Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

Seconda missione del CLNAI in Svizzera (23 ottobre-8 novembre 1944)

29 Juillet 2014 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

La campagna alleata in Italia andava esaurendosi sull'Arno e immani problemi si affacciavano per poter sostenere il movimento nei mesi a venire, e forse per tutto il periodo invernale.
Il maggiore inglese Churchill (Peters) che era stato paracadutato insieme con Cadorna insisteva perché rappresentanti del CLNAI andassero al Sud.
In una riunione del 21 ottobre Parri comunicò che era giunto un messaggio da Berna che informava dell' arrivo in Svizzera di un colonnello Rosebery, del War Office di Londra, che desiderava conferire con Leo (Valiani). Così fortunatamente ci si mise tutti d'accordo su una missione Pizzoni-Valiani con incarichi politici e finanziari, e fu questa gran fortuna perché da essa scaturì l'accordo degli Alleati sull'invio della prima delegazione del CLNAI al Sud.
Si attraversava un periodo difficile con i corrieri: in seguito a vari incidenti, i valorosi corrieri stavano organizzando nuove linee di espatrio.
La missione Pizzoni-Valiani si protrasse per sei giorni (23-29 ottobre 1944), e furono giorni pieni, con una quantità di colloqui con autorità alleate e svizzere e con amici emigrati politici.
Leo ebbe un primo colloquio con il colonnello Rosebery, che, per averlo già conosciuto, aveva in lui molta fiducia. Poi Rosebery parlò a lungo con me e gli esposi la nostra tragica situazione, con l'inverno alle porte, la repressione nazifascista in pieno sviluppo, i partigiani demoralizzati per il mancato intervento alleato nell'Ossola.
Il 25 ottobre, nella sala del consolato britannico si tenne una riunione plenaria angloitaliana. Si parlò dapprima del fabbisogno finanziario, necessario per alimentare la lotta e i rappresentanti del Comitato lo indicarono in un minimo di 160 milioni di lire mensili, di cui circa il 40 per cento per il Piemonte e il rimanente per le altre regioni. Decisa la missione al Sud, si stabilì di trattare colà quanto si riferiva ai mezzi finanziari.
Il mio compito era quello di persuadere i miei interlocutori che i fondi erano affidati a mani sicure e che la loro distribuzione, ai centri e comandi più importanti, veniva effettuata con discernimento e cautela. Spiegai quindi ampiamente come veniva custodito il danaro, come veniva cambiato in banconote per la distribuzione in centri dove gli assegni non potevano essere convertiti in biglietti di banca, e in base a quali criteri veniva fatta la ripartizione fra regioni, ecc.
In relazione alla grave crisi di danaro circolante nell'Italia del Nord e quindi alle difficoltà di ottenere banconote, io dissi che i finanziamenti si sarebbero dovuti effettuare contemporaneamente seguendo due direttive:
a) dalla Svizzera, con compensazioni, garanzie bancarie o invio diretto, mediante i fidi corrieri, di biglietti di banca italiani, possibilmente escludendo l'invio di banconote svizzere;
b) dall'Italia del Sud mediante lancio da trasporti aerei, per i quali fu indicato un campo a Malghe Fontana Mora, zona Presolana, a quota 1.900 metri circa - ampiezza del campo 700 metri per 400; località più vicina: Gromo, a tre ore di mulattiera.
Furono predisposti anche i messaggi radio, negativo: «Ritorna l'inverno»; positivo: «L'Italia è bella». Il campo era controllato dal locale comando di zona e poteva esserlo anche da inviati del Comando militare e del CLNAI: era stato scelto da Ferruccio Parri.
Altro importantissimo argomento di discussione fu il lancio di rifornimenti alle formazioni partigiane, che era stato particolarmente esiguo nei mesi di settembre e ottobre. Ciò, oltre a diminuire l'efficienza dei reparti, aveva avuto un effetto deprimente sul loro spirito combattivo, coincidendo con l'arrestarsi dell'offensiva alleata e con l'approssimarsi dell'inverno.
Gli Alleati consideravano il nostro apporto secondario dal punto di vista militare, considerato, e mi indussero a intensificare gli sforzi per far sempre più apprezzare l'importanza del movimento politico, prospettando il CLNAI come un organo che sempre più, e meglio, attirava a sé tutte le forze antifasciste dell'Italia del Nord, le teneva unite e dava a loro un indirizzo unitario.
Sempre a proposito di lanci, e con riferimento al periodo di nostra occupazione dell'Ossola, il colonnello Rosebery precisò che per sei giorni dieci carriers (grossi aeroplani da trasporto) con scorta di caccia, erano stati tenuti pronti a compierne, ma non avevano potuto decollare per le piogge e il terreno fangoso: si trattava di quindici tonnellate di materiale per spedizione.
 
