La Costituzione della Repubblica italiana: 1 gennaio 1948 - 1 gennaio 2008
ATTUALITA’ E INATTUALITA’ DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
di Giovanni Missaglia
Ricorre quest’anno il sessantesimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana. Un testo prezioso e bellissimo ma ancora decisamente sconosciuto. Una “bibbia laica”, come la definì il Presidente Ciampi.
Il richiamo alla Bibbia non è esagerato e non deve urtare la sensibilità religiosa dei credenti. Anche la Costituzione, infatti, si può e si deve considerare –mutatis mutandis ovviamente – un testo fondativo. E’ fondamento della nostra Repubblica, che lì affonda le sue radici; è fondamento delle leggi ordinarie, che non possono violare le norme costituzionali; è fondamento di una cittadinanza consapevole e partecipe, che nella Costituzione può davvero trovare basi culturali e morali solide e fertili.
A me pare che in un Paese come il nostro, caratterizzato da un senso civico ridotto, sia proprio quest’ultimo l’aspetto da enfatizzare. La conoscenza della Costituzione e, soprattutto, l’adesione ai suoi valori, dovrebbero essere ovvi, dovrebbero costituire una sorta di “religione civile” capace di unire tutti gli italiani al di là delle fisiologiche divisioni politiche, economiche e culturali che si producono in qualsiasi società complessa. Non è così, purtroppo. E a me pare che questa sia una ragione non secondaria dello scarso sentimento di appartenenza nazionale degli italiani. I quali, come noto, si sentono assai spesso più legati al proprio campanile, alla famiglia, al luogo di lavoro. Nulla di male in questo, se non fosse che troppo spesso le micro-appartenenze hanno dato e danno origine a fenomeni deleteri per la costruzione di una cittadinanza matura, come appunto il campanilismo o il familismo, per stare agli esempi citati.
La Costituzione è il risultato di una storia. Conoscerla, perciò, significa avere una maggiore consapevolezza delle nostre radici, della nostra provenienza. Ma la Costituzione non è solo un risultato. E’ anche un nuovo inizio. Conoscerla significa, allora, condividere – certo anche in modo problematico e critico – i valori e le istituzioni che orientano la vita pubblica verso il futuro. Insomma, non si tratta solo di sapere da dove veniamo, ma anche verso dove vogliamo o dobbiamo andare.
Non è un caso che la nostra Costituzione, accanto a norme che certificano dei cambiamenti già avvenuti (per esempio l’articolo 1 nel definire l’Italia una repubblica democratica assume e costituzionalizza il risultato del referendum istituzionale del 2 giugno 1946), ne contiene delle altre che si definiscono programmatiche, appunto perché indicano un programma per il futuro (per esempio l’articolo 3 che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono una piena libertà e una era uguaglianza dei cittadini). La Costituzione è un testamento, come disse Calamandrei, è un’eredità; ma è anche un compito, un impegno. E’ il lascito di una grande storia collettiva, ma è anche un “destino” verso cui incessantemente tendere.
L’immagine “destinale” non deve essere fraintesa. Le costituzioni, la nostra compresa, per tanti versi non sono affatto una “Bibbia”. Non hanno la pretesa di contenere verità rivelate; hanno origine umana e dall’uomo possono essere modificate. Stanno dentro la storia e non sono immuni dalla cifra del mutamento che è propria di ogni divenire storico. Per esempio, è convinzione diffusa che la seconda parte della nostra carta costituzionale, quella che definisce l’asseto istituzionale dello Stato, sia bisognosa di correzioni anche incisive e qualche importante modifica è già stata introdotta.
