Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

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appuntamenti-aprile-2013

10 Avril 2013 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

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4-novembre-2012

4 Novembre 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

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25 settembre: anniversario della nascita di Sandro Pertini

18 Septembre 2012 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

 

Nel luglio 2011, come è possibile verificare nell’articolo che segue, l’ANPI di Lissone aveva chiesto all’Amministrazione comunale, allora in carica, di dedicare alla memoria del defunto presidente della Repubblica, Sandro Pertini, un luogo di Lissone.

In questi giorni abbiamo appreso con gioia che la nuova Amministrazione comunale, guidata dal sindaco Concetta Monguzzi, ha approvato il cambiamento della intitolazione della piazza adiacente l’ufficio postale: sarà dedicata a Sandro Pertini. Anche Lissone, così ricorderà uno dei presidenti della Repubblica “più amato dagli Italiani”.

La nostra associazione, in un prossimo “Viaggio della Memoria” si recherà a Stella, in provincia di Savona, per visitare la casa natale di Pertini, oggi trasformata in un piccolo museo e deporrà dei fiori sulla tomba dove il “partigiano Pert” è sepolto con la moglie Carla Voltolina.

 

 


Luglio 2011

 

L'8 luglio 1978 veniva eletto Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

 

Nel XXXIII anniversario della sua elezione a presidente della Repubblica, l'ANPI di Lissone chiede all'Amministrazione Comunale che sia dedicato un luogo della città  a Sandro Pertini, un presidente della Repubblica molto amato dagli Italiani

.

 


Alessandro Pertini è nato a Stella (Savona) il 25 settembre 1896.

Laureato in giurisprudenza e in scienze politiche e sociali.

Coniugato con Carla Voltolina.

Ha partecipato alla prima guerra mondiale; ha intrapreso la professione forense e, dopo la prima condanna a otto mesi di carcere per la sua attività politica, nel 1926 è condannato a cinque anni di confino.

Sottrattosi alla cattura, si è rifugiato a Milano e successivamente in Francia, dove ha chiesto e ottenuto asilo politico, lavorando a Parigi.

Anche in Francia ha subito due processi per la sua attività politica.

Tornato in Italia nel 1929, è stato arrestato e nuovamente processato dal tribunale speciale per la difesa dello Stato e condannato a 11 anni di reclusione.

Scontati i primi sette, è stato assegnato per otto anni al confino: ha rifiutato di impetrare la grazia anche quando la domanda è stata firmata da sua madre.

Lettera di Pertini, scritta dal confino di Pianosa, il 23 febbraio 1933, in cui rinuncia alla domanda di grazia presentata dalla madre.

Tornato libero nell'agosto 1943, è entrato a far parte del primo esecutivo del Partito socialista. Catturato dalla SS, è stato condannato a morte.

La sentenza non ha luogo. Nel 1944 è evaso dal carcere assieme a Giuseppe Saragat, ed ha raggiunto Milano per assumere la carica di segretario del Partito Socialista nei territori occupati dal Tedeschi e poi dirigere la lotta partigiana: è stato insignito della Medaglia d'Oro.

 

Il discorso di Sandro Pertini, segretario del Partito Socialista nell'Italia occupata, pronunciato la sera del 27 aprile 1945 dal microfono di Radio Milano, liberata dalle formazioni “Matteotti”.

 

Il partigiano Pert 

I Maggio 1945: Pertini parla a Milano per la prima festa del Lavoro nell'Italia libera


Conclusa la lotta armata, si è dedicato alla vita politica e al giornalismo.

E' stato eletto Segretario del Partito Socialista Italiano di unità proletaria nel 1945. E' stato eletto Deputato all'Assemblea Costituente.

E' stato eletto Senatore della Repubblica nel 1948 e presidente del relativo gruppo parlamentare.

Direttore dell'"Avanti" dal 1945 al 1946 e dal 1950 al 1952, nel 1947 ha assunto la direzione del quotidiano genovese "Il Lavoro".

E' stato eletto Deputato al Parlamento nel 1953, 1958, 1963, 1968, 1972, 1976.

E' stato eletto Vice-Presidente della Camera dei Deputati nel 1963.

