Sito dell'A.N.P.I. di LISSONE - Sezione "Emilio Diligenti"

La guerra di Spagna 1936-1939

12 Novembre 2009 , Rédigé par anpi-lissone Publié dans #episodi di storia del '900

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argomenti trattati nel seguente articolo:

Le origini del conflitto

La guerra civile

Un conflitto internazionale

Volontari da tutto il mondo in aiuto della Repubblica

La Chiesa cattolica e la guerra di Spagna

21 marzo 1937: Guadalajara,la prima sconfitta del fascismo

26 aprile 1937: il bombardamento di Guernica

La caduta di Teruel, punto di svolta nella guerra civile

George Orwell: "Omaggio alla Catalogna"

Lissonesi alla guerra civile spagnola

Lissone: tra i banchi di una scuola elementare negli anni della guerra di Spagna


 

L’origine del conflitto

La guerra civile spagnola mette in luce una società arcaica ed oppone, in Europa, i difensori della democrazia ai sostenitori di regimi totalitari.

Il conflitto trae origine dall’instabilità politica che seguì le dimissioni di Miguel Primo de Rivera, generale che era salito al potere con un colpo di stato nel settembre 1923.

Il re Alfonso XIII, applicando la Costituzione, tenta due gabinetti di transizione, affidati al generale Berenguer e all’ammiraglio Aznar, ma le elezioni amministrative dell’aprile 1931 assegnano la vittoria ai repubblicani. Scoraggiato, Alfonso XIII va in esilio, senza firmare l’abdicazione.

Un governo provvisorio proclama la repubblica e indice delle elezioni legislative per il mese di giugno. Le Cortes accusano una netta spinta a sinistra e prendono delle misure anticlericali, provocando una scissione con i moderati: il primo ministro dimissionario, Alcalá Zamora è sostituito, nel mese di ottobre dal socialista Azãna, che in dicembre diventa presidente della Repubblica. La nuova Costituzione stabilisce che la Spagna è una “Repubblica democratica dei lavoratori di tutte le classi”. Stato laico con sistema parlamentare monocamerale, con suffragio universale esteso alle donne e ai militari. Vengono promesse riforme agrarie in aiuto ai contadini più poveri.

Le prime misure, legalizzazione del divorzio, riduzione del numero pletorico degli ufficiali, confisca dei beni dei gesuiti, irritano le destre, già preoccupate dalle violenze antireligiose.

L’autonomismo, gli scioperi e diverse ribellioni preoccupano gli ambienti della finanza e i capitali fuggono.

Il centrista Lerroux sostituisce Azãna alla fine del 1933, blocca tutte le riforme della sinistra, stronca l’autonomia della Catalogna e la rivolta operaia delle Asturie. Gli operai sono divisi tra gli anarchici della C.N.T. (Confederación Nacional del Trabajo) e il partito comunista legato al Comintern. Nel settembre 1935 nasce anche il P.O.U.M. (Partido Obrero de Unificación Marxista), che riunisce soprattutto dei comunisti catalani vicini al trotzkismo e poco favorevoli a Mosca.

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La destra, ispirandosi ai modelli italiano e portoghese, fonda la Falange e le Juntes d’offensive national-sindacaliste, dove si riuniscono gli avversari più risoluti della Repubblica.

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Il Fronte popolare trionfa alle legislative del febbraio 1936, e Azãna succede a Zamora a capo dello Stato. Il debole governo di Prieto lascia degradare una situazione molto preoccupante: confisca sommaria delle terre, saccheggi, incendi, scioperi, attentati alle persone. Questi tumulti contribuiscono a far perdere il sostegno dell’opinione pubblica moderata. L’uccisione del capo dei monarchici Calvo Sotelo da parte di alcuni poliziotti, il 1° luglio 1936, da fuoco alle polveri.

 

La guerra civile

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Proclamato dai generali Sanjuro e Franco nel Marocco spagnolo, il pronunciamiento del 18 luglio 1936 fa sollevare tutte le guarnigioni contro il governo legale. In breve tempo i ribelli prendono il controllo dell’Andalusia, Galizia, Asturie, León, Navarra e Vecchia Castiglia; riuniscono quasi tutto l’esercito, i Falangisti, un gran numero di moderati e beneficiano dell’appoggio morale del clero.

