Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

Appassionati di Democrazia

28 Novembre 2015 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

29 novembre 2015
29 novembre 2015

L’Anpi ha scelto domenica 29 novembre per allestire i gazebo nelle città e invitare quanti volessero - giovani in primis - a iscriversi all'associazione (qui tutti gli aggiornamenti per l'organizzazione).

Alle donne e agli uomini, ai giovani, alle anziane e agli anziani che vorranno incontrarci e conoscerci diciamo con forza e la passione di sempre che l'ANPI esiste ed esisterà per promuovere e difendere la democrazia, per praticare l'antifascismo, per ottenere libertà, eguaglianza e dignità, nel nome della fratellanza, della solidarietà e della pace. Questi sono i lasciti della Resistenza, questo deve essere il collante fondamentale e l'orizzonte di azione e vita di tutti i sinceri democratici.

A Lissone appuntamento in piazza Libertà ore 9.30-12.30

Giornata del tesseramento 29 novembre 2015
Giornata del tesseramento 29 novembre 2015

Giornata del tesseramento 29 novembre 2015

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Un’opera di Virginia Frisoni donata all’ANPI di Lissone

18 Novembre 2015 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

Un’opera di Virginia Frisoni donata all’ANPI di Lissone

Al Presidente dell' A.N.P.I. di Lissone Renato Pellizzoni

Dono all'A.N.P.I. di Lissone la scultura intitolata "Pace", bozzetto effettuato per un concorso indetto dalla Biennale di La Spezia su tema prestabilito.

L'opera ha preso il 1° premio, ed è in ferro saldato.

Il dono è un ringraziamento all'A.N.P.I. per le appassionate e pazienti ricerche sui documenti risalenti al periodo del Comitato Nazionale della Liberazione.

Scritti, foto e progetti che coinvolsero i cittadini lissonesi nel periodo buio della Seconda Guerra Mondiale, e che purtroppo costarono la vita di molti di loro.

Al sacrificio di questi silenziosi eroi un pensiero e una preghiera.

Virginia Frisoni

Casatenovo, 13 novembre 2015

VIRGINIA FRISONI

É nata nel 1935 a Milano; vive e lavora a Casatenovo.

Ha frequentato il Liceo Artistico a Monza e Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.

La sua produzione artistica si può suddividere in due periodi ben distinti:

  • il primo, con opere varie e multiformi come è testimoniato dalle numerosissime partecipazioni ad esposizioni personali e collettive e da premi e riconoscimenti.
  • il secondo periodo, dagli anni Ottanta in poi, è orientato invece quasi esclusivamente verso soggetti e composizioni a carattere sacro: monumenti su commissione, Viae Crucis, dipinti e grafica realizzati con tecniche diverse, dove emerge il bisogno di scoprire la spiritualità attraverso l’impatto e il lavoro con materiali duri come il ferro, il rame, l'acciaio, lo smalto. Nascono in questo periodo i monumenti per le piazze eseguiti appunto con strutture che esprimono il simbolo e lo studio dell’inconscio.

L'archetipo e l’inconscio collettivo diventano il tema principale di molte composizioni matematico-astratte, approfondite attraverso l’ampliamento di conoscenze filosofiche religiose e lo studio comparato delle religioni.

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Una nuova pubblicazione LA FORZA IMMENSA DI UN IDEALE

8 Novembre 2015 , Rédigé par anpi-lissone

La pubblicazione è stata presentata sabato 14 novembre 2015 alle ore 15 presso la sala polifunzionale della Biblioteca civica di Lissone

Per il 70° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo

LA FORZA IMMENSA DI UN IDEALE

La Resistenza a Lissone negli anni 1943-1945: dai documenti di AGOSTINO FRISONI, membro del Comitato di Liberazione Nazionale lissonese

Una pubblicazione dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Sezione “Emilio Diligenti” di Lissone

a cura di Renato Pellizzoni

In copertina: elaborazione grafica di un disegno di Virginia Frisoni per un nuovo monumento ai Lissonesi che hanno sacrificato la loro vita per la liberazione del nostro Paese dal nazifascismo.