E 'stato eletto Presidente della Camera dei Deputati nel 1968 e nel 1972.

Dopo il fallimento della riunificazione tra P.S.I. e P.S.D.I,. aveva rassegnato le dimissioni, respinte da tutti i gruppi parlamentari.

E' stato eletto Presidente della Repubblica l'8 luglio 1978 (al sedicesimo scrutinio con 832 voti su 995). Ha prestato giuramento il giorno successivo.

Ha rassegnato le dimissioni il 29 giugno 1985: è divenuto Senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica. E' deceduto il 24 febbraio 1990. 

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2 giugno 2011: festa della Repubblica italiana

24 Mai 2011 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

ANPI--Lissone-LOGO.jpg                 logo Teatro Elica

In occasione della Festa della Repubblica

2 giugno festa-italiani.jpg nascita-Repubblica-italiana.jpg

GIOVEDÌ 2 giugno, dalle ore 9 alle 13 in Piazza Libertà, , presentazione delle attività dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Sezione “Emilio Diligenti” di Lissone.

Verranno distribuite copie della Costituzione italiana.

copertina della Costituzione 

 

LUNEDÌ 6 giugno, alle ore 21,00 in Via S.Martino 34, presso la sede dell’Associazione Teatro dell'Elica di Sergio Missaglia (Cortile delle Scuole Medie B. Croce) , spettacolo teatrale

NON SOLO CARTA

Breve viaggio nella Costituzione della Repubblica Italiana. Ingresso libero.

 

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Non è solo un pezzo di carta la Costituzione Italiana: è la tappa fondamentale della nascita dell’attuale Stato democratico, la mappa che ha orientato sessant’anni di vita e di governo degli italiani.

Un argomento che quindi tutti dovrebbero conoscere, ma che spesso viene dato per scontato.

Attori, pupazzi, immagini e musica accompagnano il pubblico in questo breve ma intenso viaggio che tocca i temi del lavoro, dell’uguaglianza, dell’istruzione, della guerra.

Con: Marco Clerici, Damiano Giambelli, Anna Mariani, Tatiana Milan

Coordinamento alla Regia: Cristina Discacciati

Immagini, scene e costumi: Teatro dell’elica

Pupazzi: Damiano Giambelli

Suoni e musiche: Marco Clerici, Damiano Giambelli


 

«I valori che ci uniscono come cittadini italiani sono proclamati solennemente nei primi dodici articoli della carta costituzionale, principi semplici e chiari scolpiti nei nostri cuori: la democrazia, i diritti inviolabili dell'uomo, i doveri inderogabili di solidarietà, l'eguaglianza e la pari dignità di tutti i cittadini davanti alla legge; il diritto e il dovere del lavoro; l'unità indissolubile della repubblica, nel rispetto delle autonomie locali; la promozione della cultura; la difesa della Patria; l'impegno per la pace». Carlo Azeglio Ciampi, decimo Presidente della Repubblica Italiana

 


2 GIUGNO 2011: LA REPUBBLICA E LA COSTITUZIONE

 

Vi è un legame indissolubile fra la Repubblica e la Costituzione: hanno le loro comuni radici nella Resistenza, quale moto popolare di donne e di uomini che ha liberato il Paese dall’occupazione tedesca, dalla dittatura fascista e riunificato l’Italia.

 

La guerra di Liberazione e poi la proclamazione della Repubblica pongono un suggello al Risorgimento ed a una rinnovata unificazione del Paese, facendo riconoscere gli Italiani, non più e non solo in confini geografici, ma in valori e precetti comuni: quelli della Carta Costituzionale!

 

La Costituzione è base della nostra libertà e del nostro vivere civile.

 

In essa sono scolpiti i pilastri della nostra democrazia:

 

·       i diritti umani e sociali, la partecipazione della cittadinanza alla vita sociale e politica;

 

·       la passione egualitaria, cioè la passione verso i diritti di cittadinanza, ugualmente riconosciuti a tutti. A partire dal diritto al lavoro e alla formazione, eliminando gli impedimenti e gli ostacoli e creando le condizioni al suo esercizio effettivo;

 

·       l’autonomia e la separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario), compreso quello dell’informazione; e la loro indipendenza, la loro laicità e l’equilibrio tra di essi.

