12 giugno 2020
Oggi avrebbe compiuto 91 anni, Anna Frank. Annelies Marie Frank, era nata il 12 giugno 1929 a Francoforte sul Meno, città della Germania sud-occidentale, nello Stato federato dell’Assia (Länder). La sua famiglia ebraica era composta dalla madre Edith, dal padre Otto e dalla sorella di tre anni più grande, Margot.

Nel 1933 i Frank, dopo l’ascesa dei nazionalsocialisti in Germania e l’acuirsi delle violenze contro gli ebrei e i loro beni, si trasferirono ad Amsterdam. Nella città olandese, Otto Frank dirigeva una fabbrica produttrice di aromi e pectina situata nel centro della città, e consentiva alla propria famiglia di vivere un tempo relativamente sereno fino all’arrivo dell’esercito nazista, che nell’arco di pochi giorni, nel maggio 1940, occupò i Paesi Bassi.
Nell’ambito del più ampio progetto di sterminio degli ebrei europei, i nazisti istituirono anche ad Amsterdam le modalità di oppressione, spoliazione e deportazione già sperimentate in tante altre città del Reich. I Frank, vistasi rifiutare la possibilità di emigrare negli Stati Uniti e impossibilitati a fuggire altrove, trovarono rifugio in una sezione non utilizzata della ditta di Otto Frank, in Prinsengracht 263, dove rimarranno per due anni interi. Con loro, la famiglia Van Pels (Hermann, Auguste e Peter) e poco tempo dopo il signor Fritz Pfeffer. Da fuori, nessuno doveva sospettare che in quell’edificio fossero nascosti ebrei: stracci contro i vetri delle finestre, spiragli ricoperti di cartone, buio. L’alloggio segreto, per Anna, rappresentava una chiusura contro l’esterno, una barriera che per metà si mostrava angosciante e per metà faceva assaporare la possibilità quotidiana di salvarsi, sfuggendo alla deportazione.
Circa tre settimane prima, per il suo tredicesimo compleanno, Anne aveva ricevuto in dono un diario. Le servirà per raccontare la clausura forzata che inizia il 12 giugno 1942 e termina il 1° agosto 1944, tre giorni prima dell’arresto.

Dal suo diario:
«In maggio del 1940 i bei tempi finirono: prima la guerra, poi la capitolazione, l’invasione tedesca e l’inizio delle sofferenze di noi ebrei. Le leggi antisemite si susseguivano all’infinito e la nostra libertà fu molto limitata». (20 giugno 1942)
«Così ci incamminammo sotto il diluvio, papà, mamma e io, ognuno con la sua cartella o borsa della spesa piena degli oggetti più svariati. Gli operai che andavano a lavorare di mattina presto ci guardavano pieni di compassione; dalle facce si capiva che erano dispiaciuti di non poterci offrire nessun mezzo di trasporto; l’appariscente stella gialla parlava da sé». (9 luglio 1942)
«L’alloggio segreto col nostro gruppo di rifugiati mi sembra uno squarcio di cielo azzurro attorniato da nubi nere cariche di pioggia. L’area rotonda e circoscritta su cui stiamo è ancora sicura, ma le nubi si avvicinano sempre di più». (8 novembre 1943)
«Ma guardavo anche fuori dalla finestra aperta, verso un bel pezzo di Amsterdam sopra a tutti i tetti, fino all’orizzonte che si tingeva di viola. Finché questo esiste, pensavo, e io posso viverlo, questo sole, quel cielo, senza una nuvola, finché esiste non posso essere triste». (23 febbraio 1944)
«Quassù mi sento tuttora più al sicuro che non sola in quella casa grande e silenziosa». (26 maggio 1944)
Venerdì 4 agosto la polizia tedesca fa irruzione nell’Alloggio Segreto, arrestando Anna Frank, la sua famiglia e gli altri clandestini. Tutti vengono deportati prima nel campo di concentramento di Westebork e successivamente ad Auschwitz.
Anna morirà di tifo e di stenti a Bergen Belsen nel marzo del 1945, tre settimane prima che le truppe alleate inglesi liberassero il campo di prigionia.

