio Renzi con la seguente motivazione:
“Maresciallo capo, comandante della stazione dei carabinieri di Lissone ucciso dai terroristi nel corso di una rapina all'Ufficio postale di Lissone nel 1982. Il suo esempio ha onorato l'arma cui apparteneva e ha contribuito alla lotta contro la criminalità politica per la dedizione e l'impegno dimostrati fino all'estremo sacrificio.”
anno scolastico 1940 - 1941
vissuto sui banchi di una scuola elementare di Lissone.
Quando il 16 ottobre 1940 inizia l’anno scolastico, da quattro mesi i nazisti hanno occupato Parigi.
Il maresciallo Petain, dopo il crollo dell’esercito francese, ha firmato l’armistizio con i tedeschi. Pochi giorni dopo, l’anziano militare veniva nominato presidente della Repubblica di Vichy, istituita come governo collaborazionista della Germania. Dall’Inghilterra il generale De Gaulle annunciava alla popolazione francese attraverso la radio: “Qualunque cosa succeda la fiamma della resistenza francese non deve spegnersi e non si spegnerà”.
Quando i tedeschi erano a pochi chilometri da Parigi, il 10 giugno 1940, dal balcone di Palazzo Venezia, Mussolini aveva annunciato di aver dichiarato guerra alle “democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente” e iniziava l’offensiva italiana sulle Alpi che costava all’Italia notevoli perdite e fruttava ben poco in termini di territorio conquistato. “Una pugnalata alle spalle” che costringeva la Francia a chiedere l’armistizio all’Italia.
A Lissone, le classi delle scuole elementari sono composte mediamente da cinquanta alunni.
Nella scuola della frazione Santa Margherita, classificata come scuola rurale, la cerimonia di apertura viene così descritta: «gli alunni, inquadrati, si recano con i loro insegnanti alla chiesa della vicina frazione Bareggia. Poi inquadrati davanti al monumento ai Caduti, rispondono al saluto al Re, al Duce e all’appello ai Caduti».
Il 28 ottobre, nell’anniversario della Marcia su Roma, il Duce del fascismo ordinava l’inizio delle operazioni belliche contro la Grecia.
Quest’anno l’Italia è in guerra e il 4 novembre è giorno di scuola. Un maestro «ne approfitto per commemorare la giornata che ricorda la più strepitosa vittoria italiana, ricordando gli eoi che seppero dare la vita per la grandezza dell’Italia e invitando gli scolari a saperli imitare, se la difesa della nostra patria lo richiedesse». E un’altro insegnante della scuola elementare di Santa Margherita «infioriamo il quadro del Milite Ignoto, soldato nel quale la Patria ha esaltato tutti i suoi Eroi» e «vorrei proporre al Sig. Direttore che si intitoli l’aula ad uno dei Caduti della frazione».
7 novembre 1940: Il Federale di Milano visita gli stabilimenti industriali di Lissone.
Scrive il maestro sul “Giornale della classe”: «Da parecchi giorni avevo invitato i miei scolari a prepararsi la divisa e infatti per le ore 14 ho potuto averne un bel numero in perfetta divisa di balilla. Alle 14,15 noi eravamo schierati di fronte alla Casa del Fascio ad attendere il capo del partito della Provincia.
Appena arrivato gli furono presentate tutte le Autorità locali quindi, presa la bicicletta, si diresse a visitare gli stabilimenti. I balilla rimasero un po’ mortificati perché il federale non li passò in rassegna e quindi non tutti lo poterono vedere».
18 novembre 1940: «Oggi ho avuto un’altra grande soddisfazione perché ho potuto completare il pagamento delle tessere di balilla. Ho insistito molto per far portare i soldi ma sono riuscito nel mio intento. Ho anche ricordato l’anniversario delle inique sanzioni col dimostrare il perfido desiderio dei nostri nemici, specialmente della Francia e dell’Inghilterra di affamarci ed impedirci così di conquistare un posto al sole. Alle ore 10 poi, accompagnai tutti i balilla in divisa delle classi terze, quarte e quinte nel cortile del Municipio, dove sta murata la lapide ricordo, per la cerimonia commemorativa».
Il 13 dicembre 1940 arriva a Lissone nientemeno che Sua Altezza Reale il Principe di Piemonte, Umberto di Savoia, per visitare le caserme del paese.
