Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"
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Caduti lissonesi per la Liberazione

27 Janvier 2013 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #storie di lissonesi

 Lissone li onora e li ricorda

 

caduti lissonesi

 

 

 

Morti fucilati dai nazifascisti:


AROSIO ARTURO

 

24/05/1925

18/03/1945

Sestri  Levante


CHIUSI REMO

 

19/07/1920

17/06/1944

Monza


ERBA PIERINO

 

10/06/1916

16/06/1944

Lissone


GALIMBERTI ERCOLE

 

9/04/1926

9/03/1945

Susa


GUARENTI DAVIDE

 

5/11/1907

12/07/1944

Fossoli


MERONI ATTILIO

18/06/1925

10/06/1944

Valdossola



PARRAVICINI CARLO

 

16/10/1920

16/06/1944

Lissone


SOMASCHINI MARIO

 

17/04/1921

17/06/1944

Monza

 

Morti in campi di concentramento:

 

 

 


AVVOI AMBROGIO

 

12/04/1894

12/3/1945

Flossemburg


BETTEGA MARIO

 

16/08/1918

19/3/1945

Mauthausen


CASSANMAGNAGO FERDINANDO


2/06/1924


9/03/1945


Dachau

12/02/1911

      24/04/1945

  Buchenwald


DE CAPITANI DA VIMERCATE GIANFRANCO

4/02/1925

5/12/1944

Ebensee


FUMAGALLI ALDO

 

26/09/1921

24/09/1944

Salza/Dora


MAZZI ATTILIO

 

27/04/1885

9/4/1945

Gusen

 

E come potevamo noi cantare,

con il piede straniero sopra il cuore,

fra i morti abbandonati nelle piazze,

sull’erba dura di ghiaccio, al lamento

d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lieti al triste vento.

(Alle fronde dei salici di Salvatore Quasimodo)


 

Lo avrai

camerata Kesselring

il monumento che pretendi da noi italiani

ma con che pietra si costruirà

a deciderlo tocca a noi

non coi sassi affumicati

dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio

non colla terra dei cimiteri

dove i nostri compagni giovinetti

riposano in serenità

non colla neve inviolata delle montagne

che per due inverni ti sfidarono

non colla primavera di queste valli

che ti vide fuggire

ma soltanto col silenzio dei torturati

piú duro d'ogni macigno

soltanto con la roccia di questo patto

giurato fra uomini liberi

che volontari s'adunarono

per dignità non per odio

decisi a riscattare

la vergogna e il terrore del mondo

su queste strade se vorrai tornare

ai nostri posti ci troverai

morti e vivi collo stesso impegno

popolo serrato intorno al monumento

che si chiama

ora e sempre

Resistenza

(Ora e sempre Resistenza di Piero Calamandrei)

 

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Lissonesi che sono transitati dal lager di Bolzano

5 Janvier 2013 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

Lissonesi che sono transitati con certezza dal lager di Bolzano diretti verso i lager nazisti (dati ANED). Nessuno è tornato a Lissone:

 

Avvoi Ambrogio

 

Bettega Mario

 

Cassamagnago Fernando

 

Colzani Giulio

 

De Capitani da Vimercate Gianfranco

 

Mazzi Attilio

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il campo di concentramento di Bolzano (DURCHGANGSLAGER BOZEN)

5 Janvier 2013 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

lager Bolzano

SS-POLIZEI (LICHES) - SAMMEL–u  DURCHGANGSLAGER BOZEN (BOLZANO-GRIES)

lager Bolzano 1

da inizio luglio 1944

prima decade, interna e matricola i primi deportati politici;

25-31 luglio 1944

arrivo di un numeroso gruppo dedetenuti evacuati dal DL Fossoli, per l'ampliamento e allestimento del nuovo lager;

25-31 luglio 1944

in vari trasporti si internano detenuti evacuati da Fossol i;

2 agosto 1944

si conclude l'evacuazione da Fossoli con l'internamento degli ultimi 45 detenuti addetti a mansioni speciali e di funzionamento dell'ex lager emiliano;

2 agosto 1944

primo concentramento di un trasporto di deportazione con 450 detenuti destinati a: Birkenau, Dachau, Buchenwald, Ravensbruk;

2 agosto 1944

trasporto con 327 politici al KL Mauthausen;