 

La Costituzione è come un albero, radicato nella terra in cui nasce e cresce. Si può potarlo o innestarlo, ma non si può sradicarlo dalla sua terra, senza farlo morire.

 

Oggi questi pilastri e questi principi sono a rischio. E dunque la stessa democrazia può entrare in crisi e correre rischi di svuotamento e di involuzione.

 

Gli attacchi del Governo e della sua maggioranza parlamentare alla Costituzione e alle Istituzioni di garanzia, finiscono per delegittimare le regole fondamentali su cui si basa la civile convivenza e sulle quali si può costruire, per i giovani, una vita serena e dignitosa ed una speranza per il futuro.

 

Noi non possiamo più tollerare gli insulti alla Corte Costituzionale ed alla Magistratura, le surrettizie proposte di modifica all’articolo 1 della Costituzione, così come quella di abolire il divieto di ricostituzione del Partito Fascista.

 

Non casuali, crediamo altresì, sono i tentativi tardivi del Governo di artificiose modifiche di legge sui temi posti all’attenzione della popolazione dai prossimi referendum su Acqua, Nucleare e legittimo impedimento; questi escamotage legislativi tendono esclusivamente a vanificare il diritto al voto delle elettrici e degli elettori.

 

Noi non ci rassegniamo! 

ANPI Lissone

 

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Corso di storia del Risorgimento

11 Mai 2011 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

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È «nella ricchezza delle diversità delle nostre contrade, quel "sapore d'Italia" che viaggiatori del presente e del passato hanno sempre avvertito, che è natura, arte, lingua, cultura, modo di vita. Le radici dell'italianità sono antiche. È antica la nostra nazione. Ma le origini del nostro Stato sono assai più vicine. Risalgono all'inizio dell'Ottocento, allorché uno stuolo di uomini di pensiero, poeti, letterati, filosofi, economisti, mossi da un grande amore per l'Italia, animati da un profondo senso etico, da alti ideali e principi, diventarono anche uomini d'azione, e uomini di Stato». Carlo Azeglio Ciampi, decimo Presidente della Repubblica Italiana

“IL RISORGIMENTO E LE SUE EREDITÀ” 

 Giuseppe GaribaldiMazzini2  Cavour3 Vittorio Emanuele II

 

 

CORSO di STORIA

In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la Sezione lissonese dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia organizza un corso di storia del Risorgimento italiano.

Tre saranno le lezioni che il prof. Giovanni Missaglia (docente di Storia e Filosofia presso il Liceo Scientifico “Frisi” di Monza) terrà presso la sede dell’ANPI di Piazza Cavour 2 a Lissone.

Gli argomenti trattati saranno:

1) LA CONQUISTA DELL'UNITA'

2) LA QUESTIONE ROMANA: LO STATO E LA CHIESA CATTOLICA

3) LA QUESTIONE ISTITUZIONALE:  ITALIA UNA E INDIVISIBILE?

Il corso è gratuito.

Le lezioni si terranno con il seguente orario: dalle ore 18 alle ore 19.30, nei seguenti lunedì:

1)   23 maggio

2)   30 maggio

3)   6 giugno

Per partecipare al corso, occorre iscriversi telefonando al numero 039 480229 (negli orari d’ufficio) o inviando una mail a anpilissone@libero.it

Il corso è aperto sia agli studenti delle scuole superiori sia a coloro che intendono approfondire le loro conoscenze sul nostro Risorgimento.

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25 aprile 2011 a Lissone

25 Avril 2011 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

25 aprile 2011

 

Due mesi fa abbiamo celebrato in tutto il nostro Paese il 150° dell’Unità d’Italia, unità conquistata con il Risorgimento; oggi, con questa cerimonia, ricordiamo quello che viene definito il “secondo Risorgimento”: la Liberazione dell’Italia dalla dominazione nazista e dal regime fascista.

Come il Risorgimento aveva, dopo lunghi secoli, ridato agli italiani una dignità morale, facendo sentire alla gente la bellezza di un ideale per il quale si doveva lottare, così pure la Resistenza è stata una straordinaria testimonianza morale, civile e politica.