Il direttore ordina di sospendere le lezioni alle ore 12 «per consentire agli scolari di ritornare in divisa alle scuole Vittorio Veneto per le ore 13,30». Inquadrati vengono condotti davanti alla caserma principale, in via Besozzi, dove vengono schierati. La giornata non è particolarmente fredda, ma «il dover rimanere immobili per due ore non era particolarmente simpatico». Finalmente alle ore 16 il Principe arriva. «La lunga attesa li ha stancati un po’ ma quando il Principe li passò in rivista seppero stare sull’attenti come altrettanti soldati. Nei loro occhi si leggeva la gioia grande di aver visto da vicino un così nobile personaggio e il sacrificio della lunga attesa era completamente dimenticato».
Si avvicina il Natale ma a scuola si fanno prove di incursione aerea. Il 20 dicembre «al segnale d’allarme, dato dal Sig. Direttore con 3 suoni di fischietto, tutte le classi, secondo gli ordini impartiti, in silenzio sono scesi nel sotterraneo e là sono rimaste fino al segnale del cessato allarme dato con un suono prolungato di fischietto».
Le vacanze natalizie sono ridotte a tre giorni: il 24, 25 e 26 dicembre. Il 27 si ritorna a scuola: «per le eccezionali condizioni della nostra Patria, non si deve parlare di vacanza». Un altro maestro annota nel “Giornale della classe”: «le lunghe vacanze natalizie dovrebbero essere tolte anche negli anni venturi poiché lo studio ne trae maggior vantaggio».
8 gennaio 1941: «ricorre il genetliaco di S.M. la Regina Imperatrice. Immustro la figura nobile e magnanima della nostra Regina. Illustro poi le mplteplici attività della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e il largo contributo che ha dato nella guerra per la conquista dell’Impero, nella Spagna, in Albania e nell’attuale conflitto».
La guerra costa e allora si chiedono ulteriori sacrifici alle famiglie. Una circolare del segretario del Fascio di Lissone invita gli scolari ad essere generosi verso i soldati in guerra; in una quinta maschile
Nelle classi femminili si procede alla raccolta di indumenti di lana per i militari. La maestra scrive: «nessuna delle mie scolare è in condizioni finanziarie tali da poter offrire neppure un capo di lana. Invito quindi le scolare ad offrire qualche lira per poter comperare della lana e confezionare poi con essa qualche paio di calze». È da sottolineare che in una pagina del “Giornale della classe”, di fianco al nome e ai dati anagrafici di ogni scolaro, vi era uno spazio in cui veniva indicata la condizione economica della famiglia!
E in un’altra quinta femminile: «con le mie alunne felicissime ho preparato il pacco con gli indumenti e altri oggetti destinati ai combattenti, che nel pomeriggio verrà portato al fascio. Contiene 12 paia di calze di lana, 9 paia di guanti, 1 passamontagna, molte buste con fogli di carta da lettera, biglietti postali, cioccolato, sigarette. Non mi aspettavo tanto! ».
Nelle classi femminili si procede alla raccolta di indumenti di lana per i militari. La maestra scrive: «nessuna delle mie scolare è in condizioni finanziarie tali da poter offrire neppure un capo di lana. Invito quindi le scolare ad offrire qualche lira per poter comperare della lana e confezionare poi con essa qualche paio di calze». È da sottolineare che in una pagina del “Giornale della classe”, di fianco al nome e ai dati anagrafici di ogni scolaro, vi era uno spazio in cui veniva indicata la condizione economica della famiglia!
E in un’altra quinta femminile: «con le mie alunne felicissime ho preparato il pacco con gli indumenti e altri oggetti destinati ai combattenti, che nel pomeriggio verrà portato al fascio. Contiene 12 paia di calze di lana, 9 paia di guanti, 1 passamontagna, molte buste con fogli di carta da lettera, biglietti postali, cioccolato, sigarette. Non mi aspettavo tanto! ».
20 febbraio 1941:
«Anche alla Cascina Santa Margherita si sente l’eco della guerra. Tutti i bambini hanno parenti prossimi e lontani richiamati alle armi. Parlo del sacrificio compiuto dai nostri soldati e del dovere, da parte nostra, di collaborare alla buona riuscita delle armi. I bimbi devono, come quattro anni orsono, offrire i rottami di ferro che possono sembrare inutili. Come durante la guerra per la conquista dell’Impero, anche ora la Patria saprà trasformare i rottami in potenti armi contro il nemico. Siamo lieti di aver partecipato anche noi alla vittoria finale». Un incaricato della Gioventù Italiana del Littorio ritira 50 chilogrammi di rottami offerti alla patria dagli alunni di Santa Margherita.