17 agosto 1944

internamento di 532 detenuti provenienti dal carcere di Milano-S.Vittore, di cui 191 uomini e 30 donne politiche, 291 uomini e 21 donne scioperanti;

4 settembre 1944

trasporto con 450 detenuti politici al KL Flossenburg;

7 settembre 1944

arrivo di 154 politici dal carcere di S.Vittore - Milano;

20 settembre 1944

arrivo di un altro convoglio di detenuti da Milano-S.Vittore;

8 Ottobre 1944

trasporto con 600 detenuti, di cui 484 al KL Dachau;

24 ottobre 1944

trasporto ad Auschwitz-Birkenau di 350 detenuti di cui 200 politici e 150 ebrei;

novembre-dicembre 1944

partenza di vari trasporti per i KL d'oltralpe;

ultimi trasporti

 

7 gennaio 1945

501 detenuti politici diretti al KL Mauthausen;

18 gennaio 1945

408 detenuti politici diretti al KL Flossenburg;

fine gennaio 1945

917 detenuti politici diretti al KL Mauthausen

4-5 febbraioio 1945

384 detenuti politici diretti al KL-Mauthausen;

vari

 

29 aprile 1945

rilascio di un certificato di scarcerazione (liberazione) a circa 500 detenuti;

30 aprile 1945

estensione del certificato di scarcerazione o dirilascio dal lager a tutti i restanti 2800 detenuti;

30 aprile-10 maggio 1945

il lager passa sotto la direzione del C.I.C.R. di Ginevra fino alla partenza di tutti i detenuti;

4 maggio 1945

chiusura del lager e Liberazione città da parte dei partigiani.

lager Bolzano 2

Note documentarie:

Il campo di Bolzano-Gries fu installato nell'area del magazzeno-garage dell'ex Reggimento Genio-Artiglieria, sito in via Resia alla periferia nel quartiere di Gries. Fin dall'inverno 1943 fu adattato per sistemare e rieducare alcuni detenuti altoatesini, civili e militari, che allora funzionò provvisoriamente come una specie di compagnia di disciplina. Trovandosi il lager di Fossoli in zona "infestata" da "ribelli" partigiani, il comando germanico del Bds a Verona stabilì il trasferimento in zona più sicura e, il 21 luglio 1944, con l'arrivo a Gries di un gruppo di detenuti provenienti da Fossoli, iniziarono i lavori di ampliamento ed allestimento del campo, per ricevere un gran numero prigionieri provenienti da molteplici prigioni di mezza Italia.

Nel nuovo lager fu subito creata una bassa costruzione-bunker con 48 piccole celle di m.1,30 x 3, sempre zeppe di detenuti ritenuti pericolosi, tutti soggetti a molteplici torture, anche a morte.

Furono installati nuovi settori interni per ospitare vari laboratori: falegnameria (30 detenuti addetti), officina meccanica (15/18 detenuti), elettricità (15 detenuti), calzoleria (12), tipografia (10), sartoria (8), cucina (4), infermeria (3), muratori (10), lavanderia, ecc.

Diversamente che a Fossoli, a Bolzano le baracche dimora erano contrassegnate da una lettera. Nell'Hangar-rimessa erano sistemati i blocks dalla A alla F, mentre i blocchi dalla G alla M furono sistemati con la costruzione di un nuovo baraccamento.

Il blocco "A" ospitava circa 130 lavoratori interni fissi; il "B" circa 200 "Arbeiter" dei vari kommandos; il "C" circa 200 detenuti; il "D" circa 250; l"'E" con circa 250 detenuti considerati pericolosi, trasferiti a metà novembre 44 al blocco "F"; l'''F'' ospitava un minimo di 100 donne, sia politiche che ebree ed altre, trasferite poi al blocco "E"; il "G" variava; l"'H" circa 300; l'''I'' circa 250; l'''L'' riservato agli ebrei maschi; etc.

 

Furono internati e transitarono dal campo oltre 15.000 prigionieri di cui 369 tra italiani e stranieri. Dei menzionati, 139 ebrei rimasero nel lager, mentre altri 3350 detenuti furono trattenuti e adibiti a lavori nel lager, nei kommandos di città e nelle dipendenze esterne. Un kommando importante di città era quello operante nella Galleria del Virgolo, dove la ditta I.M.I., trasferiti gli impianti da Ferrara, vi costruiva cuscinetti a sfera; un'altro era in una fabbrica di tende militari dove le detenute cucivano occhielli alle tende.