... tra le delusioni di questa democrazia ci rimane solo la consapevolezza, avuta nella Resistenza, della forza immensa che racchiude un ideale ... Agostino Frisoni

... resistere, sopravvivere, tornare a casa. «Ora la casa sarebbe stata qualcosa di nuovo: più sicura, più grande, più felice». Era sostanzialmente questa la speranza comune a tutti i resistenti: un’Italia più sicura e più felice, una umanità senza guerre e senza ingiustizie, la fine dei privilegi e delle discriminazioni politiche e razziali, la valorizzazione del lavoro, la massima reverenza per la dignità dell’uomo. Non ci siamo ancora arrivati, nonostante la Repubblica e la Costituzione, nonostante alcune innegabili conquiste. Per questo la Resistenza continua. Eugenia Farè

INTRODUZIONE della pubblicazione

Il 9 novembre 1994, Bruno, padre dell’ex sindaco di Lissone Adriano Muschiato, consegnò all’allora direttore della Biblioteca Civica, Sergio Conti, documenti e giornali di un suo “amico carissimo”, AGOSTINO FRISONI, deceduto il 12 febbraio 1994, “perché ne garantisse la conservazione e la messa a disposizione dei concittadini per ragioni di studio, di ricerca, di consultazione”. I preziosi documenti li aveva ricevuti da Andreina Erba, moglie di Agostino Frisoni, il quale li aveva custoditi gelosamente fino all’ultimo. Sono tuttora conservati nella sezione di storia locale della nostra Biblioteca. Ho potuto così consultarli, non senza emozione.

Essi costituiscono un'eccezionale documentazione storica degli anni dal 1943 al 1945 in quanto consentono di conoscere i principali avvenimenti della Resistenza a Lissone: volantini, lettere, giornali, pubblicazioni clandestine, ma soprattutto le copie dei verbali delle riunioni segrete del Comitato di Liberazione Nazionale lissonese, accuratamente catalogate. Oltre cento documenti conservati e protetti durante il periodo della clandestinità: una fonte preziosa di informazioni per un appassionato studioso di storia.

«Materiale veramente interessante – lo ha definito il direttore della Biblioteca – testimonianza diretta di un periodo cruciale della storia di Lissone della prima metà del Novecento. La figura di Agostino Frisoni, e una parte importante della sua vita civile e politica, possono essere conosciute ed apprezzate da tutti e la memoria di quanto avvenuto verrà preservata dai tarli del tempo e dall’incuria generata dall’indifferenza».

Ricorrendo quest’anno il settantesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, ho voluto pubblicare alcuni di quei documenti originali accompagnandoli con un breve inquadramento storico.

Un’altra figura di primo piano del Comitato di Liberazione Nazionale lissonese è stata quella di LEONARDO VISMARA, conosciuto come Nando da Biél. Sulla sua attività di oppositore al regime fascista fin dalla prima ora vi è una ricca testimonianza nelle schede conservate nel Casellario Politico Centrale, ufficio della direzione generale della Pubblica sicurezza del Regno d'Italia che aveva il compito di curare il sistematico aggiornamento dell'anagrafe dei cosiddetti "sovversivi".

Ho riportato alcune schede in questa pubblicazione: per questo ringrazio Claudio Castoldi, che sta conducendo una ricerca sulla vita di suo nonno Leonardo Vismara, per avermele fatte consultare.

Nel verbale del 15 maggio 1944, giorno della costituzione del CLN di Lissone, si legge:

«Il CLN lissonese deve dare incremento a tutte quelle attività politiche e militari atte a contribuire efficacemente alla lotta ingaggiata da tutto il popolo italiano per la liberazione della patria dalla schiavitù nazi-fascista, ed inoltre creare le basi per la ricostruzione dell’Italia democratica di domani».

In un paese sotto occupazione tedesca, era un compito molto impegnativo e non privo di rischi per le loro vite, che questi uomini coraggiosi si erano prefissati.

Agli otto lissonesi fucilati dai nazifascisti, ai sette morti nei lager nazisti, ai membri del CLN che hanno diretto la Resistenza nella nostra città e a tutti coloro che soffrirono per aver rifiutato di piegarsi alla dittatura fascista, dobbiamo essere riconoscenti.

In Italia, con una popolazione più o meno di 40 milioni, tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, si contarono fino a 346.000 fra partigiani combattenti e patrioti (coloro che in misura diversa e in vari modi hanno dato il loro valido contributo alla lotta per la Liberazione).

La maggior parte degli italiani, rimanendo passivi, cercarono di sopravvivere. Abbiamo noi il diritto di biasimare coloro che non hanno aiutato le attuali generazioni a vivere libere? Certamente no. Chi non ha vissuto quel periodo oscuro della nostra Storia non sa come sarebbe stato il proprio comportamento. Ma noi abbiamo il diritto e il dovere di ammirare coloro che hanno ben agito.

