Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

festa provinciale 2023

23 Juin 2023 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

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6 giugno 1944: operazione Overlord, nome in codice dello sbarco in Normandia

4 Juin 2023 , Rédigé par Renato Publié dans #II guerra mondiale

Il luogo dello sbarco dell’operazione Overlord fu scelto durante la conferenza Trident nel maggio 1943 a Washington: venne preferita la Normandia piuttosto che il Pas-de-Calais, in quanto le divisioni tedesche presenti in questa zona erano più numerose e soprattutto perché non vi erano spiagge e porti che consentissero un rinforzo rapido della testa di ponte.

Alla fine del mese di gennaio 1944, Eisenhower stabilì i mezzi che dovevano essere impiegati nell’operazione: tre divisioni aviotrasportate e cinque divisioni trasportate via mare (due americane e tre inglesi). La zona di sbarco si doveva estendere per circa 60 chilometri, dall’estuario del fiume Orne alla costa orientale del Cotentin. Durante la notte precedente l’operazione anfibia, le divisioni aviotrasportate dovevano coprire tutto il settore di sbarco al fine di proteggerlo ai suoi fianchi.

La scelta della Normandia per l’operazione Overlord consentì di ingannare i tedeschi. Con l’operazione Fortitude, lanciata dagli Alleati, si fece credere ai tedeschi ad uno sbarco nel Pas-de-Calais, bloccando così alcune divisioni tedesche in quest’ultimo settore.

D-DAY Sbarco per la vittoria

La decisione di attaccare i nazisti in Normandia porta la data del 6 giugno 1944. Alle 9.33 del mattino le agenzie americane lanciano il primo flash sullo sbarco. Ma per mettere in ginocchio la Germania il prezzo è altissimo: diecimila morti nelle prime 24 ore.

 

sbarco-in-Normandia.jpg

 

Articolo di Silvio Bertoldi

«Overlord», il Signore: questo è il nome che americani e inglesi hanno scelto per indicare l'operazione di sbarco sul Continente. «Overlord» comincerà quando verrà il momento del D-Day, il Decision Day, o giorno della decisione. Il D-Day viene il 6 giugno 1944, alle 6.30 del mattino, tra nuvole basse e mare di onde lunghe e scure: 2727 navi mercantili, 700 da guerra, 2500 mezzi da sbarco, 1136 aerei inglesi (tra cui una formazione agli ordini del famigerato generale Harris che distruggerà Dresda senza un perché), 1083 aerei americani. Il fronte corre da Le Havre a Cherbourg in Normandia. Una sorpresa per i tedeschi che aspettavano l'attacco sulla Manica, al Pas de Calais, e non vogliono ammettere di essersi sbagliati. Cinque i punti di sbarco, classificati con nomi di fantasia: «Utah» o «Omaha» di pertinenza degli americani a occidente, «Gold», «Judno» e «Sword» per gli inglesi a oriente. Un giorno intero di battaglia sanguinosissima ed è inutile illudersi di salvare il soldato Ryan: di soldati Ryan ne moriranno circa diecimila nelle prime ventiquattr'ore, il prezzo tremendo (peraltro previsto) pagato per una testa di ponte in Europa dopo quattro anni di guerra. Il colpo decisivo per mettere in ginocchio la Germania e sollevare l'Urss dal sostenere da sola il peso del conflitto. Torna alla memoria la promessa di Churchill nella drammatica notte del 2 agosto 1940, quando tutto sembrava perduto: «Ricordate: non ci fermeremo, non ci stancheremo mai, non cederemo mai; l'intero nostro popolo e l'Impero si sono votati al compito di ripulire l'Europa dalla peste nazista e di salvare il mondo dal nuovo Medioevo... e il mattino verrà».

Quel mattino è venuto. È cominciato poco dopo la mezzanotte del 5 giugno, quando sono partiti 60 incursori con il compito di segnalare le zone di atterraggio ai 72 alianti lanciati su Caen, precedendo le divisioni di paracadutisti dei generali Taylor e Ridgway: gli stessi che l'8 settembre sarebbero dovuti scendere su Roma, se un terrorizzato Badoglio non li avesse scongiurati di soprassedere. Poi è toccato alle due Armate, la prima americana di Bradley e la seconda inglese di Dempsey, entrambe agli ordini di Montgomery, l'eroe partito da El Alamein, che ha giurato di concludere la sua corsa solamente a Berlino. Come sarebbe in effetti avvenuto, se ragioni politiche non avessero costretto Eisenhower a imporgli di lasciare la precedenza ai russi.