Le dipendenze esterne di lavoro erano dislocate a: MERANO (400 detenuti), SARENTINO (oltre 200), CERTOSA (50+), VIPITENO (in una fabbrica di armi sfollata qui da Cremona), indi MOSO (Moos), Kdo OT, BRESSANONE, CAMPO TORES, COLLE ISARCO, GARRUTI, MALLES e NURAN.

Questi erano gli orari del campo, per la stagione estiva e per quella invernale:

- sveglia        ore 5 e 5,30 per le donne;

ore 5,30 e 6 per gli uomini;

- adunata      ore 6 e 18 per la conta dei presenti;

- lavoro        ore 7 - 12 e 13 - 17;

- rancio         ore 12 e 17,30;

- silenzio       ore 20 e 21 con chiusura nelle baracche

lager Bolzano 3 lager Bolzano 5

I timbri tondi in questione furono usati dal comando tedesco per autenticare documenti inerenti il lager. La corrispondenza spedita dal campo di Bolzano non porta quindi alcun timbro del lager ma solo il timbro lineare di censura (inchiostro viola).

Ai detenuti lavoratori erano di spettanza i due "pasti" giornalieri mentre per gli inattivi - ammalati o invalidi un solo "pasto".

I contrassegni di categoria conosciuti erano i seguenti:

TRIANGOLO ROSSO      assegnato a comunisti, attivisti politici, partigiani, scioperanti; tutti assegnati a lavori pesanti e destinati ai campi SS di 3° e 2° categoria.

TRIANGOLO ROSA        a sospetti politici di relativo interesse e a rastrellati, adibiti a lavori fuori del campo, con la possibilità di diventare liberi lavoratori o nel peggio dei casi di essere destinati a campi di primo grado. 

TRIANGOLO GIALLO      a ebrei; adibiti a lavori vari all'interno del campo, tutti destinati alla deportazione. Non fu loro assegnata matricola. 

TRIANGOLO BIANCO     (o VERDE) a detenuti considerati ostaggi: personalità varie, famiglie o parenti di partigiani e politici ricercati. È quasi certa la non assegnazione della matricola. 

"ARBEITER"                 non ben definito il motivo del loro arresto. Non portavano alcun distintivo di qualifica ne il numero matricolare. Erano adibiti a lavori leggeri e in seguito destinati a scarcerazione dal campo.

 

VORARBEITER         detenuti specializzati addetti ai laboratori sorti nel lager.

 

lager Bolzano celle


lager Bolzano 4 

Doppia cartolina in dotazione al carcere milanese di San Vittore. Cartolina di risposta indirizzata il 6 agosto 1944 al detenuto politico Bruno Galmozzi, nato a Milano il 29/9/1907. Catturato dalla Gestapo il 20 maggio 1944 mentre trasportava verso l'Alto Novarese un grosso carico d'armi e munizioni, fu rinchiuso a S.Vittore al 5° indi al 6° raggio ed ebbe la matricola n°274 US indi la n° 2764. Dieci giorni dopo la ricezione della cartolina-risposta, il 17 agosto, con altri 539 detenuti, il partigiano Galmozzi sarà trasferito allo SS-Durchgangslager di Bolzano-Gries, dove fu assegnato al block A con matr. n°2979, trattenuto al lager quale operaio tecnico e capo tipografia del lager. 

lager Bolzano 6

Biglietto di franchigia scritto il 14 gennaio 45 dal detenuto politico n° 2979 - Bruno Galmozzi, passato alla censura (A), con timbro postale di tipo "E" in data 18 gennaio 1945.· La copia del registro detenuti, qui in fotocopia ridotta, porta elencato il nominativo del l'Haftling in questione, con relativa matricola e blocco .di alloggio - che per i detenuti ' "Vorarbeiter" addetti a lavori tecnici nel lager era la baracca "A".

Come per Fossoli, il campo di Bolzano-Gries era comandato dal tenente-SS Karl Tito (per un periodo era il maresciallo Haage), seguiva il tenente-SS Muller, il maresciallo-SS Hans Haage per la disciplina, l'SS altoatesino Albini Cologna capo del bunker o blocco celle, le SS-ucraine Mischa Seifert e otto Seit torturatori del blocco celle.