La lotta che si svolse nell'Ossola
Nel settembre, alcune formazioni partigiane che ivi operavano occuparono tutta la zona, scacciandone i presidi tedeschi e fascisti. L'operazione dette subito l'impressione di stabilità e si costituì immediatamente una giunta di governo dell'Ossola, primo esperimento insurrezionale su scala di una certa importanza.
L'impresa dell'Ossola, indubbiamente gloriosa, fu sfortunata: l'avanzata degli Alleati in Italia arrestata, il mancato arrivo di rifornimenti e di armi per un complesso di vicende e fatalità, la sorda e mal celata rivalità nei comandi delle formazioni, così che solo negli ultimi giorni si riuscì a costituire un comando unico, tutto questo fece sì che, quando i nazifascisti tornarono all'attacco con forze preponderanti, la Resistenza dovette cedere nonostante i numerosi atti di abnegazione e di valore individuali.
Bibliografia
Alfredo Pizzoni - Alla guida del CLNAI. Memorie per i figli - Società editrice il Mulino 1995
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Prima missione del CLNAI in Svizzera (29 marzo-5 aprile 1944)

22 Juillet 2014 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

«Fin dal novembre 1943, Ferruccio Parri (allora Marsili, e poi Walter, prima di diventare Maurizio) che aveva avuto dal CLN l'incarico di occuparsi della parte militare del movimento di Resistenza, ritenne opportuno di stabilire un contatto con gli Alleati e di sua iniziativa si recò in Svizzera, accompagnato, all'insaputa di tutti, da Valiani (Leo); furono così abbozzati i primi accordi in colloqui con McCaffery (ufficiale britannico, capo della centrale svizzera della Special Force) e con altri esponenti alleati e svizzeri.

Successivamente avvertivamo la necessità di nuove intese con gli Alleati e, in una riunione del CLNAI avvenuta nel mese di marzo 1944 a Canegrate, fu deciso di inviare delle missioni al Sud e in Svizzera.

La prima fu affidata a Parri e a Pippo Dozza (Ducati, rappresentante del PCI nel CLNAI, sarà sindaco di Bologna su incarico del CLN nei giorni della Liberazione), ma non si effettuò mai per la impossibilità di compiere il viaggio. Per la missione in Svizzera fui designato io insieme con l'avvocato Giambattista Stucchi (Federici) di Monza, di parte socialista, con l'intesa che io dovevo occuparmi principalmente di argomenti politici e di finanza e Stucchi, che era uno dei collaboratori di Parri, di argomenti militari.

 

Per l'organizzazione del nostro espatrio ci affidammo al più anziano dei nostri corrieri: in automobile fino oltre Malnate; poi, in una strada secondaria trovammo un contrabbandiere con delle biciclette e così per sentieri raggiungemmo un cascinale nei pressi di Uggiate; ivi sostammo fino all'imbrunire e allora proseguimmo a piedi, cautamente, fino nelle vicinanze della rete di confine. Scambiati i segnali con i doganieri svizzeri, dopo una corsa veloce, arrivammo alla rete, già tagliata; strisciammo sotto, fummo accolti da un doganiere e da un contadino, e con loro raggiungemmo una vicina casa. Lì era ad attenderci quello che fu sempre il nostro grande amico svizzero, il capitano Guido Bustelli, del servizio politico-militare dell'esercito. Poi raggiungemmo Lugano, dove, nella sua abitazione privata, il viceconsole britannico, signor Lancelot de Garston, ci attendeva insieme con McCaffery.

Parlammo a lungo. Pur riconoscendo che nei pochi mesi di lotta, nello smarrimento e nella confusione di idee e di propositi conseguenti all'8 settembre, l'opera di organizzazione era stata lunga e difficile, pur tenendo presenti gli enormi e continui pericoli della vita cospirativa, era certo che gli unici organi capaci di organizzare la Resistenza, autorizzati a farlo - e che di fatto stavano raccogliendo e prendevano ogni giorno più saldamente in pugno le redini del movimento - erano i CLN. Nulla di serio o di importante era possibile all'infuori di essi. Era preciso interesse degli Alleati, e loro dovere, di far capo e di aiutare unicamente i CLN; di insistere perché tutti i partigiani e gli antifascisti facessero capo ai CLN; di indirizzare in questa opera di autorità e di persuasione tutti quelli che dall'Italia chiedevano aiuto in Svizzera.