E nel primo anno di guerra, per ricordare l’anniversario della Fondazione dei Fasci di combattimento (furono fondati il 23 marzo 1919 a Milano in Piazza San Sepolcro) un grande avvenimento per la scuola lissonese: «inaugurazione del gagliardetto dei Balilla e delle Piccole Italiane, che è intitolato a Giulio Venini, un caduto del fronte greco-albanese, proposto per la medaglia d’oro, già figlio di una Medaglia d’oro della Grande Guerra».
Dato il susseguirsi degli avvenimenti bellici, un maestro decide di dedicare il lunedì di ogni settimana per raccontare agli scolari quanto sta accadendo sui vari fronti.
4 aprile 1941: «Oggi ho dato la notizia ai miei scolari della riconquista di Bengasi».
7 aprile 1941: «Spiego ai miei alunni la ragione per cui l’Italia e la Germania hanno iniziato la guerra contro la Jugoslavia».
21 aprile 1941: «Commemoro la fondazione di Roma e la festa del lavoro. Inoltre do notizia della caduta della Jugoslavia che si è arresa».
24 aprile 1941: «Comunico ai miei scolari la notizia che le Armate dell’Epiro e della Macedonia sono capitolate».
Una in particolare «è veramente interessante: un Alpino racconta un poco le vicende gloriose di laggiù».
21 aprile 1941: «Per commemorare il Natale di Roma e la festa del Lavoro, ascoltiamo una trasmissione organizzata dall’Ente Radio Rurale». Ciò è stato possibile grazie all’apparecchio radiomicrogrammofonico donato dall’Egr. Podestà Cav. Angelo Cagnola.
E per il 9 maggio, anniversario della fondazione dell’impero, il maestro scrive: «ricordo alla scolaresca la rapida e gloriosa conquista dell’Etiopia, inutilmente ostacolata dall’Inghilterra. In questo momento in cui si accende sempre più la speranza di una emancipazione del Mar Mediterraneo dal dominio britannico e si consolida la nostra fiducia nella vittoria finale e nel rafforzamento del potere italiano nell’Africa Orientale italiana, volgiamo ai nostri soldati, che in quelle terre combattono per la gloria d’Italia, il nostro affettuoso saluto ed il nostro ringraziamento».
In realtà in Africa gli inglesi erano passati al contrattacco, dilagando in tutti i possedimenti orientali italiani, Etiopia, Somalia, Eritrea, tanto che, dall’aprile 1941, il negus era ritornato trionfalmente ad Addis Abeba.
La scuola sta per finire. Come lo scorso anno termina il 15 maggio e non ci saranno gli esami di terza e di quinta. Gli alunni verranno giudicati solo attraverso lo scrutinio. Scrive sul “Giornale della classe” una maestra di quinta femminile: «Dedico questi ultimi giorni di scuola a lezioni di igiene ed economia domestica, che riusciranno certo tanto utili a queste donnine, molte delle quali lasceranno fra poco definitivamente la scuola».
Lissone, anno scolastico 1936-1937
Nel seguente articolo vengono pubblicate le pagine contenenti la "Cronaca e le osservazioni dell’insegnante sulla vita della scuola" del «Giornale di classe» di una quinta elementare della scuola "Vittorio Veneto" di Lissone nell’anno scolastico 1936-1937.
Dalla loro lettura è possibile avere uno spaccato della vita della scuola: ogni giorno gli insegnanti e i dirigenti scolastici cercano di plasmare gli animi dei piccoli scolari inculcando in loro gli ideali del regime.
L’istituzione scolastica fu un potente veicolo di propaganda del fascismo, uno dei più efficaci strumenti per l’organizzazione del consenso di massa.