Il Risorgimento prima e, soprattutto, la Resistenza poi sono due esempi eclatanti dell’impegno diretto di tanti italiani per la costruzione del loro futuro.

Siamo oggi qui per festeggiare la Liberazione

Oggi con la nostra presenza vogliamo ricordare tutti coloro, uomini e donne, che hanno scritto con il loro coraggio e perfino con il loro sangue quella pagina magnifica e tragica della nostra storia, che è la guerra di Liberazione.

Siamo qui per ricordare e comprendere il nostro passato.

Ha scritto un grande scrittore francese, victor Hugo: «La memoria è la nostra forza. Quando la notte tenta di ritornare, bisogna riaccendere le grandi date come si accendono delle fiaccole».

La memoria storica arricchisce e allarga la nostra esperienza, ci connette invisibilmente alle generazioni passate e ci dà un saldo fondamento per il presente.

La Resistenza italiana è stata la manifestazione nazionale di un fenomeno europeo. Movimenti di resistenza si svilupparono, infatti, in tutti i Paesi occupati dalla Germania nazista.

La Resistenza italiana è nata dalle vicende convulse e drammatiche che seguirono l’8 settembre 1943. Forze democratiche e antifasciste si batterono per circa due anni, con grandi sacrifici e sofferenze, per conseguire la Liberazione dall'occupante nazista e contemporaneamente per mutare l'identità della nostra Patria, da quella di una nazione oppressa dal totalitarismo nazifascista, ad una nuova identità democratica.

La Resistenza italiana fu dunque lotta di liberazione e insieme lotta antifascista condotta sotto la guida di forze politiche di origine e natura diversa, che riuscirono a trovare in questa scelta antifascista, realizzata attraverso i Comitati di Liberazione Nazionale, il terreno comune di una forte determinazione e unione popolare.

Gli esiti di questa intesa appartengono ad una fase cruciale della storia d'Italia. Se è vero che la Liberazione fu essenzialmente, sotto il profilo militare, opera degli Alleati, sia pure con l'appoggio e l'aiuto efficace della nostra Resistenza, gli esiti del conflitto d'allora per il nostro assetto politico e democratico furono merito e prerogativa della nostra Collettività Nazionale. Il mutamento della forma istituzionale dello stato da monarchia a Repubblica, ottenuto con il referendum del giugno 1946 e l'elaborazione e approvazione, a larghissima maggioranza, della Costituzione furono esclusivo merito del Popolo italiano.

La Resistenza è stata principalmente azione; la lotta militare si intrecciò però con l’elaborazione politica; si posero le premesse politiche per la nuova Italia.

La Resistenza resta un evento cruciale nella storia del nostro Paese perché in essa si formò la nuova classe dirigente dell’Italia repubblicana.

La guerra di Liberazione è stata la confluenza di due elementi diversi: le correnti antifasciste che si erano opposte alla dittatura durante il ventennio e le masse popolari, in uniforme e non, il cui malcontento verso il fascismo si era manifestato in modo sempre più acuto nel corso della seconda guerra mondiale. La guerra di Liberazione non scoppiò come una guerra tradizionale, con un atto formale, ma nacque come moto spontaneo.

Resistenti furono i militari italiani che combatterono a Cefalonia, e che vennero trucidati dai nazisti, i militari che combatterono al fianco degli Alleati nel Corpo Italiano di Liberazione.

Resistenti sono stati gli operai che parteciparono nella primavera del 1944 agli scioperi delle grandi fabbriche del Nord Italia, che costarono a molti di loro la deportazione in Germania.

Resistenti vanno considerati gli oltre 600.000 italiani che, rifiutando di combattere a fianco dei nazisti, finirono nei lager tedeschi, costretti al lavoro coatto. Tra questi internati militari vi era anche mio padre Arnaldo, che per 20 mesi fu costretto a lavorare come uno schiavo in un campo di concentramento in Germania.