Sono passati 70 anni dallo storico 25 Aprile 1945. Il trascorrere del tempo non riesce a sminuire il valore ed il significato di una data che ha segnato per la nostra Nazione il coronamento della lotta per la libertà.

Lo spirito che animava la comune fede nella Liberazione trasfuso nella nostra Costituzione, ha segnato e indica ancora il punto di riferimento per un vivere civile e democratico.

Renato Pellizzoni Presidente dell’ANPI di Lissone “Sezione Emilio Diligenti”

Ricorrendo anche il decennale della presenza dell’ANPI a Lissone, una mostra fotografica illustrerà le principali attività svolte dal 2005 al 2015.

Verrà, inoltre, esposta un’opera d’arte, sul tema della pace, che l’artista Virginia Frisoni ha donato alla nostra associazione per la ricorrenza del decennale.

presentazione della pubblicazione LA FORZA IMMENSA DI UN IDEALE

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ORADOUR LE DERNIER TRAM

2 Novembre 2015 , Rédigé par Laura Fassone Publié dans #recensioni

Franck Linol - ORADOUR  LE DERNIER TRAM - Edizioni GESTE http://www.gesteditions.com/

Franck Linol - ORADOUR LE DERNIER TRAM - Edizioni GESTE http://www.gesteditions.com/

Per la prima volta appare sulla scena letteraria un libro epico sul massacro di Oradour sur Glane che ci restituisce con precisione e tremenda verità l’aberrazione di un crimine contro l’umanità che ha cancellato in poche ore la vita di 642 innocenti. E che rende oggi postuma giustizia alle vittime del massacro.

Franck Linol
Franck Linol
de suite la version française

Molti anni sono passati dal 10 Giugno 1944, data del massacro di Oradour sur Glane, sterminio umano orrendo che che non fu mai giudicato come crimine contro l’umanità ma come semplice crimine di guerra. Un giudizio vigliacco e compiacente che ha assassinato le vittime di Oradour per la seconda volta.

Molti anni sono passati non solo dal fuoco e dalle fiamme che hanno divorato 642 corpi di bambini, donne, anziani ed uomini in un pomeriggio di Giugno del 1944, ma quali parole possono validamente farsi veicolo dell’orrore nel dovere di trasmissione e di memoria?

Molti anni sono passati. Molti libri sono stati scritti su questa pagina nera della Seconda Guerra Mondiale che ha visto un villaggio intero immolarsi come martire e simbolo della Resistenza in un raccapricciante atto di rappresaglia. Solamente a causa della sospettata e non provata presenza di alcuni resistenti francesi a Oradour sur Glane i nazisti hanno deciso di dare una lezione al villaggio rasandolo completamente e immolando tutti i suoi abitanti a fuoco e fiamme. Non ci sono parole, o meglio fino ad oggi non c’erano parole per descrivere l’orrore. E tutti i libri scritti su Oradour non sono mai andati al di là della descrizione storica dettagliata, del saggio politico o della semplice commemorazione. Sterilità della parola quando non é veicolata dalla poesia e dall’arte. Impotenza della parola di fronte all’indicibile del male.

Ma questa giustizia che i tribunali non hanno saputo o voluto fare l’ha fatta invece un grande scrittore, raro talento che si iscrive perfettamente in quella nutrita scia di artisti della letteratura francese, scrittori e poeti che partendo da fatti storici reali ne sanno restituire un vissuto narrativo doloroso con uno slancio epico vigoroso ed un pathos particolarmente intenso. E per la prima volta appare sulla scena letteraria un libro epico sul massacro di Oradour sur Glane che ci restituisce con precisione e tremenda verità l’aberrazione di un crimine contro l’umanità che ha cancellato in poche ore la vita di 642 innocenti. E che rende oggi postuma giustizia alle vittime del massacro.

Professore di storia e sociologia alla Facoltà Universitaria di Limoges per molti anni, Franck Linol si dedica attualmente a tempo pieno alla sua principale vocazione di scrittore.

Nel suo testo ORADOUR LE DERNIER TRAM lo scrittore utilizza una tecnica tripartita articolata su tre assi narratologici che si spostano continuamente in modo parallelo e perpendicolare.