 

Alla fine riuscimmo a persuaderlo, cosicché egli divenne il nostro più valido amico e sostenitore sia presso gli antifascisti italiani, sia presso il governo di Londra che a poco a poco fu indotto a riconoscere ufficialmente l'autorità del CLNAI e ad appoggiarlo, quasi esclusivamente, in ogni sua attività.

McCaffery, poi, insistette sempre nel chiederci di occuparci il meno possibile di politica e il massimo possibile di attivismo. Egli accettò i nostri argomenti che dimostravano come i partigiani italiani, dopo vent'anni di regime dittatoriale, non potevano non preoccuparsi di politica, e che l'idea antifascista era il massimo e quasi unico comune denominatore che li tenesse uniti e che desse il lievito e l'ideale alla terribile lotta che conducevano, lotta che si doveva prevedere fosse dura e lunga, rendendo quindi indispensabile un contenuto di alta idealità che sostenesse i combattenti nel tempo e nei momenti di stanchezza e di smarrimento.

Descrivemmo con accorate parole lo sfascio dell'esercito italiano dopo l'8 settembre e come, di conseguenza, gli ufficiali in servizio permanente effettivo, specie dei gradi superiori, avessero perso ogni autorità, come questi ultimi non fossero adatti a condurre una guerra del tipo partigiano, come infine gli ufficiali inferiori e i soldati che ancora volevano battersi si andavano facilmente inquadrando nelle formazioni partigiane, nelle quali in genere gli elementi più decisi e capaci finivano con affermarsi e ottenere i posti più importanti.

Comunque, una selezione era in atto e bisognava riconoscere e ammettere una realtà, cioè che il Partito comunista dava coi suoi militanti un apporto decisivo nella lotta, sia per numero, sia per fermezza di intenti.

Intuivo, e poi seppi esattamente, che gli Alleati ci volevano attivisti, organizzatori e non politici, o, almeno, politici solo per quel tanto che serviva a dare ampiezza e forza alla nostra lotta. E sapevo che gli aiuti, da parte alleata, senza i quali ben poco di fattivo potevamo costruire, ci sarebbero venuti solo se ci conformavamo alle loro direttive.

Dopo qualche sera della nostra permanenza a Lugano e dopo lunghe osservazioni con Stucchi, col quale procedetti sempre d'accordo, e che fu un leale, serio e assennato compagno di lavoro, decidemmo, anche perché Dulles non aveva ancora potuto venire a Lugano, di consegnare a McCaffery il piano completo delle forze e delle dislocazioni delle unità partigiane, che era nelle nostre mani.

 

Ricordo che a quell'epoca (marzo 1944) la consistenza delle nostre bande era di 8-10.000 uomini, effettivi, inquadrati nelle formazioni, e i nuclei organici ben individuati, numerosi e dis­seminati per tutta l'Italia del Nord. Nel piano che consegnammo il tutto era accuratamente segnato in ampia carta geografica e dava quindi anche la prova della accuratezza dei nostri servizi centrali.

Gli inglesi furono molto impressionati e da questo documento e dal lungo rapporto che Stucchi fece. So che impiegarono l'intera notte a inviare un dispaccio cifrato a Londra e si può affermare che la nostra opera personale e i dati che abbiamo fornito valsero a iniziare l'opera di valorizzazione del movimento di Liberazione dell'Italia del Nord, e, col tempo, a ottenerci quel riconoscimento ufficiale da parte delle autorità alleate, che accettarono il CLNAI come l'unico organo propulsore e guida autorizzata nella lotta per la Liberazione dell'Italia del Nord. Inoltre, da allora McCaffery e i suoi uomini divennero nostri decisi sostenitori, e così pure Dulles, e la loro opera fu preminente e preziosa, per tutti gli aiuti che ci vennero.

Il raggiunto affiatamenro ebbe per diretta conseguenza un immediato aiuto finanziario, che concordammo provvisoriamente in lire 10 milioni al mese, da fornirsi in parti uguali dai britannici e dagli americani.

 

Con il capitano Bustelli (trovammo in lui un uomo deciso ad aiutarci in tutti i modi, compatibilmente con le istruzioni che aveva dai suoi superiori e con le direttive politiche della Svizzera) dovevamo concordare il servizio regolare dei corrieri per il Comitato. Dovevamo, inoltre, disciplinare l'accoglimento in Svizzera di profughi politici italiani.