Non possiamo altresì dimenticare i civili uccisi nelle numerose stragi, come a Marzabotto, a Sant’Anna di Stazzema: anche quando l’esito della guerra era ormai scontato, la violenza dei fascisti della Repubblica Sociale Italiana e dei nazisti mantenne intatta la propria drammatica efficacia senza alcuna attenuazione.

Le stragi dei civili e le uccisioni dei partigiani continuarono fino agli ultimi giorni, quasi le ultime ore.

La Resistenza armata, senza un sostegno diffuso della popolazione, non avrebbe potuto sopravvivere.

Hanno determinato questa partecipazione popolare le pessime condizioni di vita di una popolazione stremata dall’economia di guerra. E certamente ha pesato la sconfitta militare, lo smantellamento dell’esercito come è accaduto l’8 settembre, e l’alternativa di nascondersi o di combattere, che si pose a molti giovani che rifiutavano l’ingresso nelle bande della Repubblica di Salò.

Vent’anni di oppressione fascista sboccarono non in episodiche rivolte ma nel più grande movimento armato di massa dell’Europa occidentale.

Gli Alleati, che ebbero un peso determinante nella conduzione della guerra, al termine del conflitto, hanno riconosciuto il grande contributo militare della Resistenza.

La parte migliore del popolo italiano aveva riconquistato, per tutta la Nazione, la dignità perduta dopo venti anni di regime fascista e tre anni di guerra al fianco di Hitler.

L’Italia è così diventata un paese democratico. Questi valori di democrazia e di rispetto della persona umana vennero sanciti con la Costituzione, promulgata nel 1948 e divenuta fondamento della nostra convivenza politica e civile. In essa sono rispecchiate le esigenze fondamentali della vita umana: Libertà, Giustizia, Dignità, Solidarietà, Eguaglianza, Progresso.

E proprio sul tema della difesa della Costituzione e sull'antifascismo inteso come netta opposizione alle molte forme del fascismo di oggi che l'Anpi, in questi anni, sta attirando molti cittadini di tutte le età.

Nonostante il ricambio generazionale, l’ANPI è un'associazione viva, conta 120mila iscritti (15.000 in più rispetto al 2010). È presente in tutte le 110 province italiane. Nascono nuove Sezioni un po' dappertutto e numerosi sono i giovani che vi aderiscono.

Fra l’altro come recita l’articolo 2 del nostro Statuto, uno dei compiti dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è quello di «battersi affinché i princìpi informatori della Guerra di Liberazione divengano elementi essenziali nella formazione delle giovani generazioni».

In questo giorno di festa desidero mandare un saluto a tre lissonesi ancora viventi che hanno partecipato alla Resistenza:

Gabriele Cavenago, partigiano delle Squadre di Azione Patriottica, che è anche presidente onorario della Sezione dell’ANPI di Lissone, a Carlotta Molgora, staffetta partigiana, a Oreste Ballabio, appartenente al Corpo Italiano di Liberazione.

Il mio pensiero va anche ai 15 lissonesi che persero tragicamente la vita nella guerra di Liberazione.

8 di loro furono fucilati e 7 morirono nei lager nazisti. I loro nomi sono incisi sui monumenti sui quali poco fa abbiamo deposto dei fiori.

caduti lissonesi 

La conquista della libertà e della democrazia rappresenta un bene che dobbiamo a coloro che hanno lottato nella Resistenza.

Quelle donne e quegli uomini che parteciparono attivamente alla guerra di Liberazione, nei ranghi delle Forze Armate o nelle formazioni partigiane, o anche semplicemente attuando la resistenza passiva, perseguivano l’ideale di una nazione libera, democratica, pacifica, profondamente rispettosa dei diritti umani.

A loro va il nostro pensiero e la nostra gratitudine.

Viva il 25 Aprile, viva l’Italia.

Renato Pellizzoni

 

 

25 aprile 11 9[ 25 aprile 11 10 25 aprile 11 15 presidente ANPI Lissone 

 

Nel pomeriggio presso la nostra sede di piazza Cavour, esposizione dell’opera “Anelito di libertà” dell’artista Giacomo Nicola Manenti.