1 - L’asse della testimonianza di Camille Senon, una delle rare persone sopravvissute al massacro nazista, asse della forza della verità e della narrazione personale dei fatti

2 - L’asse dell’immagine, le fotografie di Hélène Delarbre dei luoghi o meglio sarebbe dire di quanto poco resta dei luoghi, degli oggetti, delle targhe e di tutto quanto ancora oggi porta il segnale storico del villaggio martire, una documentazione fotografica la cui « pietas » storica stringe il lettore come una possente tenaglia di dolore e di compassione

3 - L’asse del testo linoliano particolarmente ricco e denso di significati incrocia la testimonianza di Camille Senon e l’immagine fotografica di Hélène Delarbre e integra perfettamente la realtà, alla visione e al dolore espresso dalla parola, trait d’union sublime fra la narrazione della sopravvissuta e le immagini della fotografa

Linol apre il libro su cinque parole che a loro stesse contengono la totalità dell’opera e della narrazione:

«Il calore di un braciere »

E’ una nota di inizio di una partizione musicale particolarmente forte e coinvolgente, un giro d’orizzonte rapido di tutto il campo semantico del libro, questo leit-motiv della densità cosi’ tipico della letteratura di Franck Linol scrittore che non dimentica mai l’importanza dello spessore della parola, autore incisivo, sintetico e violento, ad imitazione della violenza che deve essere descritta e veicolata per essere capita e rifiutata.

Si intercalano foto e frammenti narrati da Camille Senon nata a Oradour sur Glane il 5 Giugno 1925.

Come molte ragazze del Limosino, figlie di artigiani e operai, Camille lavora a Limoges nell’assistenza sociale e alloggia in un ostello femminile cattolico la cui direttrice é una nota collaborazionista. Una parte dell’ostello viene concessa alla Gestapo al suo arrivo a Limoges dalla direttrice, fanatica sostenitrice di Petain. Camille lavora duramente tutta la settimana contro un magro salario che le permette a pena di pagare la pensione dell’ostello. Attende solo il fine settimana per prendere il tram che dalla stazione di Limoges Charentes la conduce a Oradour sur Glane dai suoi genitori.

Il suo villaggio é uno dei piu’ ricchi ed operosi di tutta la regione. Negozi, commerci, artigiani decorano una vita sociale prospera, attiva e gaia. Molti esiliati della ex repubblica di Spagna perseguitati dai franchisti sono rifugiati a Oradour dove vivono anche diverse famiglie ebree in piena armonia con gli abitanti del villaggio. Situato in una geografia paradisiaca nelle dolci colline del Limosino e sul torrente Glane, Oradour é uno splendore dell’Occitania del Nord.

Il 10 Giugno 1944 verso le ore 13.30 due colonne di SS partono da St. Junien in direzione di Oradour sur Glane. Il villaggio viene rapidamente accerchiato dalla milizia della seconda divisione della Das Reich e tutti i suoi abitanti vengono rastrellati e condotti sulla piazza del mercato. 152 bambini vengono rastrellati con gli insegnanti nelle scuole e accompagnati dalle SS nella chiesa del villaggio con le donne.

Alle ore 16.00 inizia il massacro a colpi di mitragliatrice contro gli uomini riuniti nella piazza del mercato, le vittime ferite e non uccise ai primi colpi vengono inseguite e massacrate dalle SS. Tutte le case, i commerci, le strade vengono messi a fuoco come pure i cadaveri delle vittime, gli ordini del comandante delle SS Diekmann sono categorici, non devono assolutamente restare tracce del massacro. Accanto all’orrore prospera la viltà dei ladri nazisti che si impossessano dei beni presenti nelle case e che distruggono le tracce del massacro bruciando tutti i corpi.

Nella chiesa dove le donne sono rinchiuse con i bambini viene fatto esplodere un ordigno, le vittime muoiono asfissiate una sull’altra come nelle camere a gas di Auschwitz e Treblinka, arrampicandosi disperatamente l’una sull’altra verso le finestre della chiesa dove le SS bloccano l’uscita continuando a lanciare delle torce incendiate all’interno della navata per bruciare i corpi già morti e le vittime che ancora respirano.

Camille Senon riesce a scendere dal tram con altri abitanti di Oradour e a nascondersi in un villaggio limitrofo a Oradour sur Glane dove trascorrerà la notte del 10 Giugno 1944.

Il tram arriva alle ore 19.15 a Oradour ed i passeggeri restanti saranno massacrati al loro arrivo alla stazione dalle SS.

Alle ore 23.00 la seconda divisione della Das Reich lascia Oradour in un inferno di fuoco, fiamme, carne bruciata e cenere. La cenere ed il fuoco, queste due specialità del nazismo e dei suoi sicari.