I repubblicani, o lealisti, che si appoggiano sul triangolo Madrid-Valencia-Barcellona, dispongono delle forze di polizia, dell’aviazione e di una parte della marina. Arruolano dei volontari tra gli operai, una parte dei contadini e della piccola borghesia oltre a numerosi intellettuali.

È una guerra selvaggia; da entrambi gli schieramenti, i prigionieri sono quasi sistematicamente eliminati. Alle uccisioni di preti e di religiosi commessi dai repubblicani, si contrappongono le epurazioni di Badajoz e di Saragozza.

Alla fine del 1936, i nazionalisti si impadroniscono di Toledo ma falliscono davanti a Madrid.

Un fronte molto stabile si stabilisce fino agli inizi del 1938: i repubblicani resistono vittoriosamente a Guadalajara e riprendono Tereul ma per poco tempo. Nell’aprile del 1938 i nazionalisti isolano la Catalogna interrompendo i collegamenti con la capitale Valencia e il Mediterraneo. Un’ultima offensiva rompe il fronte della Catalogna: Barcellona è presa il 26 gennaio 1939. Madrid si arrende il 28 marzo 1939. Molti combattenti si rifugiano a Perthus e sono internati dalle diffidenti autorità francesi.

Per i franchisti la guerra civile era una lotta delle forze dell’ordine e della vera religione contro una cospirazione giudaico-massonica-bolscevica.

Per i repubblicani sconfitti, invece, la guerra civile era stata la lotta di un popolo oppresso per conquistare una vita più degna, e proprio per questo si erano scontrati con le arretrate oligarchie della Spagna agraria e industriale alleate ai nazisti e ai fascisti.

Nella tetra Europa degli anni della Depressione l’esperimento spagnolo appariva una novità interessante. Lo sintetizzò molto bene George Orwell, quando disse: “Vi riconobbi immediatamente uno stato di cose per cui valeva la pena battersi”. Le conquiste in campo culturale e scolastico realizzate dalla Spagna repubblicana non furono che gli aspetti più noti di una rivoluzione sociale. I suoi esperimenti sociali si verificarono in un contesto in cui era diffusa la delusione per i fallimenti del capitalismo.

Fra le cause del conflitto spagnolo vi fu la violenta opposizione dei ceti privilegiati e dei loro alleati stranieri ai tentativi dei governi repubblicano-socialisti di migliorare le condizioni di vita dei più deboli.

La guerra civile spagnola non fu che un ultimo tentativo dei reazionari per reprimere qualsiasi riforma che minacciasse la loro posizione di privilegio.

La Spagna non aveva conosciuto la rivoluzione borghese classica che altrove aveva frantumato la struttura dell’ancien régime: il potere della monarchia, dell’aristocrazia terriera e della Chiesa rimase quasi intatta anche per buona parte del Novecento.

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L’internazionalizzazione della guerra di Spagna

La Francia e l’Inghilterra optarono per il non intervento; anche l’Italia, la Germania e l’U.R.S.S. aderirono a questo accordo, ma non pensarono che a violarlo. Ciascuna di queste potenze aveva un interesse politico o economico nel conflitto: la Germania pensa alle materie prime di cui ha bisogno, l’Italia a soddisfare le sue ambizioni sul Mediterraneo. Il Duce invia dei carri armati e degli aerei con 70.000 volontari delle milizie fasciste. La Germania hitleriana manda qualche piccola formazione e del materiale che i tecnici sperimentano: il bombardamento aereo di Guernica operato dalla legione Condor è un sinistro banco di prova.

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Hitler passa in rassegna le truppe della legione Condor in partenza per la Spagna

 

Il coinvolgimento sovietico nella guerra civile spagnola non fu diretto a creare una Spagna comunista. Anzi, piuttosto il contrario: l'intento era appoggiare illegittimo governo democratico, cosicché la Spagna potesse restare una controparte negli affari internazionali per diventare, insieme ad altri governi democratici occidentali, un possibile alleato in qualunque futuro conflitto tra nazisti e sovietici.

«Fraternità e solidarietà» sembravano diventare parole vuote di fronte al contrasto sempre più profondo tra anarchici e comunisti, i primi decisi a trasformare la guerra civile in una rivoluzione sociale, i secondi determinati a battere prima il franchismo per poi costruire uno Stato sull'esempio dell'Unione Sovietica di Stalin.

Nel maggio del 1937 la situazione precipitava in una sanguinosa guerriglia tra le opposte fazioni.

