Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

Dai “quaderni di Auschwitz”

10 Octobre 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #la persecuzione degli ebrei

17 luglio 1942: il resoconto completo della visita di ispezione di Himmler ad Auschwitz.

 

Venerdì 17 luglio 1942, il secondo giorno del grande rastrellamento degli ebrei a Parigi, la “Grande rafle du Vel d’Hiv”, Himmler, il capo della Gestapo, si recò a ispezionare il campo di concentramento di Auschwitz. La sua fabbrica della morte doveva ricevere del materiale e perciò si doveva accertare che tutto fosse pronto. Nessuno in Europa sembrava ostacolare la “soluzione finale”. La Germania si trovava al culmine della sua potenza.

I bollettini di guerra del quartier generale del Führer non sono che un grido di vittoria. L’avanzata tedesca si sviluppava in modo folgorante, non solamente sul fronte russo, ma anche in Africa del Nord dove le divisioni di Rommel controbattevano le forze britanniche dopo aver conquistato Tobruk il 22 giugno.

Il 12 luglio, un comunicato aveva segnalato che le truppe tedesche e alleate, notevolmente appoggiate dalla Luftwaffe, avevano sconfitto il nemico e lo avevano annientato nel corso delle operazioni offensive che si erano sviluppate ad ovest del Don, tra il 28 giugno e il 9 luglio ...

Dopo la presa di Voronej, il 7 luglio, il Don veniva raggiunto a sud di questa città e si erano stabilite diverse teste di ponte su un fronte di 350 chilometri. Il 22 luglio, si apprenderà che, mentre i combattimenti proseguivano vittoriosamente in Africa settentrionale, nei dintorni di El Alamein, dove gli inglesi avevano perso 1200 uomini e un numero considerevole di carri armati, sul fronte russo Rostov in fiamme veniva attaccata da ovest, da nord e da est, una frase del comunicato precisava che un’armata tedesca avanzava rapidamente in direzione di Stalingrado. Era la prima volta che questo nome appariva nei bollettini del quartier generale hitleriano e nessuno allora pensava che i combattimenti che si svolgeranno intorno a questa città, dal mese di ottobre seguente al gennaio 1943, segneranno la sconfitta dell’esercito tedesco.

I “quaderni di Auschwitz” hanno conservato il resoconto completo della visita del ministro del Reich: «Il 17 luglio (1942), Himmler, SS Reichsführer, è venuto per la seconda volta ad Auschwitz per un giro di ispezione. Erano presenti il Gauleiter Bracht, l’SS Obergruppenführer Kammler. Accompagnato dai suoi ospiti, Himmler ispezionò tutto il territorio del campo, le aziende agricole, le costruzioni in corso, i laboratori, le piantagioni sperimentali a Rapsko, così pure gli allevamenti e la scuola forestale».

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Ispezionando in seguito il campo di Birkenau, potrà assistere all’annientamento di un convoglio di ebrei che arrivava: lo scarico dal treno, la selezione dei deportati giudicati abili al lavoro, l’uccisione degli inabili col gas nel bunker n°2 e il successivo sgombero. Questo convoglio era composto da 2.000 ebrei olandesi arrivati il 17 luglio, 1303 uomini e 697 donne.

1251 uomini e 300 donne furono giudicati abili al lavoro, 449 inabili furono inviati nelle camere a gas: è al supplizio di 449 persone che Himmler assistette. La sera Himmler fu ricevuto a Katowice a casa del Gauleiter Bracht; si recò in compagnia del comandante del campo Höss e della moglie di questi, oltre al capo delle installazioni agricole di competenza di Auschwitz, Obersturmbannführer, dott. Caesar.

«Il 18 luglio, Himmler ispezionò il campo municipale, le cucine, il campo delle donne, che comprendeva i blocchi da 1 a 10, le fabbriche, le scuderie, i macelli, i panifici e la caserma delle guardie, il “Canada”. I detenuti avevano soprannominato“Canada” le baracche nelle quali i beni tolti ai deportati ebrei venivano riuniti e selezionati. Nel 1943, il “Canada” non contava meno di 35 baracche.

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Alcuni commando speciali di deportati selezionavano una quantità enorme di vestiti, di oggetti di valore, fedi nuziali o differenti gioielli, i denti in oro strappati ai cadaveri, gli occhiali e i giocattoli abbandonati dai bambini. L’oro e l’argento erano trasferiti alla banca centrale del Reich (escludendo quei quantitativi rubati dalle guardie SS); gli orologi andavano all’Ufficio amministrativo centrale delle SS a Orianenburg; gli occhiali al servizio sanitario; gli articoli di consumo corrente, come i fazzoletti, le valige, gli zaini, i pettini, i pennelli da barba all’ufficio incaricato della propaganda del germanesimo.

«Nel campo delle donne – sta scritto nei “Quaderni di Auschwitz” – Himmler chiese di assistere alla bastonatura di una detenuta con lo scopo di constatarne gli effetti. Visto lo stato in cui era stata ridotta la donna bastonata, ordinò che, da quel momento, la bastonatura doveva essere praticata sulle donne solamente dopo la sua personale autorizzazione. Al termine della sua ispezione, Himmler si recò, per un ultimo colloquio, nell’ufficio di Höss a cui ordinò di accelerare la costruzione del lager di Birkenau, degli stabilimenti degli armamenti e di perfezionare lo sterminio degli ebrei inabili al lavoro. In segno di riconoscimento per le realizzazioni già terminate, Himmler nominò Höss Obersturmführer, innalzandolo così di grado.