Non esisteva per gli italiani un diritto di asilo, ma bensì una facoltà da parte svizzera di accordarlo. Alla frontiera, la prima autorità svizzera che accoglieva erano i doganieri, che dipendevano per la parte polizia dalla Polizia cantonale, con sede a Bellinzona.

Non tutti i doganieri potevano comprendere la nostra situazione, anzi alcuni erano seccati per il molto lavoro che il continuo passaggio dava loro e propensi a non andare tanto per il sottile; così avvennero molti casi di persone ricacciate oltre frontiera, che poi incapparono nei fascisti o nei tedeschi e furono incarcerate e morirono.

 

Nei nostri colloqui fu chiarita la posizione dei fascisti che tentavano di espatriare e fu raggiunto un accordo. Infatti, durante tutto il periodo della cospirazione ben pochi, dopo i giorni caotici immediatamente susseguenti all'8 settembre, riuscirono a passare. Per gli ebrei che potessero provare la loro situazione, non c'era dubbio: gli svizzeri erano dispostissimi ad ammetterli.

Il nostro compito fu quello di assicurare asilo agli emigrati politici e di facilitarne l'identificazione nei casi in cui non potessero provare le loro ragioni di espatrio. Si addivenne così a una intesa sulla base del famoso passaporto del CLNAI. Fu questo un documento concordato nel testo, nelle persone che erano autorizzate a stilarlo e firmarlo e nella calligrafia di queste persone, delle quali fu inviato esemplare a Bustelli.

Questo passaporto valeva per tutti i posti di confine lungo la frontiera Italia-Canton Ticino ed era stilato come segue: «Il signor (cognome e nome, anno di nascita) è persona politicamente compromessa, e pertanto lo si raccomanda per il favorevole accoglimento in territorio elvetico. - Per il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia - Firma autorizzata».

Di questi documenti ne furono emessi nel corso della lotta circa 300, e i detentori furono accolti.

Infine, organizzammo con Bustelli il passaggio di banconote italiane che erano portate in pacchi dai nostri corrieri autorizzati.

La nostra missione valse a creare un'atmosfera di fiducia nelle autorità svizzere e il successivo sempre corretto comportamento del CLNAI rafforzò la fiducia riposta in noi, che si mantenne inalterata fino alla fine della lotta di Liberazione».

 

Bibliografia

Alfredo Pizzoni - Alla guida del CLNAI. Memorie per i figli - Società editrice il Mulino 1995

 

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Il CLN Alta Italia (CLNAI)

7 Juillet 2014 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

Il Comitato delle opposizioni sorto a Milano dopo il 25 luglio affrontò febbrili riunioni nei giorni dopo l'8 settembre nel tentativo di organizzare, in accordo con le autorità militari, la resistenza popolare contro l'esercito tedesco avviando arruolamenti per costituire una Guardia Nazionale. Tutto sfumò nel giro di quarantotto ore, quando fu evidente che il generale Ruggero si era accordato con i tedeschi. Nei giorni seguenti, avuta notizia che il Comitato delle opposizioni romano si era trasformato in CL , anche a Milano fu adottata analoga decisione: presidente fu designato l'indipendente Alfredo Pizzoni. A Milano però non era presente il partito demolaburista di Bonomi.

Tra i compiti cui si dedicò il CLN di Milano, che intendeva porsi come interlocutore per la Lombardia e per l'Italia settentrionale, ci furono l'aiuto agli ex prigionieri alleati per raggiungere il confine svizzero, l'allacciamento di contatti con gli Alleati attraverso la Svizzera, la raccolta di fondi per ogni evenienza, il finanziamento delle nascenti formazioni partigiane e il loro rifornimento di armi. Accanto a questi compiti, assumeva ogni giorno un'importanza essenziale quello politico "di impor[si] quale organismo dirigente della nuova lotta, di farne conoscere la funzione all'opinione pubblica, di legare perciò sempre più profondamente l'antifascismo al paese" sconfiggendo i tentativi del fascismo repubblicano di riconquistare il consenso della popolazione".

15 ottobre 1943 LIBERAZIONE Liberazione-1943-15-ottobre-B.jpg

Il Comitato di Liberazione dell'Italia settentrionale si dotò anche di un bollettino, "Liberazione", che nel primo numero del 15 ottobre pubblicò un ordine del giorno, approvato il 7 ottobre, in cui comunicava la propria costituzione e chiamava tutti i cittadini "alla lotta contro il tedesco invasore e contro i fascisti, che se ne fanno servi: [...] non lasciamo deportare nessuno in terra straniera, non lavoriamo per il nemico tedesco; non lasciamoci inquadrare nelle sue formazioni armate. Ci unisca il grido dei nostri padri: “Fuori i tedeschi!”.