 

Volontari da tutto il mondo nelle Brigate internazionali

milizie-repubblicane.jpg“Voi siete la storia. Voi siete la leggenda. Voi siete l'esempio eroico della solidarietà e della universalità della democrazia” Dolores Ibarruri, la Pasionaria

A Barcellona, il 29 ottobre 1938, le Brigate internazionali sfilarono per l'ultima volta prima di lasciare la Spagna. Davanti a migliaia di spagnoli che applaudivano e piangevano Dolores Ibarruri, la Pasionaria, tenne un discorso commovente e commosso: «Compagni delle Brigate internazionali! Ragioni politiche, ragioni di stato, il bene di quella stessa causa per cui avete offerto il vostro sangue con illimitata generosità, costringono alcuni di voi a tornare in patria, altri a prendere la via dell'esilio. Potete partire con orgoglio. Voi siete la storia. Voi siete la leggenda. Voi siete l'esempio eroico della solidarietà e della universalità della democrazia ... Noi non vi dimenticheremo; e quando l'ulivo della pace metterà le foglie, intrecciate con gli allori della vittoria della Repubblica spagnola, tornate! Tornate da noi e qui troverete una patria».


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Molti furono i volontari italiani che accorsero in Spagna al fianco dei repubblicani: “Oggi in Spagna, domani in Italia” era il motto di Carlo Rosselli, fuoriuscito antifascista in Francia che, con il fratello Nello, aveva fondato “Giustizia e Libertà” (verranno assassinati il 9 giugno 1937 da sicari fascisti).

Carlo Rosselli, il 13 novembre 1936, fece un discorso via radio da Barcellona che rimase storico: «Compagni, fratelli, italiani, ascoltate. Un volontario italiano vi parla dalla radio di Barcellona per portarvi il saluto delle migliaia di italiani antifascisti esuli che si battono nelle file dell'armata rivoluzionaria per l'ideale di un popolo intero che lotta per la sua libertà. Vi chiedono che l'Italia proletaria si risvegli. Che la vergogna cessi. Dalle fabbriche, dai porti italiani non debbono più partire le armi omicide. Dove non sia possibile il boicottaggio aperto, si ricorra al boicottaggio segreto. Il popolo italiano non deve diventare il poliziotto d'Europa. Quanto più presto vincerà la Spagna proletaria, e tanto più presto sorgerà per il popolo italiano il tempo della riscossa».


Un gran numero di quadri e di organizzatori delle “brigate internazionali”, costituite nell’ottobre del 1936, giocheranno in seguito, nei rispettivi paesi, in ruolo importante nella Resistenza: tra gli Italiani, oltre ai fratelli Rosselli, Pietro Nenni, Palmiro Togliatti, Luigi Longo, Leo Valiani, Giovanni Pesce, Randolfo Pacciardi. Diversi gli scrittori di varie nazionalità: André Malraux, Ernest Hemingway, George Orwell, Antoine de Saint-Exupery, John Dos Passos.

I volontari portavano come distintivo una stella a tre punte, emblema del “Fronte Popolare”

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“O ci si opponeva alla diffusione del fascismo e si andava a combatterlo, oppure si era acquiescenti con i suoi crimini e colpevoli di permetterne la diffusione».

Calcolare con esattezza quanti fossero i volontari è difficile. Le stime sul numero degli uomini che da cinquanta diversi paesi accorsero in Spagna a combattere il fascismo, variano da un minimo di 40 a un massimo di 60 mila unità. Di questi, quasi il 20 per cento morirono e molti erano stati almeno una volta feriti.

Nell'ottobre del 1938 c'erano ancora 12.673 brigatisti in Spagna: intrapresero il lento cammino verso la patria o l'esilio, molti andando incontro a una sorte ancora più terribile di quella che avevano conosciuto. Finirono nei campi di concentramento francesi, e molti caddero poi nelle mani delle SS e morirono nelle camere a gas.

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Chi ne uscì vivo non poté tornare in Spagna fino alla morte di Franco, trentasette anni dopo. La profezia di Dolores Ibarruri si realizzò, tuttavia, almeno in parte nel 1995 quando il governo socialista di Felipe Gonzalez concesse la cittadinanza spagnola a tutti i superstiti delle Brigate internazionali.