In particolare si notino le cronache dei seguenti giorni :
18 novembre 1936: primo anniversario delle sanzioni inflitte dalla Società delle Nazioni all’Italia per la guerra d’Etiopia
18 dicembre 1936: primo anniversario in cui tutte le donne d’Italia dovettero donare il proprio anello nuziale per sostenere il paese in guerra
26 febbraio 1937: nella guerra di aggressione all’Etiopia, chi si oppone all’occupazione del proprio paese, in questo caso il Ras Destà, viene definito ribelle ed eliminato
20 marzo 1937: il maestro esalta la figura del Duce in terra d’Africa
7 maggio 1937: l’Ispettore scolastico cerca di mettere in rilievo, davanti agli scolari radunati, «i motivi altamente civili della conquista dell’Impero»
"Cronaca e le osservazioni dell’insegnante sulla vita della scuola" del «Giornale di classe» di una quinta elementare della scuola "Vittorio Veneto" di Lissone nell’anno scolastico 1936-1937.
anno scolastico 1934 - 1935 (continuazione)
Dal 23 al 28 gennaio: «ciclo di lezioni per la propaganda del riso».
Tra le iniziative del Regime, oltre alla "battaglia del grano",
che aveva il preciso scopo di realizzare l'indipendenza economica dell'Italia attraverso l'incremento dell'agricoltura e che occupava un posto di primissimo piano nella didattica della scuola elementare,
si aggiunse , nel febbraio 1928 quella del riso, con la celebrazione della "giornata del riso" il 19 febbraio. Una circolare raccomandava ai capi delle scuole la più attiva propaganda per il consumo del riso, per evitare la crisi di sovrapproduzione di quel cereale.
31 gennaio: «per interessamento delle autorità locali e per gentile concessione del proprietario, oggi le scolaresche di quarta e di quinta hanno gratuitamente assistito al film “La camicia nera”. La film veramente bella non poteva essere più bella ed interessante, tanto dal lato morale quanto patriottico».
31 gennaio: «nel pomeriggio saggio ginnico guida presso la Casa del Balilla di Monza».
L’insegnante vende i francobolli della Refezione scolastica, le tessere di Piccole Italiane, raccoglie le iscrizioni alla Mutualità scolastica (anche con pagamenti a rate), è riuscita a convincere le sue alunne tanto che «quasi tutte si sono fatte la divisa di Piccole Italiane».
25 marzo 1935: festa degli alberi
La festa degli alberi, pur non essendo una creazione del fascismo - la sua istituzione risale al 1902 - venne sfruttata e piegata dal Regime all'opera di intensa propaganda intrapresa per la salvaguardia e l'incremento del patrimonio forestale italiano.
Con la circolare del 15 ottobre 1928 tutta la scuola era chiamata a celebrare questa festa per la quale venivano scelti il luogo e la data più adatti per l'occasione.
Giornata delle due croci: quinta campagna nazionale per il francobollo antitubercolare
28 aprile 1935: la nuova città di Guidonia
12 maggio 1935: visita di Starace a Lissone
14 maggio 1935: visita dell’Ispettore di Religione. Il maestro riporta a penna, in rosso, una citazione di Mussolini sulla religione
Cos’era la leva fascista?
Ogni anno con la Leva Fascista veniva solennizzato il rito di passaggio dei Balilla che avevano compiuto 14 anni nelle Avanguardie, mentre gli Avanguardisti che compivano i 18 anni passavano nei Fasci Giovanili (da dove, a 21 anni, sarebbero entrati nella Milizia e nel Partito).
Dal 1935 al gradino più basso vi erano i Figli della lupa
Nello stesso modo, con la Leva Fascista Femminile, avveniva il passaggio delle Piccole Italiane nelle file delle Giovani Italiane e di queste nel gruppo delle Giovani Fasciste.
La Leva fascista si celebrava il 24 maggio, nell'anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia. Nello stesso giorno, a partire dal 1934, aveva luogo in tutti i Comuni la Festa ginnastica nazionale, organizzata dall'O.N.B. Balilla e Piccole Italiane si esibivano negli esercizi ginnici seguendo gli ordini trasmessi per radio da un istruttore dell'O.N.B. che li guidava dal Foro Mussolini in Roma.
Lissone, anno scolastico 1935-1936
Alla metà degli anni trenta del novecento, tre regimi totalitari sono al potere rispettivamente in URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche), in Germania e in Italia.