Anche il campo di via Resia in BZ-Gries ospitò un buon numero di antifascisti e partigiani stranieri, tra questi parecchi francesi e italiani residenti in Francia.

lager Bolzano 7

L'ingresso dell'ex lager fotografato negli anni seguenti la liberazione; qui sede dell'autorimessa "Resia".

lager Bolzano 8

Biglietto di franchigia mancante del timbro postale delle P.T.di Bolzano ma portante tre censure diverse: del lager (A), dell'Uff.di Bolzano città (apposto al verso - I) e ··dell'Uff.Prov.di Torino. Fu spedito il 7 dicembre 1944 dal partigiano garibaldino Giovanni Costa, nato a Sion (Svizzera), catturato nel settembre 1944 nella zona operativa del canavesano. Costa fa il suo ingresso al lager il 10 novembre 1944 ed ebbe la matr.6628, assegnato al block "C". Il 23 dicembre evade dal campo e clandestinamente raggiunge la sua formazione garibaldina nel canavesano.

Il servizio postale autorizzato dal comando SS del lager ebbe ufficialmente inizio nell'ottobre 1944 fino a tutto febbraio 1945, ma ugualmente uscirono scritti su carta comune che su franchigie del campo. Nella prima metà del suddetto periodo i detenuti, ebrei compresi, ebbero in assegnazione due biglietti al mese, nel secondo periodo la assegnazione fu ridotta a una franchigia al mese. La franchigia veniva concessa ai soli detenuti addetti ai lavori del campo ed a quelli dei kommandos-lavoro di città che delle dipendenze esterne. Nessuna concessione in assoluto per i detenuti nelle celle.

lager Bolzano 9

Veduta interna parziale dall'ingresso lager. Sullo sfondo il blocco Celle, alla sinistra il blocco-baracche dalla A alla F, alla destra l'infermeria ecc. Si precisa che questa foto é stata erroneamente stampata con il negativo in senso sbagliato, pertanto il blocco-baracche deve ritenersi alla destra dell'ingresso.

 lager Bolzano 10

Le censuratrici del lager furono le signore: SS-Suzi Ziegler e fraulein Rosa.

I timbri usati dalle poste di Bolzano per le franchigie e le comuni lettere partite dal campo furono i seguenti: a - Deutsche Dienstpost Alpenvorland - Bozen o Bozen l, con lettera “d”; b - annullo muto in due cerchi con la sola data; c - Bolzano ferrovia; d - Bolzano corrispondenza pacchi; e - Bolzano Ferrovia-distribuzione.

Gran parte degli scritti dei detenuti, oltre la censura del campo, furono sottoposti ad altre censure: a Bolzano stessa o alla sede provinciale di destinazione.

lager Bolzano 11 

L’hangar dimora con i blocchi dalla “A” alla “F”

Tra uccisioni e decessi conosciuti, nel campo di via Resia si assommano ad oltre 120 morti, tra questi i 23 militari italiani incorporati nelle Missioni segrete alleate e paracadutati o sbarcati da sommergibili e distaccati presso comandi partigiani. Prelevati dal blocco "E" (dei pericolosi) il 12 settembre 1944 alle ore 4 del mattino, furono portati in mutande alle Caserme Mignon di Bolzano e trucidati. Altri furono assassinati sotto tortura nelle celle del lager o al Corpo d'Armata sede della Gestapo. L'Oberscharführer Karl Gutweniger é il responsabile degli eccidi di Fossoli e dei 23 del DL Bolzano.

Nel campo esisteva una organizzazione politica clandestina già all 'inizio della sua attività, formata in gran parte dall'organizzazione già operante a Fossoli. Fino alla fine funzionò un C.L.N. del campo, in contatto costante con il C.L.N. di Bolzano, con il ·C.L.N. di Milano e con il comando generale del C.L.N.A.I. pure a Milano. A Bolzano città il lavoro fu organizzato da "Giacomo" (Francesco Visco Gilardi) e da "Anita" (Franca Turra) in unione a Lilli-Mascagni Nella, ad Andrea e Mario Mascagni, ad "Angelo" (Manlio Longon), a Mons. Daniele Longhi, a "Bepi" (Giuseppe Bombasaro, del gruppo "Bari" Divisione "Alto Adige"), a Marco (Enrico Pedrotto), a "Vincenzo" (Rinaldo Del Fabbro), ad Armando Condanni, a Pavan padre e figlio, a Vito Liberio ed alle Signore: Maria-Antonietta, Pia e Donatella Ruggeri, Gilberti, Fiorenza Liberio, Elena Bonvicini, Mariuccia, ecc. Il collegamento con il CLN Bolzano, con quello di Milano ed il CLNAI fu tenuto da Virginia Scalarini (fiiglia del celebre caricaturista dell'Avanti!) e da Gemma , Bartellini.