 

La Chiesa cattolica e la guerra di Spagna

La causa franchista ebbe una legittimazione dalla Chiesa. Nella sua secolare ostilità per il razionalismo, la massoneria, il liberalismo, il socialismo e il comunismo, la Chiesa ebbe un ruolo di punta nella vita politica nella zona nazionalista. Con l’unica eccezione del clero basco, sacerdoti e religiosi si schierarono con i ribelli: attaccavano i «rossi» dal pulpito ; benedicevano le bandiere dei reggimenti nazionalisti, a volte combattevano persino nei loro ranghi.
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Ci furono ecclesiastici che adottarono il saluto fascista. In occasione del congresso dell’Azione Cattolica, a Burgos nel 1936, venne espresso entusiasmo per l’alzamiento.

I cattolici di tutto il mondo si raccolsero dietro la bandiera del franchismo. Al suo successo diede un contributo non indifferente il papa, proclamando ufficialmente martiri tutte le vittime dei repubblicani.

Il Vaticano riconobbe di fatto Franco il 2 8 agosto 1937 e il 7 ottobre inviò un delegato apostolico. Il riconoscimento de iure avvenne il 18 maggio 1938, quando l’arcivescovo Gaetano Cicognani fu nominato nunzio apostolico e Franco inviò un proprio ambasciatore presso la Santa Sede.

Pio XII, appena asceso al soglio pontificio, salutò la vittoria finale di Franco con un messaggio che si apriva con le parole «con immensa gioia».

La Chiesa fu ricompensata per l’appoggio fattivo che aveva dato ai nazionalisti con la concessione del monopolio in materia scolastica nello Stato emerso dalla guerra civile.

 

Guadalajara: 21 marzo 1937, la prima sconfitta del fascismo

Il 21 marzo le truppe repubblicane, coadiuvate dal battaglione Garibaldi delle Brigate internazionali e dei carri armati sovietici, andarono al contrattacco. I carri armati leggeri degli italiani, con le mitragliatrici fisse, non erano in grado di competere con i T-26 russi provvisti di torretta girevole e armati di cannoni.

Con grande umiliazione di Mussolini le truppe italiane furono messe in fuga dopo cinque giorni di combattimento. La sconfitta aveva molte cause: l’inclemenza del tempo, il morale basso e l’equipaggiamento inadeguato degli italiani, il testardo coraggio dei repubblicani.

Dal punto di vista militare Guadalajara fu soltanto una piccola vittoria difensiva, ma dal punto di vista morale fu per i repubblicani un enorme trionfo: si impadronirono di armi per loro preziose e anche di documenti che dimostravano come gli Italiani non fossero volontari, bensì soldati regolari.

Durante la guerra civile i nazionalisti ricevettero armi e aiuti per un valore di circa 700 milioni di dollari. Di questi, buona parte fu concessa gratuitamente, soprattutto dall’Italia. Fra il mese di dicembre del 1936 e l’aprile 1937 Roma inviò circa 100.000 soldati.


Guernica: 26 aprile 1937  

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Fu il primo esempio di obiettivo civile indifeso raso al suolo dall’aviazione.
La legione Condor tedesca, che utilizzava tecniche di attacchi coordinati terra-aria e i bombardamenti in picchiata e a tappeto, lunedì 26 aprile 1937, passò all’azione a Guernica; era giorno di mercato. La cittadina, che aveva grande valore simbolico per i baschi, venne distrutta in un unico terribile pomeriggio di incessanti incursioni aeree.

Uno dei primi giornalisti ad arrivare sulla scena fu George Steer, corrispondente del “Times”.

Dal suo reportage:

“Guernica, la più antica città dei baschi e il cuore della loro tradizione culturale, è stata rasa al suolo dalle incursioni aeree degli insorti. Il bombardamento di questa città aperta, distante dalle linee del fronte, è durato esattamente tre ore e un quarto. Durante tutto questo tempo un possente squadrone aereo, composto di tre tipi di velivoli tedeschi, ha continuato a sganciare sulla città bombe da mille libre in giù e, si calcola, oltre  tremila proiettili incendiari.

Contemporaneamente i bombardieri si tuffavano sul centro della città, mitragliando i civili che vi si erano rifugiati.
Guernica.jpgIl bombardamento di Guernica è diventato il simbolo della guerra civile, immortalato nel quadro di Pablo Picasso: La città fu la prima nella storia mondiale ad essere distrutta dall’aviazione.