Al suo arrivo a Oradour sur Glane il giorno 11 Giugno 1944 Camille Senon troverà solo cenere e rovine.

Nel Settembre 1944 Jean Tardieu scrive

«Oradour non ha piu’ donne

Oradour non ha piu’ uomini

Oradour non ha piu’ foglie

Oradour non ha piu’ pietre

Oradour non ha piu’ chiesa

Oradour non ha piu’ bambini

Oradour non ha piu’ che un grido».

Ed é questo grido che Franck Linol urla nel suo libro.

Omaggio alla memoria dei martiri. Omaggio alla Storia. Omaggio all’Uomo umano.

Questo grido che ricorda a tutti noi che la vigilanza é un impegno attivo continuo.

Perché il ventre della Bestia Immonda é sempre gravido.

Franck Linol

ORADOUR LE DERNIER TRAM

Edizioni GESTE

http://www.gesteditions.com/

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Pour la première fois la force de l’art permet l’écriture d’ un ouvrage qui rend justice aux martyrs du massacre d’Oradour sur Glane, un livre qui nous situe avec terrible force et froide précision dans la scène vivante de ce crime contre l’humanité qui a vu la vie de 642 innocents s’effacer en quelques heures dans un après-midi de Juin 1944.

Tant d’années ont passé depuis le 10 Juin 1944, date du massacre nazi à Oradour sur Glane. Tant d’années ont passé mais rien n’efface la bestialité de cette extermination humaine qui reste à ce jour sans jugement, classée comme un simple crime de guerre alors que la nature de ce massacre est bien celle d’ un crime contre l’humanité. Jugement lâche et vulgaire et deuxième mise à mort des victimes d’Oradour.

Tant d’années ont passé depuis le jour où le feu et les flammes de la barbarie nazie ont dévoré 642 corps d’enfants, de femmes, de vieillards et d’hommes dans un après midi de Juin 1944 certes, mais où trouver au juste les mots capables de valablement véhiculer l’horreur dans le devoir de transmission et de mémoire?

Tant d’années ont passé. Et tant de livre écrits sur ce jour très sombre de la Deuxième Guerre Mondiale lorsqu’un village entier du Limousin se fait martyr et symbole de la Résistance, victime immolée d’un acte de représailles abjecte et répugnant. Oradour sur Glane serait coupable de soutenir ou cacher des résistants, la Bête Immonde décide de donner une leçon à ses habitants exterminant toute la population du village par le feu et les flammes. Et pas de mots pour décrire l’horreur. Et encore et encore des livres et des publications au sujet de ce massacre, hélas que des descriptions détaillées, des essais politiques ou encore des tributs à la mémoire. Mais rien de plus. Stérilité du mot quand le mot n’est pas véhiculé par l’art. Impuissance du mot devant l’indicible du mal sans la médiation de l’art.

Tant d’années ont passé et toujours pas de justice par les tribunaux. Sauf que la justice arrive et se manifeste véhiculée par les pages d’un écrivain de rare talent, splendide homme de lettres contemporain se situant parfaitement dans la lignée de tous ces grands écrivains français capables de grands élans épique et de pathos, maîtres de la narration, vecteurs par leur écriture de toute la douleur du réel et du vécu.

Et pour la première fois la force de l’art permet l’écriture d’ un ouvrage qui rend justice aux martyrs du massacre d’Oradour sur Glane, un livre qui nous situe avec terrible force et froide précision dans la scène vivante de ce crime contre l’humanité qui a vu la vie de 642 innocents s’effacer en quelques heures dans un après-midi de Juin 1944. Un livre qui enfin rend justice posthume aux victimes du massacre. Un livre écrit par un auteur qui est à lui seul un mythe vivant de cette région où il est né et qu’il représente si bien.

Professeur d’Histoire et Sociologie à la Faculté Universitaire de Limoges, Franck Linol se dédie désormais complètement à sa vocation d’écrivain et d’homme de lettres.

Pour ORADOUR LE DERNIER TRAM l’écrivain a utilisé une technique axiale très intéressante, typique de son style littéraire et articulée à trois temps, sur trois axes de narration qui se déplacent sans cesse de manière parallèle et perpendiculaire.

1 - L’axe du témoignage avec le récit de Camille Senon, l’une des rares personnes qui ont survécu au massacre nazi, axe de la force de la vérité et de la narration personnelle des faits.