Alle 9.33 del mattino del 6 giugno le agenzie di stampa americane avevano lanciato il primo flash con l'annuncio dello sbarco, poi era stato letto il proclama di Eisenhower ai soldati. Il generale non aveva fatto economia di parole ed era ricorso a quello che riteneva il tono epico adatto alla circostanza. ...

A Londra, alla Camera dei Comuni, a mezzogiorno Churchill stava illustrando la presa di Roma, avvenuta due giorni avanti. Un segretario gli passò un biglietto, lui lo lesse e, senza alterare il tono della voce, annunciò che la battaglia per liberare l'Europa dal nazismo era cominciata e con l'aiuto di Dio sarebbe continuata fino alla vittoria. Quella sera stessa le truppe alleate erano saldamente attestate nell'entroterra della Normandia e prendeva il via la lunga cavalcata che le avrebbe condotte all'Elba, dopo che Patton ebbe distrutta a Bastogne l'estrema speranza di Hitler di rovesciare la situazione.

Come fu vissuta l'avventura dalle due parti? Il giorno dello sbarco Rommel, capo dell'armata tedesca stanziata in Normandia, non si trovava al suo comando di La Roche-Guyon. Fidando nell'inclemenza del tempo, che lasciava pensare a tutto tranne alla possibilità di uno sbarco, era partito in automobile per la Germania. Andava a festeggiare il compleanno della moglie e le portava in regalo un paio di scarpe francesi. Lo avvertì Speidel, il suo capo di Stato Maggiore e si precipitò verso Parigi a tappe forzate. Capì subito che per tamponare la falla si dovevano spostare le divisioni del Nord verso la zona di Cherbourg, ma per questo occorreva il consenso di Hitler. Il Führer stava dormendo e l’ordine categorico era di non svegliarlo prima di mezzogiorno. Così seppe dello sbarco con dieci ore di ritardo e anzi non volle credere che si trattasse dello sbarco vero, bensì di una manovra degli Alleati, un diversivo a scopo di disturbo. Negò a Rommel di disporre delle truppe richieste e in tal modo diede al nemico una chance di successo mai immaginata. Qualche tempo prima Rommel aveva detto che, quando fosse cominciata la battaglia di Normandia, quello sarebbe stato «il giorno più lungo». Non azzeccò la previsione. Il 6 giugno non fu il giorno più lungo, al cadere della sera era praticamente terminato, con gli Alleati vittoriosi sulla costa.

Per Eisenhower il problema era diverso, legato soprattutto alle condizioni meteorologiche. Dopo una preparazione durata mesi, aveva deciso di attaccare il 5 giugno, perché in quel giorno si presentavano le condizioni ideali di luna, di marea e di vento che, se lasciate passare, si sarebbero ripetute soltanto il mese successivo. Non si poteva restare tanto tempo in sospeso, dunque o subito o chissà quando. Ma una bufera implacabile cominciò a imperversare sulla Manica e rese impossibile la partenza delle navi. Già da venerdì 2 giugno si erano scatenati gli elementi e fu necessario rinviare. Dopo lunghe ore di attesa spasmodica il meteorologo inglese, colonnello Stagg, la sera del lunedì annunciò che il 6 mattina si sarebbe presentata la possibilità di uno spiraglio di qualche ora. Si trattava di cogliere quella problematica occasione, con il pericolo che tutto cambiasse di nuovo. Eisenhower decise di rischiare. Le truppe erano imbarcate da giorni, non era possibile tenerle ancora «prigioniere» nelle navi. Vi fu un'ulteriore consultazione e poi, sulla fede nelle previsioni di Stagg, l'annuncio: «OK si parte». Era il D-Day, il giorno della decisione.

Stagg, l'oscuro eroe della grande avventura, aveva lavorato senza un attimo di sosta per decifrare le sue carte del tempo e indovinare il momento magico per l'attacco. Così era avvenuto, la schiarita c'era stata. Quando le navi furono partite e i comandi svuotati diventarono silenziosi, Stagg si ritirò nel suo accantonamento, si gettò vestito su una branda e dormì dodici ore filate.