Il punto di svolta nella guerra civile: 21 febbraio 1938, la caduta di Teruel

L'egemonia del Caudillo trovò conferma ai primi del 1938. Il 30 gennaio egli istituì il suo primo governo regolare, chiudendo così l'epoca della giunta militare di Burgos, composta da soli generali. Suo cognato Ramón Serrano Sufter, il cuñadísimo, ottenne il dicastero degli Interni, mentre gli altri incarichi furono distribuiti con grande oculatezza fra le rappresentanze dei militari, dei monarchici, dei carlisti e dei falangisti. Il governo franchista era comunque a prevalenza militare: il ministero della Difesa, quello dell'Ordine pubblico e degli Affari esteri erano tutti in mano a generali. Alla Falange fu assegnato il controllo del movimento del Lavoro, che divenne una forma estremamente lucrativa di sottogoverno. Anche la chiesa fu ricompensata per i suoi servigi con la concessione della autorità assoluta nella sfera educativa. Franco la ringraziava così anche per il riconoscimento ufficiale che il Vaticano gli aveva concesso nell'agosto del 1937. Il nuovo stato si ispirava a una ideologia totalmente reazionaria e si preoccupava soprattutto di distruggere i simboli del progresso, quali la democrazia parlamentare e il sindacalismo. Si proponeva di ricostruire la Spagna a immagine e somiglianza del suo passato imperiale. Le uniche novità erano i raduni e altri aspetti di pura facciata che servivano a inserirlo nel contesto dell'ordine mondiale fascista prefigurato da Hitler e Mussolini.

Dopo l'offensiva repubblicana in Aragona ci fu una pausa nei combattimenti, ma verso la fine del 1937 Franco decise di riprendere l'attacco contro Madrid, che era diventata la sua ossessione. Egli prevedeva di sfondare sul fronte di Guadalajara e quindi calare sulla capitale e assestarle il colpo di grazia. I repubblicani erano però riusciti a infiltrare alcuni loro agenti fra i nazionalisti e a scoprire i piani di battaglia del Caudillo. Grazie alle informazioni raccolte a dicembre i repubblicani poterono sferrare un attacco preventivo nella speranza di distogliere Franco da Madrid. Scelsero come obiettivo Teruel, il capoluogo della più desolata delle province dell'Aragona, già quasi circondata dalle forze repubblicane e con deboli difese nazionaliste.
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L'attacco colse di sorpresa i ribelli. L'offensiva partì nel cuore di uno degli inverni più aspri che la Spagna avesse mai avuto, con il freddo reso ancora più pungente dal terreno roccioso intorno a Teruel. I nazionalisti si trovarono con gli aerei tedeschi e italiani costretti a terra dal maltempo e con i rinforzi trattenuti dalla neve e dalle strade ghiacciate. Le forze repubblicane, costituite per lo più da unità dell'Esercito popolare, poterono quindi spingere a fondo l'attacco, approfittando del vantaggio iniziale. I ribelli dovettero rinviare l'offensiva contro Madrid e spostare a est le proprie truppe. Il contrattacco, fu rallentato dalle terribili condizioni atmosferiche. Il 29 dicembre smise di nevicare, ma il 31 il termometro segnò la temperatura più bassa di tutto il secolo. In quelle condizioni a entrambi i fronti non restava che la guerra di logoramento, in cui i nazionalisti erano nettamente avvantaggiati: con più armi e soldati, sotto la spietata guida di Franco, essi potevano resistere più a lungo dei repubblicani.

L'8 gennaio, dopo sanguinosi combattimenti, i repubblicani riuscirono a espugnare la guarnigione nazionalista, ma subito dopo l'artiglieria e l'aviazione nemica cominciarono a bombardarli. Il freddo polare non giovava al morale. Dall'una e dall'altra parte molti morirono congelati, spesso sorpresi nel sonno indotto dall'alcol che avevano ingerito per riscaldarsi. Il 21 febbraio 1938, dopo avere difeso ancora una volta a caro prezzo una modesta avanzata, i repubblicani furono costretti a ritirarsi perché Teruel stava per essere circondata. Ai primi del 1938 Franco godeva ormai di una superiorità schiacciante in uomini e armamenti. Se ne ebbe la riprova con la riconquista franchista di Teruel, che segnò il punto di svolta della guerra civile. Le perdite su entrambi i fronti erano state spaventose: i nazionalisti ebbero 50 mila morti, i repubblicani oltre 60 mila.