 

Bibliografia:

Claude Lévy e Paul Tillard - La grande rafle du Vel d’Hiv – Ed. Laffont 1992

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Sant'Anna di Stazzema, la strage archiviata

4 Octobre 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #avvenimenti recenti

 

Sant'Anna di Stazzema, la strage archiviata: "Una sentenza inaudita"

la posizione dell'ANPI sulla sentenza:

“Che si possa archiviare 'per mancanza di prove' una vicenda storicamente accertata e per la quale dieci cittadini tedeschi sono stati condannati in Italia, in tutti i gradi di giudizio, all’ergastolo, è veramente inaudito e incredibile, perché significa che non ci si è resi conto dell'orrenda tragedia compiuta, per mano tedesca e fascista, e non si è pensato non solo alle ragioni imposte dal diritto ma neppure a quelle imposte dalla umanità”.

Con queste parole il presidente dell'Anpi nazionale, Carlo Smuraglia, ha commentato il provvedimento di archiviazione della strage di Sant'Anna di Stazzema deciso dalla procura di Stoccarda.

Dieci erano stati gli ergastoli decisi dalla magistratura italiana, in tre gradi di giudizio, per ex soldati della Reichsführer SS che, nell'agosto 1944, compì la strage.

La sentenza del tribunale di La Spezia era chiara: gli indagati, essendo in servizio nelle forze armate tedesche, nemiche durante la fine della Seconda guerra mondiale dell'Italia: “Con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, tutti, secondo la specifica qualità e mansione, contribuendo alla materiale realizzazione del crimine e comunque reciprocamente rafforzandosi nel proposito delittuoso, il mattino del 12 agosto 1944, alle ore 7 circa e seguenti, in Sant'Anna di Stazzema, senza necessità e senza giustificato motivo, per cause non estranee alla guerra e anzi nell'ambito e con finalità di un'ampia operazione di rastrellamento pianificata e condotta contro i partigiani e la popolazione civile che a quelli si mostrava solidale, cagionava la morte di numerose persone - verosimilmente tra le 457 e le 560 circa, tra le quali, e in prevalenza, anziani, donne e bambini - le quali non prendevano parte alle operazioni militari, agendo con crudeltà e premeditazione”.

Tuttavia, per otto degli ex militari - due sono deceduti in questi anni – il tribunale tedesco non considera provata la responsabilità individuale, nonostante l'appartenenza al reparto colpevole dell'eccidio, e pertanto li ha prosciolti. Non è tutto. In un comunicato i magistrati tedeschi sostengono che la strage non fu programmata da parte dell'esercito nazista, poiché non esistono documenti in merito. Giungono a ipotizzare che l'obiettivo delle SS fosse la guerra ai partigiani e la deportazione di uomini abili al lavoro, e che la violenza sui civili fu conseguente al fallimento dell'azione.

Ma la storia ha raccontato, e la giustizia italiana ne ha tenuto conto, di come fosse in atto nei venti mesi di occupazione nazista del nord Italia una vera e propria guerra alla popolazione civile. Inoltre, come ha dichiarato il pm al processo italiano, Marco De Paolis, alcuni dei dieci indagati erano rei confessi.

“Così - ha aggiunto Smuraglia - le 560 vittime, i loro familiari, i loro figli e nipoti, restano sullo  sfondo, come figure irrilevanti, perché non si è stati in grado di capire che così si rinnova il loro dolore, visto che da anni  invocano verità e giustizia, senza successo. C’è da restare attoniti e sgomenti a fronte di provvedimenti come questo, che si muovono su un filone mai estinto, ed al quale non è mancato l’apporto della Corte dell’Aja, che ha dato più rilievo al ruolo del diritto che non ai valori ed ai diritti umani”.

E' dunque necessario continuare l'azione di testimonianza, di studio perché, come dichiarato sempre dal presidente Anpi: “Bisogna perseguire la verità ed affermare le ragioni della storia, contrapponendole ad ogni tentativo di ridurre la gravità estrema di quanto accaduto in Italia, tra il ‘43 e il ‘45. Bisogna arricchire le ricerche storiche, condurre in porto i procedimenti penali ancora aperti. Ma bisogna anche ottenere una discussione parlamentare seria sulle stragi, sulle responsabilità tedesche e fasciste, sulle  responsabilità collegate all’armadio della vergogna nella loro complessità non solo giuridica ma anche politica".

"Deve andare avanti - precisa Smuraglia - l'interrogazione presentata da un gruppo di senatori e reiterata alla Camera, e la raccolta firme sotto la petizione popolare lanciata a Marzabotto. E infine bisogna premere sul governo, perché si proceda nella 'trattativa' con la Germania, che doveva avviarsi dopo la sentenza dell’Aja e di cui non si sa nulla”.

“Noi  - ha concluso Smuraglia - ci riteniamo impegnati a tutto questo e riteniamo che sia la migliore risposta ai magistrati di Stoccarda, così come ai tanti tentativi di far cadere l’oblio su vicende imprescrittibili. Ed è anche questo il modo migliore per esprimere la solidarietà più forte, affettuosa e sincera, alle vittime, ai sopravvissuti ed ai familiari della strage di S. Anna di Stazzema, così come a tutte le vittime ed i familiari della strage di Marzabotto e di tante altre terribili stragi”.

Gemma Bigi

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