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Sbarco in Normandia 1 Sbarco in Normandia 2 Sbarco in Normandia 3 Sbarco in Normandia 4 Sbarco in Normandia 5 Sbarco in Normandia 6 Sbarco in Normandia 7 Sbarco in Normandia 8 Sbarco in Normandia 9 Sbarco in Normandia 10 Sbarco in Normandia 11

 

 

Bibliografia:

supplemento del “Corriere della Sera” - dicembre 1999

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La liberazione di Roma, 4 giugno 1944

4 Juin 2023 , Rédigé par Renato Publié dans #II guerra mondiale

1944-Montecassino-bombardata.jpg 1943 dicembre CIL Montecassino

Due giorni dopo la conquista di Cassino e dell'Abbazia, nel settore meridionale del fronte, il II Corpo americano attaccava la linea «Hitler» presso Formia e in direzione di Fondi. Altrettanto facevano algerini e marocchini sui monti Aurunci, mentre nel settore settentrionale il Corpo britannico e quello polacco combattevano aspramente a Pontecorvo e Piedimonte.

Cinque giorni dopo anche la linea «Hitler» era infranta e le Armate alleate potevano avviarsi verso Roma: l'VIII per la via Casilina e la V per la via Appia. Una Divisione americana si dirigeva lungo la costa verso la testa di ponte di Anzio, dove il VI Corpo angloamericano forte come un'Armata, il 23 maggio aveva iniziato l'offensiva.

1944 alleati in Anzio 

L'attacco principale venne sferrato verso i Colli Albani e verso Velletri, occupata qualche giorno dopo, mentre Alexander aveva ordinato di tagliare la ritirata nemica sulla via Casilina puntando in forze su Valmontone. Clark invece preferì insistere in direzione di Roma, e Valmontone fu presa solo il 2 giugno, dopo che i tedeschi avevano completato il ripiegamento. La città di Littoria era stata liberata dall'unica colonna americana, appena un reggimento, che dalla testa di ponte di Anzio s'era diretta verso sud, incontro alla V Armata in arrivo dal fronte del Garigliano. Il ricongiungimento avvenne a Borgo Grappa il 25 maggio. Nella gioia dell'incontro si dimenticava ch'esso si era fatto attendere quattro mesi più del previsto.

Clark disponeva di una formidabile piattaforma per il lancio finale su Roma. È alla capitale ch'egli continuava a guardare, più che alla manovra di aggiramento chiesta da Alexander. Voleva arrivarci prima degli inglesi perché la nuova vittoria su Hitler portasse il suo nome. Per i tedeschi fu un colpo di fortuna. Essi non speravano che gli Alleati, per un motivo di prestigio personale, rinunciassero a cogliere, con un colossale accerchiamento, i frutti della vittoria. Scampati alla trappola di Valmontone, i tedeschi abbandonavano Roma con ogni mezzo, mantenendo sgombre le strade su cui si ritiravano le Divisioni di Cassino. Avevano perso molti uomini, ma avevano salvato l'esercito. Proprio l'ultimo giorno vollero lasciare un altro ricordo di sangue. Alle porte della città, in frazione La Storta sulla via Cassia, per alleggerire un automezzo, assassinarono 14 prigionieri politici fra cui il vecchio sindacalista Bruno Buozzi. Poi risalirono sui camion e ripresero più in fretta la ritirata verso nord.

Il generale Clark rievoca il giorno della presa di Roma:

1944 alleati Roma 1944 giugno Roma porta Maggiore 

«La maggior parte della gente non collega la data del 4 giugno (giorno in cui entrammo a Roma) con lo sbarco del generale Eisenhower in Normandia, ma le due operazioni erano coordinate, e mi era stato dato l'ordine di conquistare Roma, se fosse stato possibile, subito prima dello sbarco di Eisenhower. Sicché combattemmo con tutto l'impegno e ce la facemmo appena in tempo. Naturalmente, volevamo essere la prima Armata che liberava una delle capitali dell'«asse»; ciò avrebbe sollevato il morale degli Alleati e anche degli italiani. Sicché fu con profonda emozione che ci avvicinammo a Roma, e il giorno in cui vidi le mie truppe marciare verso la città, e fui testimone del modo cordiale con cui vennero accolte dalla popolazione, fu un giorno particolarmente felice. Il 5 giugno entrai anch'io in Roma con la mia "jeep" per la via Casilina. Non eravamo molto pratici della città; il generale Hume, che era con noi, aveva suggerito che il Campidoglio sarebbe stato il luogo adatto per incontrarmi con i miei comandanti di Corpo d'Armata.

Nelle vie erano gaie folle, molti cittadini agitavano bandiere. I romani sembravano impazziti d'entusiasmo per le truppe americane. Il nostro gruppetto di "jeep" errava per le vie, ma non riuscivamo a trovare il colle capitolino. Ci eravamo smarriti. A un tratto ci trovammo in piazza San Pietro e un prete si fermò accanto alla mia "jeep" e disse in inglese: "Benvenuto a Roma. Posso esservi utile in qualche modo?».