Il 3 novembre gli azionisti Leo Valiani e Ferruccio Parri avevano avuto in Svizzera un franco incontro con due alti ufficiali alleati, lo statunitense Dulles e l'inglese Mac Caffery: fu loro spiegato che la Resistenza partigiana non si sarebbe limitata ad azioni di sabotaggio, come intendevano gli Alleati, ma avrebbe condotto una vera e propria guerra di liberazione, per condurre la quale chiedevano un consistente aiuto in armi e munizioni; non mancarono di chiarire che alla base della lotta stava una pregiudiziale repubblicana e antimonarchica.

Di fronte al montare degli scioperi, iniziati a metà novembre a Torino e successivamemte a Genova, a Milano e in Lombardia il CL dell'Italia settentrionale, che non si era attivato nella loro organizzazione, votò un ordine del giorno di piena solidarietà con la classe operaia.

A fine novembre il CLN lanciò anche un appello ai giovani delle classi di leva chiamate ai Distretti, incitandoli a rispondere No e invitando i cittadini ad aiutarli in ogni modo per mantenere quella decisione. Allo scadere del periodo di presentazione il comandante militare di Milano comunicò al Comando dei carabinieri che, delle classi chiamate, si era presentato soltanto il 6%, pertanto lo invitava a operare rastrellamenti e perseguire i familiari.

Quando la Repubblica sociale italiana, a fine dicembre, diede attuazione a un decreto che rendeva obbligatorio il giuramento di fedeltà al nuovo regime da parte dei dipendenti pubblici, il CLN con un appello del 7 gennaio 1944 esortò anche loro alla disubbidienza civile.

Dopo lo sbarco degli Alleati avvenuto il 22 gennaio ad Anzio e che aveva illuso sull'imminente liberazione di Roma, il CLN centrale di Roma, prevedendo di non poter più continuare a dirigere la lotta nel Nord, decise di investire il CLN dell'Italia settentrionale dei poteri di "governo straordinario del Nord" e il 31 gennaio gli inviò una lettera ìnvitandolo ad agire "fin da ora come un centro dirigente e organizzativo di tutto il movimento nazionale per le vostre regioni" dando un deciso impulso "a tutte le forze, dalla guerra di bande agli scioperi, dai sabotaggi alle manifestazioni popolari “per conseguire l'obiettivo fondamentale della insurrezione generale contro l’occupante”.

Pertanto dal 7 febbraio il Comitato di Milano si denominò CLN Alta Italia (CLNAI). Con tale denominazione il 15 febbraio approvò un ordine del giorno in appoggio alla costituzione del Comitato segreto di agitazione del Piemonte, della Lombardia e della Liguria che stava organizzando il grande sciopero di tutte le fabbriche dall'1 all'8 marzo e invitò i cittadini ad associarsi all'azione di protesta dei lavoratori finalizzata ad affrettare la liberazione del Paese.

Dopo la liberazione di Roma il Comando militare del CLN si trasformò in Corpo Volontari della Libertà, diretto dal generale Raffaele Cadorna, coadiuvato da Parri e dal comunista Luigi Longo: ad esso furono attribuite tutte le competenze della lotta armata partigiana. Il CLNAI a sua volta diventava a tutti gli effetti il governo della Resistenza, alternativo al governo fascista di Salò: i suoi atti e decreti avevano il valore di atti di governo, secondo quanto deliberato dal CLN romano con la lettera del 31 gennaio. A Roma si insediava il governo Bonomi, espressione diretta dei partiti del CLN, che riconosceva il CLNAI come suo rappresentante nell'Italia sotto occupazione.

Nell'estate 1944 il CLNAI prese deliberazioni per far compiere alla Resistenza un decisivo passo avanti nella definizione dei suoi fini politici e sociali: invitò i cittadini "ad aderire alle organizzazioni di massa che fanno parte del movimento di liberazione, a crearne eventualmente altre, a costituire ovunque dei Comitati di Liberazione Nazionale di località e di categoria, di amministrazione, di fabbrica "che sarebbero stati consultati, a liberazione avvenuta, dai CLN provinciali e locali per procedere alla costituzione di enti rappresentativi della volontà dei cittadini". Disposizioni vennero date per la designazione alle cariche pubbliche, in base a criteri paritetici tra i vari partiti.