lager Bolzano 12

 

Il dottor Gilardi, nato a Milano ma residente da quattro anni a Bolzano quale direttore amministrativo delle Acciaierie F.R.O., fu incaricato dal CLN e CLNAI di Milano di allestire e dirigere un servizio clandestino di assistenza agli internati del lager, procurando loro cibo, vestiario, corrispondenza segreta, piani di fuga, documenti falsificati ed evasioni sia dal campo che dai vagoni di deportazione e dai Kdo lavoro. Si conoscono almeno 23 fughe, singole o a gruppetto, riuscite ad opera di "Giacomo"(Gilardi) mentre molte altre favorite ed aiutate. Il 19 dicembre 44, su delazione, "Giacomo" fu catturato e portato nelle celle del Corpo d'Armata - sede della Gestapo per i rituali crudeli interrogatori con sevizie; il 22 fu portato al Lager dove gli fu assegnata la matr.n° 8017 e rinchiuso nella cella 28 del "Bunker-prigione fino al giorno della liberazione. Nell'organizzazione, il posto di Gilardi fu assunto dalla signora Franca Turra coadiuvata da Mariuccia moglie di Gilardi, con altri. 

lager Bolzano 13

 

Oltre alla assistenza ai detenuti, furono messe in atto numerose fughe dal campo, dai kommandos e durante i trasporti di deportazione. Scoperta dai nazisti tale organizzazione partigiano-assistenziale, furono catturati alcuni dei maggiori esponenti, sottoponendoli a crudeli sevizie sotto interrogatori e carcerandoli alfine nel blocco celle in attesa del peggio, essi sono: Mons.Daniele Longhi (matr. 7.459), "Giacomo" (matr. 8017), Nella Lilli-Mascagni (matr. 10.599) e Mario Mascagni (matr. 10.891).

Mentre imperversava la guerriglia, con i tedeschi ancora padroni del Trentino-Alto Adige, il 29 aprile 1945 i circa 3250 detenuti rimasti nel lager di Bolzano (non più trasportabili in convogli diretti ai KL dal febbraio 45, per impraticabilità delle linee· ferroviarie) furono liberati tramite l'intervento dello svizzero Signor Crastan - delegato ufficiale del C.I.C.R. di Ginevra che, due giorni dopo prende in consegna il lager di via Resia allorchè le SS lasciano il campo.

Il voluminoso incartamento di documenti del lager, compreso quello dell'ex campo di Fossoli, fu dato alle fiamme dalle SS poco prima di lasciare il campo, sia nella stufa del comando campo, sia nella caldaia del Corpo d'Armata sede della Gestapo di Bolzano. Fu salvato un registro matricolare dell'Intendenza che, in data 5 febbraio 1945, elencava gli internati presenti, con numero di matricola fino a 11.116 detenuti matricolati, transitati e diretti ai KL di Germania e di Polonia.

Bolzano fu liberata ed evacuata dai nazisti il 4 maggio 1945. Sul terreno del lager, da decenni sono sorte case popolari, mentre in prossimità é stato eretto un significativo monumento a ri cordo dei detenuti deceduti nel lager e dei morti in deportazione nei KL di oltre confine.

lager Bolzano 14

 

LETTERA CLANDESTINA DI UNA DETENUTA EBREA TRAMITE LA COMPIACENZA DI UNA DETENUTA POLITICA

Scritto consegnato alla censura del campo in data 29 gennaio 1945, poi inoltrato dalla Kommandantur-SS del lager il 10 febbraio. La lettera é indirizzata alla signora Rosa Franchini (Franchina) residente a Milano - via S.Maurilio 20, da parte della detenuta politica matricola n° 8482 Maria Mariani-Leoni. In realtà, la lettera fu scritta dalla internata ebrea Signora Evelina Montefiore alla madre - signora Olimpia Nizza vedova Montefiore - clandestinamente residente in un paese del varesotto. La signora Franchini, cui é indirizzata la lettera, é la moglie del dottor Bargiotto (funzionario del Comune di Milano) il quale la recapitò poi segretamente alla Signora Nizza fuggita per non essere arrestata e deportata. La Signora Montefiore, nata e residente a Milano - via Compagnoni 21, fu liberata a Bolzano su intervento del delegato del CICR il 29.3.1945. 