2 - L’axe de l’image, avec les photos d’Hélène Delarbre, images des lieux ou plutôt images de ce qui reste des lieux, objets, panneaux, tout ce qui encore aujourd’hui porte le nom et le signal du village martyr, une documentation photographique dont la « pietas » visuelle envahit le lecteur de forte douleur et puissante compassion.

3 - L’axe du texte linolien au rythme particulièrement riche et dense, belle diagonale littéraire qui croise constamment le récit de Camille Senon et le visuel d’Hélène Delarbre intégrant parfaitement réalité et image par le biais de la douleur exprimée par la parole de l’auteur tel un sublime trait d’union entre les faits et les images.

Linol ouvre son texte sur quatre mots à forte condensation de pensée

« La chaleur du brasier »

C’est la note de départ d’une partition de musique très forte et prenante, un tour d’horizon rapide du champ sémantique de l’œuvre, c’est la réponse littéraire aux coups de fusil du massacre, le tire d’un sniper littéraire qui n’oublie jamais l’épaisseur du mot, la valeur de ses cadences, un auteur incisif, sec, synthétique et violent, inspiré par effet mimétique par la violence des évènements décrits afin de mieux la véhiculer, la décrire, la transmettre.

Née à Oradour sur Glane le 5 Juin 1925, Camille Senon est l’une des nombreuses jeunes filles du Limousin qui travaillent à Limoges à l’époque de l’occupation nazie. Elle loge dans un foyer catholique dirigé par une collabo fanatique de Pétain. Camille travaille durement toute la semaine pour un maigre salaire qui lui permet à peine de payer son foyer. Chaque fin de semaine, elle retrouve ses parents et sa famille au village. Oradour sur Glane est à l’époque l’un des plus riches et prospères villages du Limousin. Commerces, boutiques, artisans ainsi qu’une vie sociale animée sont le décor d’une communauté de personnes actives et sereines. Nombre de familles juives et d’exilés politiques vivent à Oradour bien intégrés avec ses habitants. Situé au milieu de la géographie paradisiaque des collines du Limousin et traversé par la Glane, Oradour est la splendeur de l’Occitanie du Nord.

Mais les forces du mal ne tarderont pas à arriver. Le 10 Juin 1944 vers 13.30 heures deux colonnes de SS de la deuxième division Das Reich partent de st Junien en direction d’Oradour. Le village est encerclé très rapidement, les habitants raflés et accompagnés sur le champ de foire, les hommes séparés des femmes et des enfants comme à la Aussortierung des camps de concentration. Les SS raflent les enfants et leurs enseignants dans l’école et les amènent dans l’église du village avec les femmes.

A 16.00 heures commence la boucherie et s’allument les buchers de la barbarie nazie. Les hommes seront descendus à coups de mitrailleurs et les victimes blessés et vivantes qui chercheront de s’enfuir seront immédiatement abattues par les balles des SS. Les ordres du commandant Diekmann sont catégoriques, aucune trace du massacre ne doit rester, tout doit passer par le feu et se faire cendre. Cendre et feu ces deux marques de la bête hitlérienne. Le vol et le pillage sans vergogne accompagnent le massacre, les SS vident les maisons et les commerces de manière indigne après la tuerie. Les femmes et les enfants vont mourir asphyxiés ou brûlés dans l’église. A l’instar des victimes des chambres à gaz de Treblinka et Auschwitz les corps des mourants s’empilent l’un sur l’autre à la recherche des fenêtres et d’air.

Le dernier tram en arrivée de Limoges déposera ses passagers à Oradour à 19.15 heures. Ils seront massacrés immédiatement par les SS. Camille Senon descendra avant l’arrivée du tram et pourra se cacher dans la nuit du 10 Juin au 11 Juin dans un village limitrophe.

Le lendemain, à son arrivée à Oradour, elle ne trouvera que les cendres des morts et le village brûlé.

En Septembre 1944 Jean Tardieu a écrit ces vers :

«Oradour n’a plus de femmes

Oradour n’a plus d’hommes

Oradour n’a plus de feuilles

Oradour n’a plus de pierres

Oradour n’a plus d’église

Oradour n’a plus d’enfants

Oradour n’est plus qu’un cri».

Nous remercions Franck Linol d’avoir hurlé ce cri.

Pour rendre enfin hommage et justice aux martyrs, et vérité à l’histoire.

Ce cri qui rappelle à tous les hommes de bonne volonté le devoir de vigilance.

Car le ventre de la Bête est toujours fécond.

Franck Linol

ORADOUR LE DERNIER TRAM

Editions GESTE

http://www.gesteditions.com/

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