Questi provvedimenti erano il segnale che il CLNAI riteneva prossima la fase insurrezionale e si preoccupava di predisporre le condizioni di avvio del nuovo potere democratico. Ma nel giro di qualche settimana sarebbe sfumata la speranza di uno sfondamento della Linea Gotica da parte degli Alleati. Anzi le varie polizie nazifasciste passarono al contrattacco nel tentativo di decapitare la Resistenza nei suoi organi direttivi, realizzando arresti di importanti reti clandestine. Sul quadro che andava incupendosi, il 13 novembre piombò il proclama del generale Alexander che invitava le formazioni partigiane a smobilitare, seppur temporaneamente, in attesa dell' offensiva definitiva di primavera. Gli rispose il CLNAI con un proprio proclama che condannava ogni posizione rinunciataria e di compromesso con il nemico e assicurava i combattenti di sostenere la loro lotta.

In quelle settimane una delegazione del CLNAl, guidata dal presidente Pizzoni, era stata al Sud ad incontrare il governo e il Comando supremo alleato: grande fu la delusione sia per l'incomprensione da parte di Bonomi delle istanze che fermentavano negli ambienti resistenziali del Nord sia per l'intransigenza da parte degli Alleati nell'imporre che, conclusa l'insurrezione, il CLNAI cedesse tutti i poteri di governo e di amministrazione al Governo militare alleato e che tutte le formazioni partigiane venissero sciolte e consegnassero le armi.

      Il 25 aprile, prima dell'avvio dell'insurrezione, il CLNAl emanò un decreto sull'amministrazione della giustizia che fissava norme precise "affinché la punizione dei delitti fascisti fosse sottratta alla indignazione popolare e avvenisse con una sanzione di legalità": furono pertanto disposte Commissioni di Giustizia per la funzione inquirente, Corti d'Assise del Popolo per quella giudicante e Tribunali di Guerra per lo stato di emergenza. Contestualmente il presidente del CLNAI Pizzoni fu sostituito con il socialista Rodolfo Morandi. Nell'ultimo mese le riunioni cruciali del CLNAI furono tenute nei locali dell'Istituto salesiano di via Copernico 9. L'insurrezione vi fu proclamata nella storica riunione del 25 aprile, in cui fu ribadita anche la capitolazione totale delle forze nazifasciste e la pena di morte per i gerarchi del fascismo.

 

Bibliografia:

Ercole Ongaro, Resistenza nonviolenta 1943-1945, I Libri di Emil Editore, 2013

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Il Comitato Centrale di Liberazione Nazionale (CCLN) di Roma

5 Juillet 2014 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

Il CL romano, sorto immediatamente dal preesistenre "Comitato dei partiti antifascisti", assunse il ruolo di CL centrale sia per la sua collocazione nella capitale sia per la presenza in esso di esponenti di spicco dei partiti antifascisti (Ivanoe Bonomi per la Democrazia del lavoro, Alcide De Gasperi o Giovanni Gronchi per la DC, Ugo La Malfa per il Pd'A, Pietro Nenni per il PSIUP, Giorgio Amendola per il PCI.

I partecipanti alle prime riunioni, sotto la presidenza di Bonomi, furono: il democristiano De Gasperi, il liberale Casati, il demolaburista Ruini, i comunisti Scoccimarro e Amendola, i socialisti Nenni e Romita, gli azionisti La Malfa e Fenoaltea.

Il 16 ottobre il CCLN approvò all'unanimità un impegnativo ordine del giorno, proposto dagli azionisti e stilato da Gronchi, che proponeva una netta rottura rispetto allo Stato monarco-fascista: di fronte al disegno mussoliniano di suscitare gli orrori della guerra civile e alla situazione creata dal re e dal governo Badoglio, dichiarava che la "guerra di liberazione, primo compito e necessità suprema della riscossa nazionale", necessitava di unità spirituale del Paese e chiedeva "la costituzione di un governo straordinario che sia l'espressione di quelle forze politiche le quali hanno costantemente lottato contro la dittatura fascista e contro la guerra nazista", assegnava a tale governo il compito di "assumere tutti i poteri costituzionali dello Stato, condurre la guerra di liberazione al fianco delle Nazioni Unite, convocare il popolo, al cessare delle ostilità, per decidere sulla forma istituzionale dello Stato".