 

Il diavolo è rosso

Melilla, estate 1936 scoppia il colpo di stato contro la Repubblica spagnola. La base ideologica sarà spiegata, tempo dopo, dal ministro dell'Informazione, Gabriel Arias Salgado:

- Il Diavolo vive in un pozzo di petrolio, a Bakù, e da lì dà istruzioni ai comunisti.

L'incenso contro lo zolfo, il Bene contro il Male, i crociati della Cristianità contro i nipoti di Caino. Bisogna farla finita coi rossi prima che i rossi la facciano finita con la Spagna: i prigionieri si danno alla dolce vita, i maestri fanno sloggiare i preti dalle scuole, le donne votano come fossero uomini, il divorzio profana il sacro vincolo del matrimonio, la riforma agraria minaccia il diritto della Chiesa sulle terre ..

Il colpo di stato nasce uccidendo, e dall'inizio è molto espressivo.

Il Generalissimo Francisco Franco:

- Salverò la Spagna dal marxismo a qualsiasi prezzo.

- E se questo volesse dire fucilare mezza Spagna?

- Costi quello che costi.

Il Generale José Millan-Astray.

- Viva la morte!

Il Generale Emilio Mola:

- Chiunque sia, apertamente o in segreto, difensore del Fronte Popolare dev'essere fucilato.

Il Generale Gonzalo Queipo de Llano

- Andate a scavare le fosse!

Guerra Civile è il nome della macelleria scatenata dal colpo di stato. Il linguaggio, così, segnala l'uguaglianza fra la democrazia che si difende e il golpe che l'attacca, fra i miliziani e i militari, fra il governo scelto dal voto popolare e il caudillo scelto dalla grazia del Signore.

 

 



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da "Omaggio alla Catalogna" di George Orwell


Ero arrivato in Spagna con la vaga idea di scrivere articoli per la stampa, ma poi mi ero arruolato quasi subito nella milizia, perché in quel momento e in quell'atmosfera sembrava l'unica cosa concepibile da fare. Gli anarchici mantenevano ancora il virtuale controllo della Catalogna e la rivoluzione era ancora in pieno corso. Qualcuno che fosse stato lì sin dall'inizio forse avrebbe avuto l'impressione già a dicembre e a gennaio che il periodo rivoluzionario stesse finendo; ma se si era appena arrivati dall'Inghilterra bastava guardarsi attorno a Barcellona per essere sorpresi e soggiogati. Era la prima volta che mi trovavo in una città dove la classe operaia era saldamente in sella. Praticamente tutti gli edifici, piccoli o grandi che fossero, erano stati occupati dagli operai ed erano pavesati di bandiere rosse o di quelle rosso-nere degli anarchici; su ogni muro c'erano disegnati falci e martelli e le sigle dei partiti rivoluzionari; quasi ogni chiesa era stata saccheggiata e le immagini sacre bruciate. [ ... ] Lungo le Ramblas, l'ampia arteria centrale della città percorsa avanti e indietro da un costante flusso di folla, gli altoparlanti lanciavano a tutto volume canti rivoluzionari nel corso dell'intera giornata e fino a notte fonda.
ritratto-di-repubblicano-Capa.jpgEd era proprio l'aspetto della folla la cosa più strana di tutte. Apparentemente sembrava di essere in una città in cui le classi agiate avevano praticamente cessato di esistere. [ .... ] Appena arrivato a Barcellona l'avevo considerata una città in cui quasi non esistevano distinzioni di classe e grandi dislivelli di ricchezza. E senza dubbio l'apparenza era quella. I vestiti "eleganti" erano un'anomalia, nessuno era servile o accettava mance, camerieri, fioraie e lustrascarpe non abbassavano lo sguardo e davano del "compagno" a tutti. Quello che non avevo capito che tutto questo era un misto di speranza e di mimetizzazione. [ ... ] Perché sotto l'aspetto superficiale della città, sotto il lusso e la povertà crescenti, sotto l'apparente spensieratezza nelle strade, con le bancarelle dei fiori, le bandiere multicolori, i manifesti propagandistici e le resse di folla, scorreva un inconfondibile e orrendo senso di rivalità politica e di astio. Persone appartenenti a tutte le sfumature dello spettro politico esprimevano un oscuro presentimento: «Prima o poi scoppierà qualche guaio». Il pericolo era molto semplice e comprensibile. Era costituito dall'antagonismo fra coloro che volevano che la rivoluzione andasse avanti e quelli che, al contrario, volevano tenerla sotto controllo o addirittura evitarla - insomma, tra anarchici e comunisti. [ ... ] Ma che stava succedendo, chi combatteva contro chi e chi stava vincendo, era a prima vista molto difficile da scoprire. [ ... ] Guardando fuori dall'alto dell'osservatorio riuscivo a capire che le Ramblas, una delle principali arterie della città, formavano una specie di linea di demarcazione. A destra i quartieri operai erano anarchici in maniera compatta; a sinistra c'era una confusa lotta in mezzo ai vicoli contorti. [ ... ] Su alla fine delle Ramblas, dalle parti di plaza de Cataluña, la situazione era così complessa che sarebbe stata del tutto inintellegibile se ogni palazzo non avesse esposto una bandiera di partito. [ ... ]