 Giacomo Manenti 3 Giacomo Manenti 1 Giacomo Manenti 2

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17 marzo 1861 - 17 marzo 2011

4 Mars 2011 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

AUGURI  ITALIA 

 

17 marzo 2011

 

"Fratelli d'Italia"

 

I simboli più significativi della nostra identità di Nazione, come il “Canto degli Italiani” di Goffredo Mameli, esprimono l’anelito di unità e di libertà di un popolo. Attraverso questo filo, dal Risorgimento alla Repubblica, si è costruita la comune identità di valori che il nostro popolo custodisce e garantisce con le sue Istituzioni. Anche di questo è fatta l’identità di una Nazione: il sentirsi Nazione nel mondo, riconosciuta e rispettata.

Giorgio Napolitano

Presidente della Repubblica

 

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In memoria di Donata Rignanese, "la bambina che raccoglieva le olive"

15 Septembre 2010 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

Donata Rignanese
Donata Rignanese

Tante/i amici e compagne/i hanno partecipato ieri 15 settembre 2010 alle esequie della cara Donata, colpita da grave malattia , una notizia “annunciata” ma che ci ha colpito comunque duramente. Donata era nativa di Vieste, apparteneva ad una umile famiglia e come tanti altri giovani del sud, era partita per cercare proprio in Lombardia agli inizi degli anni ’60 un futuro migliore con un lavoro dignitoso, un’occupazione sicura che desse sicurezza, una casa e qualche sogno. Da bambina nella sua terra, presto aveva dovuto lasciare i banchi di scuola per aiutare la famiglia, lavorando nella campagna con la raccolta delle olive, conoscendo subito le asperità della vita e di quella realtà, dove comandavano incontrastati i “caporali” e i prepotenti. Ma nonostante ciò il ricordo di quei luoghi le accendeva lo sguardo, il mare, le colline, il verde degli ulivi,i colori, i profumi, la pesca e tante altre cose.

Arrivò così a Sesto San Giovanni, una grande città industriale in pieno sviluppo e alla fabbrica della Magneti Marelli, un mondo lavorativo nuovo e sconosciuto. Un inserimento non facile, ma vissuto bene da una persona che amava conoscere la novità, la manualità, la concretezza dello svolgersi lavorativo, un intuito nel guardare “avanti” rispetto ai propri compiti. Nella città si vivevano le difficoltà comuni a tanti immigrati nel trovare casa, di intessere rapporti sociali, di culture differenti e tanti altri problemi, ma la conoscenza di molteplici aspetti mai conosciuti rispetto al piccolo paese erano talmente tante da sopire in parte i problemi.

Per sostenere il bilancio famigliare oltre a svolgere il lavoro di operaia, si impegnava come commessa in una farmacia. Divenne una delle prime rappresentanti sindacali donna della Fiom-CGIL nel consiglio di fabbrica partecipando attivamente a tutte le battaglie sindacali del ’68, per il diritto al lavoro delle donne e per le pari opportunità, si spese per diritti quali gli asili nido, i consultori famigliari, conquiste civili come il divorzio e la legge 194, sensibile alle tematiche in difesa della Pace, per l’istruzione anche per i lavoratori come l’istituzione delle 150 ore. Si iscrisse al PCI, condividendone gli ideali e partecipando come attivista nelle politiche sostenute da quel partito. Si iscrisse in seguito ai Democratici di Sinistra e al Partito Democratico proprio qui a Lissone, era componente del direttivo dell’ANPI della nostra città, una adesione maturata negli anni della fabbrica e dalle vicissitudini tormentate di quegli anni, dove la democrazia del nostro Paese correva rischi di caduta. Da ultimo era iscritta allo SPI CGIL partecipando alle attività del sindacato.

Lasciata la Magneti, la bambina che raccoglieva le olive, si trasformò in donna di impresa, grazie ad un innato buongusto, alla facilità di imparare in fretta, alla gentilezza, alla capacità di ingegnarsi nel lavoro manuale aprendo un negozio di pelletteria di successo. In quella vita comunque di sacrificio e lavoro mai, nonostante le difficoltà, venne meno l’attenzione e l’affetto verso la famiglia ed i figli.