Questi obiettivi furono una base di discussione nel primo Congresso dei CL svoltosi  a Bari il 28-29 gennaio 1944, cui partecipò il socialista Oreste Lizzadri in rappresentanza del CCL . Vi fu raggiunta una linea di compromesso, in base alla quale veniva chiesta l'abdicazione del re e il rinvio della questione istituzionale a un referendum popolare da tenersi dopo la fine della guerra.

Il re accettò la proposta, formulata dal liberale De Nicola (resa pubblica soltanto il 12 aprile), di abdicare a favore di un luogotenente, a condizione che tale carica fosse affidata al figlio Umberto e il passaggio dei poteri avvenisse dopo la liberazione di Roma; sul fronte diplomatico ci fu la novità del riconoscimento del governo del Sud da parte della Russia; infine, al rientro dalla Russia dopo un lungo esilio, il segretario comunista Palmiro Togliatti fece approvare dal suo partito un mutamento di linea politica, diventato noto come "svolta di Salerno": considerato che in Italia vi era una situazione di stallo contrassegnata "da un lato [da] un governo investito del potere ma privo di autorità perché privo dell'adesione dei partiti di massa, dall'altra parte [da] un movimento di massa autorevole ma escluso dal potere", il partito comunista proponeva la creazione di un nuovo governo forte e autorevole con la partecipazione dei partiti di massa e il rinvio della soluzione del problema istituzionale a un'Assemblea Costituente da convocare nel dopoguerra.

Il nuovo governo, ancora presieduto da Badoglio, ma formato da ministri designati dai sei partiti del CLN, venne costituito il 22 aprile. L'obiettivo del PCI, inoltre, diventava la "democrazia progressiva" che non emarginava le classi subalterne ma le faceva protagoniste di una società più giusta, abbandonando l’idea della rivoluzione socialista, non attuale in quel momento.

Il 5 maggio il CCLN approvò la costituzione del nuovo governo.

Il 5 giugno, liberata Roma, il re abdicò e Badoglio presentò le dimissioni al luogotenente Umberto. Tre giorni dopo ci fu l'incontro a Roma tra Badoglio, con i suoi ministri antifascisti dimissionari, e il CCLN: i rappresentanti dei partiti chiesero a Badoglio di farsi da parte lasciando la guida del nuovo governo a Bonomi, presidente del Comitato, che costituì nei giorni seguenti il nuovo governo, espressione del CCLN.

 

Bibliografia:

Ercole Ongaro, Resistenza nonviolenta 1943-1945, I Libri di Emil Editore, 2013 

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I Comitati di Liberazione Nazionale

3 Juillet 2014 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #Resistenza italiana

In continuità con i Comitati di coordinamento dei partiti antifascisti - sorti con diverse denominazioni nelle città italiane dopo il 25 luglio 1943 con lo scopo di chiedere al governo Badoglio un ritorno alle libertà democratiche, la liberazione dei detenuti politici e la conclusione della guerra - il 9 settembre fu costituito a Roma il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), che lanciò un comunicato "per chiamare gl'italiani alla lotta e alla resistenza e per riconquistare all'Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni". Sei erano i partiti che componevano il CLN: i comunisti, i socialisti, gli azionisti, i democristiani, i liberali, i demolaburisti. A presiederlo fu Ivanoe Bonomi, anziano esponente socialriformista, rappresentante della Democrazia del lavoro.

portasanpaolo.jpgDalle prime ore del 9 settembre, combattimenti erano in corso nei dintorni di Roma, poi in città: la divisione "Granatieri" a sud e le divisioni "Ariete" e "Piave" a nord stavano opponendo resistenza all'avanzata delle truppe germaniche, rallentando la e in alcuni casi fermandola. La fuga all'alba del re, del governo e dello Stato Maggiore dell'esercito minò lo sforzo messo in atto dai soldati e dai numerosi cittadini che spontaneamente li affiancarono: gli scontri più accesi, con decine di morti, furono alla Cecchignola, all'Eur, alla Magliana, a Porta San Paolo, fino alla capitolazione delle truppe firmata nel pomeriggio del 10 settembre.

L’importanza dell'appello diramato a poche ore dall'armistizio è nella tempestività con cui è stato fatto, nella rappresentatività dei soggetti in campo e soprattutto nell'aver interpretato un sentire comune di grandi masse di popolazione che, senza avere conoscenza della diramazione di quell'appello, avevano di fatto cominciato, subito e spontaneamente, ad assumere scelte e a compiere gesti di resistenza: per l'amarezza di assistere allo sfacelo dell'esercito e all'eclisse delle autorità istituzionali, per l'indignazione e il furore suscitato dalle prime mosse dell'occupante nazista, per un senso di umanità verso i tanti fuggiaschi. Fu questa la premessa che permise ai CLN di affermarsi come la guida politica della Resistenza, come soggetti che da istituzione di fatto erano stati riconosciuti istituzione di diritto.