Ma il punto qui è un altro. Hegel diceva che le costituzioni non si fanno a tavolino e che anzi non vengono proprio “fatte”: esse “sgorgano” dallo spirito di un popolo. L’Assemblea Costituente ha materialmente redatto le norme della Costituzione, certo. Ma non ha “fatto” nulla se non, per così dire, “trascrivere” i risultati della storia viva e concreta degli anni della lotta di liberazione. Perciò, si introducano tutti i cambiamenti ritenuti necessari e corrispondenti allo “spirito” del tempo. Ma si sappia che ogni modifica artificiosamente proposta a vantaggio di questa o quella parte politica è destinata al fallimento: o perché respinta dalla maggioranza del popolo italiano, come nel referendum costituzionale del giugno 2006, o perché destinata a tradire lo spirito costituzionale che non è mai “parziale” anche quando ha un’origine “partigiana”. La nostra Costituzione fu votata da tutte le forze antifasciste che pure provenivano da culture politiche assai diverse: il cattolicesimo democratico, il marxismo e il liberalismo.
La Costituzione è sempre la definizione di un terreno comune. Quando, come in questi anni, si tende a farne un uso di parte, a proporne modifiche fatte apposta per dividere; quando la definizione delle regole del gioco, dentro cui deve svolgersi il fisiologico conflitto politico e sociale che caratterizza le società pluraliste, diventa essa stessa un’arma politica fra le altre invece che terreno di una ricerca comune, conoscere la Costituzione e diffonderne lo spirito diventa ancora più importante.
Alla luce di queste considerazioni, mi pare, può e deve essere affrontato il tema dell’attualità della Costituzione. Al riguardo, metto in fila alcune rapide considerazioni:
1) Non si dovrebbe mai cedere alla retorica del “nuovismo”, delle innovazioni ad ogni costo, della modernizzazione indistinta, specie in una materia delicata come questa. La Costituzione non è una legge ordinaria, non invecchia con la stessa rapidità. La Costituzione fissa i principi generali del vivere comune e dell’ordinamento istituzionale. Definisce le regole del gioco sulla cui base avviene la legiferazione ordinaria. Ma proprio per questo, le regole costituzionali vanno trattate con grande prudenza. Mi si passi un’ analogia un po’ dozzinale: le squadre di calcio possono cambiare schemi, tattiche, strategie, allenatori, ma non le regole del gioco! Lo si può fare qualche volta; ma solo con l’accordo degli avversari e non per interessi di parte. Del resto, una Costituzione di sessant’anni è ancora molto giovane. La Costituzione americana, modificata solo da alcuni emendamenti molto circoscritti, è ancora quella del 1787!
2) Questo non significa negare la necessità di alcuni aggiornamenti. In particolare, c’è una questione che attraversa il dibattito politico da molti anni. Gustavo Zagrebelsky, uno dei nostri maggiori costituzionalisti, la esprime così: “Dove un’esigenza di rinnovamento è invece avvertita è nell’organizzazione della macchina di governo, centrale e periferica. Qui, si ritiene, c’è bisogno non di uno stravolgimento ma di un adeguamento al bisogno crescente di decisioni efficienti. Si è detto giustamente che una democrazia che non sa decidere si condanna alla subalternità ad altri poteri di fatto, che democratici non sono. Il rafforzamento dei poteri del governo nel perseguire l’attuazione del suo programma, la semplificazione e l’alleggerimento della macchina pubblica, la determinazione più chiara dei livelli di competenze e di responsabilità; tutto questo è da farsi, ma non è la riforma della Costituzione, ne è l’ordinaria manutenzione”. Un discorso analogo potrebbe essere fatto per il superamento del bicameralismo, la riduzione del numero dei parlamentari, una più incisiva disciplina della libertà di informazione (ai tempi della Costituente neppure c’era la televisione!) e così via. Ogni “aggiustamento” è legittimo. Ma un conto è aggiustare, un conto è stravolgere.