Nell’Unione Sovietica, Stalin, da circa dieci anni alla guida del Paese, dopo aver attuato la collettivizzazione forzata nelle campagne e fatto spostare manodopera dalla campagna all’industria, stava procedendo alla repressione dei suoi oppositori all’interno del partito comunista, mediante le “purghe” (processi senza garanzie processuali che vedevano come imputati dirigenti di partito).
In Germania Hitler, diventato cancelliere del Reich nel 1933, reprimeva il dissenso; venivano emanate le “leggi di Norimberga” (1935), con funzione soprattutto antisemita, che prevedevano la privazione dei diritti civili e politici.
In Italia il regime fascista di Mussolini era al culmine della sua potenza, tanto che desiderava provare all’estero che l’Italia era pacificata e che gli ultimi oppositori si erano arresi (con insidiose proposte, il Ministero della Giustizia faceva sapere di essere disposto a concedere ai detenuti politici la libertà condizionale in cambio dell’impegno di non occuparsi più di politica). In politica estera, la guerra d’Etiopia, svolta fondamentale nell’evoluzione della dittatura fascista, provoca il riavvicinamento tra l’Italia e la Germania. Il gioco delle alleanze europee risulta così suggellato per parecchio tempo.
Attraverso la cronaca dei giorni di scuola, scritta dal maestro sul “Giornale di Classe” di una quinta elementare, possiamo seguire gli avvenimenti riguardanti non solo Lissone, nell’anno scolastico 1935-1936, ma anche quelli dell’Italia nel contesto internazionale.
trascrizione del "Giornale della classe"
25 settembre 1935: La mia classe è composta da 48 iscritti di cui 13 ripetenti. I primi giorni di scuola li spesi per un indispensabile riepilogo delle norme di pulizia, ordine, disciplina. Parlai inoltre dell’importanza dello studio e del rispetto che si deve all’Autorità. Cercai la forma più chiara e convincente, ma chissà quante volte dovrò ripetermi. Non mancai di aggiungere che la migliore preparazione al nuovo anno scolastico era quella di assecondare la lodevole iniziativa di assistere a una apposita S. Messa, chiamata dello scolaro.
2 ottobre 1935: Oggi la scuola è terminata alle 3 per la memorabile adunata voluta dal Duce. Tutto il popolo italiano è con lui.
5 ottobre: Inaugurazione dell’anno scolastico e S. Messa.
12 ottobre: da lunedì l’orario è stabilito come segue:
8,30 – 8,45 ingresso
8,45 – 12 lezione
13,30 – 13,45 ingresso
13,45 – 15,30 lezione
26 ottobre: fu ascoltata la radiotrasmissione ordinata dal segretario del P.N.F. agli scolari d’Italia. “Saluto al Re, saluto al Duce” “Visita a un campo di camice nere in partenza per l’Africa Orientale.
28 ottobre: Anniversario della Marcia su Roma. Ho parlato in proposito ai miei scolari facendo rilevare tutto il bene che Mussolini ha fatto e continua a fare per la grandezza della nostra Italia.
Tutte le scolaresche, accompagnate dai rispettivi insegnanti, sono sfilate in corteo per le vie del paese indi si recarono in chiesa per assistere la Messa ai Caduti della Rivoluzione, poi il corteo si recò al Parco delle Rimembranze indi in Piazza Vittorio Emanuele III ove parlò il segretario politico. Dopo il saluto al Re e al Duce il corteo si sciolse.
4 novembre: Anniversario della Vittoria. Corteo dei Balilla e delle Piccole Italiane al cimitero per la traslazione della salma di un glorioso caduto decorato di medaglia d’argento. Messa da campo e discorso analogo. Il corteo ha poi sostato al Monumento ai caduti per la lettura del Bollettino della Vittoria e furono deposte le solite corone.
8 novembre: solenne ingresso a Macallè del generale De Bono
11 novembre: genetliaco del Re
originale del "Giornale della classe" del 18 novembre 1935
18 novembre: Tutti i tricolori d’Italia sventolano, non per un lieto evento o per commemorare una data gloriosa, ma per protesta contro le sanzioni. Faccio scrivere le parole del Duce: Davanti alla minaccia di un assedio economico che la storia bollerà come un crimine assurdo, tutti gli italiani degni di questo nome, lotteranno organizzandosi nella più accanita delle difese. – Spiego che siano le sanzioni e quale dovrà essere la nostra lotta per vincerle.