Le sue attività lavorative e l’impegno sociale, il carattere aperto, generoso, le fecero acquisire tante amicizie protrattesi fino all’altro giorno, compresi noi di Lissone. Un luogo che viveva con difficoltà abituata al fermento culturale e sociale di Sesto, una difficoltà alleviata dall’amicizia, dove lei era partecipe non solo nei momenti felici, ma se occorreva aiuto esso poteva manifestarsi anche nel cuore della notte. Spesso si crucciava date le sue vicissitudini, di non avere potuto studiare, di non esprimersi in modo forbito, di leggere male. Veniva rincuorata di buon grado, anche perché molte sono le doti che suppliscono a queste carenze poiché sincerità, coraggio, curiosità possono valere a mille. Una curiosità, una sete di cultura che la portava a concerti o alle rappresentazioni teatrali, alle mostre di pittura, alla voglia di conoscere popoli lontani, culture diverse, aperta all’incontro con persone di provenienza migrante, la conoscenza di città e luoghi nuovi.

Certo noi amici conoscevamo già il suo carattere forte ed indomabile, ma la riprova è stata la tenacia nel combattere fino all’ultimo una malattia dolorosa, nel cercare di abbarbicarsi alla vita comunque, fino all’ultimo.

Ognuno di noi conserva un proprio ricordo, nell’amicizia o nella militanza a sostegno delle proprie idee nella comunità, di tante manifestazioni, gite, dove la sua presenza si faceva sentire.

Qui nella corte dove ha sede l’ANPI e la CGIL, sono rimasti due ulivi regalatici da lei qualche anno fa, cercheremo di custodirli con cura. Un ricordo tangibile a testimonianza del suo amore per la natura ed un dono a noi tutti dettato dalla gentilezza e generosità di una persona forte e sensibile che non dimenticheremo.

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8 settembre 1943 - 8 settembre 2010: dedicato agli Internati Militari Italiani in Germania

8 Septembre 2010 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #varia

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Oltre 600.000 furono i militari Italiani che dopo l’8 settembre 1943 finirono nei lager nazisti, per quel “NO” che dissero quando “con lusinghe e minacce” fu chiesto loro “di riprendere le armi per il Grande Reich e poi per la Repubblica Sociale Italiana di Mussolini”.

 

 

Lo Stato italiano ha iniziato la distribuzione di medaglie agli IMI in segno di riconoscimento.



Martedì 7 settembre 2010, con una cerimonia svoltasi in prefettura, il Prefetto di Milano ha consegnato una medaglia d’onore alla memoria di familiari, per la deportazione o l’internamento nei lager nazisti, ai seguenti lissonesi:

 

Cogliati Adele, per il padre Luigi, catturato il 9 settembre 1943;

Erba Giovanna, per il marito Umberto Viganò, deportato politico, arrestato alla Pirelli e internato in Germania il 23 novembre 1944 in seguito ad uno sciopero;

Fossati Franca, per il marito Renzo Mauri, internato militare, catturato il 9 settembre 1943;

Pellizzoni Renato, per il padre Arnaldo, internato militare, catturato il 10 settembre 1943;

Rovati Erminia, per il marito Libero Foglieni, deportato politico, arrestato nel settembre 1944, e internato in un campo di rieducazione nel lager di Auschwitz;

Tremolada Mirca, per il padre Carlo, internato militare, catturato il 16 settembre 1943.

 

I sei lissonesi catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943, quando il Governo italiano aveva chiesto la resa incondizionata delle sue forze armate e aveva firmato l'armistizio con gli Alleati, furono trasportati come prigionieri in Germania in diversi lager e vennero impiegati e sfruttati come forza lavoro nelle fabbriche del Reich. Tornarono in Italia solamente dopo la loro liberazione da parte degli Alleati al termine della seconda guerra mondiale.

 

medaglia 2 medaglia 1

una delle medaglie consegnate dal Prefetto di Milano

 

medaglia a Fossati Franca familiari con medaglie

 

Alcuni dei lissonesi che hanno ricevuto la medaglia d’onore

 

* * *

 

Gerard Schreiber, ufficiale della Marina tedesca, ha dedicato un libro ai militari italiani nei lager nazisti intitolato “I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943–1945 Traditi - Disprezzati – Dimenticati”.