3) Negli ultimi due decenni, il tema dell’attualità della Costituzione ha cambiato completamente di segno. Potrei dire, con una semplificazione non fuorviante, che l’aggettivo “inattuale”, riferito alla Costituzione, ha smesso di significare “non sufficientemente attuata”, “ancora da attuare”, ed è invece diventato sinonimo di “invecchiata”, “superata”. E’ un passaggio che – ad avviso mio ma soprattutto di molti costituzionalisti e dello stesso popolo italiano che nella sua maggioranza ha respinto, nel referendum del giugno 2006, una proposta di modifica costituzionale così vasta da dare origine, di fatto, ad una nuova Costituzione – è un passaggio, dicevo, infondato. O, se si preferisce, fondato sull’illusione che la crisi del sistema politico italiano potesse essere imputabile alla Costituzione e, perciò, superabile proprio agendo sul sistema costituzionale. Ma la crisi del sistema politico –dei partiti, della loro credibilità, del loro radicamento, delle loro basi ideologiche – è altra cosa dal sistema costituzionale –che invece definisce i diritti e i doveri dei cittadini e l’architettura istituzionale dello Stato.
4) Penso, invece, che si dovrebbe ricominciare a parlare di inattualità della Costituzione nel primo senso che ho segnalato: la Costituzione è inattuale perché non è ancora stata sufficientemente attuata. Consiglio sempre un esercizio salutare: leggere la Costituzione e poi guardarsi intorno. Si scoprirà che il progetto costituzionale è ancora lontano dall’essere realizzato. A puro titolo di esempio, mi limito a segnalare i dati più evidenti. Quanti sono i giovani capaci e meritevoli che ancora non possono giungere ai più alti gradi dello studio a causa della loro condizione sociale (art. 34)? O gli inabili che non possono fruire di un’idonea formazione professionale per meglio inserirsi nella società (art. 38)? E – tema quanto mai “attuale” quanti lavoratori non percepiscono un salario sufficiente ad assicurare a sé e alla loro famiglia un’esistenza libera e dignitosa (art. 36)? E quante sono le discriminazioni sessiste di cui le donne sono vittime nelle famiglie, nella società e nel mondo del lavoro, a dispetto di quanto statuito dagli articoli 3 e 37 della Costituzione? Se dal campo dei diritti sociali passiamo a quello dei diritti civili, il panorama non è più consolante. Possiamo considerare compiuto il cammino della libertà religiosa se oggi molti fedeli non possono neppure disporre di un luogo di culto dove pregare, o se le minoranze religiose non hanno alcuna possibilità di far conoscere la loro storia neppure nelle scuole pubbliche (artt. 8 e 19)? Qualcuno si sentirebbe di dire che tutti hanno identico accesso al diritto di difesa a prescindere dal loro reddito (art. 24)? O che la pena, nonostante alcune esperienze d’avanguardia di molti operatori carcerari, consente davvero la realizzazione del fine costituzionale del reinserimento del detenuto (art. 27)? E infine, per venire ai fondamenti della stessa democrazia: non è forse vero che ancora oggi il potere politico è strettamente intrecciato al potere economico e al potere mediatico? Si può, con onestà intellettuale, negare che l’intreccio tra il denaro e il potere è, ancora oggi, un ostacolo alla realizzazione di una democrazia compiuta?
L’elenco potrebbe e dovrebbe continuare. Non per misconoscere gli enormi progressi che sessant’anni di vita costituzionale e repubblicana hanno consentito. Non è vero che non cambia mai nulla. Oggi, proprio grazie alla Costituzione, l’Italia è un Paese democratico, per quanto la sua democrazia sia imperfetta; e i cittadini italiani, tanto per fare esempi clamorosi, possono accedere agli studi e alle cure sanitarie a prescindere dal loro reddito. Le donne hanno conquistato il diritto di voto e la guerra d’offesa, triste memoria dell’Italia fascista, è esclusa dall’ordinamento costituzionale. Ma proprio queste conquiste di progresso e di civiltà ci aiutano a vedere il tanto, forse il troppo, che ancora resta da fare. E ci insegnano che la Costituzione, in fondo, dipende da noi.
Distribuire una copia della Costituzione italiana ai cittadini stranieri residenti a Lissone con regolare permesso.
È questa una delle iniziative che l’ANPI-Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e il Sindacato Pensionati Italiani della CGIL di Lissone realizzeranno nei mesi di novembre e dicembre di quest’anno, in cui ricorre il 60° anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana.