Nessuno che si sia trovato a Barcellona in quel periodo o nei mesi successivi dimenticherà mai l'orribile atmosfera creata da paura, sospetto, odio! giornali censurati, prigioni traboccanti, code sterminate per procurarsi il cibo e bande di uomini armati in giro per le strade. [ ... ] Questa guerra, in cui ho avuto un ruolo così insignificante, mi ha lasciato ricordi che sono per la maggior parte brutti, eppure non vorrei non avervi partecipato. Quando si è riusciti a intravedere uno squarcio di un disastro così grande - e comunque vada a finire, la guerra di Spagna si rivelerà un tremendo disastro, anche senza contare la carneficina e le sofferenze fisiche - il risultato non è necessariamente segnato da delusione e cinismo. Può sembrare strano, ma tutta questa esperienza non ha scalfito, bensì rafforzato la mia fede nella dignità degli esseri umani.


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Lissonesi alla guerra di Spagna

Tre furono i lissonesi che partirono per la Spagna a difesa della Repubblica: Leonardo Vismara, Carlo Mariani e Alessandro Panzeri.

Leonado-Vismara.jpgLeonardo Vismara, chiamato Nando da Biel, dal soprannome dato a suo nonno, e Alessandro Panzeri sono coscritti, classe 1899. Vengono chiamati alle armi nei giorni della disfatta di Caporetto. Nando, di idee socialiste e con una cultura superiore alla media, fortemente avverso all’intervento in guerra da parte dell’Italia, diserta e si rifugia a San Marino. Ha vent’anni alla fine della guerra; viene però mandato a Valona, in Albania, che è un protettorato italiano, per svolgere il servizio di leva. Tornato alla vita civile, aderisce alla Gioventù Comunista, diventando poi il segretario della sezione lissonese, frequentata anche da Carlo Mariani e Alessandro Panzeri. Sono in contatto con la Sezione monzese, diretta da Amedeo Ferrari, primo segretario del Partito Comunista di Monza. All’avvento del fascismo e con lo scioglimento dei partiti politici, diventano dei sorvegliati speciali dei Carabinieri.

Le camicie nere non lo lasciano in pace: purghe con olio di ricino, bastonate fino allo svenimento, incarcerato più volte nel carcere monzese, un giorno viene appeso a testa in giù ad un balcone davanti a tutti.

Carlo Mariani nel frattempo era emigrato in cerca di lavoro in Francia, dove era rimasto due anni.

Come maturò in loro il desiderio di espatriare ed unirsi a tanti volontari provenienti da tutto il mondo per lottare contro il fascismo?

Nando, di professione fa il macellaio. Spesso, durante le ore serali, un gruppo di amici si ritrova nella sua cucina, dietro il negozio di Via Madonna, nel centro di Lissone, per ascoltare le trasmissioni di stazioni radio straniere. Dopo lo scoppio della guerra civile in Spagna, il gruppo di antifascisti lissonesi si sintonizza sulle frequenze radio di stazioni spagnole repubblicane, che trasmettono notiziari anche in lingua italiana. Da questi ascolti e dalla frequentazione degli antifascisti monzesi, in Nando matura il desiderio di partire per la Spagna. Animato da principi di solidarietà, di giustizia e di libertà, nel settembre 1937, all’età di 37 anni, abbandona tutto, saluta moglie e figlia, e sfidando ostilità e pericoli, attraverso la Svizzera, raggiunge Parigi. Con lui sono anche Carlo Mariani
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e Alessandro Panzeri. Da Parigi proseguono verso Perpignan. In ottobre arrivano al fronte. Si incontrano con altri brianzoli e vengono inquadrati nella Brigata Garibaldi.