5 dicembre: Commemorazione di Balilla; narrazione e conseguenza storica.
18 dicembre: Giornata della fede; colla donazione dell’anello nuziale da parte delle donne d’Italia,
fu entusiastica quella dei rottami di metallo fatta anche dai miei scolari. Inaugurazione di Pontinia, terzo comune dell’Agro Pontino.
23 dicembre: dal 24 al 2 gennaio vacanze natalizie
21 gennaio 1936: abbiamo sentito la trasmissione della radio sull’argomento: disfatta di Macallè 1896 – Macallè italiana 1936. Presa di Neghelli. Ritornata in classe, dopo la spiegazione data in merito alla radiotrasmissione, ho assegnato per casa il riassunto delle cose udite.
11 febbraio: sesto anniversario della firma del Trattato del Laterano e del Concordato dell’Italia e la Santa Sede. Per l’annuale solennità civile, le scuole hanno fatto vacanza.
12 febbraio: causa l’influenza ho segnato in questo periodo il maggior numero di assenze dei miei alunni.
16 febbraio: morte di Augusta Mussolini, moglie del compianto Arnaldo, donna di elette virtù.
originale del "Giornale della classe" del 19 febbraio 1936
19 febbraio: oggi la Nazione è imbandierata per celebrare la vittoria di Ambra Aradam. Illustro alla scolaresca la grande battaglia, leggo il comunicato, si partecipa al giubilo di tutti gli Italiani per la magnifica vittoria delle nostre armi. Il nostro pensiero si rivolge con gratitudine al Duce al Re a S.E. Badoglio a tutti i capi e combattenti morti in terra d’Africa.
28 febbraio: la bandiera italiana sventola sul nuovo bastione conquistato: l’Amba Alagi. Faccio partecipare gli scolari al giubilo del popolo italiano scrivendo un pensiero riconoscente al Duce ed ai nostri eroici soldati.
29 febbraio: sabato, ultimo di carnevale si fece vacanza.
3 marzo: Commemorazione del quarantesimo anno della battaglia di Adua. Parlo alla scolaresca della Messa al campo fatta a Roma sull’Altare della Patria il 1° marzo con la partecipazione del Re, del Duce e di tutte le autorità militari e politiche, assumendo così carattere nazionale per la commemorazione suddetta. I morti di Adua sono finalmente vendicati.
23 marzo: Commemorazione del 17° anniversario della fondazione dei primi Fasci di combattimento per opera di Benito Mussolini in Piazza San Sepolcro a Milano. Quest’anno la celebrazione è più vibrante perché fatta sotto l’ala della vittoria africana.
26 marzo: Il popolo italiano porge il suo commosso saluto e augurio a Maria di Piemonte, l’augusta crocerossina che parte domani per l’Africa Orientale e si appresta a dare l’opera personale di volontario sacrificio sulla nave ospedale Cesarea. Ancora una volta la Casa Reale dà l’esempio più alto e magnifico e porta laggiù la voce amorosa della Patria. Tutte unite nel sentimento e nel valore.
28 marzo: consegno £ 10 per l’iscrizione della mia classe alla Croce Rossa Italiana.
2 aprile: Dopo aver distribuito ai miei scolari il medaglione con l’effige del Duce, li ho fatti marciare inquadrati al Campo Sportivo, dove hanno compiuto qualche esercizio di ginnastica e cantato gli inni della Patria. La cerimonia è finita con il saluto al Re l Duce e all’on. Ricci. Era presente il Segretario Politico.
3 aprile: Celebrazione del decennale dell’Opera Nazionale Balilla.
La scolaresca, accompagnata dai rispettivi maestri, si radunarono in cortile; erano presenti le autorità religiose e civili. Balilla e Piccole Italiane e insegnanti erano in divisa, ascoltarono attentamente le parole pronunciate prima dal comandante la coorte Balilla poi dal nostro esimio Sig. Ispettore.
4 aprile: Domani giornata della doppia croce: parlo dei benefici apportati dalla lotta contro la tubercolosi.
dal 9 al 14 aprile: vacanze pasquali
28 aprile: Celebrazione del Natale di Roma e festa del lavoro. Continuo ad impartire notizie sul censimento.