1944-4-giugno-Alleati-a-Roma.JPG

«Gli chiesi la strada per il Campidoglio. Là intendevo discutere i nostri piani immediati. Volevamo spingerci immediatamente oltre Roma per inseguire il nemico e prendere il porto di Civitavecchia. Quando fummo in piazza Venezia davanti al balcone dal quale Mussolini soleva fare i grandi discorsi, una folla plaudente ci bloccò. Finalmente ci aprimmo un varco e salimmo sul colle. Il portone del Campidoglio era chiuso; io bussai parecchie volte, non sentendomi molto conquistatore di Roma. Mentre si bussava, pensai che quella era per noi una giornata storica. Avevamo vinto la corsa di Roma per soli due giorni».

giugno-44-alleati-a-Roma.jpg romani con fanti americani 

Chi nella capitale ha dimenticato quel giorno? Era la libertà, dopo nove mesi di angoscia e di disperazione. S'affacciava un mondo nuovo, si ricominciava a vivere.

A Roma l'appuntamento col Papa è una tacita consuetudine, quando accade qualcosa d'importante. Ma il pomeriggio del 5 giugno i romani andarono da Pio XII anche per un atto di gratitudine. Tutto in quei giorni era all'insegna della fede nell'avvenire. Ogni occasione era buona per affollare le piazze con bandiere, applaudire, gridare e sfilare in corteo proclamando i propri ideali. Gli Alleati assistevano sbalorditi, ed erano come travolti dall'urto caotico delle passioni politiche che esplodevano dopo tanto tempo.

Nella confusione scoppiarono anche disordini. In Piazza Venezia, dove la gente si raccoglieva più folta che altrove, si sfondarono i cancelli del palazzo delle Assicurazioni Generali in cerca di franchi tiratori inesistenti. La polizia alleata fu costretta ad intervenire con bombe lacrimogene.

Il 6 giugno la notizia dello sbarco in Normandia. È finalmente il secondo fronte, che porterà al tracollo della Germania; e intanto in Russia le Armate sovietiche incalzano. Di fronte alla grandezza degli avvenimenti, l'episodio dei franchi tiratori che, da una casa di via Appia Nuova, hanno aperto il fuoco contro i patrioti e i soldati americani, appare un inutile atto di rabbia e di vendetta. Ogni giorno nuove prove della violenza subita vengono alla luce. Finora Roma non sapeva ancora chiaramente delle Fosse Ardeatine, dove in marzo i tedeschi avevano massacrato per rappresaglia 335 detenuti politici. Adesso era un accorrere di parenti, di amici, di compagni di lotta.

Unità clandestina 30 marzo 1944

L'orrore era pari alla disperazione delle madri.

Il Luogotenente, che intuiva la precarietà del momento, venne a Roma pochi giorni dopo la liberazione. Forse contava su qualche gesto di simpatia da parte dei romani. Ma la sua visita improvvisa passò quasi inosservata, e Umberto tornò a Napoli deluso. Come si era stabilito in aprile, il governo arrivava a Roma dimissionario, e a Badoglio subentrò Ivanhoe Bonomi che raccolse intorno a sé uomini designati dai sei partiti antifascisti. La lotta contro i tedeschi rimaneva il primo punto del programma di governo.

Oltre Roma la guerra continuava senza slancio. Ma Alexander e Clark, tornati amici dopo la contesa per Valmontone, erano ottimisti. Alexander rivolse un proclama alle truppe: «Questa battaglia, di cui è terminata la prima fase, è stata un successo magnifico. Come dicono i francesi: " Une belle victoire". La conquista di Roma è in se stessa naturalmente un grande avvenimento. Ha un grande valore morale, un grande valore politico. Ma come obiettivo militare non ha che scarsa importanza. Ciò che veramente importa è il fatto che noi stiamo compiendo quello che ci eravamo prefissi di fare, e cioè annientare sul campo le Armate tedesche. Il nemico è in uno stato di totale disorganizzazione, avendo subìto gravissime perdite, tanto che i prigionieri sono oltre 20.000 e ci sono 8.000 tedeschi feriti ricoverati a Roma, oggi, in questo momento. Molti di più giacciono morti sui campi di battaglia. Le perdite del nemico sono state dunque molto gravi, esso è disorganizzato. E noi lo stiamo inseguendo». 

Bibliografia:

Manlio Cancogni in AA.VV - Dal 25 luglio alla Repubblica - ERI 1966

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