Fronte d’Aragona, Teruel, Estremadura, Ebro sono alcune zone dove i garibaldini si battono con coraggio ed eroismo.

Alessandro Panzeri, il 18 marzo del 1938, durante la battaglia dell'Ebro rimane ferito ad una gamba e viene ricoverato in ospedale nei pressi di Barcellona.

Alla caduta della Repubblica spagnola, i tre lissonesi, giunti in territorio francese come tanti altri volontari antifascisti, vengono internati in campi di concentramento per poi essere impiegati nella costruzione di fortificazioni, inquadrati in squadre di lavoro, sul confine orientale della Francia.

Altre vicissitudini li attendono prima e dopo il loro ritorno in Italia.

Ritroveremo Leonardo Vismara, con il nome di battaglia Raimondo, impegnato nella Resistenza a Lissone, dal  luglio 1944 nel CLN locale, e comandante della piazza militare nei giorni della Liberazione.

Episodi accaduti  a Lissone durante gli anni della guerra civile spagnola

Durante la quaresima del 1937, il prevosto Don Gaffuri, chiamò a tenere una conferenza sulla situazione della Spagna monsignor Llovera, fuggito da Barcellona. Il suo intervento fece accrescere nei presenti l’approvazione dell’appoggio ai nazionalisti di Franco.

L’Italia, e con lei la Lissone fascista, è schierata con Franco. Il Fascio di Lissone, accolse con tutti gli onori undici falangiste spagnole in visita propagandistica nella zona.


La retorica fascista sui banchi di scuola
Dal "Giornale di Classe" della classe V maschile della scuola elementare "Vittorio Veneto" di Lissone

Anno scolastico 1937 -1938 
21 febbraio 1938

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I miei Balilla seguono con emozione le vicende, da me brevemente illustrate, per la riconquista di Teruel, nel cui cielo l’aviazione legionaria sta scrivendo pagine gloriose, contribuendo possentemente alla battaglia e alla vittoria.

 

15 marzo 1938

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Esultanti, i miei Balilla seguono con me sul giornale e sulla carta di Spagna il nuovo balzo dei Legionari, invano frenati dalle orde bolsceviche, verso il Mare Nostro. La nostra certezza e la nostra allegrezza li accompagna.

 

3 maggio 1938

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Vacanza. Festa nazionale per l’arrivo di Adolfo Hitler.

 

16 maggio 1938

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Ieri, domenica, tutti i Balilla sono con me intervenuti, unitamente a quelli delle altre classi e alle Piccole Italiane, alla commemorazione solenne del lissonese Legionario Dorigo Giovanni, recentemente caduto sul sacro suolo di Spagna.

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Anno scolastico 1938 -1939

Dal "Giornale di Classe" della classe V maschile della scuola elementare "Vittorio Veneto" di Lissone
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26 gennaio 1939

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Illustro ampiamente ai miei scolari la splendida vittoria di Barcellona dovuta all’eroismo dei Nazionali spagnoli e specialmente dei legionari italiani. Dopo aver dimostrato loro lo scopo nobilissimo di questa guerra spagnola, insisto soprattutto nel porre in risalto il valore dei nostri legionari perché nei piccoli cuori degli scolari cresca sempre più l’amore per la Patria e il desiderio di incitarli. Il polpolo italiano è in giubilo. Stamane l’Egr. Sig. Direttore ha parlato agli scolari della redenzione della città ; voglia il destino prepararci presto l’annuncio della redenzione di Madrid.

 

29 marzo 1939

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Madrid è liberata, é tornata a Dio, all’ordine, alla luce del bene. Commemoro la liberazione della capitale spagnola suscitando amor di patria.

 

1 aprile 1939: la guerra spagnola è finita. L’ha dichiarato il Caudillo Franco in un suo proclama al popolo. Ritorni il popolo spagnolo alla vera grande verità! Dio e giustizia.


Bibliografia

-       "Histoire du monde. De 1918 à nos jours" – Larousse – Paris 2008

-       Paul Preston – "La guerra civile spagnola" – Mondadori – 2005

-       Silvano Lissoni "E questa fu la storia" – Arti Grafiche Meroni – Lissone 2005

-       Archivi della scuola elementare "Vittorio Veneto" di Lissone

-       Archivi del Comune di Lissone

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