tratto da:

pubblicazione di FELICE PIROLA

di FELICE PIROLA (Lissone il 16 febbraio 1923 - Milano 2000), Internato Militare Italiano matricola di prigioniero di guerra n° 69378


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Testimonianza di Onorina Brambilla Pesce “Sandra”, deportata nel campo di concentramento di Bolzano

5 Janvier 2013 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

Onorina Brambilla primo piano

Gappista, medaglia d’oro al valor militare per la sua attività nella Resistenza. Fu catturata il 12 settembre 1944 a causa di una soffiata di una spia. Portata a Monza, presso la “Casa del Balilla” (l’attuale Binario 7), «picchiata con forza», poi trasferita alle carceri di Monza, dove rimase «due mesi in una cella isolata», venne in seguito deportata nel campo di concentramento di Bolzano.

 La sua testimonianza

«Ricordo i chilometri in bicicletta o a piedi per la città, a ogni ora e con ogni tempo, col sole o con la pioggia, spesso passando con il cuore in gola in mezzo ai nazifascisti.

La lotta in città era del tutto particolare, non era come in montagna, dove i partigiani si riunivano in gruppi. In città il gappista era solo, la cospirazione e la lotta clandestina gli imponevano la più assoluta segretezza, talvolta una vita da eremita come nel caso di “Visone” (N.d.A. Giovanni Pesce, diventerà suo marito dopo la Liberazione), che viveva isolato e non incontrava mai nessuno. Il gappista viveva circondato dal nemico, con la possibilità di essere riconosciuto in ogni momento o di essere fermato e perquisito nei continui rastrellamenti».

Giovanni-Pesce-e-Onorina-Brambilla.jpg

 

A Bolzano

«Arrivammo al campo di concentramento di Bolzano il 12 novembre 1944. Fu in quella livida domenica mattina che per la prima volta vidi un campo di prigionia: le baracche, i prigionieri, le mura, i reticolati, le sentinelle sulle piazzole di guardia.

La divisa del campo era una casacca con pantaloni di grossa tela da imballaggio bianco sporco, sulla schiena spiccava una grossa croce in colore rosso che doveva distinguerci come prigioniere. A noi ultime arrivate avevano però dato il permesso di tenerci anche i nostri vestiti. Probabilmente cominciavano a scarseggiare le possibilità di dare a tutti una divisa. Indossai la casacca e pantaloni di tela sopra i miei abiti, perché faceva freddo.

Mi fu assegnato il numero di matricola 6087, col triangolo rosso dei politici e fui destinata al blocco F.

Calci colpi di randello, frustate, accompagnati da urla terribili ci venivano inflitti per i più futili motivi. Guai a non osservare la brutale disciplina.

Le punizioni avvenivano non solo nei blocchi, a volte si veniva portati nella palazzina del Comando, o nelle celle di punizione, che erano stanzette di cemento, buie e gelate. Qui si finiva nelle mani di due giovani ucraini di origine tedesca, Michael Seifert e Otto Stein. Il primo aveva il viso sempre ben rasato, il secondo portava due grandi baffi da tartaro. Massacrarono almeno una ventina di prigionieri.

Il cibo era una disgustosa brodaglia, e chissà cosa c’era nel pane.

Passavamo intere giornate a parlare di cibo la fame non ci abbandonava mai.

Per fortuna potevamo scrivere lettere e ricevere dei pacchi dalle famiglie (che spesso erano trattenuti dai sorveglianti).

Quando i pacchi arrivavano, non duravano un’ora: dividevamo ogni cosa, e questo non era solo un aiuto materiale, ma soprattutto morale. Io li ricevevo da mia madre, che aiutata da Visone, li otteneva dall’organizzazione clandestina.

In tutta la baracca c’era solo una stufa, ma questo non ha mai causato risse per l’accaparramento dei letti più caldi lì intorno. Tra noi donne c’era una certa serenità, cosa che non sempre, accadeva tra gli uomini ...»

 

Bibliografia:

Onorina Brambilla Pesce - Pane bianco – Ed. Arterigere 2012

  

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