All'interno del CLN vi fu una dialettica fatta di contrasti aspri su questioni di fondamentale importanza, quali la strategia di lotta contro i nazifascisti, la questione istituzionale, le scelte di politica economico-sociale, il rapporto con gli Alleati e la collocazione internazionale.

I CLN avevano adottato come regola che le deliberazioni venissero adottate all'unanimità, anche se ciò costituiva un freno alla loro attività e ritardava la tempestività dei provvedimenti.

È grazie all'unità di tutte le forze protagoniste della Resistenza, progressiste e moderate, che nel dopoguerra si poté avviare quel processo di elaborazione del patto fondativo della Repubblica concluso con il varo della Costituzione: un testo che ha posto i più alti valori umani - pace, libertà, giustizia, uguaglianza, solidarietà - come orizzonte della comune convivenza.

Nelle differenti realtà locali i CLN sorsero in tempi diversi e vissero con modalità differenti: tuttavia sempre la loro efficacia nell'incidere nella situazione dipese, oltre che dalla perizia nel muoversi nella clandestinità, dalla loro capacità di diventare soggetto propulsore e punto di riferimento effettivo della mobilitazione popolare. I loro compiti – come ha scritto Leo Valiani che durante la Resistenza aveva rivestito il ruolo di segretario del Partito d'Azione:

 

- Sostenere moralmente la Resistenza, con la pubblicazione di stampa illegale, col rifiuto di ogni pacificazione coi fascisti e coi tedeschi, col rifiuto di pagare le imposte, col rifiuto del giuramento al governo di Salò da parte di funzionari, magistrati, professori (e sovente con l'abbandono del servizio stesso) e sostenerla materialmente, rifornendone i combattenti con denaro, carte false e, quando riuscirono a procurare aviolanci da parte alleata, anche con armi; spingendo i giovani a disobbedire ai bandi di leva di Salò e aiutandoli a prendere la via dei monti; invitando le masse lavoratrici a scioperi parziali e generali e chiunque potesse farlo al sabotaggio delle installazioni e comunicazioni naziste; galvanizzare la guerra partigiana, con la conferma della sua utilità e la certezza della sua legittimità e della sua vittoria finale; coordinare e unificare le formazioni partigiane, indicare loro la strategia da seguire e le grandi mete da raggiungere; guidarle infine, assieme alle masse lavoratrici, all'insurrezione nazionale unitaria. [...]

- Sostenere il movimento di Resistenza all'eliminazione radicale non solo dell'occupazione tedesca, ma altresì del fascismo, di tutto il fascismo, di quello di Salò e il precedente, e perciò alla conquista del diritto del popolo italiano a giudicare anche la monarchia, che del fascismo era stata corresponsabile. [...]

- Far ritrovare all'Italia, nonostante la sconfitta in guerra, la possibilità psicologica e politica e il diritto morale di parlare a testa alta.

Importante fu lo sviluppo, in tempi diversi, di un vero e proprio movimento dei CLN periferici: provinciali, comunali, di quartiere, di fabbrica, di scuola, di professioni. Emilio Sereni, comunista, presidente del CLN della Lombardia, nell'agosto 1945 scrisse in proposito:

 

«Articolandosi in una fitta rete di CLN di base, che ben più da vicino aderisce alla realtà locale, il CLN diviene qualcosa che è ben più di un organismo interpartito: divien una effettiva rappresentanza di tutto il popolo, della sua volontà democratica e unitaria. A quest'opera di sviluppo capillare dei CLN, che ha posto le premesse della efficacia e della vittoria del movimento di liberazione, i CL Provinciali hanno dato un contributo essenziale. [...] Nei Comitati di Liberazione di base, che vennero sorgendo sempre più numerosi secondo le direttive del CLNAI, e con l'intervento efficace dei CLN Regionali e Provinciali, la composizione risultò sovente meno schematica e più aderente alle situazioni locali, di quel che non avvenisse nei Comitati di liberazione superiori, che conservavano necessariamente il carattere di organismi interpartiti».

 

Bibliografia:

Ercole Ongaro, Resistenza nonviolenta 1943-1945, I Libri di Emil Editore, 2013

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