 

Questi tre aggettivi sono i più appropriati per descrivere la situazione in cui si sono trovati i 600.000 italiani dopo l’8 settembre 1943.

  

Per troppo tempo anche in patria sono stati dimenticati. Sono stati inoltre vittime di una beffa da parte della Repubblica Federale Tedesca per il mancato risarcimento: nel 2000, infatti, era stata creata in Germania la Fondazione “Memoria, responsabilità e futuro”, finalizzata a compensare le vittime dei lager. Sembrava che la Repubblica Federale Tedesca volesse riconoscere così anche formalmente la responsabilità politica e morale della Germania nei confronti delle vittime del nazismo. Ma il Governo tedesco si è rifiutato di accettare la maggior parte delle domande dei lavoratori forzati che dopo l’8 settembre 1943 sono stati deportati come Internati Militari Italiani per il lavoro nell’industria bellica, con il pretesto che gli IMI erano prigionieri di guerra e come tali tenuti al lavoro.

 

Ormai pochi sono i reduci italiani ultraottuagenari ancora viventi (meno di 90.000)!

E se questa marea di 600.000 “NO” fosse stata invece di 600.000 “SI”, che storia d’Italia si sarebbe poi scritta? Certo, gli Alleati avrebbero vinta ugualmente la guerra, con la loro supremazia di mezzi e di uomini, ma quanto si sarebbe prolungata e con quali implicazioni.

 

schiavi di Hitler 

Gli “schiavi di Hitler”, così sono stati definiti, avevano poco più di vent’anni, erano sparsi per mezza Europa, cintati da filo spinato, sottoposti a fame, malattie, schiavitù, violenza, minaccia delle armi e al lavoro forzato: 50.000 morirono…

«… i militari rinchiusi nei campi di prigionia nazisti, nel rifiutare ogni forma di collaborazione con la Repubblica Sociale Italiana e con il Terzo Reich, attuarono anche loro, sia pure senza l’uso delle armi, una forma di resistenza …»

La prigionia nei lager tedeschi va considerata parte integrante della resistenza antifascista e si iscrive a pieno titolo nella storia della Resistenza che ebbe molte forme: quella operata dagli intellettuali e da uomini politici (che si opposero alla dittatura fascista, assassinati  o imprigionati per diversi anni o mandati al confino o costretti a rifugiarsi all’estero), quella degli operai in sciopero nelle fabbriche, quella dei partigiani sulle montagne; resistenti furono anche i civili che li aiutarono, i militari che si schierarono con il Regno del Sud.

Ha detto l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: “Quella che a me piace chiamare la Resistenza allargata […] si manifestò in quella sorta di plebiscito, di prima votazione libera degli italiani […] che fecero le centinaia di migliaia di nostri militari deportati nei campi di concentramento tedeschi, preferendo, a schiacciante maggioranza, una durissima prigionia, che costò a molti di loro la vita, pur di mantenere fede al giuramento prestato.” 

Anche Nuto Revelli, scrittore-partigiano, così si espresse sulla vicenda dei militari italiani internati: “la prigionia nei lager tedeschi è una pagina della Resistenza almeno nobile ed eroica quanto la nostra guerra di liberazione”.

Per diversi anni, perfino all’interno delle famiglie, le tristi esperienze vissute nei lager furono un argomento di cui era meglio non parlare. Un deportato italiano così diceva: “raccontare poco non era giusto, raccontare il vero non si era creduti, allora ho evitato di raccontare, sono stato prigioniero e bon, dicevo …” .

La definizione Internati Militari Italiani fu decisa da Hitler il 20 Settembre 1943: per questo i 600.000 italiani non furono tutelati dagli accordi internazionali sui prigionieri di guerra e vennero così sottratti al controllo della Croce Rossa Internazionale. A loro fu riservato un trattamento peggiore che a qualsiasi altra persona catturata in guerra.

Da non molto la storiografia ha incominciato ad occuparsi degli Internati Militari Italiani; per troppo tempo sono stati ignorati anche dallo Stato italiano, ma ben venga, anche se tardivo, questo riconoscimento.

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