Le copie della Costituzione che verranno offerte agli stranieri sono in dieci lingue: oltre all’italiano, sono scritte in albanese, arabo, cinese, francese, inglese, portoghese, rumeno, russo e spagnolo.
Si potranno ritirare dal lunedì al giovedì presso la sede dello SPI-CGIL in via San Giuseppe 25 dalle ore 9 alle 12 e dalle 15 alle 18.
Avere una copia della Costituzione nella loro lingua, può essere utile agli stranieri residenti nella nostra città per conoscere i loro doveri e i loro diritti, contenuti nella legge fondamentale della Repubblica Italiana.
L’obiettivo che l’ANPI e lo SPI-CGIL si propongono con questa iniziativa è quello di combattere ogni forma di violenza, di violazione dei diritti fondamentali delle persone, di razzismo, riscoprendo i valori contenuti nella Costituzione italiana.
Il Teatro dell’Elica e la Sezione ANPI “Emilio Diligenti” di Lissone
Il Teatro dell’Elica e la Sezione ANPI “Emilio Diligenti” di Lissone in occasione del 60° della Costituzione Italiana
Venerdì 14 Novembre 2008 - ore 21,00
Lissone – Palazzo Terragni – Piazza Libertà
“NON SOLO CARTA”
Breve viaggio nella Costituzione della Repubblica Italiana
Non è solo un pezzo di carta: la Costituzione Italiana, è la tappa fondamentale della nascita dell’attuale Stato democratico, la mappa che ha orientato sessant’anni di vita e di governo degli italiani.
Un argomento che quindi tutti dovrebbero conoscere, ma che spesso viene dato per scontato.
Attori, pupazzi, immagini e musica accompagnano il pubblico in questo breve ma intenso viaggio che tocca i temi del lavoro, dell’uguaglianza, dell’istruzione, della guerra.
Con: Marco Clerici, Damiano Giambelli, Anna Mariani, Tatiana Milan
Coordinamento alla Regia: Cristina Discacciati
Immagini, scene e costumi: Teatro dell’elica
Pupazzi: Damiano Giambelli
Suoni e musiche: Marco Clerici, Damiano Giambelli
mail: info@teatrodellelica.it sito internet: http://www.teatrodellelica.it/
Per fortuna c'è la Costituzione
Dal messaggio, davanti alle Camere, del Presidente della Repubblica GIORGIO NAPOLITANO nel giorno del suo insediamento, il 15 maggio 2006
Il senso della nostra unità
«Il richiamo a quei valori trae forza dalla loro vitalità, che resiste, intatta, ad ogni controversia. Parlo - ed è giusto farlo anche nel celebrare il sessantesimo anniversario dell'elezione dell'Assemblea Costituente - di quei "principi fondamentali" che scolpirono nei primi articoli della Carta Costituzionale il volto della Repubblica. Principi, valori, indirizzi che scritti ieri sono aperti a raccogliere oggi nuove realtà e nuove istanze.
Così, il valore del lavoro, come base della Repubblica democratica, chiama più che mai al riconoscimento concreto del diritto al lavoro, ancora lontano dal realizzarsi per tutti, e alla tutela del lavoro "in tutte le sue forme e applicazioni", e dunque anche nelle forme ora esposte alla precarietà e alla mancanza di garanzie.
I diritti inviolabili dell'uomo e il principio di uguaglianza, "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione", si integrano e completano nella Carta europea, aperta ai nuovi diritti civili e sociali. Essi non possono non riconoscersi a uomini e donne che entrano a far parte, da immigrati, della nostra comunità nazionale contribuendo alla sua prosperità.
Il valore della centralità della persona umana viene a misurarsi con le nuove frontiere della bioetica.
L'unità e indivisibilità della Repubblica si è via via intrecciata col più ampio riconoscimento dell'autonomia e del ruolo dei poteri regionali e locali.