Tratto da: Qui non ci sono bambini. Un'infanzia ad Auschwitz di Thomas Geve - Einaudi 2011 Yad Vashem Publications.
10 giugno 2020: 80 anni fa l’Italia entrava in guerra
Per l’Italia iniziava 80 anni fa la seconda guerra mondiale: una guerra inutile e sciagurata in cui l’Italia era stata trascinata dal regime dittatoriale fascista, che aveva fatto della guerra un dato fondamentale della propria azione politica e dell'educazione dei giovani.
Il 10 giugno del 1940 l'Italia entrò in guerra accanto alla Germania, contro la Francia e l'Inghilterra. Mussolini, svincolato da ogni autorizzazione o controllo di tipo parlamentare democratico, lo annunciò dal balcone di palazzo Venezia, a Roma, davanti a una piazza che lo applaudì freneticamente.

«Quel giorno, a Roma, le maestre avevano radunato nei cortili delle scuole le Piccole Italiane. Le bambine erano arrivate un po' affannate, per il caldo del primo pomeriggio, ancora con il pranzo sullo stomaco, ma tutte ben pettinate, i capelli lustri sotto il berrettino di seta nero, la camicetta bianca stirata, il distintivo cucito sul petto e i gradi sulla manica, la gonna nera a pieghe e le calzine bianche. Le Giovani Italiane si erano radunate sotto il Colosseo ed erano entrate in piazza Venezia a passo svelto da via dei Fori Imperiali; dall'altra parte della piazza erano arrivati i Balilla con i calzoncini corti, poi gli Avanguardisti con lo sguardo fiero e l'aria marziale. Nella grande piazza, i vari gruppi si erano disposti ordinati e compatti, come pezzi su una scacchiera, ad aspettare la parola del Duce. In attesa che si affacciasse al balcone cantarono l'Inno a Roma. Rimasero fermi più di un'ora sotto il sole, pronti ad alzare il braccio nel saluto romano al momento giusto e a rispondere al Saluto al Duce».
La dichiarazione di guerra pronunciata da Mussolini il 10 giugno 1940 dal balcone di Palazzo Venezia
Scrive Lucio, figlio di un IMI (Internato Militare Italiano, cioè quei soldati italiani che saranno fatti prigionieri dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 e costretti al lavoro coatto in Germania e negli altri territori del Reich): «Una giornata tragica per la nostra terra quel 10 giugno; da quella decisione iniziarono le sofferenze per gli italiani e i nostri padri in particolare , prima sui fronti di guerra e poi in Germania. Di seguito un link del filmato del discorso del Duce. Lo avrete visto molte volte ma è un documento storico e vale sempre la pena di rivederlo per una riflessione sui nostri errori come italiani; non si può non notare infatti le piazze piene di gente...» video 10 giugno 1940
e a Lissone:
«Un'ora segnata dal Destino sta per scoccare sul quadrante della Storia, l'ora delle decisioni irrevocabili [...]. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che in ogni tempo hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano [...]».

Con queste parole altisonanti Mussolini annuncia alle ore 17 del 10 giugno 1940 l'entrata in guerra dell'Italia al fianco della Germania nazista.
Era un caldo lunedì pomeriggio; anche i dirigenti degli stabilimenti lissonesi fermarono la produzione. I dipendenti, incolonnati dietro i cartelli recanti il nome della fabbrica, si diressero verso piazza Vittorio Emanuele II, dove rimasero in attesa sotto gli altoparlanti per ascoltare le parole del duce trasmesse via radio. C’erano tutte le autorità schierate, arrivava gente da ogni parte: come raccontano le cronache, poche e sparute le grida di entusiasmo e di approvazione, circoscritte comunque ai soli individui in camicia nera; moltissimi invece gli sguardi sgomenti delle donne e degli uomini preoccupati per il destino dei loro figli; tangibili l'amarezza e lo sconforto dei giovani, che vedono profilarsi l'esperienza del fronte.
Due grandi firme del giornalismo italiano, così hanno scritto di quel 10 giugno 1940.

«Nel giugno del 1940 io non avevo ancora vent'anni ... »
e

Quando il 10 giugno 1940 entriamo in guerra, la tacita intenzione del nostro comando affidato al maresciallo Badoglio è di aspettare che i tedeschi abbiano sconfitto le armate franco-inglesi ... »