5 maggio 1936: Badoglio è entrato in Addis Abeba. Annuncio del Duce a tutto il mondo.Leggo il discorso del Duce (si commenta) e faccio cantare un inno alla Patria. Alle 10 e mezzo tutte le scolaresche accompagnate dai rispettivi insegnanti si recarono al Parco delle Rimembranze.
9 maggio 1936: Proclamazione per radio dell’Impero italiano d’Etiopia. Illustro alla scolaresca la fondazione dell’Impero. Solenne Te Deum di ringraziamento, coll’intervento delle Autorità, Balilla, Piccole Italiane e Combattenti
24 maggio 1936: Commemorazione dell’entrata in guerra e della leva Fascista. Tutte le scolaresche, accompagnate dai rispettivi insegnanti, parteciparono al corteo che si recò al Parco delle Rimembranze e poi in piazza dove il Segretario Politico celebrò la data memorabile e lesse il discorso del Duce pronunziato in occasione della fondazione dell’Impero.
26 maggio: Siamo andati in cortile ad ascoltare l’ultima trasmissione dell’Ente Radio Rurale. Abbiamo sentito il saggio di canto corale eseguito da lacune scolaresche di Roma.
2 giugno: Quest’oggi la mia scolaresca ebbe la visita del Sig. Prevosto per la prova annuale di Religione. Tutti gli interrogati risposero molto bene. Il Sig. Prevosto ne fu molto contento
12 giugno 1936: Saggio ginnico al Campo Sportivo eseguito dalle classi 3a 4a e 5a . Furono eseguiti gli esercizi obbligatori dell’Opera Nazionale Balilla ed alcuni canti patriottici. Erano presenti le Autorità locali, il Segretario Politico e il Capo Zona di Lissone.
22 giugno 1936: termine delle lezioni
23-24-26-27 giugno: Si svolgono le operazioni di esame. Risultato: presenti 45 – approvati 34 – non approvati 5 – rimandati a settembre 6
materiale didattico
Lissone: un secolo tra i banchi di scuola
Ricercando negli archivi comunali, Renato Pellizzoni, appassionato studioso della storia del XX secolo, e Maurizio Parma, profondo conoscitore di storia locale, hanno visionato documenti riguardanti la scuola pubblica a Lissone, dai più antichi risalenti alla seconda metà del XIX secolo (1860 – 1900) fino a quelli del ventennio fascista (1922 - 1945).
Di particolare interesse, negli anni dal 1930 al 1945, sono le notizie contenute nel “Giornale della classe" (così era chiamato il registro), dove gli insegnanti riportavano la cronaca e le osservazioni sulla vita scolastica. Analizzando questi giornali classe, soprattutto delle quarte e quinte classi delle elementari, si constata come “la rivoluzione nasceva non sulle piazze, ma nelle aule delle scuole elementari, quando ai giovani veniva tolto il senso della libertà individuale e la prospettiva del loro futuro obbligatoriamente si allineava a quella del cittadino-soldato. Il fascismo coltivò la propria dottrina in modo massiccio tra i ragazzi tentando di creare una generazione di ‘italiani nuovi’ .
Il ventennio ha prodotto un proprio sistema pedagogico che ricalca e continua quello comune a tutti i regimi totalitari, in cui la scuola costituisce un mezzo importante per inculcare nei giovani gli ideali del regime.
L’istituzione scolastica diventò ben presto un potente veicolo di propaganda del fascismo, il più efficace strumento per l’organizzazione del consenso di massa.
“Fondamentale nello sviluppo di questa operazione di ingabbiamento della gioventù fu l'adesione supina e consapevole dei maestri e delle maestre che non fecero mai opposizione. Il fascismo li blandì ed onorò la loro opera (2)”.
In un articolo sono pubblicate immagini di documenti della scuola pubblica di Lissone negli anni successivi all’Unità d’Italia fino alla fine dell’ottocento.
Per gli anni del fascismo, invece, sono state trascritte alcune pagine del “Giornale della classe”: la loro lettura consente di avere uno spaccato della vita non solo degli studenti e della scuola ma anche del paese e della nazione.
(1) Elena D'Ambrosio ricercatrice Istituto di Storia Contemporanea "P. A. Perretta" autrice di “A scuola col duce – l’istruzione primaria nel ventennio fascista”
(2) Ricciotti Lazzero nell’introduzione al libro di Elena D'Ambrosio “A scuola col duce – l’istruzione primaria nel ventennio fascista”