Si rivela lungimirante come fattore di ricchezza e apertura della nostra comunità nazionale la tutela delle minoranze linguistiche.
Essenziale appare tuttora il laico disegno dei rapporti tra Stato e Chiesa, concepiti come, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. La libertà e il pluralismo delle confessioni religiose sono state via via sancite, e ancora dovranno esserlo, attraverso intese promosse dallo Stato.
Presentano poi una pregnanza ed urgenza senza precedenti, tanto lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica, quanto la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione.
Infine, i valori, tra loro inscindibili, del ripudio della guerra e della corresponsabilità internazionale per assicurare la pace e la giustizia nel mondo, si confrontano con nuove, complesse e dure prove.
Ebbene - Signor Presidente, onorevoli parlamentari, signori delegati regionali - chi può mettere in dubbio la straordinaria sapienza, e rispondenza al bene comune, dei principi e valori costituzionali che ho voluto puntualmente ripercorrere? In questo senso, è giusto parlare di unità costituzionale come sostrato dell'unità nazionale».
L'ANPI lissonese ha chiesto all'Amministrazione Comunale che, per il 60° anniversario dell'entrata in vigore della Costituzione
italiana, venga dedicata una via o una piazza di Lissone a Sandro Pertini, un presidente della Repubblica molto amato dagli
Italiani.
Lettera di Pertini, scritta dal confino di Pianosa, il 23 febbraio 1933, in cui rinuncia alla domanda di grazia presentata dalla
madre.
Iniziativa svolta: Sabato 24 novembre 2007 - presso la Sala polifunzionale della Biblioteca civica, Piazza IV Novembre, 2 –
Lissone
Conferenza sul tema “Scuola e
Costituzione. Dalla scuola fascista alla scuola repubblicana”.
Relatore il prof. Giovanni Missaglia, autore del libro
“Professione cittadino. Dalla Costituzione Italiana alla nascita della Costituzione Europea”
Giovanni Missaglia
È nato a Seregno nel 1966.
Dopo aver conseguito la maturità classica al Liceo Zucchi di Monza, si è iscritto alla facoltà di Filosofia dell’Università statale di Milano dove si è laureato nel 1991.
Per due anni è stato borsista presso l’Istituto Italiano di Studi Storici di Napoli. Mentre iniziava le sue esperienze di insegnamento nella scuola superiore, ha continuato a collaborare con l’Università di Milano, dove per un paio d’anni ha tenuto il corso propedeutico di Storia della Filosofia moderna.
È entrato in ruolo nel 2000 in
seguito al concorso ordinario bandito l’anno precedente.
Dice: “Se è vero quel che diceva Stendhal, che è una fortuna aver per mestiere la propria passione, sono un uomo molto fortunato”.
Le pubblicazioni
- Il possibile e l’impossibile in Descartes in “Rivista di Storia della Filosofia”, 1992, n. 3, pp. 527-553, Franco Angeli.
- La concezione cartesiana delle leggi di natura: Descartes spinozista? in “Annali dell’Istituto Italiano di Studi Storici”, XII, 1991-1994, pp. 553-596, il Mulino.
- Il pensiero debole: un’etica per l’età della tecnica, in “Filosofia e Scienza nella società tecnologica”, 2004, Franco Angeli, pp.334-340.
- Insegnare Filosofia, in “Pragma. Rivista dell’istruzione superiore”,anno X, 26, marzo 2005, Principato.
- L’Educazione civica come cultura costituzionale, in “Pragma. Rivista dell’istruzione superiore”,anno XI, 28, maggio 2006, Principato.
- Professione Cittadino, manuale di Educazione civica per il triennio della scuola secondaria superiore, in collaborazione con Mauro Albera, 2006, Hoepli.
- Storia e/o Filosofia, in “Pragma. Rivista dell’Istruzione superiore”, anno XI, 29, dicembre 2006, Principato.
- Dialogo tra un forte e un debole (estratto) in corso di pubblicazione in “Diogene. Filosofare oggi”, 1, 2007.